Le condizioni per seguire il Signore
8 Settembre – 23a Domenica Tempo Ordinario.
Le condizioni per seguire il Signore.
Gesù, nel Vangelo che in questa Domenica leggiamo, ci elenca le condizioni necessarie per seguirlo come suoi discepoli.
Nella prima condizione, in modo paradossale che bisogna comprendere bene, Gesù dice: « Se uno viene a me e non odio suo padre, sua madre, ecc. ». Nel brano parallelo del Vangelo di Matteo al capitolo 10, leggiamo invece: « Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me ». Come intendere allora il pensiero di Gesù?
Nel Vangelo di oggi, in una più esatta interpretazione dei testi sacri, leggiamo: « Se uno viene con me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli e le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo ». Cioè, gli affetti umani e terreni devono avere la loro importanza nella nostra vita, ma l’amore per Cristo deve precedere su tutti gli affetti che siamo chiamati a vivere.
Nella seconda condizione Gesù chiede: « Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo ».
Cosa vuol dire « seguire Gesù ?».
Le parole di Gesù, contestualizzate nei momenti in cui grandi folle erano entusiaste nel seguirlo, tentano di smorzare tali entusiasmi nei tanti che vogliono seguirlo. Egli francamente sembra dire che bisogna pensarci bene prima di seguirlo per evitare di pentirsene, dopo avere sperimentato le esigenze richieste.
In quel tempo cosa significava seguire un profeta sconosciuto, uno riprovato dai capi della nazione e tenuto in osservazione dai Romani che occupavano la Palestina? Il seguirlo lasciando la casa, i familiari, il lavoro, poteva significare correre gravi rischi anche per la propria stessa vita. Voleva dire anche vivere una vita diversa, nuova, difficile e al di fuori dei canoni convenzionali della maggioranza, che spesso, nei momenti difficili socialmente e politicamente di allora, viveva rinchiusa nel proprio egoismo. Gesù, indicando con i suoi insegnamenti a vivere come figli di Dio e esortando a vivere da fratelli di tutti, esigeva radicale cambiamento di mentalità, conversione di vita, preghiera, purezza di pensieri, santità e fedeltà nel matrimonio, amore per gli ammalati, gli emarginati, i poveri. Esigeva anche l’amore per i propri nemici e il perdono da accordare sempre a tutti. La sua insistenza a non legarsi al denaro, a vivere in pace con tutti, a servire con gioia gli altri, donandosi e spendendosi per tutti, erano tutte esigenze non facili da accettare. Rinunziare a tutto per Gesù, oltre che a staccarsi dai beni terreni, voleva anche dire rinunciare alle proprie convinzioni, abitudini e pensare e vivere come lui. All’entusiasmo facile Gesù vuole che il discepolo sostituisca la consapevolezza e l’accettazione di ciò che è chiamato ad accettare e vivere, se vuole seguirlo fino in fondo.
Le esigenze di Gesù nelle prime comunità cristiane.
Questa pagina del Vangelo, letta quando ancora erano pochi i discepoli seguaci del Signore nell’ambito delle prime comunità, faceva,certo, riflettere chi voleva abbracciare la nuova religione. Alto era il prezzo che bisogna pagare per seguire il Maestro, anche giungere al martirio. Bisognava cambiare mentalità profondamente e vivere una nuova esistenza, diversa e anche difficile. E i primi cristiani per trasmettere la fede hanno spesso pagato questo prezzo. Questa eredità che noi abbiamo ricevuto la salvaguardiamo gelosamente oppure facilmente la barattiamo? La testimonianza di coloro che ci hanno preceduto, affrontando anche il martirio, è ancora per noi uno stimolo a vivere la nostra fedeltà a Cristo?
La sequela di Gesù oggi.
Per noi e per chi si avvicina a Cristo per la prima volta, oggi, la pagina del Vangelo ci ripropone l’accettazione della fede cristiana come scelta difficile, che comporta a volte una rottura con l’ambiente che ci circonda. La secolarizzazione ha portato a isolare la fede cristiana e chi vuole viverla con fedeltà. Un paganesimo sempre più imperante considera la vita, come i pagani di una volta, come tempo da vivere nell’egoismo, nella ricerca del piacere, nell’indifferenza religiosa verso Dio e Gesù Cristo, che diventano come sconosciuti. Dimostrarsi cristiani in certe situazioni diventa, a volte, difficile, ci si vergogna, si ha paura di isolarsi. Per un giovane vivere la fede, la preghiera, l’Eucaristia domenicale, usare linguaggio e comportamenti corretti, non adeguarsi all’andazzo corrente, può significare il rischio di venire isolato. E anche oggi Cristo rifà a tutti la sua proposta di sequela: « Vuoi essere mio discepolo? Vuoi portare la tua croce dietro a me? Pensaci seriamente, rivedi le tue convinzioni. Vivere la fede oggi comporta una impegno rilevante e serio ».
In questo contesto spesso ostile al vivere cristiano, bisogna chiedere, come esortava il libro della Sapienza, il discernimento della volontà di Dio. Chiedere la luce per investigare, discernere le cose celesti e la forza per accettarle e viverle. Solo con l’aiuto della Sapienza che Dio dona e con il suo santo Spirito è possibile camminare per la via della salvezza. E’ necessario nella fede chiedere a Dio chiarezza, comprensione e la consolazione di sentire di aver compiuto la scelta giusta. L’essere accompagnati con la direzione spirituale, oggi misconosciuta e poco praticata, può aiutare a vivere con coerenza e forza nel cammino di sequela del Signore, a discernere la volontà di Dio, specie quando si è davanti a scelte importanti della vita.
Avere un maestro e una guida spirituale, che accompagna nella vita cristiana, può aiutare per una concreta esperienza di fede, per rinnovare la propria vita di credente ed essere illuminati con la sua parola, specie quando non se ne è capaci.
Prima Lettura: Sap 9,13-18.
La sapienza che insegna all’uomo la strada della salvezza, è dono di Dio, è frutto dello Spirito Santo, che viene dall’alto. L’uomo con le sue fragili forze non ne è capace. Ma Dio non lascia mancare questa sua grazia. A suo tempo manderà il suo stesso Verbo, la Sapienza eterna, tra gli uomini, cioè Gesù Cristo nel quale troviamo la parola e la strada della salvezza.
Seconda Lettura : Fm 9-10.12-17.
Questo biglietto di Paolo « vecchio e anche prigioniero di Cristo Gesù » è pieno di tenerezza e discrezione. Egli invita un cristiano a considerare lo schiavo come un « fratello nel Signore »: infatti è stato generato in carcere ed è diventato cristiano. Il fondamento più profondo e più decisivo della libertà è la fraternità cristiana , è la fede e la grazia, che sanno indurre a gesti liberi, spontanei e quindi validi, che vengono non dalla costrizione ma dall’amore.
Cosa comporta per noi oggi seguire il Signore Gesù?
Vangelo : Lc 14, 25-33.
Non è cosa da poco diventare discepoli del Signore. Occorre ponderatezza, determinazione, coerenza. E’ una sequela che domanda distacco da tutto, nel senso che solo Cristo è l’assoluto. Ogni altro legame, per doveroso che rimanga, va considerato e vissuto in lui. Essere discepoli in particolare comporta la condivisione del medesimo destino di Cristo, morto sulla croce. Bisogna portare la propria croce. Essa non manca a nessuno. Per averne il coraggio e per non perdere la pazienza abbiamo il sacramento della croce, l’Eucaristia.
Ultimo aggiornamento (Sabato 07 Settembre 2013 16:47)
Lumiltà e la gratuita dell'amore.
1 Settembre - XXII Domenica Tempo Ordinario.
CHI SI UMILIA SARA’ ESALTATO
La Parola di Dio di quest’oggi ci invita a comprendere il nesso profondo che vi è tra l’umiltà che l’uomo deve praticare e ciò che Dio, per la sua bontà, fa ridondare sull’uomo. Dio gradisce la modestia dell’uomo ed esalta chi si umilia, come canta Maria nel Magnificat. Dio ama e predilige i piccoli, l’orfano, la vedova. Verso i poveri e i deboli riversa il suo grande amore e difende le vittime di tutte le ingiustizie.
Gesù, invitato nella casa di un fariseo per un pranzo, davanti a coloro che lo osservano sul suo comportamento, notando come gli invitati scelgono i primi posti, dice una parabola: « Quando sei invitato a nozze, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto” . Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto».
Quei commensali, garanti della Legge, contrariamente a ciò che dicel a Bibbia nei Proverbi: «Non metterti nei posti d’onore » (Prv 25,6) o « Sii modesto. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia davanti al Signore »(Sir 3,17), senza nessun ritegno né umiltà, facevano ressa e a gomitate per occupare i primi posti.
Gli insegnamenti fondamentali di Gesù
Il Signore trae lo spunto dal comportamento dei presenti per dirci che è importante scegliere l’ultimo posto e che, secondo la sua visione della vita, nel regno di Dio, che incomincia già su questa terra, il primo è colui che serve e il più grande è l’ultimo. A chi serve, pur essendo il più grande, e si umilia avanti a Lui e al prossimo, il Signore si rivolgerà a lui per dirgli come nella parabola : « Amico, sali accanto a me. Sii vicino a me nella gloria del Padre ». Coloro che cercano i primi posti, gli arrivisti e gli egoisti, se sene renderanno degni, saranno posti più lontani da Dio e, con vergogna, occuperanno gli ultimi posti nel suo Regno.
Un altro insegnamento di Gesù, oggi, è quello che riguarda la gratuità dell’amore, in cui non si deve esigere il contraccambio, né sottostare alla logica del ricambio di un favore, né chi dona deve aspettarsi un ringraziamento o, peggio, pretendere di essere ripagato per l’opera compiuta, con forme e maniere contrarie alla giustizia e alla carità.
A Dio, che ha donato all’uomo tutta la creazione con amore e gratuità, la vita materiale ma soprattutto quella dello spirito, rendendolo suo figlio per mezzo del perdono accordatogli nel suo stesso Figlio, cosa potrebbe l’uomo restituire al Signore per quanto ha ricevuto? Nulla. Dice san Paolo: « Dio ci ha amati mentre noi eravamo ancora peccatori » e si domanda ancora: « Ora che siamo divenuti figli, come non ci donerà ogni cosa per mezzo di lui? ». Davanti a questa totale gratuità di Dio, l'uomo cosa potrà donargli? Ancora nulla! Solo se stesso me i suoi peccati! L’uomo, quando sperimenta la capacità di amare e donarsi senza pretese, trova il senso profondo della sua esistenza e la sua felicità.
L’umiltà e il donarsi gratuitamente nel Vangelo.
In diverse altre occasioni Gesù dà gli stessi insegnamenti testé riportati. In Mt 20,25-28, parlando ai discepoli che lo seguono sulla via verso Gerusalemme e discutono su chi avrebbe dovuto occuparei primi posti nel regno che Gesù annunciava, dice : « I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse, e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’ uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come riscatto per la liberazione degli uomini ».
Nell’ultima Cena, mentre ancora una volta i discepoli discutono su chi di loro sia il più grande, Gesù, cingendosi i fianchi con il grembiule del servo, si inginocchia davanti a tutti e lava loro i piedi. Poi dice: « Voi mi chiamate Maestro e Signore, e fate bene perché lo sono. Dunque, se io , Signore e Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Io vi ho dato l’esempio perché facciate come io ho fatto a voi » (Gv 13,13-15).
Ancora. Sul Calvario Gesù, il Maestro e Signore, si lascia inchiodare sulla croce come uno schiavo accanto a due ladroni, Per compiere la volontà del Padre, egli dà la sua vita, pur tra grandi sofferenze e per amore, per riconciliarci con lui e realizzare la nostra salvezza e la nostra risurrezione. Noi, come disse nella parabola del banchetto di nozze, siamo quei poveri che, radunati da tutti i crocicchi delle strade del mondo, non potranno mai ricambiarlo adeguatamente, perché il suo amore sovrasta immensamente il nostro povero amore. Egli è disposto sempre ad accoglierci nella nostra miseria con cuore generoso e pronto e ci offre il suo immenso amore misericordioso.
Quale testimonianza siamo chiamati a dare davanti gli uomini?
Al Signore, davanti alla sua estrema gratuità di amore, cosa potremo restituire noi, suoi figli, in cambio dell’amore ricevuto e di tutto ciò di cui siamo stati beneficati? Cosa può restituire un bambino ai suoi genitori per le notti insonni passate accanto a lui, per la lacrime e il latte di una madre? Accettare tutto ciò che Dio, nel suo amore di Padre, ci dà è certo un gesto di profonda umiltà, perché ci fa rinunziare alla nostra autosufficienza; inoltre, scegliere di corrispondere al suo amore, con l’obbedienza della fede, come Gesù ha fatto nel compiere la sua volontà, è certamente per il cristiano un gesto di umiltà che ci fa essere imitatori di Gesù che ha detto: « Imparate da me che sono mite ed umile di cuore ».
Prima Lettura: Sir 3,19-21.30-31.
Sono sempre attuali e necessari gli ammonimenti del libro del Siraci- De: riguardano la modestia, l’umiltà, la meditazione della Parola di Dio, l’elemosina: un corredo di virtù che rende graditi a Dio e ci fa amare anche gli altri. Facciamo attenzione a non incolpare subito gli altri che ci mancano di carità; esaminiamo prima se il nostro comportamento è gradevole o indisponente.
Seconda Lettura :Eb 12,18-19.22-24.
Grazie a Cristo - « mediatore dell’alleanza nuova » - noi abbiamo ormai accesso a Dio e al mondo degli angeli e dei santi. Non entriamo più in un mondo di simboli, come nell’Antico Testamento, ma nel mondo della realtà, della santità di Dio, della grazia. Certo usiamo ancora dei segni sacramentali, ma questi ci rendono già partecipi della vita divina. Con gratitudine e con timore per questa condiscendenza e vicinanza di Dio prendiamo parte in particolare all’Eucaristia, alla Carne e al Sangue del Figlio di Dio, consapevoli che la vita divina deve poi riflettersi nel nostro comportamento.
Vangelo : Lc 14,1,7-14.
Gesù insegna a dominare l’ambizione di mettersi ai primi posti. Quando l’umiltà è sincera, è gradita ed elogiata anche da quelli che non la posseggono. Spesso del resto la superbia e la petulanza vengono confuse anche quaggiù, e provocano situazioni incresciose e umilianti. Gesù insegna poi la gratuità nel fare il bene, l’esclusione dei calcoli sui vantaggi che ne possono derivare. Diversamente non avremmo un vero atto di carità. Si deve attendere la ricompensa nell’altra vita. Altrimenti il nostro sarebbe un dare con lo scopo di ricevere, uno scambio, non un gesto di amore.
La strada stretta della salvezza.
25 Agosto –XXI Domenica del Tempo Ordinario.
La strada stretta della salvezza.
Chi può partecipare della salvezza? E’ una domanda che è stata posta a Gesù in questi termini:« Signore, sono pochi quelli che si salvano? ». Nel tradizione culturale ebraica si pensava che tutti gli ebrei avrebbero partecipato al regno futuro di Dio. Appartenere al popolo ebraico era una condizione indispensabile insieme alla recita quotidiana dello shemà, mattina e sera ecc. Questa convinzione faceva ritenere che sarebbero stati esclusi dalla salvezza tutti gli appartenenti ad altri popoli.
Per Gesù, che riprende la convinzione di Isaia, come leggiamo nella prima Lettura: « Io, dice il Signore, verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria», tutti davanti a Dio abbiamo la stessa dignità, né si può accampare qualche privilegio derivante dall’appartenenza, o per la cultura o altro. Dio, in quanto Padre di tutti, vuole la salvezza di tutti, come ci ripete Gesù: « Verranno dall’oriente e dall’ occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e siederanno a mensa nel regno di Dio » (Lc 13,29).
Meritare la salvezza.
La risposta di Gesù apre alla speranza di partecipare alla salvezza da parte di tutti i popoli, poiché, partecipando della figliolanza di Dio a tutti gli effetti, non sono discriminati rispetto al popolo Ebraico. Ma bisogna entrare nella salvezza attraverso una “ porta stretta ” cui possono entrare tutti, ebrei, i discepoli, e tutti coloro che intendono seguirlo verso Gerusalemme, luogo della sua passione, morte e risurrezione.
Molti « cercheranno di entrare ma non ci riusciranno », perché per salvarsi non basta averlo riconosciuto, aver mangiato e bevuto alla sua presenza e ascoltato il suo insegnamento, se si è rimasti operatori di ingiustizie. La condizione per poter entrare non è bussare alla porta e pregare: «Signore, Signore, aprici ». Per entrare nel regno bisogna accogliere il suo invito alla conversione, allontanandosi da ogni forma di male e da ogni genere di iniquità,
La conversione come nuovo abito interiore per partecipare della salvezza.
Convertirsi al Signore significa riconoscersi peccatori davanti a lui; rinnovarsi nella mente e nel cuore assumendo atteggiamenti e comportamenti conformi alla volontà del Signore; accogliere la logica e il modo di pensare di Dio, pronti anche a rinunziare a ciò che può essere importante e caro nella nostra vita; liberarsi dai vari idoli che sorgono in noi e a cui ci asserviamo anche senza accorgercene e a cui leghiamo il cuore: prestigio sociale, superbia e vanagloria, benessere, ricerca di vari piaceri, affetti disordinati e i vari pregiudizi, ecc.
Il pentimento però non può ridursi a pura sensazione morale che ci fa sentire liberi dal senso di colpa. Il pentimento sincero deve farci prendere coscienza che peccando abbiamo rifiutato l’amore di Dio manifestasi nel Figlio crocifisso, che si è addossato le nostre iniquità.
Le lacrime del pentimento che irrorano il nostro spirito, paragonate all’acqua purificatrice del battesimo, e il perdono di Dio ci ridanno la vita nuova della grazia e dell’amicizia con lui, iniziata con il battesimo ma interrotta dal peccato. Il pentimento sincero è quella porta stretta di cui parla Gesù, attraverso la quale, riconoscendoci peccatori ( cosa che a volte non tanto volentieri facciamo), possiamo tornare in un rinnovato rapporto con Dio. Inoltre, come per Gesù la porta stretta è stata la croce, attraverso cui egli è entrato nella gloria, così anche per il penitente, che partecipa alla croce di Gesù morendo ai propri peccati, è aperta la porta che lo introduce nel banchetto eterno e nella gloria di Dio, a cui bisogna partecipare con la veste nuziale.
Solo donando la propria vita come ha fatto Gesù si potrà sedere accanto al Padre e gioire nella pienezza di comunione con lui.
Solo il titolo di aver partecipato alla croce di Cristo, morendo con lui ai nostri peccati, è l’unica via che porta al Signore, non tanto l’appartenenza o il seguire le tradizioni o la cultura: davanti a Cristo crocifisso ormai non c’è più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna.
Dio raggiunge il peccatore pentito con la forza del suo Spirito che lo guida sulla via del ritorno e gli fa prendere coscienza delle sue iniquità, lo riconcilia a sé mediante la morte del suo Figlio e con l’effusione del suo Spirito lo rigenera e rinnova con la sua grazia a vita nuova. Rinnovato così profondamente il credente ritorna a vivere nella sua dignità di figlio nella piena comunione con il Padre celeste e con gli altri fratelli.
La conversione è un cammino che bisogna realizzare lungo l’arco della propria vita in un continuo crescendo, passando continuamente da una vita secondo la carne e i suoi desideri, come diceva san Paolo, a una vita secondo lo Spirito e le sue istanze.
Prima Lettura: Is 66,18-21.
La salvezza è per tutti i popoli. Gli ebrei hanno preceduto, ma poi sono tutti chiamati al culto dell’unico Signore, senza esclusione di nessuno. Infatti la salvezza non è merito, ma una grazia che viene solo da Dio. A tutte le creature Gesù destina il suo Vangelo.
Seconda Lettura: Eb 12,5-7.11-13,
La sofferenza che Dio ci fa incontrare non è senza senso. E’ una correzione, un segno di amore da parte del Padre. Siamo esortati a non lasciarci abbattere dalla tristezza senza speranza, dall’avvilimento. Sapessimo sfruttare per la nostra guarigione spirituale quanto il Signore ci manda o permette di doloroso e cogliere il « frutto di pace e di giustizia », nascosto nella pena piccola o grande che non cessa mai di accompagnarci !
Vangelo: Lc 13,22-30.
La salvezza richiede sforzo: si tratta di passare per « la porta stretta ». Non servano a nulla le parole; neppure basta aver conosciuto e predicato il Signore per farci riconoscere da lui ed essere accolti.
L’essere stato primo, l’aver avuto l’elezione, quindi la preferenza divina, non servirà all’Israele che rigetta Gesù Cristo; avranno la precedenza quanti sono venuti dopo, i gentili, che hanno creduto e messo in pratica il Vangelo. Questa legge della sostituzione non ha perduto attualità. Saremo alla mensa nel Regno di Dio se avremo risposto con fedeltà operosa alla chiamata.
La pace di Gesù e le lacerazioni che provoca.
18 Agosto 2013- XX Domenica Tempo Ordinario.
La Pace di Gesù e le lacerazioni che essa provoca.
Gesù oggi ci dice:« Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione ». Questa frase sembra disturbarci: il seguire Gesù e testimoniare il suo insegnamento può anche metterci in situazione di divisione e di lacerazione con noi stessi, i nostri stessi familiari e amici. Eppure gli angeli alla nascita di Gesù a Betlemme hanno annunziato all’umanità la pace; Egli ha proclamato nelle Beatitudini: « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » ; risorgendo e apparendo agli apostoli li ha salutati augurando: « La pace sia con voi » ; nella celebrazione della Eucaristia risuonano le sue parole: « Vi lascio la pace, vi do la mia pace ». Come conciliare queste espressioni con ciò che oggi Gesù ci dice?
Se leggiamo in profondità il messaggio di Gesù ci accorgeremo che le sue parole, le sue affermazioni non sono in contraddizione. Egli, come grande costruttore di pace, è venuto a riconciliarci con il Padre celeste e ci ha insegnato il perdono reciproco, il vivere da fratelli nella carità vicendevole e a costruire ponti di fraternità. La pace di Gesù non consiste nel quieto vivere di un benessere materiale ed egoistico, non è l’ accettazione disinteressata e comoda di ingiustizie, sopraffazioni e prepotenze, non il disimpegno di fronte alle gravi problematiche che ci sono nel mondo, né l’acquiescenza nei vizi che oggi dominano nelle nostre coscienze. La pace che Gesù vuole darci comporta, a volte, lacerazioni interiori con se stessi, negli affetti anche più intimi e nelle relazioni con gli altri. La pace di Gesù comporta una continua e aspra lotta contro ogni forma di male che può crescere nel nostro cuore e attorno a noi. La pace di Gesù è quella che si ha nel cuore quando viviamo in pace con Dio, in conformità alla sua volontà e nella vera fraternità dei figli di Dio.
La fede cristiana è contestazione della logica del “mondo”.
La fede e la vita evangelica del credente in Gesù si pone come contestazione del male che vuole prendere radici in noi e nel cuore degli uomini.
Gesù ci ha invitati, fin dal primo momento del suo annunzio, a convertirci, a sradicare il male dai nostri cuori, a cambiare le nostre cattive abitudini e a portare frutti buoni. I suoi insegnamenti e le sue parole sono esigenti e a volte paradossali, scandalose, lontane dalle nostre logiche interessate ed egoistiche :« Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, càvalo e gettalo via da te…Se la tua mano ti è occasione di scandalo, tagliala » ( Mt5,29). Alla donna adultera, che i farisei gli hanno portato davanti perché fosse lapidata, Gesù dice: « Donna, neanche io ti condanno, ma va’ in pace e d’ora in poi non peccare più » ( Gv 8,11). Dio vuole che noi imitiamo l’agire del Padre suo nel nostro agire quotidiano anche se il nostro operare dovesse scandalizzare e porci in conflitto con noi stessi: desidera una vera conversione delle nostre mentalità.
Il profeta Geremia, o ogni altro profeta, che viene contestato è un preannunzio di ciò che sarebbe accaduto al Cristo, il quale ha posto una pacifica contestazione nei confronti del male presente nel mondo: ai farisei che osservavano nelle minuzie la legge ma ne tradivano lo spirito, Gesù rimproverava la loro falsità apostrofandoli “sepolcri imbiancati ”. Ancora, ha contestato l’agire di coloro che avrebbero dovuto salvaguardare il diritto del povero e che invece opprimevano in nome stesso della religione, che facevano del denaro e di se stessi il loro dio invece di adorare il vero Dio. Gesù ha inoltre rivolto parole dure contro i ricchi, i gaudenti e i potenti perché non usavano le ricchezze per sostenere i deboli e i meno fortunati e angariavano i poveri. Ha contestato usanze legali come il divorzio e il ripudio che Mosè aveva permesso. Ha duramente ammonito coloro che danno scandalo: « Sarebbe meglio che si legassero una pietra al collo e si gettassero nel mare ». Ha infine esortato a tenere una vita e una condotta più fedele all’alleanza di Dio e al suo amore. Per tutto questo atteggiamento Gesù ha subito dai capi delle nazioni la condanna a morte e coloro che lo avevano osannato quando aveva moltiplicato i pani o compiuto ogni genere di miracolo lo lasciano condannare, flagellare e crocifiggere. E poiché Dio non abbandona il giusto lo ha fatto « risorgere dai morti e lo ha costituito Signore » come ebbe a dire Pietro nel giorno della Pentecoste ( At 2,24ss).
La sorte di Gesù si rinnova nei discepoli.
Anche ai discepoli Gesù preannunzia che come hanno perseguitato lui perseguiteranno anch’essi, ma assicura loro che davanti ai tribunali avranno dal suo Spirito la forza di rendergli testimonianza e anche di affrontare la morte. E proclama che saranno beati se disprezzati e perseguitati e se sarà detto ogni sorta di male contro di loro a causa sua. Nell’ultima delle Beatitudini dice: « Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi » ( Mt 5,11ss). Così fin dai primi tempi apostolici le parole di Gesù si sono realizzate nel martirio e in ogni forma di persecuzione operata contro i suoi discepoli. Accettando l’invito di Gesù a seguirlo nel suo esempio i cristiani, forti dello Spirito di Cristo, hanno cambiato il mondo con una testimonianza eroica e una contestazione pacifica. Ricordandosi della parole del loro Signore, presente nei poveri, negli emarginati e nei fratelli malati e afflitti da qualunque genere di difficoltà, i cristiani lo hanno riconosciuto e amato nei poveri, hanno difeso gli orfani e le vedove, hanno liberato coloro che sono stati prigionieri e oppressi da qualunque forma di catene, hanno cercato di costruire una società dove sono stati proclamati e anche realizzati, quando è stato possibile, i diritti fondamentali dell’uomo, della donna, dei bambini ecc. Nota è la testimonianze della lettera a Diogneto: « I cristiani amano tutti e da tutti sono perseguitati. Li si disprezza, li si condanna, li si uccide. Oltraggiati benedicono, ingiuriati trattano tutti con rispetto. Fanno loro del bene, e vengono condannati come scellerati ». E Tertulliano, a sua volta, parlando delle persecuzioni dei cristiani, perpetrate anche ai nostri giorni contro di essi, scriveva: « Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani ». In molte parti del mondo i cristiani godono di relativa tranquillità, ma le parole di Gesù del Vangelo di questa Domenica, lì dove la fede o la pratica religiosa vengono contrastate o dove si impone un parlare “politicamente corretto” impedendo la libertà di espressione o di professione pubblica della propria fede, sono ancora attuali, : « D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuova contro suocera ».
I tempi, poi, non sono quelli in cui la pratica religiosa e molti comportamenti venivano ritenuti come una regola comune, né bisogna stupirsi per le diversità di opinioni o di idee che spesso si trovano nei membri della stessa famiglia riguardo a Gesù, la fede, la pratica religiosa, i valori morali e cristiani, per cui la testimonianza della fede bisogna viverla senza paura, con grande chiarezza e umiltà di fronte a chiunque, pur nel rispetto reciproco con coloro che esprimono idee, comportamenti e opinioni differenti.
Vivere come comunità di fede, impegnati ad essere ancora oggi “luce del mondo e sale della terra ”, "come città illuminata che dal monte” indica la direzione, la rotta e l’orientamento all’uomo del nostro tempo smarrito nell’indifferentismo, nel relativismo etico, nel pluralismo di opinioni, è per i discepoli del Signore un cammino difficile ma necessario per essere edificatori della pace che Gesù vuole sia costruita tra gli uomini : pace che nasce dalla resistenza al male e dalla costruzione costante del bene fondato su valori umani, sociali, psicologici e religiosi condivisi.
Prima Lettura: Ger38,4-6.8-10.
Geremia è perseguitato e condannato a morire perché il suo messaggio non è conforme ai disegni e alle attese dei capi. La ragione è semplice: egli trasmette la Parola di Dio, il quale richiama la necessità di affidarsi a lui, e non ai propri calcoli ingannevoli, di convertirsi, e non di credere vanamente che la distruzione di Gerusalemme e l’esilio sono lontani e scongiurati. Il profeta non recede e sopporto la persecuzione. Egli è il simbolo di Cristo, il giusto condannato per il suo amore alla verità e la sua fedeltà a Dio. Alla fine Geremia viene fatto risalire dalla cisterna: prefigura così Gesù che sale risorto e glorioso dal sepolcro. Chi si affida a Dio e segue lui non può essere destinato alla perdizione.
Seconda Lettura : Eb 12,1-4.
Gesù è il modello di quanti si consegnano assolutamente a Dio. Egli è « colui che dà origine alla fede e la porta a compimento ». Con questo atteggiamento di abbandono affronta la morte di croce, donandosi liberamente e non per costrizione alla volontà del Padre, dal quale viene glorificato e costituito Signore, Ci è di esempio nelle nostre sofferenze. La passione ci sostiene e ci stimola a perseverare, a non stancarci, a non cedere. Abbiamo sempre persecuzioni per la fede, anzitutto dentro di noi. Solo una magnanimità simile a quella di Gesù – il disprezzo dell’ignominia, dice la lettera agli Ebrei – ci dà la forza di resistere.
Vangelo : Lc 12,49-53.
Gesù è tutto preso dalla tensione e dal desiderio di compiere la sua passione, di immergersi in essa per portare a temine il disegno di salvezza. Egli viene a portare il fuoco che purifica e discrimina, lo Spirito che brucia.
Il Vangelo infatti divide, in quanto esige una decisione e una presa di posizione. In questo senso porta non la pace, gli accomodamenti, i dialoghi tranquilli, ma la guerra. Di fronte a Cristo si operano si operano le scelte che sono determinate non più dai legami di sangue, che passano in secondo ordine: l’assoluto è lui. Per capire tutto questo occorre avere l’intelligenza e la sapienza evangelica, che sa individuare la presenza di Cristo, il compimento del disegno di Dio. Non bisogna essere spiritualmente tonti, ma discernere i segni dei tempi.
Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo in anima e corpo
15 Agosto – Assunzione della Beata Vergine Maria al cielo.
Quando diciamo “Padre nostro che sei nei cieli” non dobbiamo intendere un luogo materiale in cui dimora Dio, ma una esistenza diversa da quella materiale, terrena in cui viviamo noi, una esistenza nello spirito e nella immaterialità. Celebrando la solennità della assunzione della Beata Vergine al cielo, allora, crediamo che anche Maria come Gesù, che in anima e corpo risorto vive nell’esistenza divina di Verbo del Padre, vive nell’esistenza immortale, nella comunione eterna di Dio, in anima e corpo. Celebrando Maria noi celebriamo la sorte gloriosa che attende tutti noi, perché lei, dopo Gesù, è segno di sicura speranza di risurrezione e di vita in Dio. Come Maria che già vive nella gloria di Dio e nella sua presenza, anche noi aspiriamo a vivere in piena comunione con Dio.
Maria assunta perché Madre di Dio.
Se la morte, dice la Scrittura, è entrata nel mondo come conseguenza del peccato originale e della disobbedienza dell’uomo a Dio ( Rm 5,17-21), e il Cristo, il Figlio di Dio, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria ( Lc 1,31.35), per la sua obbedienza “fino alla morte e a una morte di croce ( Fil 2,8) è divenuto causa di salvezza per coloro che gli obbediscono (Eb 5,9), riconciliandoci con Padre, con la sua risurrezione è divenuto primizia di coloro che risorgono dai morti (Cor 1,15-28) e sono destinati alla risurrezione e alla vita in Dio.
Da ciò deriva che la Beata Vergine Maria, avendo ricevuto per singolare privilegio di essere esente dalla disobbedienza di Adamo, ed essendosi come Gesù resa obbediente al progetto di Dio con il suo “sì” alla Maternità del Figlio, non ha sperimentato la morte ed ha ottenuto un’esistenza in anima e corpo in Dio come il suo Figlio partecipando della sua stessa gloria.
Maria, che ha accolto il Figlio di Dio con la fede nel suo cuore, lo ha generato nel suo grembo divenendo l’Arca di Colui che avrebbe instaurato una Nuova ed Eterna Alleanza ed è stata unita a lui in tutta la sua vita terrena, sempre per un “ conveniente dono di grazia” , partecipa pienamente della stessa gloria del Figlio nella Gerusalemme celeste. Anche in cielo Ella è “Arca dell’Alleanza”, come ci dice la Lettura dell’Apocalisse, “donna vestita di sole” che partorisce il bambino “rapito verso Dio e verso il suo trono”, compiendosi così “la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”.
« Colei attraverso la quale Dio ha realizzato sulla terra il suo progetto di salvezza, incarnandosi e portando a compimento la nuova alleanza, gode della piena realizzazione dell’alleanza che si colloca oltre la storia umana nel regno di Dio, nella risurrezione della carne, nel cielo ». ( Dal Messale delle Domeniche e Feste,2013, Ed Elledici). E’in questa prospettiva di fede che i cristiani celebrano questa Festa solenne della Assunzione al cielo di Maria in anima e corpo.
Le grandi opere compiute in Maria dall’Onnipotente..
Ciò che celebriamo, l’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria, è una delle tante meraviglie che Dio ha operato in lei. Tutto è opera di Dio e che Maria è stata scelta, nonostante la sua umiltà e fragilità, ad essere la Madre del Figlio di Dio, è un dono gratuito di predilezione del Padre. Anche noi siano, dalla creazione fino alla nostra definitiva salvezza operata da Cristo, oggetto dell’amore gratuito di predilezione di Dio Padre che avendoci incorporati al suo Figlio mediante il battesimo ce l’ha donata come nostra Madre. Per questo le tributiano la nostra venerazione e la poniamo accanto a Gesù, assunta in cielo da dove esercita anche verso di noi la sua maternità.
Maria è la primizia dell’umanità salvata e rinnovata dalla misericordia di Dio per mezzo del suo Figlio ed è posta e celebrata come segno di speranza per noi che aneliamo al cielo per essere insieme a Cristo, nostro Capo, e a lei, nostra Madre.
Dio che « Rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi » compie le sua meraviglie quando l’uomo pone, non nell’abbondanza dei beni né nel potere o nell’onore del mondo, ma nella comunione e nell’amore con lui la sua vita. Maria, avendo vissuto qui in terra in comunione con la Trinità nel suo compito di Madre, oggi è in cielo, con tutto il suo essere, anima e corpo, a partecipare della pienezza della gioia e della gloria di Dio. Maria, primizia e immagine della Chiesa, segno di consolazione e di sicura speranza, attende noi suoi figli ancora peregrinanti in questa terra d’esilio e intercede per la nostra definitiva salvezza insieme al Figlio presso Dio.
Maria ci ha preceduto nella gloria celeste.
Se Maria, per il suo ruolo nel progetto di Dio, è stata fatta oggetto di singolari privilegi, non vuol dire che noi dobbiamo porla su un piedistallo di grandezza discriminatoria, perché tutti in Cristo, per volontà del Padre. « siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità » ( Ef1,4), predestinati ad essere figli adottivi ed eredi della stessa gloria del Figlio.
Come per Gesù, con il corpo risorto e asceso alla destra del Padre, e Maria, assunta anche lei con il corpo nella gloria, anche noi parteciperemo nella risurrezione alla loro stessa gloria: il nostro corpo si ricongiungerà al nostro spirito e con tutto il nostro essere vivremo nella pienezza di Dio.
L’Eucaristia che celebriamo, mediante l’opera dello Spirito Santo che rende presente Cristo con il suo Corpo e il suo Sangue, ci trasforma in Cristo e diveniamo già partecipi dei beni futuri, di cui essa è caparra e anticipazione di immortalità.
« L’Eucaristia è pane di vita eterna per la comunione con lo stesso Gesù che Maria ha portato in grembo e dunque con quel Gesù con cui vive nella pienezza della sua femminilità,maternità, familiarità, con le storie vissute e i sentimenti nutriti » (Messalino delle Domeniche e Feste, Ed.Elledici, 2013).
Prima Lettura: Ap 11,19.12,1-6.10.
La liturgia trova l’ evocazione di Maria nell’arca dell’alleanza del santuario celeste e nella donna vestita di sole che partorisce un figlio, sottratto alle forze del male rappresentate nel drago. L’Apocalisse descrive la parabola della Chiesa, poiché alla Chiesa immediatamente si riferisce l’immagine della donna incoronata da dodici stelle. Ma Maria è nella Chiesa, come tipo ed esemplare, a sostenere le vicissitudini del popolo nuovo che rivive il cammino del deserto, protetto dalla potenza e dalla regalità di Cristo.
Seconda Lettura: 1 Cor 15, 20-27.
Gesù è risorto come il primo: a lui, e a sua immagine, seguiranno quelli che « sono di Cristo », cioè quelli che hanno creduto in lui e ne hanno ricevuto la vita. Tra tutti questi la prima è Maria, che di Cristo è la Madre.
Vangelo: Lc 1,39-56.
Maria è stata scelta da Dio per pura grazia. Questa consapevolezza fa scaturire in lei il gioioso riconoscimento della bontà di Dio, che compie opere grandi in quantici affidano a lui e in lui pongono ogni speranza.
Sia Elisabetta sia Maria gioiscono in Dio, che riconoscono come loro Salvatore che ha realizzato le promesse incarnandosi, offrendo la sua vita per amore sulla croce e risorgendo. Alla realizzazione di queste promesse partecipa innanzitutto Maria, la Madre, Colei che ha creduto; vi partecipiamo poi anche noi, perché anche noi siamo destinati come il Cristo, di cui siamo membra, alla risurrezione e alla vita in Dio per l’eternità.