Maria SS. MADRE DI DIO
1 GENNAIO – MARIA SS. MADRE DI DIO.
Giornata mondiale della PACE
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordioso », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto di collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’ uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria, « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C., Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’ Incar-nazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale nell’Eucaristia diciamo: « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione , perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Cristo Signore ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè,chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E tutto questo, come dono di Dio, si realizza in Gesù. La Chiesa, in questa benedizione, ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno, e noi, con altrettanta verità all’augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un « buon anno ».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7-
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli.
Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, di natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene data in Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre perchè siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24). Così san Paolo esclude ogni auto-salvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questa avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’ umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’ incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo : Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre al presepio,. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia ritornando alle nostre occupazioni e condizioni abituali non dimentichiamo quella nascita, quell ’innocenza e quell’amore che ci hanno attratti in queti giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria.
FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA DI NAZARET.
29 Dicembre – 1 Domenica fra l’ottava di Natale.
Festa della SACRA FAMIGLIA.
La Famiglia di Nazaret modello di vita familiare.
La Chiesa, oggi, considera insieme la Famiglia di Nazaret e la famiglia cristiana, come suo riflesso. Pur nella sua singolarità, la famiglia di Gesù, che ha voluto nascere e crescere in seno alla famiglia, ci si presenta come « un vero modello di vita », con le sue virtù e con il suo amore. Gesù si incarna in una famiglia concreta, vivendo fin dal primo istante della sua esistenza terrena questa esperienza: relazionandosi con i suoi genitori ne ha condiviso dolori e gioie; dai genitori ha imparato a rapportarsi con Dio e gli uomini; ha conosciuto la paura, sperimentato i pericoli, la precarietà, ma anche l’esperienza religiosa in casa, nella sinagoga e nel tempio, partecipando alle varie feste ebraiche.
La famiglia di Nazaret vive le preoccupazioni quotidiane, come lo smarrimento di Gesù nel tempio, le incomprensioni degli abitanti di Nazaret per i comportamenti di Gesù, ma tutta la famiglia è aperta e disponibile alla voce di Dio, che li conforta, nella consapevolezza che il Figlio non appartiene a loro. Tutto questo deve farci comprendere che senza Dio la famiglia non ha fondamenti stabili.
La Chiesa è la famiglia di Dio e in origine il nucleo della Chiesa era costituito da famiglie, i cui membri, divenuti credenti, desideravano che tutta la famiglia fosse salvata e, come dice il Concilio, erano piccole chiese domestiche, dove si praticava la vita cristiana in un mondo pagano e incredulo.
Paolo VI, in una riflessione durante la sua visita nella casa di Nazaret, definì la Sacra Famiglia « Scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, scuola del Vangelo, dove si impara a vivere in famiglia. Nazaret ci ricorda cosa è la famiglia, cos’ è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile… Infine impariamo la lezione del lavoro. Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo, ma redentrice della fatica umana…».
Nella Sacra Famiglia abbiamo tratti fondamentali a cui le famiglie cristiane possono e devono ispirarsi per realizzare e svilupparsi secondo il progetto di Dio sulla famiglia, come per esempio, la carità profonda, l’ospitalità, la povertà laboriosa, il nascondimento, la semplicità, l’ascolto attento e rispettoso, l’ubbidienza vissuta nella libertà, la vita limpida e trasparente, l’intimità con Cristo e Maria, la fede schietta, la vita vissuta nella gioia, con cui tutto diventa più facile anche nei momenti delle croci, la donazione e la condivisione dei pesi gli uni degli altri.
La famiglia deve diventare ciò che è.
La famiglia, piccola chiesa domestica,, è immagine della Chiesa di Cristo, plasmata dall’Amore. Nella Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II ha scritto che « l’essenza e i compiti della famiglia sono… definiti dall’amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa » ( FC 17 ). La famiglia scopre la sua identità e la sua missione di ciò che può e deve essere nel disegno che Dio ha tracciato per essa.
Come per la famiglia di Nazaret, il compito della famiglia cristiana è quello di diventare ciò che essa « è », accogliendo la parola che la invita a rivestirsi di sentimenti di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza e, come dice san Paolo, “avere al di sopra di tutto la carità che è vincolo di perfezione, per edificare la pace nei cuori ”. La sottomissione e l’accoglienza reciproca fra marito e moglie, genitori e figli hanno come riferimento ultimo il Signore.
La famiglia, allora, sperimenta la vita insieme, con la gioia di camminare congiuntamente sulla strada di Dio e del mondo. La famiglia nei momenti di difficoltà diventa sostegno e aiuta a crescere nella maturità dell’amore e rende più facili gli impegni quotidiani.
Oggi chiediamo al Signore che anche « le nostre famiglie vivano nell’ amicizia e nella pace » con Dio, che « i genitori si sentano partecipi della fecondità dell’amore divino », e che « i figli crescano in sapienza,pietà e grazia ». L’esempio e la grazia che ci vengono dalla Santa Famiglia ci danno la forza di superarli. In particolare la nostra fede è rinvigorita dall’Eucaristia, la mensa che ci nutre tutti come figli di Dio.
Prima Lettura: Sir 3,2-6.12-14.
L’antica sapienza esalta l’onore che i figli devono al padre e alla madre. E’ un atteggiamento di bontà e di riconoscenza, che sa comprendere e anche compatire, e del quale Dio terrà grande calcolo per esaudire nella orazione e per scontarci i peccati.
Seconda Lettura: Col 3,12-21.
La famiglia, come ogni situazione della vita, deve riflettere ed esprimere la carità che distingue il discepolo del Signore, e che genera una varietà di sentimenti: l’umiltà, la magnanimità, la misericordia, il compatimento che perdona. Quando c’è la carità, che sintetizza tutte le perfezioni cristiane, allora anche nella famiglia c’è la sotto missione, la dolcezza, l’obbedienza e la comprensione: quell’insieme di virtù che rifulgono nel « modello sublime di vita familiare », qual è quello offerto da Gesù, Maria e Giuseppe.
Vangelo: Mt 2,13-15.19-23.
Erode cerca il bambino: ma per ucciderlo. Non ha l’umiltà e la purezza necessarie per accogliere non un temibile rivale, ma un Re che salva con l’amore e con il dono della propria vita. Logicamente, quando il cuore si chiude in sé, nel proprio egoismo, non indietreggia neppure di fronte alle azioni più infami, come quella di far uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù. Al contrario chi è sollecito nel ricevere Cristo nell’animo, sente il bisogno e la forza di amare tutti. Per parte sua san Giuseppe è agli antipodi di Erode: tutto il suo impegno sarà quel lo di custodire la vita del Bambino. Nel cuore di Giuseppe c’erano umiltà e amore.
NATALE DEL SIGNORE.
25 Dicembre – NATALE DEL SIGNORE.
Vigilia del Santo Natale.
La festa del Natale è imminente. Siamo alla vigilia. Domani saremo tutti nella gioiosa sorpresa del Figlio eterno di Dio, nel « grande giorno che ha dato inizio alla nostra redenzione ». Oggi è giorno di raccoglimento e di preghiera. Così viviamo l’attesa, e non solo del Natale, ma anche della definitiva apparizione di Cristo giudice. Se guardiamo ai nostri meriti, siamo presi dallo smarrimento, ma se consideriamo l’amore del Padre, che a Natale si rivela, al timore succede la speranza. Una speranza che in quello stesso amore attinge forza e coerenza.
Prima Lettura: Is 62,1-5.
L’umanità non sarà più abbandonata, devastata, priva di amore. Essa avrà il suo Sposo: Dio stesso, che si unisce agli uomini con il dono della grazia. Anzi col dono del suo medesimo Figlio fatto uomo. La promessa di Dio e il desiderio del profeta si compiranno a Natale.
Seconda Lettura: At 13,16-17.22-25.
Ormai sta per apparire Colui che Giovanni aveva preannunziato e per il Quale aveva preparati gli animi: è Gesù, il Salvatore, che libera Israele e tutti i popoli. L’attesa e la speranza, tenute vive dai credenti, trovano la loro soddisfazione.
Vangelo: Mt 1,1-25.
Gesù è il Figlio di Dio, ma nasce anche come vero uomo, inserito in una genealogia. Egli è chiamato dall’evangelista Matteo figlio di Davide, per mezzo del quale risale ad Abramo. Egli nasce da Maria verginalmente, mentre Giuseppe, lo sposo della Vergine, gli fa da padre terreno. Come Maria, anch’egli ha dato il suo consenso di fede alle parole dell’angelo e ha legato la propria vita a quella di Gesù Salvatore. Fare Natale significa entrare nella storia di Gesù, assumerla e lasciarsi prendere da essa. In certo modo: riviverla in noi.
Celebrazione della NOTTE SANTA DEL NATALE DEL SIGNORE.
Siamo ammirati e festanti. La ragione è questa: che quando nasce il Salvatore noi siamo salvati. In Gesù – come dice il secondo prefazio – Dio appare « visibilmente nella nostra carne » e incomincia « ad esistere nel tempo ». Dio si fa sempre vicino e l’umanità on tutto l’universo viene sollevata dalla sua caduta e redenta.
A Natale si compone in unità la famiglia di Dio. Non possiamo essere tristi, e dobbiamo darci da fare perché anche gli altri, a cominciare dai nostri di casa, siano nella gioia.
Prima Lettura: Is 9,1-6.
« Un bambino è nato per noi »: bisognoso , come bambino, di cure materne. Eppure è « il Dio potente », colui che illumina il mondo e che spezza il giogo dell’oppressione. Non facendo una rivoluzione con la violenza, ma trasformando il mondo con l’amore. Dal presepio dobbiamo portar via propositi di carità e di pace.
Seconda Lettura: Tt 2,11-14.
Il Natale deve toccare la nostra condotta, indurci a vivere secondo l’esortazione di san Paolo - « con sobrietà, con giustizia e con pietà ». Ossia a vivere in grazia e a comunicarla agli altri con la parola e l’esempio. Così siamo coerenti con il modo di fare di Gesù, che « ha dato se stesso ». Da-re noi stessi è lo stile proprio del cristiano anche nelle piccole cose. Mettiamo al secondo posto il nostro io, facilmente egoista, per interessarci di quelli che sono più dimenticati e trascurati.
Vangelo: Lc 2,1-14.
Il Natale è la festa della semplicità e della povertà di Dio. Il Figlio suo è deposto in una mangiatoia, l’unico luogo trovato disponibile. E’ la prima lezione che raccogliamo celebrandone la festa. Ma intorno all’umiltà della grotta si diffonde la presenza degli angeli. Essi invitano alla gioia, e infatti annunziano il vangelo, danno la bella notizia che è apparso il Salvatore.
Se è così come si fa ad essere ancora avviliti, avidi ricchezza, prepotenti? Uno dei segni che facciamo un buon Natale e che non ci limitiamo ad augurarlo a parole, è che portiamo pace e bontà col perdono, con l’aiuto ad un fratello ammalato, con una visita che sappiamo gradita. Del resto Il Natale c’è perché Dio ci ama.
Celebrazione del Natale del Signore all’aurora.
Eravamo un’umanità toccata intimamente dal peccato, ma a Natale appare in mezzo a noi il Verbo fatto uomo. Da qui misuriamo quanto sia grande e misterioso l’amore che Dio ha per l’uomo: lo fa rinascere, lo rinnova, lo guarisce, lo rende partecipe della vita immortale. Se per opera di Dio avviene tutto questo, possiamo comprendere quanto sia alta ai suoi occhi ora la dignità dell’uomo. La dobbiamo rispettare in noi e negli altri. Non dobbiamo più deturparla con il ritorno alla mentalità di peccato.
Prima Lettura: Is 62, 11-12.
« Arriva il tuo Salvatore »: Isaia ne dava l’avviso a Israele, La Chiesa, con maggiore verità, ce ne ripete l’annunzio: il Salvatore è nato a Betlemme.
Seconda Lettura : Tt 3,4-7.
Il Natale del Signore è la suprema manifestazione della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini. Questo amore diviene concreto per noi con il dono dello Spirito Santo elargito nel Battesimo e poi in tutti gli altri sacramenti. Si può dire che facciamo il Natale del Signore, quando riceviamo i sacramenti, e la vita di Gesù si inserisce in noi. Pensiamo al sacramento della Penitenza e a quello dell’Eucaristia durante questi giorni per riceverli e farci santificare con la sua presenza in noi.
Vangelo: Lc 2,15-20.
I Pastori vanno con sollecitudine fino a Betlemme dopo l’avvertimento degli angeli. Non sono i potenti ma gli umili a recarsi alla grotta, a gioire del Vangelo, a dare gloria a Dio. Senza un’umiltà profonda, senza la meditazione, a somiglianza di Maria, la Madre di Gesù, non si capisce e non si gusta nulla del Natale.
Celebrazione del giorno del Natale.
Dal grembo santo di Maria, vergine illibata, viene a noi il Figlio di Dio. E un prodigio che solo la potenza divina sa operare, una grazia che solo lo Spirito Santo può elargire. Oggi comprendiamo che più della creazione, è dono immenso la redenzione, che ci rende partecipi della vita stesso di Dio: « in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti ». A Natale ci troviamo rinati come figli di Dio. Da qui parte il nostro desiderio e la nostra ricerca delle « cose invisibili » che sono le più autentiche e vere.
Prima Lettura: Is 52, 7-10.
Il lieto annunzio « il Vangelo », è questo: che Dio è in mezzo agli uomini. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi! Egli è il nostro Redentore, per cui le ragioni della tristezza sono venute meno.
Seconda Lettura: Eb 1,1-6.
Il Figlio di Dio che nasce a Betlemme è la Parola divina definitiva. Tutte le cose trovano in lui il loro fondamento. Ora, compiuta la purificazione dei peccati, egli si trova glorioso alla destra del Padre. In Cristo Dio ha manifestato tutto se stesso: le varie parole e profezie dell’ Antico Testamento si riassumono in Gesù, verso il quale tendeva tutta la speranza di Israele.
Vangelo: Gv 1,1-18.
« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio di Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo e non solo in apparenza. Quanti lo accolgono nella fede diventano a loro volta figli di Dio, sono generati da Dio. Allora il Natale è la festa della famiglia cristiana. Lo sforzo, dinanzi al presepio, è quello di riconoscere in ogni uomo un vero fratello.
Attendiamo Gesù con Maria e Giuseppe.
22 Dicembre - IV Domenica di Avvento.
Attendiamo Gesù con Maria e Giuseppe.
Ancora pochi giorni e sarà Natale. Tutti ci prepariamo adeguatamente a celebrarlo con lo spirito di una fede genuina? Abbiamo preparato il presepe, l’albero, ci affrettiamo a fare gli ultimi acquisti di regali, abbiamo programmato vacanze e pranzi, ecc. Ma riduciamo solo a questo l’evento che, più di ogni altro, ha cambiato la storia del mondo?
Maria ci ha fatto un regalo, il più bello, il più prezioso e più grande: ci ha dato il suo Figlio, il Figlio di Dio, che ha ricevuto dallo Spirito Santo con il suo “ sì ”.
Quando riceviamo un regalo siamo contenti e, col dono, apprezziamo l’amore di colui che ce l’ha donato. Se poi il dono è inaspettato, allora la gioia è più grande. Nel Natale il dono che Dio fa del suo Figlio è un dono completamente gratuito, non dovuto e non è frutto della nostra azione, ma della liberalità del Padre celeste che ci ha dato Gesù, il Salvatore.
Nella nostra storia, intrisa di dolore, di morte, di disgrazie e calamità, di ingiustizie, di guerre, di odi tra popoli, Dio ha mandato il Principe della pace, suo Figlio, alla cui nascita gli angeli hanno cantato: « Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini che il Signore ama ». Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi, uomo come noi, eccetto il peccato, viene a liberare l’uomo da tutte quelle realtà che lo affliggono e a dargli la speranza che, cambiando il mondo fin da ora, secondo il modo di pensare e operare di Gesù, potrà dare inizio a quel regno di amore, di giustizia, di pace, di fraternità che avrà il pieno compimento nell’eternità di Dio.
Nel Natale Dio interviene nella nostra storia non con segni di potenza, ma nella semplicità, nella povertà più estrema, in un tale nascondimento che solo nella fede è possibile cogliere. Il comunicare di Dio con gli uomini, nel Natale, avviene con linguaggio e con segni, sì preannunziati, ma realizzati in modo misterioso. Viene da una donna, che pur essendo vergine, diviene mamma e partorisce un bambino.
Solo la rivelazione dall’ alto ci fa comprendere l’evento, come avvenne per i pastori che, accogliendo la notizia dall’angelo, corsero a vedere colui che era stato annunziato loro come “ il Salvatore ”.
In questa quarta domenica di Avvento, nell’attesa del Signore, la liturgia ci presenta le figure di Maria e Giuseppe che, come modelli di fede, nelle loro vicende umane degli eventi vissuti, si fidano di Dio e, confortati dalle parole degli angeli, scorgono la sua volontà, la quale, nel realizzarsi, non esclude la collaborazione dell’uomo: Maria che, con il suo “ sì ”, si proclama l’umile serva del Signore, Giuseppe, « uomo giusto », che non ha paura di superare la giustizia legale, di affrontare i pregiudizi degli uomini, di accettare una simile paternità adottiva del bambino, dandogli il nome, conferendogli tutti i diritti legali e inserendolo nella discendenza della famiglia di Davide, come era stato promesso da Dio.
L’umile ascolto della Parola di Dio, l’ obbedienza della fede, l’adesione perfetta alla volontà di Dio: ecco le condizioni per ricevere e rivivere la grazia del Natale. Il grande modello è la Vergine Maria, nel cui grembo purissimo il Verbo di Dio si riveste di carne mortale per virtù dello Spirito Santo. E’ lo Spirito che agisce nella Chiesa, chiamata a portare nel mondo lo stesso Signore. Anche in noi, grazie alla fede, diviene presente il Verbo di Dio: le nostre opere lo attestano e lo donano agli altri.
Prima Lettura: Is 7,10-14.
Per sfiducia e anche caparbietà Acaz non chiede un segno a Dio, Ma Dio non si lascia smontare o stancare, non perde la pazienza; ed ecco che promette un segno, cioè un suo intervento, che è insieme rivelatore della sua potenza e del suo amore: la concezione della vergine, il parto di un figlio, il cui nome indica la presenza di Dio con il suo popolo. La promessa del Signore troverà compimento perfetto quando a concepire sarà la Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo, e il Dio con noi sarà non solo un uomo particolarmente vicino a Dio, e investito della sua presenza, ma lo stesso Figlio di Dio, il Verbo, di cui commemoreremo il Natale sulla terra che l’Avvento sta preparando.
Seconda Lettura: Rm 1,1-7
Paolo si proclama « servo di Cristo Gesù ». Così è ogni apostolo e ogni cristiano: servo scelto per annunziare il Vangelo, cioè il messaggio della gioia che è Cristo stesso. Le promesse della salvezza si sono ormai avverate in Gesù, Figlio di Dio e vero uomo risorto da morte.
Il tempo di Avvento ci fa rivivere con speciale intensità l’attesa del Salvatore e l’allegrezza per la sua venuta. San Paolo parla di « grazia di essere apostoli » e di « obbedienza della fede ». Importa richiamare oggi il primo concetto: essere apostoli e ministri è un dono di Dio, a vantaggio di tutta la Chiesa. Abbiamo tanto bisogno di cristiani che dedichino tutta la loro vita al Vangelo, a tempo pieno con cuore indiviso. Quanto alla fede essa domanda obbedienza, che è adesione fiduciosa e piena alla Parola di Dio.
Vangelo : Mt 1, 18-24.
Per virtù dello Spirito Santo Maria concepisce: Gesù, il Salvatore è puro dono della grazia e quindi della possibilità di Dio e dello Spirito del suo amore. Giuseppe rimane sorpreso: egli avverte la presenza di Dio e quando Dio è presente l’uomo giusto è pervaso dal timore. Alla sua prima decisione, che è quella di distaccarsi dalla Vergine, segue anche per lui l’annunciazione e la rivelazione della volontà di Dio. Egli farà da padre a Gesù, lo riconoscerà, lo educherà nella sua famiglia: sarà lui a chiamarlo Gesù. Del resto questa concezione straordinaria è il compimento della promessa del « Dio con noi », che nasce dalla Vergine.
Ammira l’obbedienza docile, pronta e operosa di Giuseppe, modello del credente, di colui che pone la propria vita non a servizio di un proprio disegno, ma di quello di Dio.
Rallegratevi, il Signore è vicino!
15 Dicembre – 3a Domenica d’Avvento.
Rallegratevi, il Signore è vicino.
Varie venute abbiamo celebrato in questo Avvento: nella prima domenica, quella nella gloria, nella seconda, quella che si realizza nell’intimo di ognuno di noi, ogni giorno, quando viviamo con gli stessi sentimenti di Gesù: pensare e vivere come Lui. In questa terza Domenica pregustiamo la sua prossima venuta nell’umiltà della nostra condizione umana e ciò è motivo di rallegrarsi per la sua nascita da Maria Vergine a Betlemme.
Ci rallegriamo perchè Cristo viene a risollevarci dalla nostra miseria, per farci figli di Dio e donarci la sua gioia.
A Natale « il grande mistero della salvezza » non solo è ricordato, ma deve essere realmente vissuto. La sua grazia si rinnova per noi naturalmente in proporzione alle nostre disponibilità interiori alla liberazione dal peccato che ancora ci condiziona. Dobbiamo, allora, nel deserto della nostra vita, in noi e nella umanità, poiché spesso sono spenti i sentimenti di umanità, di fraternità, di condivisione, di accoglienza, e regnano ancora miserie fisiche e morali, ingiustizie, fame, povertà, sfruttamento, far rifiorire la vita di una umanità nuova e soprattutto quella di Dio che Gesù è venuto a ripristinare nel cuore dell’uomo.
Può rifiorire il deserto nelle famiglie, nei disoccupati, negli exstracomunitari sfruttati, nelle discoteche e nei luoghi della droga e del degrado morale? La Parola di Dio ci invita:«Coraggio e non temete! », perchè egli viene, se noi ci lasceremo trasformare e coinvolgere da Lui a continuare l’opera che è stata iniziata da Lui, Messia.
Il Natale, quindi, va atteso con fede e preparato con la pazienza di cui parla San Giacomo, non per paura o per rassegnazione, ma per rispetto delle persone, perché, con le impazienze e le violenze, i poveri verrebbero a perdere sempre. E’ necessario il coraggio di mettersi al lavoro pur sapendo che non si avrà tutto e subito. L’opera di Dio esige pazienza attiva, attesa e fiducia nella sua fedeltà: tutto il cosmo creato per giungere a questo punto della sua evoluzione ha impiegato un numero imprecisato di miliardi di anni, e noi siamo ancora all’inizio nell’evoluzione di una umanità nuova iniziata da Cristo, nella « pienezza dei tempi », secondo il disegno salvifico di Dio.
Perché la gioia?
Vari sono i motivi che devono farci rallegrare: Gesù viene a salvarci, a liberarci dalla colpa, dalla morte, garantendoci la risurrezione, a rimetterci nell’amicizia con Dio, a garantirci una vita umana, senza disperazione e non senso, nelle avversità dell’esistenza terrena, e una esistenza in lui, nella gioia del cielo, come suo dono destinato a tutti, miseri, poveri, emarginati, se costruiamo una umanità come l’ha voluta il Padre e realizzata praticamente da Gesù.
Egli, a Giovanni che gli manda a chiedere se è il Messia, dice ai due discepoli di riferirgli ciò che essi vedono, e cioè, che i ciechi vedono, gli zoppi camminano,i sordi odono, i malati guariscono e ai poveri è annunziata la “buona notizia ” del Signore, secondo quando aveva già preannunziato Isaia del Messia. Così con Gesù inizia un mondo nuovo e ciò che all’uomo era impossibile viene compiuto da Dio. I discepoli del Signore e tutti gli uomini di buona volontà, se veramente lo accolgono nel loro cuore, devono continuare le opere del regno da lui incominciate: credere, sperare, amare, trovando nuova energia di vivere e costruire il mondo secondo la pace annunziata dagli angeli a Betlemme e da Gesù, quale Principe di pace, portata agli uomini.
Prima Lettura: Is 35,1-6.8-10.
Il profeta annuncia la liberazione grazie all’intervento di Dio: il popolo non sarà più schiavo, ma ritornerà alla sua patria, risanato e rinvigorito, tutto inondato di gioia. Non è meno vero per noi, con la venuta di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza. Ma bisogna non assistere semplicemente alla festa natalizia: la si deve rivivere nel cuore mondato dalla colpa, nella coscienza resa luminosa dalla Parola di Dio, dalla volontà, pronta a mettere in pratica i comandamenti, e a dedicarsi alla lode del Signore.
Seconda Lettura: Gc 5, 3-10.
San Giacomo ci esorta alla costanza, a cui siamo così facili a venir meno anche se per piccoli contrattempo anche per piccoli contrattempi. In particolare l’apostolo ci invita a mantenere viva l’attesa di Gesù, a non lasciarci scoraggiare delle difficoltà, a serbare ferma la speranza, a non lamentaci, e a non diffidare delle promesse. « Il giudice è alle porte ». Egli vede tutto e ci renderà giustizia. Ma soprattutto avremo bisogno di misericordia.
Vangelo: Mt 11,2-11.
Quando appare Gesù e incomincia a compiere i suoi miracoli vuol dire che l’annunzio del profeta Isaia – sui ciechi che vedono, i sordi che odono, gli storpi che camminano, i morti che risorgono – si sta avverando. Ormai è il tempo del Vangelo. Forse Giovani Battista in carcere è preso da qualche perplessità. Gesù stesso gli fa riferire quanto sta avvenendo. Si tratta di passare dall’antico al nuovo Testamento: di accettare la grazia di Cristo e crescere in essa. Ormai dipende da questo la vera gran-dezza.