Epifania: manifestazione di Gesù a tutte le genti.
6 Gennaio – Epifania del Signore alle genti.
Mentre nel Natale abbiamo contemplato, come dice Isaia, Cristo, luce che risplende nelle tenebre, in cui è immersa l’umanità, dalla quale Gesu assume la carne umana, con tutta la sua fragilità e debolezza, eccetto il peccato; nell’Epifania, festa di luce, che traspare e guida a Gesù, Dio continua a rivelarsi, sempre nella debolezza e nella fragilità di bambino, nato nel nascondimento, e con lo splendore di una stella attrae a Betlemme genti lontane. Così san Paolo esprime il significato dell’Epifania : « Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa ». I Magi, guidati dalla stella e desiderosi di vedere ciò che essa preannunciava, messisi in cammino, giungono a Geru-salemme e chiedono, lì dove pensano possa essere nato un re, ad Erode: « Dove è nato il re dei Giudei? ». A Gerusalemme, dove avrebbe dovuto essere maggiormente viva l'attesa del "Mes-sia", i sommi sacerdoti e gli scribi, radunati da Erode, ricordando le profezie, indicano che da Bet-lemme, piccolo capoluogo della Giudea, doveva « uscire un capo che sarebbe stato il pastore del popolo Israele ».
Così i Magi vengono indirizzatia Betlemme. Usciti da Gerusalemme dove la stella che li precedeva non era vista, riappare loro e si ferma sul luogo dove « entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono e gli offrirono i doni: oro, incenso e mirra » (Mt 2,11), riconoscendolo come Re, Dio e Redentore.
Alla fine del loro viaggio, nella ricerca della verità, desiderosi di conoscere l'evento indicato dalla stella, incontrano il Signore nella debolezza della carne: l'umanità nella sua dimensione di fragilità, nella sua vulnerabililtà alla sofferenza e al dolore. Essi riconoscono Dio nella carne, per-chè è in questo che Dio condivide la povertà umana, si rivela e nasconde la sua divinità: questo è il mistero dell'incarnazione di Dio.
I Magi modello della Chiesa
I MAGI sono le primizie della Chiesa, formata da uomini di tutti i popoli, sono il simbolo di tutti gli uomini, che vanno a trovare il Signore, Cristo Gesù, il Salvatore, guidati dalla luce della fede e lo adorano.
Essi, che hanno affrontato le fatiche e i pericoli di un lungo viaggio, sia fisico che interiore di ricerca della verità divina, esprimono così il percorso paradigmatico della fede di ogni uomo. La stella, verità dell’uomo, è un segno che va ricercato e obbedito, e pone l’uomo nella fatica della ricerca della verità.
La fede non è ancora la visione delle realtà che crediamo. I nostri occhi ancora sono come velati; ma la fede è già una luce che illumina l’anima. L’incredulo si trova ancora nelle tenebre.
Gesù che nasce tra noi provoca sentimenti opposti, azioni antitetiche. Infatti alcuni dei prossimi al Messia non lo riconoscono. La sua nascita produce anche turbamento, come in Erode, il nuovo persecutore, come lo fu il faraone, che opprimeva Israele nei suoi primogeniti.
Oggi preghiamo perché la fede divenga sempre più ferma e luminosa, perché non ci accada mai la sventura di perderla; perché tutti gli uomini l’abbiano in dono, così da accogliere il mistero della salvezza, che è lo stesso Figlio di Dio, in tutto solidale con noi, annunziato a tutte le genti.
Prima Lettura: Is 60, 1-6.
La gloria del Signore brilla in Gerusalemme: il profeta la vede come il luogo verso cui tutti i popoli convergono per lodare Dio e offrirgli « oro e incenso ». La venuta dei Magi porta a compimento la visione esaltante di Isaia, poichè essi, e con loro le nazioni della terra, riconoscono in Gesù il loro Re.
Seconda Lettura: Ef 3,2-3.5-6.
Paolo ricorda agli Efesini che nella carne condivisa da Dio in Gesù si attua e manifsta il suo piano di salvezza. Per mezzo del mistero dell'incarnazione tutti gli uomini sono chiamati a far parte della Chiesa nella fede e ad essere partecipi della salvezza.
Sia gli Ebrei, eletti per primi, sia i pagani, venuti dopo, sono chiamati alla fede in Cristo e alla condivisione dell’eredità eterna con lui. La salvezza è universale: e infatti la Chiesa è detta « una e cattolica ». In essa non c’è distinzione di razza: il Vangelo è predicato a tutte le genti, per- ché formino una medesima Chiesa. Questo ci porta a due considerazioni: la prima, che dobbiamo sentire la vocazione missionaria, anche se personalmente non siamo in missione. Il nostro aiuto è dato dalla preghiera, dai sacrifici, dalla collaborazione, fatta anche di offerte: i missionari sono là a rappresentarci. La seconda considerazione è questa: dobbiamo evitare le divisioni, in contrasti tra noi, visto che siamo partecipi della stessa grazia e della stessa promessa di Cristo. Facciamoci nel nostro ambiente missionari di concordia.
Vangelo: Mt 2,1-12.
Quale contrasto tra l’indifferenza e l’ignoranza somma dei sommi sacerdoti e degli scribi, tra la sospettosa ostilità di Erode e l’ardente e gioiosa domanda dei Magi: « Dov’ è colui che è nato, il re dei Giudei ? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo »! Vengono i lontani , e i vicini non si accorgono che è nato il Salvatore. Ai primi è data la felicità di incontrarlo e di adorarlo; i secondi o non sono toccati dall’avvenimento o, peggio, cercano di soffocarlo. Dobbiamo pensare che abbiamo vicino il Signore, quasi a due passi, vicino alle nostre case, nella Eucaristia, e il cuore rimane freddo, pigro, senza interesse. La vera fede dà gioia, fervore e desiderio di incontrare il Signore, come i Magi, capaci di affrontare qualche sacrificio per lui.
iL VERBO, GENERATO DAL PADRE DALL'ETENITA' SI FECE CARNE
5 Gennaio – SECONDA DOMENICA DOPO NATALE.
Il Verbo eterno si è fatto carne.
Nella vita di Cristo il Natale non è il mistero compiuto. Il disegno di grazia è pienamente attuato nella morte e nella risurrezione, in cui anche la natività, che è l’inizio della salvezza, riceve senso e definitiva efficacia.
Non cessiamo di accogliere in festa e contemplare gioiosi il Figlio di Dio come redentore.
Nessuno amerà mai un uomo con l’intensità con cui Dio lo ama. E’ tempo, quello natalizio per ripensarci, e allora si ravviva la carità, e anche si riaccende il sentimento della presenza e della compagnia di Dio nelle nostre singole esistenze, facilmente esposte a rinchiudersi nell’avvilimento e nella solitudine; talora persino a lasciarsi sopraffare dalla coscienza del peccato, per la dimenticanza che nel Natale di Cristo siamo redenti e giustificati e che siamo uomini « che Dio ama ».
La liturgia della Parola, oggi, ci fa riflettere sull’origine eterna di Cristo e sul significato che la sua venuta ha per l’umanità. Egli è la Sapienza dell’ Antico Testamento, il Verbo di san Giovanni che si è fatto carne e in lui il Padre ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi.
La realtà salvifica nel progetto di Dio.
In questa Domenica meditiamo, partendo dalla Parola, sul dispiegarsi del progetto salvifico di Dio, iniziato dall’eternità. Nel Prologo del Vangelo di Giovanni, partendo dall’evento della nascita di Gesù, risaliamo alla sua origine divina ed eterna: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio », per cui viene affermata la divinità del Logos, il quale si è fatto carne in Gesù, che è Dio, uguale ma distinto dal Padre.
Prima Lettura: Sir 24,1-2.8-12.
Anche il Siracide fa risalire all’eternità l’esistenza della Sapienza, la quale parla di sé, della sua origine e di ciò che essa compie e prende dimora nella nostra storia, poiché, come dice Giovanni, “Il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi”.
La Sapienza ha posto la sua stabile dimora in mezzo a noi con l’incarnazione del Figlio di Dio, generato dal Padre fin dall’eternità. L’Antico Testamento aveva già presentato la strada della salvezza, che è dono di Dio e frutto dello Spirito Santo. A suo tempo infatti manderà il suo stesso Verbo, cioè Gesù Cristo, tra gli uomini.
Seconda Lettura: Ef 1,3-6.15-18.
Per Paolo, il piano eterno di salvezza, realizzato nel tempo, fin dall’eternità ha i suoi effetti nella vita degli uomini: fin dall’eternità, « prima della creazione del mondo », Dio ci ha scelti, benedetti e predestinati ad essere suoi figli in Gesù, il Figlio suo diletto, e quindi per vivere nella santità e nella grazia che riceviamo da Cristo. La festa natalizia ravviva la consapevolezza della nostra vera vocazione e la nostra conoscenza di Cristo, perché in Lui, Figlio unigenito, che si abbassa, accettando di farsi uomo solidarizzando con noi e offrendosi in sacrificio per i nostri peccati, si radica l’amore misericordioso del Padre per gli uomini.
Vangelo : Gv 1,1-18.
« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’Evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio di Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo e non solo in apparenza.
Davanti al progetto di Dio l’uomo liberamente può rispondere accettando o rifiutando di parteciparvi, perché, pur essendo “ il mondo stato fatto per mezzo del Verbo. il mondo non lo ha riconosciuto” e “ venuto tra i suoi, i suoi non lo hanno accolto”.
A quanti lo accolgono nella fede, credendo nel suo nome, Dio dà il potere di diventare suoi figli , venendo generati a tale dignità, non da sangue, né da volere di carne né da volere di uomo, ma dall’amore di Dio, a cui bisogna rispondere purificandosi sempre più e conformandosi a Cristo, suo Figlio.
Paolo, scrivendo agli Efesini, ringrazia Dio per la loro fede e la loro carità e lo prega perché doni loro « uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui » (Ef 3,17). E ancora: « illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi »( Ef 3,18).
Celebrare il Natale di Gesù significa comprendere quali risvolti siamo chiamati a dare alla nostra esistenza, aprendoci alla gioia di avere la solidarietà di Dio nella nostra debolezza e alla speranza di partecipare alla stessa eredità di Gesù.
Ultimo aggiornamento (Sabato 04 Gennaio 2014 17:22)
Maria SS. MADRE DI DIO
1 GENNAIO – MARIA SS. MADRE DI DIO.
Giornata mondiale della PACE
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordioso », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto di collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’ uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria, « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C., Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’ Incar-nazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale nell’Eucaristia diciamo: « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione , perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Cristo Signore ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè,chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E tutto questo, come dono di Dio, si realizza in Gesù. La Chiesa, in questa benedizione, ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno, e noi, con altrettanta verità all’augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un « buon anno ».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7-
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli.
Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, di natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene data in Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre perchè siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24). Così san Paolo esclude ogni auto-salvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questa avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’ umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’ incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo : Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre al presepio,. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia ritornando alle nostre occupazioni e condizioni abituali non dimentichiamo quella nascita, quell ’innocenza e quell’amore che ci hanno attratti in queti giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria.
FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA DI NAZARET.
29 Dicembre – 1 Domenica fra l’ottava di Natale.
Festa della SACRA FAMIGLIA.
La Famiglia di Nazaret modello di vita familiare.
La Chiesa, oggi, considera insieme la Famiglia di Nazaret e la famiglia cristiana, come suo riflesso. Pur nella sua singolarità, la famiglia di Gesù, che ha voluto nascere e crescere in seno alla famiglia, ci si presenta come « un vero modello di vita », con le sue virtù e con il suo amore. Gesù si incarna in una famiglia concreta, vivendo fin dal primo istante della sua esistenza terrena questa esperienza: relazionandosi con i suoi genitori ne ha condiviso dolori e gioie; dai genitori ha imparato a rapportarsi con Dio e gli uomini; ha conosciuto la paura, sperimentato i pericoli, la precarietà, ma anche l’esperienza religiosa in casa, nella sinagoga e nel tempio, partecipando alle varie feste ebraiche.
La famiglia di Nazaret vive le preoccupazioni quotidiane, come lo smarrimento di Gesù nel tempio, le incomprensioni degli abitanti di Nazaret per i comportamenti di Gesù, ma tutta la famiglia è aperta e disponibile alla voce di Dio, che li conforta, nella consapevolezza che il Figlio non appartiene a loro. Tutto questo deve farci comprendere che senza Dio la famiglia non ha fondamenti stabili.
La Chiesa è la famiglia di Dio e in origine il nucleo della Chiesa era costituito da famiglie, i cui membri, divenuti credenti, desideravano che tutta la famiglia fosse salvata e, come dice il Concilio, erano piccole chiese domestiche, dove si praticava la vita cristiana in un mondo pagano e incredulo.
Paolo VI, in una riflessione durante la sua visita nella casa di Nazaret, definì la Sacra Famiglia « Scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, scuola del Vangelo, dove si impara a vivere in famiglia. Nazaret ci ricorda cosa è la famiglia, cos’ è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile… Infine impariamo la lezione del lavoro. Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo, ma redentrice della fatica umana…».
Nella Sacra Famiglia abbiamo tratti fondamentali a cui le famiglie cristiane possono e devono ispirarsi per realizzare e svilupparsi secondo il progetto di Dio sulla famiglia, come per esempio, la carità profonda, l’ospitalità, la povertà laboriosa, il nascondimento, la semplicità, l’ascolto attento e rispettoso, l’ubbidienza vissuta nella libertà, la vita limpida e trasparente, l’intimità con Cristo e Maria, la fede schietta, la vita vissuta nella gioia, con cui tutto diventa più facile anche nei momenti delle croci, la donazione e la condivisione dei pesi gli uni degli altri.
La famiglia deve diventare ciò che è.
La famiglia, piccola chiesa domestica,, è immagine della Chiesa di Cristo, plasmata dall’Amore. Nella Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II ha scritto che « l’essenza e i compiti della famiglia sono… definiti dall’amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa » ( FC 17 ). La famiglia scopre la sua identità e la sua missione di ciò che può e deve essere nel disegno che Dio ha tracciato per essa.
Come per la famiglia di Nazaret, il compito della famiglia cristiana è quello di diventare ciò che essa « è », accogliendo la parola che la invita a rivestirsi di sentimenti di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza e, come dice san Paolo, “avere al di sopra di tutto la carità che è vincolo di perfezione, per edificare la pace nei cuori ”. La sottomissione e l’accoglienza reciproca fra marito e moglie, genitori e figli hanno come riferimento ultimo il Signore.
La famiglia, allora, sperimenta la vita insieme, con la gioia di camminare congiuntamente sulla strada di Dio e del mondo. La famiglia nei momenti di difficoltà diventa sostegno e aiuta a crescere nella maturità dell’amore e rende più facili gli impegni quotidiani.
Oggi chiediamo al Signore che anche « le nostre famiglie vivano nell’ amicizia e nella pace » con Dio, che « i genitori si sentano partecipi della fecondità dell’amore divino », e che « i figli crescano in sapienza,pietà e grazia ». L’esempio e la grazia che ci vengono dalla Santa Famiglia ci danno la forza di superarli. In particolare la nostra fede è rinvigorita dall’Eucaristia, la mensa che ci nutre tutti come figli di Dio.
Prima Lettura: Sir 3,2-6.12-14.
L’antica sapienza esalta l’onore che i figli devono al padre e alla madre. E’ un atteggiamento di bontà e di riconoscenza, che sa comprendere e anche compatire, e del quale Dio terrà grande calcolo per esaudire nella orazione e per scontarci i peccati.
Seconda Lettura: Col 3,12-21.
La famiglia, come ogni situazione della vita, deve riflettere ed esprimere la carità che distingue il discepolo del Signore, e che genera una varietà di sentimenti: l’umiltà, la magnanimità, la misericordia, il compatimento che perdona. Quando c’è la carità, che sintetizza tutte le perfezioni cristiane, allora anche nella famiglia c’è la sotto missione, la dolcezza, l’obbedienza e la comprensione: quell’insieme di virtù che rifulgono nel « modello sublime di vita familiare », qual è quello offerto da Gesù, Maria e Giuseppe.
Vangelo: Mt 2,13-15.19-23.
Erode cerca il bambino: ma per ucciderlo. Non ha l’umiltà e la purezza necessarie per accogliere non un temibile rivale, ma un Re che salva con l’amore e con il dono della propria vita. Logicamente, quando il cuore si chiude in sé, nel proprio egoismo, non indietreggia neppure di fronte alle azioni più infami, come quella di far uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù. Al contrario chi è sollecito nel ricevere Cristo nell’animo, sente il bisogno e la forza di amare tutti. Per parte sua san Giuseppe è agli antipodi di Erode: tutto il suo impegno sarà quel lo di custodire la vita del Bambino. Nel cuore di Giuseppe c’erano umiltà e amore.
NATALE DEL SIGNORE.
25 Dicembre – NATALE DEL SIGNORE.
Vigilia del Santo Natale.
La festa del Natale è imminente. Siamo alla vigilia. Domani saremo tutti nella gioiosa sorpresa del Figlio eterno di Dio, nel « grande giorno che ha dato inizio alla nostra redenzione ». Oggi è giorno di raccoglimento e di preghiera. Così viviamo l’attesa, e non solo del Natale, ma anche della definitiva apparizione di Cristo giudice. Se guardiamo ai nostri meriti, siamo presi dallo smarrimento, ma se consideriamo l’amore del Padre, che a Natale si rivela, al timore succede la speranza. Una speranza che in quello stesso amore attinge forza e coerenza.
Prima Lettura: Is 62,1-5.
L’umanità non sarà più abbandonata, devastata, priva di amore. Essa avrà il suo Sposo: Dio stesso, che si unisce agli uomini con il dono della grazia. Anzi col dono del suo medesimo Figlio fatto uomo. La promessa di Dio e il desiderio del profeta si compiranno a Natale.
Seconda Lettura: At 13,16-17.22-25.
Ormai sta per apparire Colui che Giovanni aveva preannunziato e per il Quale aveva preparati gli animi: è Gesù, il Salvatore, che libera Israele e tutti i popoli. L’attesa e la speranza, tenute vive dai credenti, trovano la loro soddisfazione.
Vangelo: Mt 1,1-25.
Gesù è il Figlio di Dio, ma nasce anche come vero uomo, inserito in una genealogia. Egli è chiamato dall’evangelista Matteo figlio di Davide, per mezzo del quale risale ad Abramo. Egli nasce da Maria verginalmente, mentre Giuseppe, lo sposo della Vergine, gli fa da padre terreno. Come Maria, anch’egli ha dato il suo consenso di fede alle parole dell’angelo e ha legato la propria vita a quella di Gesù Salvatore. Fare Natale significa entrare nella storia di Gesù, assumerla e lasciarsi prendere da essa. In certo modo: riviverla in noi.
Celebrazione della NOTTE SANTA DEL NATALE DEL SIGNORE.
Siamo ammirati e festanti. La ragione è questa: che quando nasce il Salvatore noi siamo salvati. In Gesù – come dice il secondo prefazio – Dio appare « visibilmente nella nostra carne » e incomincia « ad esistere nel tempo ». Dio si fa sempre vicino e l’umanità on tutto l’universo viene sollevata dalla sua caduta e redenta.
A Natale si compone in unità la famiglia di Dio. Non possiamo essere tristi, e dobbiamo darci da fare perché anche gli altri, a cominciare dai nostri di casa, siano nella gioia.
Prima Lettura: Is 9,1-6.
« Un bambino è nato per noi »: bisognoso , come bambino, di cure materne. Eppure è « il Dio potente », colui che illumina il mondo e che spezza il giogo dell’oppressione. Non facendo una rivoluzione con la violenza, ma trasformando il mondo con l’amore. Dal presepio dobbiamo portar via propositi di carità e di pace.
Seconda Lettura: Tt 2,11-14.
Il Natale deve toccare la nostra condotta, indurci a vivere secondo l’esortazione di san Paolo - « con sobrietà, con giustizia e con pietà ». Ossia a vivere in grazia e a comunicarla agli altri con la parola e l’esempio. Così siamo coerenti con il modo di fare di Gesù, che « ha dato se stesso ». Da-re noi stessi è lo stile proprio del cristiano anche nelle piccole cose. Mettiamo al secondo posto il nostro io, facilmente egoista, per interessarci di quelli che sono più dimenticati e trascurati.
Vangelo: Lc 2,1-14.
Il Natale è la festa della semplicità e della povertà di Dio. Il Figlio suo è deposto in una mangiatoia, l’unico luogo trovato disponibile. E’ la prima lezione che raccogliamo celebrandone la festa. Ma intorno all’umiltà della grotta si diffonde la presenza degli angeli. Essi invitano alla gioia, e infatti annunziano il vangelo, danno la bella notizia che è apparso il Salvatore.
Se è così come si fa ad essere ancora avviliti, avidi ricchezza, prepotenti? Uno dei segni che facciamo un buon Natale e che non ci limitiamo ad augurarlo a parole, è che portiamo pace e bontà col perdono, con l’aiuto ad un fratello ammalato, con una visita che sappiamo gradita. Del resto Il Natale c’è perché Dio ci ama.
Celebrazione del Natale del Signore all’aurora.
Eravamo un’umanità toccata intimamente dal peccato, ma a Natale appare in mezzo a noi il Verbo fatto uomo. Da qui misuriamo quanto sia grande e misterioso l’amore che Dio ha per l’uomo: lo fa rinascere, lo rinnova, lo guarisce, lo rende partecipe della vita immortale. Se per opera di Dio avviene tutto questo, possiamo comprendere quanto sia alta ai suoi occhi ora la dignità dell’uomo. La dobbiamo rispettare in noi e negli altri. Non dobbiamo più deturparla con il ritorno alla mentalità di peccato.
Prima Lettura: Is 62, 11-12.
« Arriva il tuo Salvatore »: Isaia ne dava l’avviso a Israele, La Chiesa, con maggiore verità, ce ne ripete l’annunzio: il Salvatore è nato a Betlemme.
Seconda Lettura : Tt 3,4-7.
Il Natale del Signore è la suprema manifestazione della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini. Questo amore diviene concreto per noi con il dono dello Spirito Santo elargito nel Battesimo e poi in tutti gli altri sacramenti. Si può dire che facciamo il Natale del Signore, quando riceviamo i sacramenti, e la vita di Gesù si inserisce in noi. Pensiamo al sacramento della Penitenza e a quello dell’Eucaristia durante questi giorni per riceverli e farci santificare con la sua presenza in noi.
Vangelo: Lc 2,15-20.
I Pastori vanno con sollecitudine fino a Betlemme dopo l’avvertimento degli angeli. Non sono i potenti ma gli umili a recarsi alla grotta, a gioire del Vangelo, a dare gloria a Dio. Senza un’umiltà profonda, senza la meditazione, a somiglianza di Maria, la Madre di Gesù, non si capisce e non si gusta nulla del Natale.
Celebrazione del giorno del Natale.
Dal grembo santo di Maria, vergine illibata, viene a noi il Figlio di Dio. E un prodigio che solo la potenza divina sa operare, una grazia che solo lo Spirito Santo può elargire. Oggi comprendiamo che più della creazione, è dono immenso la redenzione, che ci rende partecipi della vita stesso di Dio: « in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti ». A Natale ci troviamo rinati come figli di Dio. Da qui parte il nostro desiderio e la nostra ricerca delle « cose invisibili » che sono le più autentiche e vere.
Prima Lettura: Is 52, 7-10.
Il lieto annunzio « il Vangelo », è questo: che Dio è in mezzo agli uomini. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi! Egli è il nostro Redentore, per cui le ragioni della tristezza sono venute meno.
Seconda Lettura: Eb 1,1-6.
Il Figlio di Dio che nasce a Betlemme è la Parola divina definitiva. Tutte le cose trovano in lui il loro fondamento. Ora, compiuta la purificazione dei peccati, egli si trova glorioso alla destra del Padre. In Cristo Dio ha manifestato tutto se stesso: le varie parole e profezie dell’ Antico Testamento si riassumono in Gesù, verso il quale tendeva tutta la speranza di Israele.
Vangelo: Gv 1,1-18.
« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio di Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo e non solo in apparenza. Quanti lo accolgono nella fede diventano a loro volta figli di Dio, sono generati da Dio. Allora il Natale è la festa della famiglia cristiana. Lo sforzo, dinanzi al presepio, è quello di riconoscere in ogni uomo un vero fratello.