« MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?»
15 SETTEMBRE – XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
« MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?»
Nell’ Eucaristia, ricevendo il Corpo e il Sangue di Cristo, i cristiani entrano in comunione con lo Spirito Santo che lo rende presente nel pane e nel vino.
La potenza di Cristo e l’azione del suo Spirito trasforma non solo questi doni ma anche noi con i nostri sentimenti, le nostre tendenze e ci trasfigura in lui. E’ lo Spirito Santo che viene invocato nelle preghiere eucaristiche che trasforma i nostri semplici doni nel Cristo e raccoglie e forma anche la Chiesa, unendola a lui in maniera intima.
L’assemblea liturgica, attraverso il perdono che viene chiesto, è rigenerata con un cuore nuovo dallo Spirito, che apre i credenti al pentimento e alla conversione, dando loro la forza di perdonare a loro volta e di dare la vita per salvarla, come fa Cristo. Il dono dello Spirito non è meritato da noi ma dall’intercessione del Signore Gesù, mediatore di grazia , che ci unisce a sé quando nel suo nome siamo riuniti per rendere grazie al Padre.
Nella preghiera della colletta diciamo a Dio: « O Padre, che conforti i poveri e i sofferenti e tendi l’orecchio ai giusti che ti invocano, assisti la tua Chiesa che annuncia il Vangelo della croce, perché creda con il cuore e confessi con le opere che Gesù è il Messia. Egli è Dio, e vive e regna con te... ».
Prima Lettura: Is 50,5-9.
Isaia preannunzia ciò che il Messia, il servo di Jahvè sopporterà, non opponendo resistenza e presentando il dorso ai flagellatori, le sue guance a coloro che gli strappano la barba e non sottraendo la sua faccia agli sputi e agli insulti. Egli confida nell’aiuto di Dio che lo assiste, per cui non resta svergognato, poiché rende la sua faccia dura come pietra, sapendo che non resta confuso. Confidando nella vicinanza del Signore, che gli rende giustizia, egli è pronto a sfidare chi viene a contesa con lui, chi lo accusa e chi vorrebbe dichiararlo colpevole. Tutto quello che descrive il profeta lo vediamo realizzato nell’ avvenimento della passione di Cristo Signore, che soffre ed espia per tutti, compiendo il disegno della redenzione del mondo. Così anche noi siamo chiamati a non tirarci indietro, ribellandoci e imprecando, quando nella nostra vita siamo provati, ma a confidare in lui che ci è vicino, non ci abbandona e ci rende giustizia.
Seconda Lettura: Gc 2,14-18.
San Giacomo, ancora una volta, ci ricorda che non basta la sola fede per poter ottenere la salvezza. Questa deve essere avvalorata dalle opere. Per cui se uno dicesse al fratello o sorella che sono senza vestiti e sprovvisti di cibo quotidiano: « Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi », ma non si dà loro il necessario per il corpo, a che potrebbe servire? « Così anche la fede: - continua san Giacomo – se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta ».
Non si può dunque mostrare la fede se questa non è realizzata nelle opere. Chi realizza le opere che la fede chiede di vivere, attuando la carità senza ostentazione, mostra anche la fede che le anima. La carità cristiana e, potremmo anche dire, l’amore che ogni uomo dice di avere per il fratello devono produrre opere coerenti con tali principi di vita, perché, diversamente, sarebbero entrambi: parole vuote la filantropia di ogni uomo e non vera fede o credenza astratta quella del cristiano. La concretezza dell’amore in entrambi i casi è manifestata dalle opere della carità e dell’amore. Non bastano pratiche religiose o fedeltà all’Eucaristia o proclami filantropici per dare consistenza all’amore per il fratello, chiunque esso sia.
Vangelo: Mc 8,27-35.
Gesù, durante la sua missione, a Cesarea di Filippo,h interroga i suoi discepoli per sapere da loro che cosa dica la gente di lui. Essi rispondono che alcuni lo ritengono Giovanni il Battista, altri Elia e altri uno dei profeti. Alla domanda di Gesù: « Ma voi, chi dite che io sia ?», Pietro risponde: « Tu sei il Cristo ». E Gesù ordina loro severamente di non parlare di lui a nessuno e annunzia però, apertamente, che « il Figlio dell’uomo dove soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere ». Pietro, allora, lo prende in disparte e lo rimprovera. Ma Gesù, voltandosi e guardando tutti i discepoli, apostrofa aspramente Pietro dicendogli: « Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini ». E alla folla e ai discepoli dice: « Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà ». Pietro a nome di tutti riconosce Gesù come il Cristo, così come gli aveva detto il fratello Andrea incontrandolo, dopo aver sentito Giovanni il Battista additare Gesù come l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.
Certo Pietro non poteva immaginare quello che Gesù avrebbe sofferto: il rigetto da parte dei capi, sacerdoti e scribi, e la morte prima della risurrezione. E se davanti alla rivelazione di Gesù Pietro reagisce quasi con violenza, non meno decisa è la risposta di Gesù, che lo apostrofa come un Satana, perché lo distrarrebbe dal compiere la volontà del Padre celeste e dal suo disegno. Non solo il Cristo, ma ogni discepolo dovrà portare la propria croce dietro al Signore, fino a giungere a perdere la propria vita per lui e il Vangelo. Quella della Croce è la strada per salvare la propria vita, se la si vuole riavere nella gloria della risurrezione. E’ importante allora capire la croce e portarla con speranza.««
LA FEDE, LA SPERANZA E LA CARITÀ POSSONO TRASFORMARE IL MONDO.
8 SETTEMBRE – XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
LA FEDE, LA SPERANZA E LA CARITÀ POSSONO TRASFORMARE IL MONDO
Nella celebrazione della Messa ci accostiamo a due mense: « quella della Parola di Dio » e « quella del pane della vita ». Entrambi questi doni sono lui stesso. E’ Cristo la Parola, la sapienza che è diffusa nella Scritture e soprattutto nel Vangelo, che con il suo insegnamento, ci guida e illumina nella vita quotidiana, per una continua ricerca della volontà di Dio Padre, così come è il pane della vita, datoci in cibo. In segno di riconoscenza a Dio per questi doni, noi celebriamo nella Messa il nostro ringraziamento e la nostra lode con la preghiera. Come figli lodiamo, adoriamo ed esprimiamo la pietà dei « figli adottivi, resi partecipi della vita divina, destinati alla vita eterna ed eredi del regno di Dio, pur nella nostra povertà e piccolezza ». Tutto questo lo condividiamo con i fratelli, con cui siamo uniti dalla stessa sorte secondo quando ci ha insegnato Gesù con il comandamento dell’amore fraterno.
Nella preghiera iniziale ci rivolgiamo a Dio dicendo: « O Padre che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, dona coraggio agli smarriti di cuore, perché conoscano il tuo amore e cantino con noi le meraviglie che tu hai compiuto. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Is 35, 4-7.
Il profeta Isaia, in nome di Dio, si rivolge agli smarriti di cuore esortandoli ad avere coraggio e non temere, perché il Signore viene a salvarli e dare la ricompensa. Egli aprirà gli occhi dei ciechi, schiuderà gli orecchi ai sordi; farà saltare lo zoppo come un cervo e la lingua del muto farà gridare; nel deserto scorreranno acque e nella steppa torrenti; la terra e il suolo avranno sorgenti d’acqua.
Anche davanti alle situazioni difficili, come quella dell’esilio in Babilonia, non si dovrà disperare, perché il Signore libererà gli oppressi e darà realtà superiori e appaganti.
Seconda Lettura: Gc 2,1-5.
San Giacomo esorta coloro a cui scrive a non mescolare la fede nel Signore con favoritismi personali, evitando, nelle loro riunioni, di fare discriminazioni tra un ricco lussuosamente vestito e un povero con vestito logoro; o di far sedere il ricco in un posto più onorevole e il povero in disparte e in piedi. Questi comportamenti discriminatori rendono i discepoli del Signore giudici dai giudizi perversi. Dio ha scelto, conclude San Giacomo, i poveri agli occhi del mondo, che ricchi nella fede e nell’amore per lui, erediteranno il Regno promesso.
Dio non ha usato preferenze, scegliendo i ricchi e rigettando i poveri. E’ sempre presente nella nostra vita la tentazione di favoritismi, allontanando quelli che non hanno prestigio e non sanno farsi valere. Quello che conta è la ricchezza della fede ed essere eredi del Regno dei cieli, di cui godranno coloro che amano Dio. La fede e l’amore devono essere il nostro vero tesoro.
Vangelo: Mc 7,31-37.
Gesù, in questo brano del Vangelo di oggi, ci esorta ad avere, per un fratello che avesse commesso un colpa contro di noi, un rapporto di fraterna ed individuale ammonizione, guadagnando così il fratello se egli ascolterà. Se non dovesse ascoltare, bisogna allora davanti a due o tre testimoni risolvere la cosa. Se poi non dovesse ascoltare neanche loro, è un dovere di tutta la comunità assolvere al fraterno ammonimento per recuperare il fratello.
Per questo Gesù dà agli apostoli, il mandato e il potere di legare e sciogliere e di comporre le questioni tra cristiani, perché tutto quello che essi scioglieranno sulla terra, sarà sciolto nei cieli. Se i cristiani si accorderanno per chiedere a Dio, Padre celeste, qualcosa sarà loro accordata, perché dove sono due o tre riuniti nel suo nome egli è in mezzo a loro.
Correggere fraternamente un fratello è un dovere, purché venga fatto con discrezione e carità, senza la presunzione di voler condannare. Qualora ci fosse ostinatezza nel fratello, allora tutta quanta la comunità è chiamata a compiere il gesto di correzione o di ammonimento, per evitare che il male contagi altri. Tutta la Chiesa, rappresentata da Pietro, gli apostoli e dai loro successori, compie ciò in forza del potere di legare e sciogliere datole dal Signore. La Chiesa è posta, quindi, come sacramento di riconciliazione del peccatoreh
ONORARE DIO CON LE LABBRA E CON IL CUORE, E AMARLO NEI FRATELLI CHE SONO NEL BISOGNO.
1 SETTEMBRE – XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
ONORARE DIO CON LE LABBRA E CON IL CUORE E AMARLO NEI FRATELLI CHE SONO NEL BISOGNO.
Ogni domenica siamo radunati, convocati dalla Parola di Dio, per celebrare il « memoriale della Pasqua del Signore », per lodarlo, ringraziarlo e rinnovare il nostro impegno a vivere nella fedeltà a questa parola. In questo convito, imbandito dal Padre celeste, ci viene offerto il suo Figlio, Pane di vita. Celebrare l’Eucaristia significa comprendere e sperimentare quanto Dio ci ami e riceviamo lo stimolo e la grazia a corrispondere a questo amore, nella fedeltà di discepoli, pronti a portare ogni giorno dietro al maestro la propria croce.
L’amore che nutriamo per Cristo sarà genuino e sincero se lo esprimiamo anche verso i fratelli, poiché amare il prossimo vuol dire confermare il nostro amore per il Signore.
Nella preghiera della Colletta diciamo: « O Padre, che sei vicino al tuo popolo ogni volta che ti invoca, fa’ che la tua parola seminata in noi purifichi i nostri cuori e giovi alla salvezza del mondo. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Dt 4,1-2.6-8.
Mosè esorta gli Israeliti ad ascoltare le leggi e le norme del Signore per metterle in pratica, per poter avere vita lunga, prospera e entrare nella promessa. Non devono aggiungere né togliere nulla a ciò che Dio comanda e prescrive. Nell’osservarle e metterle in pratica, il popolo avrebbe dimostrato saggezza e intelligenza agli occhi dei popoli, così da far esclamare a questi, udendo tutte quelle leggi: « Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente ». Infatti nessuna nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Dio di Israele è vicino al suo popolo ogni volta che lo invoca. Ancora: nessuna grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta la legislazione che il popolo di Israele riceve dal Signore per mezzo di Mosè.
La legge di Dio è dunque una grazia di Dio per il popolo ed è il segno della presenza premurosa di Jahvéh nella storia e nella vita di Israele. La sua osservanza lo avrebbe reso saggio e sapiente agli occhi di tutti i popoli.
Seconda Lettura: Gc 1,17-18.21-22.27.
San Giacomo ricorda ai cristiani che ogni dono perfetto viene da Dio, « creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né cambiamento ». Dio ci ha, per suo dono di grazia, generati per mezzo della sua Parola e del suo Spirito, per essere primizia delle sue creature. Accogliere perciò, dice san Giacomo, la Parola seminata in noi può portare alla salvezza. Esorta ancora a mettere in pratica questa Parola e non essere solo ascoltatori, così da illudersi. « Religione pura e senza macchia davanti a Dio - continua - è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo ». Ascoltare e non mettere in pratica la Parola di Dio è illudersi di salvarsi. La Parola deve diventare concreta nella carità vissuta e nel distacco dal mondo e dal male. Se non è Cristo a salvare il mondo, sarà questi a sedurci e soggiogarci con il male che esso contiene. Bisogna allora rigettare le ambiguità e le incertezze nella fede.
Vangelo: Mc 7,1-8.14-15.21-23.
Nel brano del Vangelo di oggi, Gesù ai farisei e scribi che, riunitisi attorno a Lui, lo interrogano sul perché i suoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, avendoli visti prendere cibo con mani impure, cioè non lavate, - poiché è usanza tra i Giudei non mangiare senza essersi lavate le mani e tornando dal mercato farsi le abluzioni e altro,- risponde dicendo: « Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “ Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini ”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini ». Gesù, allora, alla folla radunata, forse accorsa sentendo l’animata discussione, dice: : « Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro ». « Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo ».
Non bisogna vivere il rapporto con Dio solo esteriormente, in maniera ipocrita, rituale, facilmente realizzabile. E’ necessario che sia a partire da un cuore puro, incontaminato, libero da ipocrisia e finzione. Difficile è invece rifiutare e denunziare con coraggio tutto ciò che oggi rende l’uomo impuro e pervaso da ogni forma di peccato e di male, che esce dal cuore degli uomini. Gesù fa una diagnosi impietosa e impressionante, non solo per quel tempo, ma per ogni tempo, dei « propositi di male » che stanno nel cuore. Dobbiamo pensare che davanti a questi mali è grande la misericordia di Dio per qualunque peccatore, ma anche che bisogna vigilare costantemente e fortemente per non lasciarsi facilmente contaminare da tutti quei comportamenti denunziati da Gesù.
Dalle « Omelie sul vangelo di Matteo » di San Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 50, 3-4; PG 58, 508-509)
Adorna il tempio, ma non trascurare i poveri
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: «Questo è il mio corpo», confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.
Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell’onore che egli ha comandato, fa’ che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro.
Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l’elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.
Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d’oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?
Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio sacro. Attacchi catene d’argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò mentre adorni l’ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello.
LA PAROLA DI GESÙ SUL SUO CORPO, COME CIBO DI VITA, SCANDALIZZA O È PAROLA DI VITA ETERNA?
25 AGOSTO – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
LA PAROLA DI GESÙ SUL SUO CORPO COME CIBO DI VITA, SCANDALIZZA O È PAROLA DI VITA ETERNA?
E’ una santa assemblea quella che la Domenica si raduna per celebrare i misteri santi del Signore. E non siamo noi che li rendiamo santi, ma è Dio che santifica tutti quelli che nella fede si lasciano coinvolgere dalla sua opera e dal suo Santo Spirito. E’ « l’unico e perfetto sacrificio del Cristo » che ci ha redenti dal peccato, ci santifica con la sua presenza in noi, ci impreziosisce con la sua grazia santificante, ci rende « pietre vive », ci inonda con « la luce dello Spirito » che inabita in noi e ci conferisce la vera libertà dei figli di Dio.
Questa santità è dono gratuito della misericordia di Dio, che ha voluto riconciliarci a sé per mezzo del suo Figlio; a noi solo spetta il corrispondere a questo amore misericordioso, non perché costretti a compiere la sua volontà, ma per una corrispondenza d’amore. Dobbiamo essere forti e generosi, senza lasciarci distrarre da « parole o discorsi umani » e, anche fra le vicende alterne del mondo, mutevoli e ambigue, dobbiamo camminare nella santità di Dio tenendo fissi i nostri cuori là « dove è la vera gioia e dove raggiungeremo la santità definitiva ».
Nella preghiera iniziale diciamo: « O Dio, nostra salvezza, che in Cristo, tua parola eterna , riveli la pienezza del tuo amore, guidaci con la luce dello Spirito, perché nessuna parola umana ci allontani da te, unica fonte di verità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…».
Prima Lettura: Gs 24,1-2.15-17.18.
Giosuè davanti agli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi ribadisce al popolo la sua fedeltà al Signore dicendo: « Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel territorio dove abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore ». Anche il popolo solennemente risponde: « Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi » e, ricordando tutto ciò che Dio aveva fatto liberandoli dall’Egitto, compiendo grandi segni dinanzi ai loro occhi, custodendoli lungo il cammino e da tutti i popoli fra i quali sono passati, gli Israeliti dicono: « Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio ». E’ un atto di fede che essi fanno, una scelta responsabile compiuta in solidarietà con tutti quelli che all’inizio sono stati liberati. Anche per noi la professione di fede è un affidamento a Dio che per mezzo di Cristo ci ha redenti e questo ci impegna ad osservare i suoi insegnamenti che sono a fondamento della nuova alleanza e in cui viene riconosciuta la signoria di Dio.
Seconda Lettura: Ef 5,21-32.
San Paolo scrivendo agli Efesini propone loro di vivere la vita familiare imitando il rapporto d’amore che vige tra Cristo Sposo e la Chiesa Sposa, per la quale egli, come Capo e redentore, ha dato se stesso « per renderla santa e immacolata, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile ». E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siamo ai i loro mariti in tutto. Ma al marito è chiesto però di dare la propria vita per la sposa, come ha fqtto Cristo, avendo il dovere di amarla come ama il proprio corpo, che lo si nutre e lo si cura, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Questo mistero, che è grande in riferimento alla unione di Cristo con la Chiesa, deve essere realizzato dai coniugi credenti, i quali, lasciando ognuno suo padre e sua madre, diventano una sola carne. Questo rapporto tra i coniugi cristiani deve potersi modellare sul modello dell’amore del Cristo e della Chiesa: unione sponsale esemplare a cui ispirarsi, nella fedeltà vicendevole, nel dialogo, nel perdono, nell’ascolto, nel donarsi totalmente, ecc…
Vangelo: Gv 6, 60-69.
Dopo le parole di Gesù, che avrebbe dato la sua carne da mangiare, alcuni discepoli mormoravano ritenendole dure e difficili da ascoltare. Gesù allora dice loro: « Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dove era prima? E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi dico sono spirito e vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono ». E conoscendo che alcuni non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito, diceva: « Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre ». Alcuni discepoli se ne tornarono indietro e non lo seguirono più. Anche ai dodici Gesù disse: « Volete andarvene anche voi ? ». Ma Pietro gli rispose: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio ». Chi è con la chiusura e la durezza del cuore è incapace di ascoltare e accogliere Gesù, il Santo di Dio, il Pane vero disceso dal cielo, chi rimane fermo nella carne, ai ragionamenti, ai pensieri e ai pregiudizi e con le proprie ristrettezze, difficilmente si lascia aprire dallo Spirito e attrarre dal Padre. Per Pietro e tutti coloro che vogliono ribadire la propria fede, pur se dure sono le parole del Signore, è necessario abbandonarsi fiduciosi in Dio, che concede la sua grazia a quanti sono disponibili ad accoglierlo e vivere un rapporto con lui in unione con Cristo nello Spirito.
LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE RISORTO, SIAMO INVITATI AL BANCHETTO DELLA VITA.
18 AGOSTO – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE RISORTO, SIAMO INVITATI AL BANCHETTO DELLA VITA.
Nell’incontro che viviamo la Domenica nell’Eucaristia noi incontriamo Dio personalmente, poiché il Figlio di Dio si rende presente con il suo Corpo e il suo Sangue. Noi offriamo a Dio il pane e il vino, che sono certo doni divini anche se sono frutto della terra e del nostro lavoro, ma in cambio riceviamo Dio stesso, realmente presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. E’ un misterioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza di Dio che ci ha fatti, al di là della nostra esistenza creaturale, suoi figli, « amici e commensali ». E’ un giorno da vivere nella gioiosa assemblea dei figli di Dio. La Chiesa « canta nel tempo la beata speranza della risurrezione finale » e proclama « la certezza di partecipare un giorno al festoso banchetto del regno ». La gioia deve diventare continua testimonianza, con parole e opere, di ciò che il Signore ha operato per gli uomini.
La preghiera iniziale di questa Eucaristia, oggi, ci fa rivolgere al Signore dicendo: « O Dio, che sostieni il tuo popolo con il pane della sapienza e in Cristo tuo Figlio lo nutri con il vero cibo, donaci l’intelligenza del cuore perché, camminando sulle vie della salvezza, possiamo vivere per te, unico vero bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Pr 9,1-6.
La Sapienza di Dio ha voluto porre nella creazione la sua presenza, dando bellezza, bontà, ordine, grandezza da ammirare e lasciandovi la sua impronta: ogni cosa creata da Dio, dice la Genesi, era buona, compreso l’uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Tutti gli uomini, invitati in diverse modalità, possono accostarsi a godere di tutte queste meraviglie del creato, specie chi è inesperto: « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza». Se gli uomini sanno ammirare le meraviglie della creazione con lo sguardo di Dio e percepirle con l’intelligenza di cui Dio li ha dotati, essi possono godere di tutto quello che Dio ci ha imbandito. Questo banchetto già preannunzia il nuovo banchetto che Dio preparerà per gli uomini quando la Sapienza di Dio, il Logos, il Verbo che si fa carne, venendo ad abitare in mezzo a noi, costruisce nel suo Corpo una modalità di presenza tra noi. Così Dio ci dà da « mangiare non solo il pane quotidiano e ciò di cui abbiamo bisogno materialmente, ma soprattutto nutre la nostra fame di verità, ci disseta con il suo Spirito, alimenta la nostra vita divina con il pane disceso dal cielo ». Egli ci dice oggi nel Vangelo: « In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita ».
Seconda Lettura: Ef 5,15-20.
San Paolo esorta gli Efesini a vivere secondo la Sapienza di Cristo, a vivere in modo e con un comportamento da saggi, facendo buon uso del tempo e sforzandoci di conoscere, discernere e comprendere la volontà del Signore, anche in mezzo a situazioni in cui si sperimenta il male. Ricolmi dello Spirito di Cristo non devono i credenti in lui « ubriacarsi di vino », cioè di cose solo terrene, ma devono « rendere continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore Gesù Cristo», intrattenendosi con salmi, inni, canti ispirati e inneggiando a Lui. La sapienza, dono dello Spirito Santo, è il gusto di Dio e delle sue cose, la gioia di sentirlo vicino in ogni momento della vita, assaporare la sua intimità che egli vuole realizzare con ognuno di noi, cosicché incontrando i fratelli possano sentirlo anch’essi vicino.
Vangelo: Gv 6,51-58.
Oggi le parole di Gesù nel Vangelo risuonano in maniera molto solenne e chiara, pur paradossali che possano apparire: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo ».
Davanti a questa solenne affermazione anche noi, come i Giudei allora, potremmo chiederci: «Come può costui darci la sua carne da mangiare? ». Cosa scegliamo? Allontanarci da lui, non credendo nella sua parola e nella sua potenza divina, o accogliere il suo invito a restare con lui? A mangiare, cioè, la carne del Figlio dell’uomo e a bere il suo Sangue per avere in noi la sua vita eterna e la resurrezione nell’ultimo giorno?. Poiché egli dice: « La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda … chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui », mangiando di lui vivremo per lui e per il Padre, come lui vive per il Padre. Come si può realizzare questo mangiare e bere? Con la fede e partecipando dell’Eucaristia, che è la sorgente e il culmine della vita della Chiesa, partecipiamo già da questa terra alla vita divina, ed abbiamo la caparra della risurrezione. L’invito a questo banchetto, preannunziato dal libro dei Proverbi, nel Nuovo Testamento è realizzato attraverso l’Eucaristia che Dio Padre prepara per i suoi figli.
CELEBRAZIONI PARROCCHIALI
Dal MARTEDI’ 20 AGOSTO SARA’ CELEBRATA LA SANTA MESSA POMERIDIANA ALLE
ORE 19.00
LUNEDI’ 19 : FAREMO LA MEMORIA SI SANT’ELENA: LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA
ALLA GROTTA DI SANTA ELENA, PRESSO LA ROTONDA, ALLE ORE 18.30.
LUNEDI’ 2 SETTEMBRE: FAREMO LA MEMORIA DI SANTA LIBERATA:LA SANTA MESSA
SARA’ CELEBRATA ALLE ORE 18.30 PRESSO LA CAPPELLA DELLA Fam. CONSENTINO.