





RINGRAZIAMO IL SIGNORE PER TUTTI I SUOI BENEFICI SPIRITUALI E MATERIALI.
7 NOVEMBRE – XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(ANNO B)
OOGI RICORRE LA 71a GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO.
La celebrazione della passione gloriosa del Signore, Figlio di Dio, non è un avvenimento del passato, ma è reso presente dall’azione dello Spirito e noi partecipandovi con fede ne veniamo coinvolti. Assumendo con impegno il Corpo e Sangue di Cristo, che si è offerto per la nostra salvezza, noi impariamo a donarci per la salvezza dell’umanità. Alla passione del Signore è seguita la sua gloriosa risurrezione, per cui con l’Eucaristia che noi celebriamo viene alimentata la speranza della gloria futura. Ma dobbiamo vivere nella vigilanza tale attesa, così da essere trovati, alla venuta del Signore, pronti per entrare, come le vergini prudenti, con lui nel banchetto celeste.
Nella preghiera iniziale diciamo: « O Padre, che soccorri l’ orfano e la vedova e sostieni la speranza di chi confida nel tuo amore, fa’ che sappiano donare tutto quello che abbiamo, sull’esempio di Cristo che ha offerto la sua vita per noi ».
Prima Lettura: 1 Re 17,10-16.
Nell’episodio di Elia che affamato e assetato, dal lungo viaggio, incontra, alla porta della città di Sarèpta, la vedova a cui chiede di dargli dell’acqua e preparargli una focaccia, siamo chiamati a condividere con i fratelli ciò di cui disponiamo e ad affidarci alla provvidenza di Dio nella nostra vita. Alla donna, che risponde ad Elia dicendo di non avere altro che un pugno di farina nella giara e un po’ di olio nell’orcio, per fare una focaccia per lei e il suo figlio e poi aspettare la morte, il profeta dice: « Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, perché così dice il Signore, Dio d’Israele: “ La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra ».
Mangiarono tutti, lei, lui e la casa di lei per diversi giorni e sia la farina della giara che l’olio dell’orcio non diminuirono, come aveva detto il profeta.
La fede della donna, che fa come le dice il profeta, viene premiata, perché nella sua provvidenza Dio non fa mancare il necessario a chi condivide di cuore ciò che la sua bontà dona. Spesso nella nostra vita, spinti dall’egoismo, non facciamo affidamento nella provvidenza di Dio. Ma se ci apriamo, con l’accoglienza pronta e sincera, anche a chi non è nella nostra cerchia, come fece la donna con lo straniero Elia, allora il Signore non mancherà di elargire il necessario per tutti.
Seconda Lettura : Eb 9,24-28.
Il brano della lettura dalla Lettera agli Ebrei, ci presenta un altro aspetto dell’azione sacerdotale di Gesù. Egli infatti, a differenza di quanto avveniva nell’esercizio del sacerdozio ebraico, in cui il sommo sacerdote ripeteva, una volta all’anno, il sacrificio con il sangue altrui nel tempio, costruito dall’uomo, dopo aver offerto il proprio sangue e riconciliato l’umanità con Dio, è entrato, dopo la sua risurrezione, nel santuario del cielo non fatto da mani d’uomo: « Ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso ». Conclude la Parola di Dio dicendo che come per gli uomini è stabilito che muoiono una sola volta e poi viene per loro il giudizio, così anche il Cristo che è morto, « dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza ».
Con il gesto sacrificale di se stesso, compiuto una sola volta, che ha valore inesauribile, perché compiuto da un uomo-Dio, tutti i peccati del mondo possono essere perdonati, per cui non c’è motivo di ripetere lo stesso sacrificio, che è perennemente valido. Celebrando l’Eucaristia noi riceviamo il frutto di quell’unico sacrificio, mentre attendiamo il Cristo nell’attesa della sua venuta, come ripetiamo nell’acclamazione dopo la consacrazione.
Vangelo: Mc 12,38-44.
Gesù, oggi, nel suo insegnamento se, da una parte, dice alla folla di non avere atteggiamenti farisaici, come spesso nota nel comportamento di scribi e farisei, i quali « amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti, divorano le case delle vedove e pregano per farsi vedere », e preannunzia per tali comportamenti condanne più severe, dall’altra , guardando coloro che offrono l’obolo nel tesoro del tempio, loda l’offerta di « due monetine », che una vedova vi getta, perché, così povera che è, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri: « Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere ». Davanti a Dio quello che conta non è tanto la quantità del dono, ma con quale intenzione d’animo, spirito e sincerità il sacrificio reale viene offerto. E’ prezioso davanti a Dio l’obolo della vedova e non ciò che viene donato, dal proprio superfluo, da chi vuole ostentare se stesso per primeggiare. Il metro di Dio non è quello umano, perché la povertà per Dio è la vera ricchezza. Egli valuta molto il poco che ognuno dà di cuore e per amore dei fratelli.
RIPORRE TUTTO NELL'AMORE.
31 OTTOBRE – XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)
In questa Domenica LA Parola di Dio ci chiede di corrispondere al suo amore con tutto il nostro cuore, con tutta l’anima con tutta mente e con tutte le nostre forze. Da questo amore deve dipendere l’amore per gli uomini, perché tutti siamo creature di Dio, creati a sua immagine e somiglianza e figli, se aderiamo a Lui secondo il suo progetto di salvezza realizzato nel suo Figlio, morto e risorto per noi.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo: « O Padre, tu sei l’unico Signore e non c’è altro Dio all’infuori di te: donaci la grazia dell’ascolto, perché i cuori, i sensi e le menti si aprano al comandamento dell’amore ».
Dt 6,2-6.
Mosè, a cui Dio ha rivelato i comandamenti, rivolto al popolo lo esorta a temere Dio e ad osservare, lungo tutti i giorni della sua vita e per tutte le generazioni, i comandi e le leggi che Mosè dava loro, perché solo così avrebbero avuto lunga vita e prosperità. Mettendole in pratica avrebbero avuto vita felice e lunga discendenza nella terra promessa come Dio aveva promesso ai padri. Il Signore ribadisce la sua unicità e non avrebbero dovuto avere altri dei, né prostrarsi davanti ad altri dei..
Eb 7,23-28.
La lettera agli Ebrei, continuando la catechesi sul Sacerdozio nell' alleanza ebraica e nella nuova alleanza cristiana, vi evidenzia come il primo sacerdozio non aveva lunga durata per la morte di coloro che divenivano sacerdoti, mentre quello di Cristo, che si è offerto come vittima di espiazione dei peccati di tutti, poiché egli possiede un sacerdozio che non tramonta, può salvare quelli che per mezzo di Lui si avvicinano a Dio. Poiché il Signore Gesù, si è assiso alla destra del Padre, dopo la sua risurrezione e ascensione al cielo, intercede in favore degli uomini. Gesù, sommo sacerdote della nuova alleanza, essendo santo, innocente, senza macchia, salito ormai al cielo, non ha bisogno di offrire ogni giorno sacrifici come facevano i sommi sacerdoti dell’antica alleanza, per i propri peccati e per quelli del popolo, perché con il suo unico sacrificio ha realizzato, una volta per tutte, offrendo se stesso, la redenzione universale di quelli di cui ne ha condiviso la natura umana eccetto il peccato.
Gesù, poiché ha imparato l’obbedienza dalle cose patì, è stato reso perfetto per sempre ed è divenuto causa di salvezza eterna per tutti quelli che gli obbediscono.
Mc 12, 28b-34.
Gesù, allo scriba che gli domandò quale fosse il comandamento più grande, risponde, ripetendo la formula antica: « “Ascolta, Israele! Il Signore tuo Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “ Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi »
Lo scriba, riconoscendo che Gesù aveva risposto bene e secondo verità, gli risponde che l’amore a Dio, da amare con tutto noi stessi e il prossimo come se stessi, vale più di tutti gli olocausti e sacrifici.
Gesù, allora, gli conferma che, se così farà, egli non è lontano dal regno di Dio.
Nella nostra vita, se vogliamo essere secondo quanto il Vecchio Testamento e l’insegnamento di Gesù ripropone, dobbiamo saper coniugare bene entrambi gli aspetti di questo amore che bisogna avere verso Dio e verso il prossimo, vicino o lontano, perché significa dare a Dio quello che spetta a Dio e al prossimo quello che spetta al prossimo.
« CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA »
24 OTTOBRE – XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(Anno C)
« CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA »
La fede che noi celebriamo nell’Eucaristia ci avvicina al banchetto eucaristico e in esso noi ci cibiamo del Corpo e del Sangue del Signore. Questa fede si fonda sulle parole dette da Gesù, nell’Ultima Cena, sul pane e sul vino, dandoli a noi come segno della sua presenza: « Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi » e « Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me ». Nell’Eucaristia vi è il sacrificio che Gesù ha offerto come « sacerdote giusto e compassionevole », « la tenerezza del Padre celeste, che ci invita al banchetto del Figlio, preparato per noi ». Per opera dello Spirito Santo, riceviamo la grazia che alimenta in noi la vita divina, rendendoci capaci di amare alla maniera di Cristo e di confidare nella misericordia del Padre. Tutto questo lo possiamo vivere nella fede, che se mancasse, renderebbe il nostro incontro eucaristico domenicale senza efficacia, frutto della nostra iniziativa gratificante solo psicologicamente, senza ricevere il dono che Dio ci fa donandoci il suo Figlio.
Nella preghiera iniziale della Colletta ci rivolgiamo al Padre celeste dicendo: « O Dio, Padre buono, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote compassionevole verso i poveri e gli afflitti, ascolta il grido della nostra preghiera e fa’ che tutti gli uomini vedano in lui il dono della tua misericordia ».
Prima Lettura : Ger 31,7-9.
Il profeta Geremia invita il popolo, riferendo le parole del Signore: « Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e di dite: “ Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto di Israele ”».
Ancora. Geremia ricorda che Dio riunirà « il suo popolo dalle estremità della terra, il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente e ritorneranno in gran folla ». Tutti questi, dopo essere partiti nel pianto, sarebbero stati riportati tra le consolazioni e condotti a fiumi ricchi d’acqua attraverso una strada dritta: è il ritorno degli esuli, il resto che Dio ha salvato dopo la schiavitù di Babilonia.
Così l’amore di Dio avrebbe rinnovato l’esodo dei riscattati, non per i loro meriti, ma perché Egli è un « Padre per Israele, Efraim il suo primogenito ». Tutto questo si è realizzato pienamente con Gesù, che è venuto a rivelarci la tenerezza dell’amore del Padre celeste, la sua paternità che genera dall’eternità il Figlio, Gesù Cristo. Per mezzo di lui, apparso tra noi, come uno di noi, come nostro Salvatore e Redentore, Dio ci rende partecipi di questa figliolanza adottiva per opera dello Spirito Santo. Così noi non siamo più estranei a Dio, ma divenuti per suo dono figli, godiamo della sua provvidenza paterna che ci segue con il suo amore e ci aspetta per accoglierci nella sua comunione eterna.
Seconda Lettura: Eb 5,1-6.
La lettura dalla Lettera agli Ebrei, ci ricorda che ogni sommo sacerdote scelto tra gli uomini, è costituito per loro, per le cose che riguardano la divinità, « per offrire doni e sacrifici per i peccati propri e del popolo ». Anche Gesù, come sommo Sacerdote, scelto tra gli uomini, essendosi rivestito di debolezza, è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore. A causa di questa non deve offrire sacrifici per i peccati suoi e del popolo, come facevano i sacerdoti della religione israelitica, ma solo per quelli del popolo, poiché Gesù non si è attribuito da se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferita il Padre che gli ha detto: « Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato » e in un altro passo della Scrittura : « Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedek » e non secondo quello levitico.
Gesù, per noi, è il sommo Sacerdote che offre al Padre se stesso in sacrificio sulla croce per espiare le colpe degli uomini, con una immolazione ormai valida per tutti e per sempre. Gesù, Figlio di Dio, in quanto uomo « è preso tra gli uomini, per cui sente « giusta compassione » per le debolezze nostre. Per questa sua compassione e l’infinito valore del suo sacrificio, noi nutriamo ferma confidenza nell’amore di Dio e nella sua grande misericordia, avendo dato il suo Figlio come vittima di riconciliazione.
Vangelo: Mc 10,46-52
Il figlio cieco di Timeo, Bartiméo, saputo che Gesù passava per le vie di Gerico, si mise a gridare verso di lui : « Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ». Ma, poiché lo rimproveravano perché non gridasse, egli gridava ancora più forte: « Figlio di Davide, abbi pietà di me! ». Gesù comanda di chiamarlo e quelli che sono vicini gli dicono: « Coraggio! Alzati, ti chiama! ». Bartiméo, allora, getta via il mantello, balza in piedi e si avvicina a Gesù, che gli dice: « Cosa vuoi che io faccia per te? ». E lui:« Rabbunì, che ci veda di nuovo!». Gesù gli dice: « Va’, la tua fede ti ha salvato ». Il cieco ci vide e segue Gesù lungo la strada. Gesù guarisce il cieco per la sua fede. E se anche gli viene impedito di implorare Gesù, questi comanda di chiamarlo e gli dona la luce degli occhi e gli illumina il cammino per seguirlo. Gesù è colui che ridà la vista spirituale a tutti quelli che lo implorano nella ricerca della verità e di Dio, illuminando il cammino della liberazione da ogni forma di cecità umana: attraverso la guarigione del corpo Gesù tocca e guarisce il cuore.
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IMITARE GESÚ CHE È VENUTO A SERVIRE LA CAUSA DELL'UOMO.
17 OTTOBRE - XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)
IMITARE GESÚ CHE È VENUTO A SERVIRE LA CAUSA DELL'UOMO.
Servire come il Signore « che ha dato la sua vita in riscatto per tutti » è la preghiera della Chiesa nella Colletta di questa Domenica. Sull’esempio di Gesù, che si offre al Padre sulla croce, noi dobbiamo imparare a vivere il nostro rapporto con Dio, nel compiere la sua volontà. Dall’Eucaristia che celebriamo possiamo attingere la forza per imitare Gesù e così poter vivere in conformità con il disegno di Dio, quotidianamente e fino in fondo, anche quando questo cammino si fa arduo, impegnativo ed esigente. Così l’Eucaristia viene realizzata pienamente nella vita. Se serviamo Dio veramente dobbiamo anche porci al servizio del prossimo per realizzare il bene di tutti, come ha fatto Gesù, che ha detto di essere venuto non per essere servito, ma per servire.
Nella preghiera della Colletta diciamo a Signore: « O Dio della pace e del perdono, che hai inviato il tuo Figlio nel mondo per dare la sua vita in riscatto per tutti, concedi alla tua Chiesa di servire l’umanità intera a immagine di Cristo, servo e Signore ».
Prima Lettura: Is 33,10-11.
Il profeta Isaia, in questo brano, esprime ciò che il Signore farà al Messia prostrandolo con dolori, quando egli « offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce della risurrezione e « si sazierà della sua conoscenza ». Egli, il servo giusto, giustificherà molti, perché ha preso su di sé le iniquità di tutti.
Gesù, Messia ( il Cristo ), che i cristiani riconoscono come colui in cui si sono realizzate le profezie dei profeti, facendosi uomo come noi, porta i peccati di tutti e, avendo imparato l’obbedienza dalle cose che patì, è divenuto causa di salvezza eterna per tutti quelli che gli obbediscono. La vita del Cristo, che sembra consumata e dissolta, è divenuta viva e giustificante, sorgente feconda. Davanti alla figura del Servo sofferente, siamo presi da stupore e sorpresa, poiché in lui si compie il progetto salvifico della volontà del Signore e la redenzione dal peccato. Davanti a questa realtà salvifica, dal nostro cuore sale a Dio il nostro inno di ringraziamento, perché Gesù nella sua passione e morte, nel « suo intimo tormento », da cui è venuta la risurrezione e la Chiesa, giustifica tutti coloro che si lasciano coinvolgere da questo evento.
Seconda Lettura: Eb 4,14-16.
Il brano di questa lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ci esorta a tenere viva la nostra professione di fede in Gesù, il Figlio di Dio, che, come sommo Sacerdote, intercede per noi al cospetto del Padre. Egli, essendo divenuto uno di noi in tutto, eccetto il peccato, « sa prendere parte alle nostre debo-lezze », poiché è stato provato come noi. Ancora. A nutrire piena fiducia che, accostandoci al trono della grazia, possiamo « ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno ». Gesù è simile a noi in tutto, anche nelle sofferenze e nelle debolezze, per cui possiamo sentirlo intimamente vicino e anche essere sostenuti nella professione della fede, anche quando la prova può essere dolorosa, come nel martirio.
Se Dio è al nostro fianco non dobbiamo deprimerci. La fraternità di Gesù è più forte dei nostri demeriti, per cui possiamo accostarci « al trono della grazia ». Per mezzo e l’intercessione di un tale sommo mediatore siamo sicuri di essere accolti dal Padre celeste. Se ci ha dato suo Figlio, « Come vittima di espiazione, come non ci donerà ogni cosa per suo mezzo? », ci ricorda San Paolo.
Vangelo: Mc 10,35-45.
Nel Vangelo di oggi, i fratelli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di fare loro quello che gli chiedono, cioè di sedere, nella sua gloria, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Ma Gesù risponde loro: « Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato? ». Ed essi rispondono di poter fare ciò che Gesù dice loro. Allora Gesù, rispondendo, dice: « Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato ». Anche agli apostoli, che si sono indignati con i due fratelli, avendo sentito la richiesta fattagli, Gesù ribadisce che, se i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono, nel suo regno, essi non devono operare allo stesso modo. Continua loro:« Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti ».
La volontà di primeggiare e avere i primi posti sono tentazioni che ogni uomo sperimenta, compreso il cristiano. La richiesta fatta da Giacomo e Giovanni è in contrasto con la mentalità di Gesù, per il quale la grandezza del potere sta nel servizio da rendere agli altri, o il primato sta nel porsi all’ultimo posto. E come Gesù è venuto per servire e consegnare la sua vita per noi, così anche i suoi discepoli devono servire i fratelli e gli uomini più che cercare di primeggiare sugli altri. Criteri sconvolgenti le logiche umane sono quelli di Gesù. Solo se si è capaci di bere il calice della passione, che Gesù ha bevuto, ed essere battezzati nel suo battesimo, realtà che si fa fatica a comprendere e accettare facilmente, si può partecipare alla sua stessa gloria.
Celebrando l’Eucaristia, che è il memoriale della passione e risurrezione di Gesù, che pur essendo il Maestro e Signore si è posto al servizio dell’uomo e ha dato la sua vita per la nostra liberazione , e comprendendola a pieno, noi, imitandolo come suoi discepoli in terra, potremo partecipare anche della sua gloria. L’Eucaristia è pienamente valida se ci aiuta a dare la vita per Dio e per i fratelli.
SEGUIAMO GESÙ CRISTO, SAPIENZA DI DIO.
10 OTTOBRE - XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
FESTA DELLA MADONNA DELLA CATENA
Nell’Eucaristia che celebriamo noi, comunicando con il Corpo e Sangue di Gesù, ci alimentiamo alla stessa vita del Figlio di Dio. Più che di un rito esteriore o dell’assunzione dei simboli di Cristo, noi ci nutriamo del Corpo e del Sangue del Signore, della sua stessa Persona, realmente presente nel pane e nel vino, per opera dello Spirito Santo che viene invocato.
Dobbiamo allora prepararci degnamente a questo « banchetto della vita eterna ». Bisogna indossare l’abito nuziale, cioè essere nella grazia e nella carità di Dio e dei fratelli. E per questo, al Signore che scruta i pensieri e i sentimenti del cuore dell’uomo, prima di partecipare a questo banchetto, chiediamo perdono per le nostre colpe, per liberarci delle nostre ricchezze illusorie e poterci arricchire della sua presenza divina.
Nella preghiera della Colletta diciamo al Signore: « O Dio, nostro Padre, che conosci i sentimenti e i pensieri del cuore, donaci di amare sopra ogni cosa Gesù Cristo, tuo Figlio, perché, valutando con sapienza i beni di questo mondo, diventiamo liberi e poveri per il tuo regno ».
Prima Lettura: Sap 7,7-11.
La lettura dal Libro della Sapienza ci esorta a chiedere al Signore la prudenza e lo spirito della sapienza. Prudenza e sapienza che bisogna preferire davanti a onori, potere, ricchezze, perché più preziose delle gemme inestimabili. E bisogna amarle più « della salute e della bellezza », preferendole alla stessa luce, perché il loro splendore non tramonta. Anzi dalla sapienza provengono tutti i beni. Questa sapienza che viene da Dio è preferibile a quella ingannevole del mondo, che dice San Paolo, è stoltezza agli occhi di Dio. La Parola di Dio è fonte della vera sapienza e le cose e i beni del mondo perdono il loro valore al suo confronto. Con ciò non si devono demonizzare i beni terreni, materiali, che devono essere usati come mezzi e non come fini della propria vita, devono servire a beneficio di tutti e non solo a beneficio del proprio interesse egoistico. Possedere questa sapienza, che ci fa conoscere la volontà di Dio e lasciarsi guidare da essa, significa essere veramente saggi.
Seconda Lettura: Eb 4,12-13.
La Parola di Dio, ci dice la Lettera agli Ebrei, è più tagliente di una spada a doppio taglio, penetrante fino al punto di divisione dell’anima e dello Spirito, fin nelle parti più intime del nostro essere, perché essa conosce e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore degli uomini. Davanti a Dio nulla è possibile nascondere, perché ai suoi occhi tutto è manifesto, dovendo ognuno rendere conto a lui di tutta la nostra vita, delle opere compiute, sia in bene che in male, scrive san Paolo. La Parola di Dio è una voce che non possiamo eludere né restare indifferenti davanti ad essa. E’ un giudizio che ci penetra fin nelle profondità e scruta i nostri più intimi sentimenti. Sulla parola di Dio, non solo ogni uomo deve modellare la propria esistenza, essendo stati creati a sua immagine e somiglianza, ma soprattutto il cristiano, che è fatto oggetto della rivelazione di Dio, deve modellare la propria esistenza. Su Gesù Cristo, che è la Parola eterna del Padre, fatta carne, modello della nostra figliolanza divina, il cristiano deve verificare la propria vita, per conformarsi sempre di più alla sua.
Vangelo: Mc 10,17-30.
In questo brano del Vangelo di Marco, Gesù, ad un tale che gli si getta ai piedi e, rivolgendosi a lui, lo interroga: « Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna », risponde, dopo aver ribadito che solo Dio è buono, di osservare i comandamenti, che certo conosce: « Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre ». Al che, quell’uomo risponde dicendo che, fin dalla sua giovinezza li ha osservati. Gesù allora, « lo fissò, lo amò e gli disse: “ Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi !” ». Ma quell’uomo, facendosi scuro in volto e rattristandosi, poiché possiede molti beni, se va!. Gesù, allora, volgendo intorno lo sguardo, dice ai discepoli : «Quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio ! ».
Davanti allo sconcerto per queste parole, Gesù continua dicendo: « Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio ! E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio ». Essi, stupiti, allora dicono tra loro: « E chi può essere salvato ? ». Ma Gesù ribatte: « Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio ».
A Pietro, che rivolgendosi a Gesù gli dice di aver lasciato tutto per seguirlo, egli risponde: « In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato case o fratelli o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case, fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà ».
Gesù, a quell’uomo che gli dice di aver osservato i comandamenti della legge antica e di desiderare di entrare nella vita eterna, chiede di accogliere, con generosità e distacco, Lui e il suo Vangelo, preferendolo ai beni e ai tesori terreni, a cui spesso sì è troppo legati e dai quali non è tanto facile liberarsi. Ci vuole coraggio a distaccarsene o, di più, a vendere tutto per mettersi alla sequela del Signore. A quel tale, come ad ognuno di noi, è brillato il volto nel desiderio di voler raggiungere la felicità della vita eterna, ma davanti alla richiesta di Gesù il suo volto si fa triste. Così Gesù ci mette in guardia dicendoci che le ricchezze di questo mondo sono un pericolo per l’anima. E’ possibile, allora, all’uomo entrare nella vita? Se è impossibile per l’uomo per la condizione in cui si trova, continuamente insidiato dal desiderio di possedere, non è impossibile a Dio, se ci affidiamo alla sua forza divina, come dice Gesù. Dio ci aiuta a seguire Gesù e il suo Vangelo, purché accogliamo sinceramente l’invito a rinnovarci con il suo perdono e la sua grazia e se desideriamo ardentemente, in futuro, entrare nella vita del Regno dei cieli. Seguire il Signore, anche se in mezzo alle persecuzioni, è fonte di ricchezza spirituale e gusto di una vita di gioia, arricchita già ora, cento volte tanto, di quelle realtà da cui ci si è distaccati.