





ONORARE DIO CON LE LABBRA E CON IL CUORE, E AMARLO NEI FRATELLI CHE SONO NEL BISOGNO.
1 SETTEMBRE – XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
ONORARE DIO CON LE LABBRA E CON IL CUORE E AMARLO NEI FRATELLI CHE SONO NEL BISOGNO.
Ogni domenica siamo radunati, convocati dalla Parola di Dio, per celebrare il « memoriale della Pasqua del Signore », per lodarlo, ringraziarlo e rinnovare il nostro impegno a vivere nella fedeltà a questa parola. In questo convito, imbandito dal Padre celeste, ci viene offerto il suo Figlio, Pane di vita. Celebrare l’Eucaristia significa comprendere e sperimentare quanto Dio ci ami e riceviamo lo stimolo e la grazia a corrispondere a questo amore, nella fedeltà di discepoli, pronti a portare ogni giorno dietro al maestro la propria croce.
L’amore che nutriamo per Cristo sarà genuino e sincero se lo esprimiamo anche verso i fratelli, poiché amare il prossimo vuol dire confermare il nostro amore per il Signore.
Nella preghiera della Colletta diciamo: « O Padre, che sei vicino al tuo popolo ogni volta che ti invoca, fa’ che la tua parola seminata in noi purifichi i nostri cuori e giovi alla salvezza del mondo. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Dt 4,1-2.6-8.
Mosè esorta gli Israeliti ad ascoltare le leggi e le norme del Signore per metterle in pratica, per poter avere vita lunga, prospera e entrare nella promessa. Non devono aggiungere né togliere nulla a ciò che Dio comanda e prescrive. Nell’osservarle e metterle in pratica, il popolo avrebbe dimostrato saggezza e intelligenza agli occhi dei popoli, così da far esclamare a questi, udendo tutte quelle leggi: « Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente ». Infatti nessuna nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Dio di Israele è vicino al suo popolo ogni volta che lo invoca. Ancora: nessuna grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta la legislazione che il popolo di Israele riceve dal Signore per mezzo di Mosè.
La legge di Dio è dunque una grazia di Dio per il popolo ed è il segno della presenza premurosa di Jahvéh nella storia e nella vita di Israele. La sua osservanza lo avrebbe reso saggio e sapiente agli occhi di tutti i popoli.
Seconda Lettura: Gc 1,17-18.21-22.27.
San Giacomo ricorda ai cristiani che ogni dono perfetto viene da Dio, « creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né cambiamento ». Dio ci ha, per suo dono di grazia, generati per mezzo della sua Parola e del suo Spirito, per essere primizia delle sue creature. Accogliere perciò, dice san Giacomo, la Parola seminata in noi può portare alla salvezza. Esorta ancora a mettere in pratica questa Parola e non essere solo ascoltatori, così da illudersi. « Religione pura e senza macchia davanti a Dio - continua - è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo ». Ascoltare e non mettere in pratica la Parola di Dio è illudersi di salvarsi. La Parola deve diventare concreta nella carità vissuta e nel distacco dal mondo e dal male. Se non è Cristo a salvare il mondo, sarà questi a sedurci e soggiogarci con il male che esso contiene. Bisogna allora rigettare le ambiguità e le incertezze nella fede.
Vangelo: Mc 7,1-8.14-15.21-23.
Nel brano del Vangelo di oggi, Gesù ai farisei e scribi che, riunitisi attorno a Lui, lo interrogano sul perché i suoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, avendoli visti prendere cibo con mani impure, cioè non lavate, - poiché è usanza tra i Giudei non mangiare senza essersi lavate le mani e tornando dal mercato farsi le abluzioni e altro,- risponde dicendo: « Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “ Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini ”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini ». Gesù, allora, alla folla radunata, forse accorsa sentendo l’animata discussione, dice: : « Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro ». « Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo ».
Non bisogna vivere il rapporto con Dio solo esteriormente, in maniera ipocrita, rituale, facilmente realizzabile. E’ necessario che sia a partire da un cuore puro, incontaminato, libero da ipocrisia e finzione. Difficile è invece rifiutare e denunziare con coraggio tutto ciò che oggi rende l’uomo impuro e pervaso da ogni forma di peccato e di male, che esce dal cuore degli uomini. Gesù fa una diagnosi impietosa e impressionante, non solo per quel tempo, ma per ogni tempo, dei « propositi di male » che stanno nel cuore. Dobbiamo pensare che davanti a questi mali è grande la misericordia di Dio per qualunque peccatore, ma anche che bisogna vigilare costantemente e fortemente per non lasciarsi facilmente contaminare da tutti quei comportamenti denunziati da Gesù.
Dalle « Omelie sul vangelo di Matteo » di San Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om. 50, 3-4; PG 58, 508-509)
Adorna il tempio, ma non trascurare i poveri
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: «Questo è il mio corpo», confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l’avete fatto neppure a me (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull’altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura.
Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell’onore che egli ha comandato, fa’ che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro.
Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l’elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.
Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d’oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?
Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio sacro. Attacchi catene d’argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò mentre adorni l’ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello.
LA PAROLA DI GESÙ SUL SUO CORPO, COME CIBO DI VITA, SCANDALIZZA O È PAROLA DI VITA ETERNA?
25 AGOSTO – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
LA PAROLA DI GESÙ SUL SUO CORPO COME CIBO DI VITA, SCANDALIZZA O È PAROLA DI VITA ETERNA?
E’ una santa assemblea quella che la Domenica si raduna per celebrare i misteri santi del Signore. E non siamo noi che li rendiamo santi, ma è Dio che santifica tutti quelli che nella fede si lasciano coinvolgere dalla sua opera e dal suo Santo Spirito. E’ « l’unico e perfetto sacrificio del Cristo » che ci ha redenti dal peccato, ci santifica con la sua presenza in noi, ci impreziosisce con la sua grazia santificante, ci rende « pietre vive », ci inonda con « la luce dello Spirito » che inabita in noi e ci conferisce la vera libertà dei figli di Dio.
Questa santità è dono gratuito della misericordia di Dio, che ha voluto riconciliarci a sé per mezzo del suo Figlio; a noi solo spetta il corrispondere a questo amore misericordioso, non perché costretti a compiere la sua volontà, ma per una corrispondenza d’amore. Dobbiamo essere forti e generosi, senza lasciarci distrarre da « parole o discorsi umani » e, anche fra le vicende alterne del mondo, mutevoli e ambigue, dobbiamo camminare nella santità di Dio tenendo fissi i nostri cuori là « dove è la vera gioia e dove raggiungeremo la santità definitiva ».
Nella preghiera iniziale diciamo: « O Dio, nostra salvezza, che in Cristo, tua parola eterna , riveli la pienezza del tuo amore, guidaci con la luce dello Spirito, perché nessuna parola umana ci allontani da te, unica fonte di verità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…».
Prima Lettura: Gs 24,1-2.15-17.18.
Giosuè davanti agli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi ribadisce al popolo la sua fedeltà al Signore dicendo: « Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel territorio dove abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore ». Anche il popolo solennemente risponde: « Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi » e, ricordando tutto ciò che Dio aveva fatto liberandoli dall’Egitto, compiendo grandi segni dinanzi ai loro occhi, custodendoli lungo il cammino e da tutti i popoli fra i quali sono passati, gli Israeliti dicono: « Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio ». E’ un atto di fede che essi fanno, una scelta responsabile compiuta in solidarietà con tutti quelli che all’inizio sono stati liberati. Anche per noi la professione di fede è un affidamento a Dio che per mezzo di Cristo ci ha redenti e questo ci impegna ad osservare i suoi insegnamenti che sono a fondamento della nuova alleanza e in cui viene riconosciuta la signoria di Dio.
Seconda Lettura: Ef 5,21-32.
San Paolo scrivendo agli Efesini propone loro di vivere la vita familiare imitando il rapporto d’amore che vige tra Cristo Sposo e la Chiesa Sposa, per la quale egli, come Capo e redentore, ha dato se stesso « per renderla santa e immacolata, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile ». E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siamo ai i loro mariti in tutto. Ma al marito è chiesto però di dare la propria vita per la sposa, come ha fqtto Cristo, avendo il dovere di amarla come ama il proprio corpo, che lo si nutre e lo si cura, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Questo mistero, che è grande in riferimento alla unione di Cristo con la Chiesa, deve essere realizzato dai coniugi credenti, i quali, lasciando ognuno suo padre e sua madre, diventano una sola carne. Questo rapporto tra i coniugi cristiani deve potersi modellare sul modello dell’amore del Cristo e della Chiesa: unione sponsale esemplare a cui ispirarsi, nella fedeltà vicendevole, nel dialogo, nel perdono, nell’ascolto, nel donarsi totalmente, ecc…
Vangelo: Gv 6, 60-69.
Dopo le parole di Gesù, che avrebbe dato la sua carne da mangiare, alcuni discepoli mormoravano ritenendole dure e difficili da ascoltare. Gesù allora dice loro: « Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dove era prima? E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi dico sono spirito e vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono ». E conoscendo che alcuni non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito, diceva: « Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre ». Alcuni discepoli se ne tornarono indietro e non lo seguirono più. Anche ai dodici Gesù disse: « Volete andarvene anche voi ? ». Ma Pietro gli rispose: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio ». Chi è con la chiusura e la durezza del cuore è incapace di ascoltare e accogliere Gesù, il Santo di Dio, il Pane vero disceso dal cielo, chi rimane fermo nella carne, ai ragionamenti, ai pensieri e ai pregiudizi e con le proprie ristrettezze, difficilmente si lascia aprire dallo Spirito e attrarre dal Padre. Per Pietro e tutti coloro che vogliono ribadire la propria fede, pur se dure sono le parole del Signore, è necessario abbandonarsi fiduciosi in Dio, che concede la sua grazia a quanti sono disponibili ad accoglierlo e vivere un rapporto con lui in unione con Cristo nello Spirito.
LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE RISORTO, SIAMO INVITATI AL BANCHETTO DELLA VITA.
18 AGOSTO – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE RISORTO, SIAMO INVITATI AL BANCHETTO DELLA VITA.
Nell’incontro che viviamo la Domenica nell’Eucaristia noi incontriamo Dio personalmente, poiché il Figlio di Dio si rende presente con il suo Corpo e il suo Sangue. Noi offriamo a Dio il pane e il vino, che sono certo doni divini anche se sono frutto della terra e del nostro lavoro, ma in cambio riceviamo Dio stesso, realmente presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. E’ un misterioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza di Dio che ci ha fatti, al di là della nostra esistenza creaturale, suoi figli, « amici e commensali ». E’ un giorno da vivere nella gioiosa assemblea dei figli di Dio. La Chiesa « canta nel tempo la beata speranza della risurrezione finale » e proclama « la certezza di partecipare un giorno al festoso banchetto del regno ». La gioia deve diventare continua testimonianza, con parole e opere, di ciò che il Signore ha operato per gli uomini.
La preghiera iniziale di questa Eucaristia, oggi, ci fa rivolgere al Signore dicendo: « O Dio, che sostieni il tuo popolo con il pane della sapienza e in Cristo tuo Figlio lo nutri con il vero cibo, donaci l’intelligenza del cuore perché, camminando sulle vie della salvezza, possiamo vivere per te, unico vero bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Pr 9,1-6.
La Sapienza di Dio ha voluto porre nella creazione la sua presenza, dando bellezza, bontà, ordine, grandezza da ammirare e lasciandovi la sua impronta: ogni cosa creata da Dio, dice la Genesi, era buona, compreso l’uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Tutti gli uomini, invitati in diverse modalità, possono accostarsi a godere di tutte queste meraviglie del creato, specie chi è inesperto: « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza». Se gli uomini sanno ammirare le meraviglie della creazione con lo sguardo di Dio e percepirle con l’intelligenza di cui Dio li ha dotati, essi possono godere di tutto quello che Dio ci ha imbandito. Questo banchetto già preannunzia il nuovo banchetto che Dio preparerà per gli uomini quando la Sapienza di Dio, il Logos, il Verbo che si fa carne, venendo ad abitare in mezzo a noi, costruisce nel suo Corpo una modalità di presenza tra noi. Così Dio ci dà da « mangiare non solo il pane quotidiano e ciò di cui abbiamo bisogno materialmente, ma soprattutto nutre la nostra fame di verità, ci disseta con il suo Spirito, alimenta la nostra vita divina con il pane disceso dal cielo ». Egli ci dice oggi nel Vangelo: « In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita ».
Seconda Lettura: Ef 5,15-20.
San Paolo esorta gli Efesini a vivere secondo la Sapienza di Cristo, a vivere in modo e con un comportamento da saggi, facendo buon uso del tempo e sforzandoci di conoscere, discernere e comprendere la volontà del Signore, anche in mezzo a situazioni in cui si sperimenta il male. Ricolmi dello Spirito di Cristo non devono i credenti in lui « ubriacarsi di vino », cioè di cose solo terrene, ma devono « rendere continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore Gesù Cristo», intrattenendosi con salmi, inni, canti ispirati e inneggiando a Lui. La sapienza, dono dello Spirito Santo, è il gusto di Dio e delle sue cose, la gioia di sentirlo vicino in ogni momento della vita, assaporare la sua intimità che egli vuole realizzare con ognuno di noi, cosicché incontrando i fratelli possano sentirlo anch’essi vicino.
Vangelo: Gv 6,51-58.
Oggi le parole di Gesù nel Vangelo risuonano in maniera molto solenne e chiara, pur paradossali che possano apparire: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo ».
Davanti a questa solenne affermazione anche noi, come i Giudei allora, potremmo chiederci: «Come può costui darci la sua carne da mangiare? ». Cosa scegliamo? Allontanarci da lui, non credendo nella sua parola e nella sua potenza divina, o accogliere il suo invito a restare con lui? A mangiare, cioè, la carne del Figlio dell’uomo e a bere il suo Sangue per avere in noi la sua vita eterna e la resurrezione nell’ultimo giorno?. Poiché egli dice: « La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda … chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui », mangiando di lui vivremo per lui e per il Padre, come lui vive per il Padre. Come si può realizzare questo mangiare e bere? Con la fede e partecipando dell’Eucaristia, che è la sorgente e il culmine della vita della Chiesa, partecipiamo già da questa terra alla vita divina, ed abbiamo la caparra della risurrezione. L’invito a questo banchetto, preannunziato dal libro dei Proverbi, nel Nuovo Testamento è realizzato attraverso l’Eucaristia che Dio Padre prepara per i suoi figli.
CELEBRAZIONI PARROCCHIALI
Dal MARTEDI’ 20 AGOSTO SARA’ CELEBRATA LA SANTA MESSA POMERIDIANA ALLE
ORE 19.00
LUNEDI’ 19 : FAREMO LA MEMORIA SI SANT’ELENA: LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA
ALLA GROTTA DI SANTA ELENA, PRESSO LA ROTONDA, ALLE ORE 18.30.
LUNEDI’ 2 SETTEMBRE: FAREMO LA MEMORIA DI SANTA LIBERATA:LA SANTA MESSA
SARA’ CELEBRATA ALLE ORE 18.30 PRESSO LA CAPPELLA DELLA Fam. CONSENTINO.
ASSUNZIONE IN CIELO DI MARIA IN ANIMA E CORPO.
15 AGOSTO – ASSUNZIONE DI MARIA AL CIELO
COME CRISTO RISORTO ALLA DESTRA DEL PADRE, ANCHE MARIA LA CELEBRIAMO ASSUNTA, PER SINGOLARE PRIVILEGIO , IN ANIMA E CORPO : ESSI PREANNUNZIANO LA NOSTRA RISURREZIONE CORPORALE.
Quando diciamo “Padre nostro che sei nei cieli” non dobbiamo intendere un luogo materiale in cui dimora Dio, ma una esistenza diversa da quella materiale, terrena in cui viviamo noi, una esistenza nello spirito e nella immaterialità. Celebrando la solennità della assunzione della Beata Vergine al cielo, allora, crediamo che anche Maria come Gesù, che in anima e corpo risorto vive nell’esistenza divina di Verbo del Padre, vive nell’esistenza immortale, nella comunione eterna di Dio, in anima e corpo. Celebrando Maria noi celebriamo la sorte gloriosa che attende tutti noi, perché lei, dopo Gesù, è segno di sicura speranza di risurrezione e di vita in Dio. Come Maria che già vive nella gloria di Dio e nella sua presenza, anche noi aspiriamo a vivere in piena comunione con Dio.
Maria assunta perché Madre di Dio.
Se la morte, dice la Scrittura, è entrata nel mondo come conseguenza del peccato originale e della disobbedienza dell’uomo a Dio ( Rm 5,17-21), e il Cristo, il Figlio di Dio, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria ( Lc 1,31.35), per la sua obbedienza “fino alla morte e a una morte di croce ( Fil 2,8), è divenuto causa di salvezza per coloro che gli obbediscono (Eb 5,9), riconciliandoci con Padre, con la sua risurrezione è divenuto primizia di coloro che risorgono dai morti (Cor 1,15-28) e sono destinati alla risurrezione e alla vita in Dio.
Da ciò deriva che la Beata Vergine Maria, avendo ricevuto per singolare privilegio di essere esente dalla disobbedienza di Adamo, ed essendosi come Gesù resa obbediente al progetto di Dio con il suo “sì” alla Maternità del Figlio, non ha sperimentato la morte ed ha ottenuto un’esistenza in anima e corpo in Dio come il suo Figlio partecipando della sua stessa gloria.
Maria, che ha accolto il Figlio di Dio con la fede nel suo cuore, lo ha generato nel suo grembo divenendo l’Arca di Colui che avrebbe instaurato una Nuova ed Eterna Alleanza ed è stata unita a lui in tutta la sua vita terrena, sempre per un “ conveniente dono di grazia” , partecipa pienamente della stessa gloria del Figlio nella Gerusalemme celeste. Anche in cielo Ella è “Arca dell’Alleanza”, come ci dice la Lettura dell’Apocalisse, “donna vestita di sole” che partorisce il bambino “rapito verso Dio e verso il suo trono”, compiendosi così “la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”.
« Colei attraverso la quale Dio ha realizzato sulla terra il suo progetto di salvezza, incarnandosi e portando a compimento la nuova alleanza, gode della piena realizzazione dell’alleanza che si colloca oltre la storia umana, nel regno di Dio, nella risurrezione della carne, nel cielo ». ( Dal Messale delle Domeniche e Feste,2013, Ed Elledici). E’in questa prospettiva di fede che i cristiani celebrano questa Festa solenne della Assunzione al cielo di Maria in anima e corpo.
Le grandi opere compiute in Maria dall’Onnipotente..
Ciò che celebriamo, l’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria, è una delle tante meraviglie che Dio ha operato in lei. Tutto è opera di Dio e che Maria è stata scelta, nonostante la sua umiltà e fragilità, ad essere la Madre del Figlio di Dio, è un dono gratuito di predilezione del Padre. Anche noi siano, dalla creazione fino alla nostra definitiva salvezza operata da Cristo, oggetto dell’amore gratuito di predilezione di Dio Padre che, avendoci incorporati al suo Figlio mediante il battesimo, ce l’ha donata come nostra Madre. Per questo le tributiano la nostra venerazione e la poniamo accanto a Gesù, assunta in cielo, da dove esercita anche verso di noi la sua maternità.
Maria è la primizia dell’umanità salvata e rinnovata dalla misericordia di Dio per mezzo del suo Figlio ed è posta e celebrata come segno di speranza per noi che aneliamo al cielo per essere insieme a Cristo, nostro Capo, e a lei, nostra Madre.
Dio che « Rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi » compie le sua meraviglie quando l’uomo pone, non nell’abbondanza dei beni né nel potere o nell’onore del mondo, ma nella comunione e nell’amore con lui la sua vita. Maria, avendo vissuto qui in terra in comunione con la Trinità nel suo compito di Madre, oggi è in cielo, con tutto il suo essere, anima e corpo, a partecipare della pienezza della gioia e della gloria di Dio. Maria, primizia e immagine della Chiesa, segno di consolazione e di sicura speranza, attende noi suoi figli ancora peregrinanti in questa terra d’esilio e intercede per la nostra definitiva salvezza insieme al Figlio presso il Padre.
Maria ci ha preceduto nella gloria celeste.
Se Maria, per il suo ruolo nel progetto di Dio, è stata fatta oggetto di singolari privilegi, non vuol dire che noi dobbiamo porla su un piedistallo di grandezza discriminatoria, perché tutti in Cristo, per volontà del Padre. « siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità » ( Ef1,4), predestinati ad essere figli adottivi ed eredi della stessa gloria del Figlio.
Come per Gesù, con il corpo risorto e asceso alla destra del Padre, e Maria, assunta anche lei con il corpo nella gloria, anche noi parteciperemo nella risurrezione alla loro stessa gloria: il nostro corpo si ricongiungerà al nostro spirito e con tutto il nostro essere vivremo nella pienezza di Dio.
L’Eucaristia che celebriamo, mediante l’opera dello Spirito Santo che rende presente Cristo con il suo Corpo e il suo Sangue, ci trasforma in Cristo e diveniamo già partecipi dei beni futuri, di cui essa è caparra e anticipazione di immortalità.
« L’Eucaristia è pane di vita eterna per la comunione con lo stesso Gesù che Maria ha portato in grembo e dunque con quel Gesù con cui vive nella pienezza della sua femminilità, maternità, familiarità, con le storie vissute e i sentimenti nutriti » (Messalino delle Domeniche e Feste, Ed.Elledici, 2013).
Prima Lettura: Ap 11,19.12,1-6.10.
La liturgia trova l’ evocazione di Maria nell’arca dell’alleanza del santuario celeste e nella donna vestita di sole che partorisce un figlio, sottratto alle forze del male rappresentate nel drago. L’Apocalisse descrive la parabola della Chiesa, poiché alla Chiesa immediatamente si riferisce l’immagine della donna incoronata da dodici stelle. Ma Maria è nella Chiesa, come tipo ed esemplare, a sostenere le vicissitudini del popolo nuovo che rivive il cammino del deserto, protetto dalla potenza e dalla regalità di Cristo.
Seconda Lettura: 1 Cor 15, 20-27.
Gesù è risorto come primo: a lui, e a sua immagine, seguiranno quelli che « sono di Cristo », cioè quelli che hanno creduto in lui e ne hanno ricevuto la vita. Tra tutti questi la prima è Maria, che di Cristo è la Madre.
Vangelo: Lc 1,39-56.
Maria è stata scelta da Dio per pura grazia. Questa consapevolezza fa scaturire in lei il gioioso riconoscimento della bontà di Dio, che compie opere grandi in quanti si affidano a lui e in lui pongono ogni speranza.
Sia Elisabetta sia Maria gioiscono in Dio, che riconoscono come loro Salvatore che ha realizzato le promesse incarnandosi, offrendo la sua vita partecipa innanzitutto Maria, la Madre, Colei che ha creduto; vi partecipiamo poi anche noi, perché anche noi siamo destinati come il Cristo, di cui siamo membra, alla risurrezione e alla vita in Dio per l’eternità.
AVVISI SACRI
GIOVEDI’, 16 AGOSTO, GIORNO DELLA FESTA IN ONORE DELLA MADONNA DEL CARMELO, LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA SOLO ALLE ORE 19.00.
LUNEDÍ 19 AGOSTO, FACCIAMO LA MEMORIA DI SANT’ELENA.
LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA NEI PRESSI DELLA GROTTA DI SANT’ELENA, ALLA ROTONDA ALLE ORE 18.30.
ALLA MENSA DELL'EUCARISTIA NUTRIAMO LA NOSTRA FEDE CON IL PANE DELLA VITA: CRISTO GESÙ.
11 AGOSTO – XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
ALLA MENSA DELL'EUCARISTIA NUTRIAMO LA NOSTRA FEDE CON IL PANE DELLA VITA:
CRISTO GESÙ.
La Domenica i figli di Dio rinnovano la gioia di ritrovarsi insieme e riscoprono la grazia e la gioia di invocare Dio, “Abba,Padre” e sentirsi, in forza del dono dello Spirito ricevuto, “figli adottivi”. In virtù di questa paternità e figliolanza riceviamo la fede e la forza per avvertirlo presente in tutti gli avvenimenti della nostra vita e della storia, anche quando siano chiamati ad affrontare con serenità le prove della vita, con tutte le difficoltà a volte ad essa connesse. Siamo chiamati ad affrontare le situazioni difficili, quali malattie, avversità varie, sofferenze, con la fiducia e la certezza che il Signore ci è vicino e che, come dice a san Paolo, davanti alle difficoltà da affrontare per l’annunzio del Vangelo: “Ti basta la mia grazia”.
Il Signore accompagna la sua Chiesa, sua Sposa, nel suo pellegrinare terreno, in attesa della contemplazione del volto dello Sposo nella Gerusalemme celeste. Quando ci raduniamo per celebrare i misteri della salvezza nel giorno del Signore accresciamo il desiderio della patria celeste e non per evadere dai nostri impegni quotidiani o perdere il nostro tempo, che crediamo prezioso per le cose passeggere ed effimere, che dobbiamo pur contro nostra voglia lasciare. Spesso dimentichiamo che dobbiamo vivere da figli di Dio e avere sempre fissi i nostri sguardi ai beni celesti verso cui siamo incamminati.
Nella preghiera iniziale di questa domenica diciamo:« O Padre, che guidi la tua Chiesa pellegrina nel mondo, sostienila con la forza del cibo che non perisce, perché, perseverando nella fede e nell’amore, giunga a contemplare la luce del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: 1 Re 19,4-8.
Il profeta Elia, fuggendo perché perseguitato, dopo una giornata di cammino nel deserto, stanco e desideroso di morire, dice al Signore: « Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri ». Si addormenta. Ma l’angelo del Signore, toccandolo, gli dice: « Alzati, mangia». Vedendo vicino « alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua, mangiò e bevve », riaddormentandosi. Di nuovo l’angelo lo invitò a mangiare e a bere perché aveva ancora da fare un lungo cammino. « Con la forza di quel cibo il profeta camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb ». Si sentiva sconfitto ed esaurito nelle sue forza il profeta nella lotta ingaggiata contro l’idolatria del re d’Israele e dei suoi profeti e l’infedeltà del suo popolo. Ma Dio non vuole che il suo profeta rassegni le sue dimissioni, e pur nel deserto interviene a dargli vigore. E come aveva nell’esodo dato la manna, le quaglie e l’acqua al suo popolo per sfamarlo, poiché Dio non abbandona nessuno, specie chi lo onora e lo serve, anche se abbiamo l’impressione di essere lasciati soli, ora al profeta egli provvede pane e acqua.
A parte il pane quotidiano che chiediamo al Signore per tutti e che, con la condivisione generosa dei beni della terra , la Provvidenza di Dio non verrebbe meno, per i credenti, oggi il nostro pane quotidiano, nel deserto dell’esistenza, è anche Gesù Cristo nell’Eucaristia, e la nostra acqua è il dono dello Spirito. Con questi alimenti possiamo affrontare il cammino, anche se irto di difficoltà, fino a giungere al monte di Dio che, a conclusione della vita, è arrivare a contemplare il volto di Dio faccia a faccia nell’ eternità di una esistenza da lui rinnovata, ad immagine del suo Figlio risorto e glorioso.
Seconda Lettura: Ef 4,30-5.2.
San Paolo esorta gli Efesini e anche noi a non rattristare lo Spirito Santo con il quale si è stati segnati per il giorno della redenzione e a vivere allontanando ogni asprezza, sdegno, ira, maldicenza, grida e ogni forma di malignità dal comportamento. Seguendo invece lo Spirito avere sentimenti di benevolenza vicendevole, di misericordia, di perdono reciproco, imitando Dio che in Cristo ci ha perdonato . Ancora. Propone di essere imitatori di Dio e a camminare nella carità, imitando Cristo che ci ha amati e ha dato se stesso per noi, essendosi donato a Dio Padre in sacrifico di soave odore.
Nel giorno del nostro Battesimo, giorno di liberazione e di Pasqua, abbiamo ricevuto lo Spirito di cui portiamo in noi l’impronta, il sigillo. Se allora non si vive secondo lo Spirito del Signore, nella carità, lontano da ogni malignità, malvagità, maldicenza, risentimento o peggio dall’odio, non si è coerenti ri-spetto all’amore di Cristo, che con il suo esempio ci indica un percorso da seguire, non si imita Dio Padre nella sua misericordia e non ci si ama « come Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi ». Una meta ardua quella che il Signore ci propone e che possiamo sforzarci di raggiungere con la forza del suo Spirito.
Vangelo: Gv 6,41-51.
I Giudei, credendo di conoscere Gesù come il figlio del falegname e conoscendone anche la madre, fanno fatica ad accettare le parole dette da Gesù: « Io sono il pane disceso dal cielo ». Gesù risponde alla loro mormorazione dicendo: « Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno ». Citando il detto profetico che “tutti saranno istruiti da Dio, continua dicendo: « Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna ». E affermando solennemente : “ Io sono il pane della vita”, invita ad accogliere « il Pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia », a differenza degli ebrei che hanno mangiato la manna e sono morti.
Se uno mangia di lui, Pane vivo disceso dal cielo vivrà in eterno e il pane che avrebbe dato è la sua carne per la vita del mondo. Come i Giudei, anche noi, oggi, non siamo facilmente docili ad accogliere la parola e la realtà di Cristo, pane di vita, e a farci guidare interiormente da Dio. Non ci lasciamo facilmente attrarre dal Padre e restiamo increduli di fronte a colui che il Padre ha mandato. Chi crede riceve Cristo « pane vivo disceso dal cielo », mangia la sua carne data in sacrificio per la vita del mondo e ha la caparra della vita eterna.
Avere fede è la prima condizione per prendere parte alla mensa del Signore e partecipare dell’Eucaristia degnamente, stabilendo così un’intimità con Gesù il cui mistero è quello di essere non solo uomo, ma soprattutto il Figlio di Dio,inviato dal Padre.
AVVISO PARROCCHIALE
POICHÈ IL 18 AGOSTO É DOMENICA, LA MEMORIA DI SANT'ELENA, SARÂ CELEBRATA
IL LUNEDÌ 19, ALLE ORE 18.30, PRESSO LA GROTTA DI SANT'ELENA ALLA ROTONDA.
Ultimo aggiornamento (Sabato 10 Agosto 2024 09:56)