LA PAROLA DI GESÙ SUL SUO CORPO, COME CIBO DI VITA, SCANDALIZZA O È PAROLA DI VITA ETERNA?
25 AGOSTO – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
LA PAROLA DI GESÙ SUL SUO CORPO COME CIBO DI VITA, SCANDALIZZA O È PAROLA DI VITA ETERNA?
E’ una santa assemblea quella che la Domenica si raduna per celebrare i misteri santi del Signore. E non siamo noi che li rendiamo santi, ma è Dio che santifica tutti quelli che nella fede si lasciano coinvolgere dalla sua opera e dal suo Santo Spirito. E’ « l’unico e perfetto sacrificio del Cristo » che ci ha redenti dal peccato, ci santifica con la sua presenza in noi, ci impreziosisce con la sua grazia santificante, ci rende « pietre vive », ci inonda con « la luce dello Spirito » che inabita in noi e ci conferisce la vera libertà dei figli di Dio.
Questa santità è dono gratuito della misericordia di Dio, che ha voluto riconciliarci a sé per mezzo del suo Figlio; a noi solo spetta il corrispondere a questo amore misericordioso, non perché costretti a compiere la sua volontà, ma per una corrispondenza d’amore. Dobbiamo essere forti e generosi, senza lasciarci distrarre da « parole o discorsi umani » e, anche fra le vicende alterne del mondo, mutevoli e ambigue, dobbiamo camminare nella santità di Dio tenendo fissi i nostri cuori là « dove è la vera gioia e dove raggiungeremo la santità definitiva ».
Nella preghiera iniziale diciamo: « O Dio, nostra salvezza, che in Cristo, tua parola eterna , riveli la pienezza del tuo amore, guidaci con la luce dello Spirito, perché nessuna parola umana ci allontani da te, unica fonte di verità e di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…».
Prima Lettura: Gs 24,1-2.15-17.18.
Giosuè davanti agli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi ribadisce al popolo la sua fedeltà al Signore dicendo: « Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel territorio dove abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore ». Anche il popolo solennemente risponde: « Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi » e, ricordando tutto ciò che Dio aveva fatto liberandoli dall’Egitto, compiendo grandi segni dinanzi ai loro occhi, custodendoli lungo il cammino e da tutti i popoli fra i quali sono passati, gli Israeliti dicono: « Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio ». E’ un atto di fede che essi fanno, una scelta responsabile compiuta in solidarietà con tutti quelli che all’inizio sono stati liberati. Anche per noi la professione di fede è un affidamento a Dio che per mezzo di Cristo ci ha redenti e questo ci impegna ad osservare i suoi insegnamenti che sono a fondamento della nuova alleanza e in cui viene riconosciuta la signoria di Dio.
Seconda Lettura: Ef 5,21-32.
San Paolo scrivendo agli Efesini propone loro di vivere la vita familiare imitando il rapporto d’amore che vige tra Cristo Sposo e la Chiesa Sposa, per la quale egli, come Capo e redentore, ha dato se stesso « per renderla santa e immacolata, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile ». E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siamo ai i loro mariti in tutto. Ma al marito è chiesto però di dare la propria vita per la sposa, come ha fqtto Cristo, avendo il dovere di amarla come ama il proprio corpo, che lo si nutre e lo si cura, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Questo mistero, che è grande in riferimento alla unione di Cristo con la Chiesa, deve essere realizzato dai coniugi credenti, i quali, lasciando ognuno suo padre e sua madre, diventano una sola carne. Questo rapporto tra i coniugi cristiani deve potersi modellare sul modello dell’amore del Cristo e della Chiesa: unione sponsale esemplare a cui ispirarsi, nella fedeltà vicendevole, nel dialogo, nel perdono, nell’ascolto, nel donarsi totalmente, ecc…
Vangelo: Gv 6, 60-69.
Dopo le parole di Gesù, che avrebbe dato la sua carne da mangiare, alcuni discepoli mormoravano ritenendole dure e difficili da ascoltare. Gesù allora dice loro: « Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dove era prima? E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi dico sono spirito e vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono ». E conoscendo che alcuni non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito, diceva: « Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre ». Alcuni discepoli se ne tornarono indietro e non lo seguirono più. Anche ai dodici Gesù disse: « Volete andarvene anche voi ? ». Ma Pietro gli rispose: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio ». Chi è con la chiusura e la durezza del cuore è incapace di ascoltare e accogliere Gesù, il Santo di Dio, il Pane vero disceso dal cielo, chi rimane fermo nella carne, ai ragionamenti, ai pensieri e ai pregiudizi e con le proprie ristrettezze, difficilmente si lascia aprire dallo Spirito e attrarre dal Padre. Per Pietro e tutti coloro che vogliono ribadire la propria fede, pur se dure sono le parole del Signore, è necessario abbandonarsi fiduciosi in Dio, che concede la sua grazia a quanti sono disponibili ad accoglierlo e vivere un rapporto con lui in unione con Cristo nello Spirito.
LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE RISORTO, SIAMO INVITATI AL BANCHETTO DELLA VITA.
18 AGOSTO – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
LA DOMENICA, GIORNO DEL SIGNORE RISORTO, SIAMO INVITATI AL BANCHETTO DELLA VITA.
Nell’incontro che viviamo la Domenica nell’Eucaristia noi incontriamo Dio personalmente, poiché il Figlio di Dio si rende presente con il suo Corpo e il suo Sangue. Noi offriamo a Dio il pane e il vino, che sono certo doni divini anche se sono frutto della terra e del nostro lavoro, ma in cambio riceviamo Dio stesso, realmente presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. E’ un misterioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza di Dio che ci ha fatti, al di là della nostra esistenza creaturale, suoi figli, « amici e commensali ». E’ un giorno da vivere nella gioiosa assemblea dei figli di Dio. La Chiesa « canta nel tempo la beata speranza della risurrezione finale » e proclama « la certezza di partecipare un giorno al festoso banchetto del regno ». La gioia deve diventare continua testimonianza, con parole e opere, di ciò che il Signore ha operato per gli uomini.
La preghiera iniziale di questa Eucaristia, oggi, ci fa rivolgere al Signore dicendo: « O Dio, che sostieni il tuo popolo con il pane della sapienza e in Cristo tuo Figlio lo nutri con il vero cibo, donaci l’intelligenza del cuore perché, camminando sulle vie della salvezza, possiamo vivere per te, unico vero bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Pr 9,1-6.
La Sapienza di Dio ha voluto porre nella creazione la sua presenza, dando bellezza, bontà, ordine, grandezza da ammirare e lasciandovi la sua impronta: ogni cosa creata da Dio, dice la Genesi, era buona, compreso l’uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Tutti gli uomini, invitati in diverse modalità, possono accostarsi a godere di tutte queste meraviglie del creato, specie chi è inesperto: « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza». Se gli uomini sanno ammirare le meraviglie della creazione con lo sguardo di Dio e percepirle con l’intelligenza di cui Dio li ha dotati, essi possono godere di tutto quello che Dio ci ha imbandito. Questo banchetto già preannunzia il nuovo banchetto che Dio preparerà per gli uomini quando la Sapienza di Dio, il Logos, il Verbo che si fa carne, venendo ad abitare in mezzo a noi, costruisce nel suo Corpo una modalità di presenza tra noi. Così Dio ci dà da « mangiare non solo il pane quotidiano e ciò di cui abbiamo bisogno materialmente, ma soprattutto nutre la nostra fame di verità, ci disseta con il suo Spirito, alimenta la nostra vita divina con il pane disceso dal cielo ». Egli ci dice oggi nel Vangelo: « In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita ».
Seconda Lettura: Ef 5,15-20.
San Paolo esorta gli Efesini a vivere secondo la Sapienza di Cristo, a vivere in modo e con un comportamento da saggi, facendo buon uso del tempo e sforzandoci di conoscere, discernere e comprendere la volontà del Signore, anche in mezzo a situazioni in cui si sperimenta il male. Ricolmi dello Spirito di Cristo non devono i credenti in lui « ubriacarsi di vino », cioè di cose solo terrene, ma devono « rendere continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore Gesù Cristo», intrattenendosi con salmi, inni, canti ispirati e inneggiando a Lui. La sapienza, dono dello Spirito Santo, è il gusto di Dio e delle sue cose, la gioia di sentirlo vicino in ogni momento della vita, assaporare la sua intimità che egli vuole realizzare con ognuno di noi, cosicché incontrando i fratelli possano sentirlo anch’essi vicino.
Vangelo: Gv 6,51-58.
Oggi le parole di Gesù nel Vangelo risuonano in maniera molto solenne e chiara, pur paradossali che possano apparire: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo ».
Davanti a questa solenne affermazione anche noi, come i Giudei allora, potremmo chiederci: «Come può costui darci la sua carne da mangiare? ». Cosa scegliamo? Allontanarci da lui, non credendo nella sua parola e nella sua potenza divina, o accogliere il suo invito a restare con lui? A mangiare, cioè, la carne del Figlio dell’uomo e a bere il suo Sangue per avere in noi la sua vita eterna e la resurrezione nell’ultimo giorno?. Poiché egli dice: « La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda … chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui », mangiando di lui vivremo per lui e per il Padre, come lui vive per il Padre. Come si può realizzare questo mangiare e bere? Con la fede e partecipando dell’Eucaristia, che è la sorgente e il culmine della vita della Chiesa, partecipiamo già da questa terra alla vita divina, ed abbiamo la caparra della risurrezione. L’invito a questo banchetto, preannunziato dal libro dei Proverbi, nel Nuovo Testamento è realizzato attraverso l’Eucaristia che Dio Padre prepara per i suoi figli.
CELEBRAZIONI PARROCCHIALI
Dal MARTEDI’ 20 AGOSTO SARA’ CELEBRATA LA SANTA MESSA POMERIDIANA ALLE
ORE 19.00
LUNEDI’ 19 : FAREMO LA MEMORIA SI SANT’ELENA: LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA
ALLA GROTTA DI SANTA ELENA, PRESSO LA ROTONDA, ALLE ORE 18.30.
LUNEDI’ 2 SETTEMBRE: FAREMO LA MEMORIA DI SANTA LIBERATA:LA SANTA MESSA
SARA’ CELEBRATA ALLE ORE 18.30 PRESSO LA CAPPELLA DELLA Fam. CONSENTINO.
ASSUNZIONE IN CIELO DI MARIA IN ANIMA E CORPO.
15 AGOSTO – ASSUNZIONE DI MARIA AL CIELO
COME CRISTO RISORTO ALLA DESTRA DEL PADRE, ANCHE MARIA LA CELEBRIAMO ASSUNTA, PER SINGOLARE PRIVILEGIO , IN ANIMA E CORPO : ESSI PREANNUNZIANO LA NOSTRA RISURREZIONE CORPORALE.
Quando diciamo “Padre nostro che sei nei cieli” non dobbiamo intendere un luogo materiale in cui dimora Dio, ma una esistenza diversa da quella materiale, terrena in cui viviamo noi, una esistenza nello spirito e nella immaterialità. Celebrando la solennità della assunzione della Beata Vergine al cielo, allora, crediamo che anche Maria come Gesù, che in anima e corpo risorto vive nell’esistenza divina di Verbo del Padre, vive nell’esistenza immortale, nella comunione eterna di Dio, in anima e corpo. Celebrando Maria noi celebriamo la sorte gloriosa che attende tutti noi, perché lei, dopo Gesù, è segno di sicura speranza di risurrezione e di vita in Dio. Come Maria che già vive nella gloria di Dio e nella sua presenza, anche noi aspiriamo a vivere in piena comunione con Dio.
Maria assunta perché Madre di Dio.
Se la morte, dice la Scrittura, è entrata nel mondo come conseguenza del peccato originale e della disobbedienza dell’uomo a Dio ( Rm 5,17-21), e il Cristo, il Figlio di Dio, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria ( Lc 1,31.35), per la sua obbedienza “fino alla morte e a una morte di croce ( Fil 2,8), è divenuto causa di salvezza per coloro che gli obbediscono (Eb 5,9), riconciliandoci con Padre, con la sua risurrezione è divenuto primizia di coloro che risorgono dai morti (Cor 1,15-28) e sono destinati alla risurrezione e alla vita in Dio.
Da ciò deriva che la Beata Vergine Maria, avendo ricevuto per singolare privilegio di essere esente dalla disobbedienza di Adamo, ed essendosi come Gesù resa obbediente al progetto di Dio con il suo “sì” alla Maternità del Figlio, non ha sperimentato la morte ed ha ottenuto un’esistenza in anima e corpo in Dio come il suo Figlio partecipando della sua stessa gloria.
Maria, che ha accolto il Figlio di Dio con la fede nel suo cuore, lo ha generato nel suo grembo divenendo l’Arca di Colui che avrebbe instaurato una Nuova ed Eterna Alleanza ed è stata unita a lui in tutta la sua vita terrena, sempre per un “ conveniente dono di grazia” , partecipa pienamente della stessa gloria del Figlio nella Gerusalemme celeste. Anche in cielo Ella è “Arca dell’Alleanza”, come ci dice la Lettura dell’Apocalisse, “donna vestita di sole” che partorisce il bambino “rapito verso Dio e verso il suo trono”, compiendosi così “la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”.
« Colei attraverso la quale Dio ha realizzato sulla terra il suo progetto di salvezza, incarnandosi e portando a compimento la nuova alleanza, gode della piena realizzazione dell’alleanza che si colloca oltre la storia umana, nel regno di Dio, nella risurrezione della carne, nel cielo ». ( Dal Messale delle Domeniche e Feste,2013, Ed Elledici). E’in questa prospettiva di fede che i cristiani celebrano questa Festa solenne della Assunzione al cielo di Maria in anima e corpo.
Le grandi opere compiute in Maria dall’Onnipotente..
Ciò che celebriamo, l’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria, è una delle tante meraviglie che Dio ha operato in lei. Tutto è opera di Dio e che Maria è stata scelta, nonostante la sua umiltà e fragilità, ad essere la Madre del Figlio di Dio, è un dono gratuito di predilezione del Padre. Anche noi siano, dalla creazione fino alla nostra definitiva salvezza operata da Cristo, oggetto dell’amore gratuito di predilezione di Dio Padre che, avendoci incorporati al suo Figlio mediante il battesimo, ce l’ha donata come nostra Madre. Per questo le tributiano la nostra venerazione e la poniamo accanto a Gesù, assunta in cielo, da dove esercita anche verso di noi la sua maternità.
Maria è la primizia dell’umanità salvata e rinnovata dalla misericordia di Dio per mezzo del suo Figlio ed è posta e celebrata come segno di speranza per noi che aneliamo al cielo per essere insieme a Cristo, nostro Capo, e a lei, nostra Madre.
Dio che « Rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi » compie le sua meraviglie quando l’uomo pone, non nell’abbondanza dei beni né nel potere o nell’onore del mondo, ma nella comunione e nell’amore con lui la sua vita. Maria, avendo vissuto qui in terra in comunione con la Trinità nel suo compito di Madre, oggi è in cielo, con tutto il suo essere, anima e corpo, a partecipare della pienezza della gioia e della gloria di Dio. Maria, primizia e immagine della Chiesa, segno di consolazione e di sicura speranza, attende noi suoi figli ancora peregrinanti in questa terra d’esilio e intercede per la nostra definitiva salvezza insieme al Figlio presso il Padre.
Maria ci ha preceduto nella gloria celeste.
Se Maria, per il suo ruolo nel progetto di Dio, è stata fatta oggetto di singolari privilegi, non vuol dire che noi dobbiamo porla su un piedistallo di grandezza discriminatoria, perché tutti in Cristo, per volontà del Padre. « siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità » ( Ef1,4), predestinati ad essere figli adottivi ed eredi della stessa gloria del Figlio.
Come per Gesù, con il corpo risorto e asceso alla destra del Padre, e Maria, assunta anche lei con il corpo nella gloria, anche noi parteciperemo nella risurrezione alla loro stessa gloria: il nostro corpo si ricongiungerà al nostro spirito e con tutto il nostro essere vivremo nella pienezza di Dio.
L’Eucaristia che celebriamo, mediante l’opera dello Spirito Santo che rende presente Cristo con il suo Corpo e il suo Sangue, ci trasforma in Cristo e diveniamo già partecipi dei beni futuri, di cui essa è caparra e anticipazione di immortalità.
« L’Eucaristia è pane di vita eterna per la comunione con lo stesso Gesù che Maria ha portato in grembo e dunque con quel Gesù con cui vive nella pienezza della sua femminilità, maternità, familiarità, con le storie vissute e i sentimenti nutriti » (Messalino delle Domeniche e Feste, Ed.Elledici, 2013).
Prima Lettura: Ap 11,19.12,1-6.10.
La liturgia trova l’ evocazione di Maria nell’arca dell’alleanza del santuario celeste e nella donna vestita di sole che partorisce un figlio, sottratto alle forze del male rappresentate nel drago. L’Apocalisse descrive la parabola della Chiesa, poiché alla Chiesa immediatamente si riferisce l’immagine della donna incoronata da dodici stelle. Ma Maria è nella Chiesa, come tipo ed esemplare, a sostenere le vicissitudini del popolo nuovo che rivive il cammino del deserto, protetto dalla potenza e dalla regalità di Cristo.
Seconda Lettura: 1 Cor 15, 20-27.
Gesù è risorto come primo: a lui, e a sua immagine, seguiranno quelli che « sono di Cristo », cioè quelli che hanno creduto in lui e ne hanno ricevuto la vita. Tra tutti questi la prima è Maria, che di Cristo è la Madre.
Vangelo: Lc 1,39-56.
Maria è stata scelta da Dio per pura grazia. Questa consapevolezza fa scaturire in lei il gioioso riconoscimento della bontà di Dio, che compie opere grandi in quanti si affidano a lui e in lui pongono ogni speranza.
Sia Elisabetta sia Maria gioiscono in Dio, che riconoscono come loro Salvatore che ha realizzato le promesse incarnandosi, offrendo la sua vita partecipa innanzitutto Maria, la Madre, Colei che ha creduto; vi partecipiamo poi anche noi, perché anche noi siamo destinati come il Cristo, di cui siamo membra, alla risurrezione e alla vita in Dio per l’eternità.
AVVISI SACRI
GIOVEDI’, 16 AGOSTO, GIORNO DELLA FESTA IN ONORE DELLA MADONNA DEL CARMELO, LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA SOLO ALLE ORE 19.00.
LUNEDÍ 19 AGOSTO, FACCIAMO LA MEMORIA DI SANT’ELENA.
LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA NEI PRESSI DELLA GROTTA DI SANT’ELENA, ALLA ROTONDA ALLE ORE 18.30.
ALLA MENSA DELL'EUCARISTIA NUTRIAMO LA NOSTRA FEDE CON IL PANE DELLA VITA: CRISTO GESÙ.
11 AGOSTO – XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
ALLA MENSA DELL'EUCARISTIA NUTRIAMO LA NOSTRA FEDE CON IL PANE DELLA VITA:
CRISTO GESÙ.
La Domenica i figli di Dio rinnovano la gioia di ritrovarsi insieme e riscoprono la grazia e la gioia di invocare Dio, “Abba,Padre” e sentirsi, in forza del dono dello Spirito ricevuto, “figli adottivi”. In virtù di questa paternità e figliolanza riceviamo la fede e la forza per avvertirlo presente in tutti gli avvenimenti della nostra vita e della storia, anche quando siano chiamati ad affrontare con serenità le prove della vita, con tutte le difficoltà a volte ad essa connesse. Siamo chiamati ad affrontare le situazioni difficili, quali malattie, avversità varie, sofferenze, con la fiducia e la certezza che il Signore ci è vicino e che, come dice a san Paolo, davanti alle difficoltà da affrontare per l’annunzio del Vangelo: “Ti basta la mia grazia”.
Il Signore accompagna la sua Chiesa, sua Sposa, nel suo pellegrinare terreno, in attesa della contemplazione del volto dello Sposo nella Gerusalemme celeste. Quando ci raduniamo per celebrare i misteri della salvezza nel giorno del Signore accresciamo il desiderio della patria celeste e non per evadere dai nostri impegni quotidiani o perdere il nostro tempo, che crediamo prezioso per le cose passeggere ed effimere, che dobbiamo pur contro nostra voglia lasciare. Spesso dimentichiamo che dobbiamo vivere da figli di Dio e avere sempre fissi i nostri sguardi ai beni celesti verso cui siamo incamminati.
Nella preghiera iniziale di questa domenica diciamo:« O Padre, che guidi la tua Chiesa pellegrina nel mondo, sostienila con la forza del cibo che non perisce, perché, perseverando nella fede e nell’amore, giunga a contemplare la luce del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: 1 Re 19,4-8.
Il profeta Elia, fuggendo perché perseguitato, dopo una giornata di cammino nel deserto, stanco e desideroso di morire, dice al Signore: « Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri ». Si addormenta. Ma l’angelo del Signore, toccandolo, gli dice: « Alzati, mangia». Vedendo vicino « alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua, mangiò e bevve », riaddormentandosi. Di nuovo l’angelo lo invitò a mangiare e a bere perché aveva ancora da fare un lungo cammino. « Con la forza di quel cibo il profeta camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb ». Si sentiva sconfitto ed esaurito nelle sue forza il profeta nella lotta ingaggiata contro l’idolatria del re d’Israele e dei suoi profeti e l’infedeltà del suo popolo. Ma Dio non vuole che il suo profeta rassegni le sue dimissioni, e pur nel deserto interviene a dargli vigore. E come aveva nell’esodo dato la manna, le quaglie e l’acqua al suo popolo per sfamarlo, poiché Dio non abbandona nessuno, specie chi lo onora e lo serve, anche se abbiamo l’impressione di essere lasciati soli, ora al profeta egli provvede pane e acqua.
A parte il pane quotidiano che chiediamo al Signore per tutti e che, con la condivisione generosa dei beni della terra , la Provvidenza di Dio non verrebbe meno, per i credenti, oggi il nostro pane quotidiano, nel deserto dell’esistenza, è anche Gesù Cristo nell’Eucaristia, e la nostra acqua è il dono dello Spirito. Con questi alimenti possiamo affrontare il cammino, anche se irto di difficoltà, fino a giungere al monte di Dio che, a conclusione della vita, è arrivare a contemplare il volto di Dio faccia a faccia nell’ eternità di una esistenza da lui rinnovata, ad immagine del suo Figlio risorto e glorioso.
Seconda Lettura: Ef 4,30-5.2.
San Paolo esorta gli Efesini e anche noi a non rattristare lo Spirito Santo con il quale si è stati segnati per il giorno della redenzione e a vivere allontanando ogni asprezza, sdegno, ira, maldicenza, grida e ogni forma di malignità dal comportamento. Seguendo invece lo Spirito avere sentimenti di benevolenza vicendevole, di misericordia, di perdono reciproco, imitando Dio che in Cristo ci ha perdonato . Ancora. Propone di essere imitatori di Dio e a camminare nella carità, imitando Cristo che ci ha amati e ha dato se stesso per noi, essendosi donato a Dio Padre in sacrifico di soave odore.
Nel giorno del nostro Battesimo, giorno di liberazione e di Pasqua, abbiamo ricevuto lo Spirito di cui portiamo in noi l’impronta, il sigillo. Se allora non si vive secondo lo Spirito del Signore, nella carità, lontano da ogni malignità, malvagità, maldicenza, risentimento o peggio dall’odio, non si è coerenti ri-spetto all’amore di Cristo, che con il suo esempio ci indica un percorso da seguire, non si imita Dio Padre nella sua misericordia e non ci si ama « come Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi ». Una meta ardua quella che il Signore ci propone e che possiamo sforzarci di raggiungere con la forza del suo Spirito.
Vangelo: Gv 6,41-51.
I Giudei, credendo di conoscere Gesù come il figlio del falegname e conoscendone anche la madre, fanno fatica ad accettare le parole dette da Gesù: « Io sono il pane disceso dal cielo ». Gesù risponde alla loro mormorazione dicendo: « Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno ». Citando il detto profetico che “tutti saranno istruiti da Dio, continua dicendo: « Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna ». E affermando solennemente : “ Io sono il pane della vita”, invita ad accogliere « il Pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia », a differenza degli ebrei che hanno mangiato la manna e sono morti.
Se uno mangia di lui, Pane vivo disceso dal cielo vivrà in eterno e il pane che avrebbe dato è la sua carne per la vita del mondo. Come i Giudei, anche noi, oggi, non siamo facilmente docili ad accogliere la parola e la realtà di Cristo, pane di vita, e a farci guidare interiormente da Dio. Non ci lasciamo facilmente attrarre dal Padre e restiamo increduli di fronte a colui che il Padre ha mandato. Chi crede riceve Cristo « pane vivo disceso dal cielo », mangia la sua carne data in sacrificio per la vita del mondo e ha la caparra della vita eterna.
Avere fede è la prima condizione per prendere parte alla mensa del Signore e partecipare dell’Eucaristia degnamente, stabilendo così un’intimità con Gesù il cui mistero è quello di essere non solo uomo, ma soprattutto il Figlio di Dio,inviato dal Padre.
AVVISO PARROCCHIALE
POICHÈ IL 18 AGOSTO É DOMENICA, LA MEMORIA DI SANT'ELENA, SARÂ CELEBRATA
IL LUNEDÌ 19, ALLE ORE 18.30, PRESSO LA GROTTA DI SANT'ELENA ALLA ROTONDA.
Ultimo aggiornamento (Sabato 10 Agosto 2024 09:56)
GESÙ HA DETTO: " IO SONO IL PANE DELLA VITA".
4 AGOSTO – XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
GESÙ HA DETTO: " IO SONO IL PANE DELLA VITA".
Nella celebrazione della Eucaristia non basta offrire al Padre il sacrificio della croce, Gesù, vittima gradita a Dio, è necessario che anche faccia parte di questa offerta la nostra vita, che viene trasformata insieme come offerta perenne. I segni del sacrificio del Cristo devono diventare anche i nostri segni, perché ogni aspetto della vita porti le impronte dell’amore di Cristo. Anche il lavoro e le attività quotidiane, se svolti con spirito di carità e di fraternità verso i poveri e i sofferenti, come ha fatto Cristo, esprimeranno il nostro servizio verso tutti gli uomini. Così ci rivolgiamo al Padre nella preghiera iniziale: «O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le risorse del creato, fa’ che non manchi mai il pane nella mensa dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Es 16, 2-4.12-15.
Lungo il cammino del deserto gli Israeliti davanti a Mosè rimpiangono la pentola della carne e il pane che mangiavano a sazietà, mentre nel deserto rischiano la morte per la mancanza del cibo. Ma il Signore dice a Mosè:« Sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge … parla loro così: “ Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio” ». Così la sera le quaglie coprono l’accampamento; al mattino c’è uno strato di rugiada che, svanendo, lascia sulla superficie del deserto una cosa fine e granulosa che, vedendola, gli Israeliti si dicono l’un l’altro: « Che cos è? ». Mosè dice loro: « E’ il pane che il Signore vi ha dato in cibo ». Al popolo che mormora sì contro Mosè, ma è verso il Signore che è rivolta la lamentela, Dio dà il pane e la carne a sazietà, dimostrando che non abbandona il suo popolo, perché Egli è il Signore, loro Dio, l’unico che salva e che conduce quel popolo secondo un suo progetto. Quel pane è la prefigurazione di quello che verrà dato più tardi, quando dal cielo Dio avrebbe inviato il suo Figlio, Pane vivo disceso dal cielo, come ebbe a dire Gesù stesso.
Seconda Lettura: Ef 4, 17.20-24.
Paolo esorta e scongiura gli Efesini a non tenere più comportamenti pagani, perché hanno imparato a conoscere Cristo, se veramente gli hanno dato ascolto e sono stati istruiti nella verità di Gesù. Ancora. Ad « abbandonare l’uomo vecchio con la sua condotta di prima che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli », a rinnovarsi nello spirito e a rivestirsi « dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità ».
Chi ha fatto l’esperienza di Gesù e, come cristiano ha creduto in lui e si è rinnovato attraverso il Battesimo e i sacramenti, deve rompere con i comportamenti precedenti, propri dell’uomo carnale, complice del peccato e delle passioni ingannatrici. Rinnovato nell’intimo del proprio essere deve imitare Gesù, rivestendosi di una nuova umanità e vivendo ad immagine e in conformità a Cristo, deve farsi guidare dal suo Spirito. Gesù chiama i suoi discepoli a rompere definitivamente con il passato e ad avere una nuova mentalità, quella che corrisponde alla volontà del Padre.
Vangelo: Gv, 6,24-35.
Gesù, alla folla che gli chiede dopo averlo trovato al di la del mare, nei pressi di Cafàrnao, quando sia giunto in quel luogo, risponde dicendo:« In verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà, poiché il Padre Dio ha posto in lui il suo sigillo ». Avendo capito ciò che Gesù chiedeva loro gli dissero: « Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio ? ». E Gesù dice loro che l’opera di Dio è che essi credano in colui che il Padre ha mandato. Alla loro richiesta insistente: « Quali segni tu compi perché vediamo e crediamo? Quale opera fai? » e ricordando che i loro padri nel deserto avevano mangiato la manna, Gesù risponde: « In verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo ». Essi allora dicono: « Signore, dacci sempre questo pane ». Gesù risponde loro:« Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai !». Gesù afferma solennemente che Egli è il vero pane di Dio, e che quello di Mosè, la manna, lo prefigurava, perché ugualmente quelli che lo avevano mangiato erano morti. La persona di Gesù e non una cosa che si consuma è « Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo », il Figlio, che sacrifica se stesso per la salvezza del mondo. Il pane che Gesù dà, cioè tutto se stesso, Corpo e Sangue, è realtà che non perisce e preserva dal nostro deperimento e come Egli è vita eterna così anche chi mangia di lui ha la vita eterna. Solo colui che crede lo riceve e se ne appropria, per cui la fede è condizione indispensabile per realizzare questa comunione con Cristo, che alimenta la vita di Dio nell’ anima del credente in lui.