ASSUNZIONE IN CIELO DI MARIA IN ANIMA E CORPO.
15 AGOSTO – ASSUNZIONE DI MARIA AL CIELO
COME CRISTO RISORTO ALLA DESTRA DEL PADRE, ANCHE MARIA LA CELEBRIAMO ASSUNTA, PER SINGOLARE PRIVILEGIO , IN ANIMA E CORPO : ESSI PREANNUNZIANO LA NOSTRA RISURREZIONE CORPORALE.
Quando diciamo “Padre nostro che sei nei cieli” non dobbiamo intendere un luogo materiale in cui dimora Dio, ma una esistenza diversa da quella materiale, terrena in cui viviamo noi, una esistenza nello spirito e nella immaterialità. Celebrando la solennità della assunzione della Beata Vergine al cielo, allora, crediamo che anche Maria come Gesù, che in anima e corpo risorto vive nell’esistenza divina di Verbo del Padre, vive nell’esistenza immortale, nella comunione eterna di Dio, in anima e corpo. Celebrando Maria noi celebriamo la sorte gloriosa che attende tutti noi, perché lei, dopo Gesù, è segno di sicura speranza di risurrezione e di vita in Dio. Come Maria che già vive nella gloria di Dio e nella sua presenza, anche noi aspiriamo a vivere in piena comunione con Dio.
Maria assunta perché Madre di Dio.
Se la morte, dice la Scrittura, è entrata nel mondo come conseguenza del peccato originale e della disobbedienza dell’uomo a Dio ( Rm 5,17-21), e il Cristo, il Figlio di Dio, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria ( Lc 1,31.35), per la sua obbedienza “fino alla morte e a una morte di croce ( Fil 2,8), è divenuto causa di salvezza per coloro che gli obbediscono (Eb 5,9), riconciliandoci con Padre, con la sua risurrezione è divenuto primizia di coloro che risorgono dai morti (Cor 1,15-28) e sono destinati alla risurrezione e alla vita in Dio.
Da ciò deriva che la Beata Vergine Maria, avendo ricevuto per singolare privilegio di essere esente dalla disobbedienza di Adamo, ed essendosi come Gesù resa obbediente al progetto di Dio con il suo “sì” alla Maternità del Figlio, non ha sperimentato la morte ed ha ottenuto un’esistenza in anima e corpo in Dio come il suo Figlio partecipando della sua stessa gloria.
Maria, che ha accolto il Figlio di Dio con la fede nel suo cuore, lo ha generato nel suo grembo divenendo l’Arca di Colui che avrebbe instaurato una Nuova ed Eterna Alleanza ed è stata unita a lui in tutta la sua vita terrena, sempre per un “ conveniente dono di grazia” , partecipa pienamente della stessa gloria del Figlio nella Gerusalemme celeste. Anche in cielo Ella è “Arca dell’Alleanza”, come ci dice la Lettura dell’Apocalisse, “donna vestita di sole” che partorisce il bambino “rapito verso Dio e verso il suo trono”, compiendosi così “la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”.
« Colei attraverso la quale Dio ha realizzato sulla terra il suo progetto di salvezza, incarnandosi e portando a compimento la nuova alleanza, gode della piena realizzazione dell’alleanza che si colloca oltre la storia umana, nel regno di Dio, nella risurrezione della carne, nel cielo ». ( Dal Messale delle Domeniche e Feste,2013, Ed Elledici). E’in questa prospettiva di fede che i cristiani celebrano questa Festa solenne della Assunzione al cielo di Maria in anima e corpo.
Le grandi opere compiute in Maria dall’Onnipotente..
Ciò che celebriamo, l’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria, è una delle tante meraviglie che Dio ha operato in lei. Tutto è opera di Dio e che Maria è stata scelta, nonostante la sua umiltà e fragilità, ad essere la Madre del Figlio di Dio, è un dono gratuito di predilezione del Padre. Anche noi siano, dalla creazione fino alla nostra definitiva salvezza operata da Cristo, oggetto dell’amore gratuito di predilezione di Dio Padre che, avendoci incorporati al suo Figlio mediante il battesimo, ce l’ha donata come nostra Madre. Per questo le tributiano la nostra venerazione e la poniamo accanto a Gesù, assunta in cielo, da dove esercita anche verso di noi la sua maternità.
Maria è la primizia dell’umanità salvata e rinnovata dalla misericordia di Dio per mezzo del suo Figlio ed è posta e celebrata come segno di speranza per noi che aneliamo al cielo per essere insieme a Cristo, nostro Capo, e a lei, nostra Madre.
Dio che « Rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi » compie le sua meraviglie quando l’uomo pone, non nell’abbondanza dei beni né nel potere o nell’onore del mondo, ma nella comunione e nell’amore con lui la sua vita. Maria, avendo vissuto qui in terra in comunione con la Trinità nel suo compito di Madre, oggi è in cielo, con tutto il suo essere, anima e corpo, a partecipare della pienezza della gioia e della gloria di Dio. Maria, primizia e immagine della Chiesa, segno di consolazione e di sicura speranza, attende noi suoi figli ancora peregrinanti in questa terra d’esilio e intercede per la nostra definitiva salvezza insieme al Figlio presso il Padre.
Maria ci ha preceduto nella gloria celeste.
Se Maria, per il suo ruolo nel progetto di Dio, è stata fatta oggetto di singolari privilegi, non vuol dire che noi dobbiamo porla su un piedistallo di grandezza discriminatoria, perché tutti in Cristo, per volontà del Padre. « siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità » ( Ef1,4), predestinati ad essere figli adottivi ed eredi della stessa gloria del Figlio.
Come per Gesù, con il corpo risorto e asceso alla destra del Padre, e Maria, assunta anche lei con il corpo nella gloria, anche noi parteciperemo nella risurrezione alla loro stessa gloria: il nostro corpo si ricongiungerà al nostro spirito e con tutto il nostro essere vivremo nella pienezza di Dio.
L’Eucaristia che celebriamo, mediante l’opera dello Spirito Santo che rende presente Cristo con il suo Corpo e il suo Sangue, ci trasforma in Cristo e diveniamo già partecipi dei beni futuri, di cui essa è caparra e anticipazione di immortalità.
« L’Eucaristia è pane di vita eterna per la comunione con lo stesso Gesù che Maria ha portato in grembo e dunque con quel Gesù con cui vive nella pienezza della sua femminilità, maternità, familiarità, con le storie vissute e i sentimenti nutriti » (Messalino delle Domeniche e Feste, Ed.Elledici, 2013).
Prima Lettura: Ap 11,19.12,1-6.10.
La liturgia trova l’ evocazione di Maria nell’arca dell’alleanza del santuario celeste e nella donna vestita di sole che partorisce un figlio, sottratto alle forze del male rappresentate nel drago. L’Apocalisse descrive la parabola della Chiesa, poiché alla Chiesa immediatamente si riferisce l’immagine della donna incoronata da dodici stelle. Ma Maria è nella Chiesa, come tipo ed esemplare, a sostenere le vicissitudini del popolo nuovo che rivive il cammino del deserto, protetto dalla potenza e dalla regalità di Cristo.
Seconda Lettura: 1 Cor 15, 20-27.
Gesù è risorto come primo: a lui, e a sua immagine, seguiranno quelli che « sono di Cristo », cioè quelli che hanno creduto in lui e ne hanno ricevuto la vita. Tra tutti questi la prima è Maria, che di Cristo è la Madre.
Vangelo: Lc 1,39-56.
Maria è stata scelta da Dio per pura grazia. Questa consapevolezza fa scaturire in lei il gioioso riconoscimento della bontà di Dio, che compie opere grandi in quanti si affidano a lui e in lui pongono ogni speranza.
Sia Elisabetta sia Maria gioiscono in Dio, che riconoscono come loro Salvatore che ha realizzato le promesse incarnandosi, offrendo la sua vita partecipa innanzitutto Maria, la Madre, Colei che ha creduto; vi partecipiamo poi anche noi, perché anche noi siamo destinati come il Cristo, di cui siamo membra, alla risurrezione e alla vita in Dio per l’eternità.
AVVISI SACRI
GIOVEDI’, 16 AGOSTO, GIORNO DELLA FESTA IN ONORE DELLA MADONNA DEL CARMELO, LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA SOLO ALLE ORE 19.00.
LUNEDÍ 19 AGOSTO, FACCIAMO LA MEMORIA DI SANT’ELENA.
LA SANTA MESSA SARA’ CELEBRATA NEI PRESSI DELLA GROTTA DI SANT’ELENA, ALLA ROTONDA ALLE ORE 18.30.
ALLA MENSA DELL'EUCARISTIA NUTRIAMO LA NOSTRA FEDE CON IL PANE DELLA VITA: CRISTO GESÙ.
11 AGOSTO – XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
ALLA MENSA DELL'EUCARISTIA NUTRIAMO LA NOSTRA FEDE CON IL PANE DELLA VITA:
CRISTO GESÙ.
La Domenica i figli di Dio rinnovano la gioia di ritrovarsi insieme e riscoprono la grazia e la gioia di invocare Dio, “Abba,Padre” e sentirsi, in forza del dono dello Spirito ricevuto, “figli adottivi”. In virtù di questa paternità e figliolanza riceviamo la fede e la forza per avvertirlo presente in tutti gli avvenimenti della nostra vita e della storia, anche quando siano chiamati ad affrontare con serenità le prove della vita, con tutte le difficoltà a volte ad essa connesse. Siamo chiamati ad affrontare le situazioni difficili, quali malattie, avversità varie, sofferenze, con la fiducia e la certezza che il Signore ci è vicino e che, come dice a san Paolo, davanti alle difficoltà da affrontare per l’annunzio del Vangelo: “Ti basta la mia grazia”.
Il Signore accompagna la sua Chiesa, sua Sposa, nel suo pellegrinare terreno, in attesa della contemplazione del volto dello Sposo nella Gerusalemme celeste. Quando ci raduniamo per celebrare i misteri della salvezza nel giorno del Signore accresciamo il desiderio della patria celeste e non per evadere dai nostri impegni quotidiani o perdere il nostro tempo, che crediamo prezioso per le cose passeggere ed effimere, che dobbiamo pur contro nostra voglia lasciare. Spesso dimentichiamo che dobbiamo vivere da figli di Dio e avere sempre fissi i nostri sguardi ai beni celesti verso cui siamo incamminati.
Nella preghiera iniziale di questa domenica diciamo:« O Padre, che guidi la tua Chiesa pellegrina nel mondo, sostienila con la forza del cibo che non perisce, perché, perseverando nella fede e nell’amore, giunga a contemplare la luce del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: 1 Re 19,4-8.
Il profeta Elia, fuggendo perché perseguitato, dopo una giornata di cammino nel deserto, stanco e desideroso di morire, dice al Signore: « Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri ». Si addormenta. Ma l’angelo del Signore, toccandolo, gli dice: « Alzati, mangia». Vedendo vicino « alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua, mangiò e bevve », riaddormentandosi. Di nuovo l’angelo lo invitò a mangiare e a bere perché aveva ancora da fare un lungo cammino. « Con la forza di quel cibo il profeta camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb ». Si sentiva sconfitto ed esaurito nelle sue forza il profeta nella lotta ingaggiata contro l’idolatria del re d’Israele e dei suoi profeti e l’infedeltà del suo popolo. Ma Dio non vuole che il suo profeta rassegni le sue dimissioni, e pur nel deserto interviene a dargli vigore. E come aveva nell’esodo dato la manna, le quaglie e l’acqua al suo popolo per sfamarlo, poiché Dio non abbandona nessuno, specie chi lo onora e lo serve, anche se abbiamo l’impressione di essere lasciati soli, ora al profeta egli provvede pane e acqua.
A parte il pane quotidiano che chiediamo al Signore per tutti e che, con la condivisione generosa dei beni della terra , la Provvidenza di Dio non verrebbe meno, per i credenti, oggi il nostro pane quotidiano, nel deserto dell’esistenza, è anche Gesù Cristo nell’Eucaristia, e la nostra acqua è il dono dello Spirito. Con questi alimenti possiamo affrontare il cammino, anche se irto di difficoltà, fino a giungere al monte di Dio che, a conclusione della vita, è arrivare a contemplare il volto di Dio faccia a faccia nell’ eternità di una esistenza da lui rinnovata, ad immagine del suo Figlio risorto e glorioso.
Seconda Lettura: Ef 4,30-5.2.
San Paolo esorta gli Efesini e anche noi a non rattristare lo Spirito Santo con il quale si è stati segnati per il giorno della redenzione e a vivere allontanando ogni asprezza, sdegno, ira, maldicenza, grida e ogni forma di malignità dal comportamento. Seguendo invece lo Spirito avere sentimenti di benevolenza vicendevole, di misericordia, di perdono reciproco, imitando Dio che in Cristo ci ha perdonato . Ancora. Propone di essere imitatori di Dio e a camminare nella carità, imitando Cristo che ci ha amati e ha dato se stesso per noi, essendosi donato a Dio Padre in sacrifico di soave odore.
Nel giorno del nostro Battesimo, giorno di liberazione e di Pasqua, abbiamo ricevuto lo Spirito di cui portiamo in noi l’impronta, il sigillo. Se allora non si vive secondo lo Spirito del Signore, nella carità, lontano da ogni malignità, malvagità, maldicenza, risentimento o peggio dall’odio, non si è coerenti ri-spetto all’amore di Cristo, che con il suo esempio ci indica un percorso da seguire, non si imita Dio Padre nella sua misericordia e non ci si ama « come Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi ». Una meta ardua quella che il Signore ci propone e che possiamo sforzarci di raggiungere con la forza del suo Spirito.
Vangelo: Gv 6,41-51.
I Giudei, credendo di conoscere Gesù come il figlio del falegname e conoscendone anche la madre, fanno fatica ad accettare le parole dette da Gesù: « Io sono il pane disceso dal cielo ». Gesù risponde alla loro mormorazione dicendo: « Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno ». Citando il detto profetico che “tutti saranno istruiti da Dio, continua dicendo: « Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna ». E affermando solennemente : “ Io sono il pane della vita”, invita ad accogliere « il Pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia », a differenza degli ebrei che hanno mangiato la manna e sono morti.
Se uno mangia di lui, Pane vivo disceso dal cielo vivrà in eterno e il pane che avrebbe dato è la sua carne per la vita del mondo. Come i Giudei, anche noi, oggi, non siamo facilmente docili ad accogliere la parola e la realtà di Cristo, pane di vita, e a farci guidare interiormente da Dio. Non ci lasciamo facilmente attrarre dal Padre e restiamo increduli di fronte a colui che il Padre ha mandato. Chi crede riceve Cristo « pane vivo disceso dal cielo », mangia la sua carne data in sacrificio per la vita del mondo e ha la caparra della vita eterna.
Avere fede è la prima condizione per prendere parte alla mensa del Signore e partecipare dell’Eucaristia degnamente, stabilendo così un’intimità con Gesù il cui mistero è quello di essere non solo uomo, ma soprattutto il Figlio di Dio,inviato dal Padre.
AVVISO PARROCCHIALE
POICHÈ IL 18 AGOSTO É DOMENICA, LA MEMORIA DI SANT'ELENA, SARÂ CELEBRATA
IL LUNEDÌ 19, ALLE ORE 18.30, PRESSO LA GROTTA DI SANT'ELENA ALLA ROTONDA.
Ultimo aggiornamento (Sabato 10 Agosto 2024 09:56)
GESÙ HA DETTO: " IO SONO IL PANE DELLA VITA".
4 AGOSTO – XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
GESÙ HA DETTO: " IO SONO IL PANE DELLA VITA".
Nella celebrazione della Eucaristia non basta offrire al Padre il sacrificio della croce, Gesù, vittima gradita a Dio, è necessario che anche faccia parte di questa offerta la nostra vita, che viene trasformata insieme come offerta perenne. I segni del sacrificio del Cristo devono diventare anche i nostri segni, perché ogni aspetto della vita porti le impronte dell’amore di Cristo. Anche il lavoro e le attività quotidiane, se svolti con spirito di carità e di fraternità verso i poveri e i sofferenti, come ha fatto Cristo, esprimeranno il nostro servizio verso tutti gli uomini. Così ci rivolgiamo al Padre nella preghiera iniziale: «O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le risorse del creato, fa’ che non manchi mai il pane nella mensa dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Es 16, 2-4.12-15.
Lungo il cammino del deserto gli Israeliti davanti a Mosè rimpiangono la pentola della carne e il pane che mangiavano a sazietà, mentre nel deserto rischiano la morte per la mancanza del cibo. Ma il Signore dice a Mosè:« Sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge … parla loro così: “ Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio” ». Così la sera le quaglie coprono l’accampamento; al mattino c’è uno strato di rugiada che, svanendo, lascia sulla superficie del deserto una cosa fine e granulosa che, vedendola, gli Israeliti si dicono l’un l’altro: « Che cos è? ». Mosè dice loro: « E’ il pane che il Signore vi ha dato in cibo ». Al popolo che mormora sì contro Mosè, ma è verso il Signore che è rivolta la lamentela, Dio dà il pane e la carne a sazietà, dimostrando che non abbandona il suo popolo, perché Egli è il Signore, loro Dio, l’unico che salva e che conduce quel popolo secondo un suo progetto. Quel pane è la prefigurazione di quello che verrà dato più tardi, quando dal cielo Dio avrebbe inviato il suo Figlio, Pane vivo disceso dal cielo, come ebbe a dire Gesù stesso.
Seconda Lettura: Ef 4, 17.20-24.
Paolo esorta e scongiura gli Efesini a non tenere più comportamenti pagani, perché hanno imparato a conoscere Cristo, se veramente gli hanno dato ascolto e sono stati istruiti nella verità di Gesù. Ancora. Ad « abbandonare l’uomo vecchio con la sua condotta di prima che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli », a rinnovarsi nello spirito e a rivestirsi « dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità ».
Chi ha fatto l’esperienza di Gesù e, come cristiano ha creduto in lui e si è rinnovato attraverso il Battesimo e i sacramenti, deve rompere con i comportamenti precedenti, propri dell’uomo carnale, complice del peccato e delle passioni ingannatrici. Rinnovato nell’intimo del proprio essere deve imitare Gesù, rivestendosi di una nuova umanità e vivendo ad immagine e in conformità a Cristo, deve farsi guidare dal suo Spirito. Gesù chiama i suoi discepoli a rompere definitivamente con il passato e ad avere una nuova mentalità, quella che corrisponde alla volontà del Padre.
Vangelo: Gv, 6,24-35.
Gesù, alla folla che gli chiede dopo averlo trovato al di la del mare, nei pressi di Cafàrnao, quando sia giunto in quel luogo, risponde dicendo:« In verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà, poiché il Padre Dio ha posto in lui il suo sigillo ». Avendo capito ciò che Gesù chiedeva loro gli dissero: « Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio ? ». E Gesù dice loro che l’opera di Dio è che essi credano in colui che il Padre ha mandato. Alla loro richiesta insistente: « Quali segni tu compi perché vediamo e crediamo? Quale opera fai? » e ricordando che i loro padri nel deserto avevano mangiato la manna, Gesù risponde: « In verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo ». Essi allora dicono: « Signore, dacci sempre questo pane ». Gesù risponde loro:« Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai !». Gesù afferma solennemente che Egli è il vero pane di Dio, e che quello di Mosè, la manna, lo prefigurava, perché ugualmente quelli che lo avevano mangiato erano morti. La persona di Gesù e non una cosa che si consuma è « Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo », il Figlio, che sacrifica se stesso per la salvezza del mondo. Il pane che Gesù dà, cioè tutto se stesso, Corpo e Sangue, è realtà che non perisce e preserva dal nostro deperimento e come Egli è vita eterna così anche chi mangia di lui ha la vita eterna. Solo colui che crede lo riceve e se ne appropria, per cui la fede è condizione indispensabile per realizzare questa comunione con Cristo, che alimenta la vita di Dio nell’ anima del credente in lui.
" AP'RI LA TUA MANO, SIGNORE, E SAZIA OGNI VIVENTE ".
28 LUGLIO – XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipare al sacrificio dell’Eucaristia vuol dire celebrare il memoriale della passione, morte e resurrezione del Signore che, in virtù dello Spirito Santo, attualizza nella vita del credente il suo mistero di salvezza. Lo Spirito, che trasforma il pane e il vino nella presenza reale di Cristo, ci dà la possibilità di « condividere il pane disceso dal cielo » alla mensa del Signore. L’accento, ancora una volta in questa Eucaristia, è posto sulla Pasqua domenicale e, nella preghiera iniziale, ci rivolgiamo a Dio dicendo: « O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché sia saziata ogni fame del corpo e dello Spirito ». Tutto ciò che è necessario alla vita quotidiana, davanti a questi doni, deve essere ricercato e usato saggiamente, senza che intralci la continua ricerca dei beni celesti. E qualora dovesse intralciare questa ricerca bisogna essere capaci di rinunziare a ciò che ci ostacola nel cammino verso il Regno.
Prima Lettura: 2 Re 4,42-44.
Nell’episodio narrato dal Libro dei Re, ad Eliseo fu portato dall’uomo venuto da Baal-Salisà, pane di primizie, « venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia ». Il profeta Eliseo disse al suo servitore di distribuirlo alla gente. Pur tuttavia davanti alla obiezione di questi che dice :« come posso mettere questo davanti a cento persone », la fede del profeta ottiene da Dio che i pani distribuiti bastino e ne avanzino. Eliseo si affida alla Parola del Signore e crede in lui: allora anche il poco pane si moltiplica e può sfamare tanta gente.
Seconda Lettura: Ef 4,1-6.
San Paolo esorta gli Efesini a comportarsi « in maniera degna della chiamata che hanno ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportando-si a vicenda nell’amore, avendo a cuore l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace ». Ancora. Li esorta ad essere un solo corpo e un solo spirito, poiché sono chiamati ad una sola speranza, a credere in un solo Signore, ad credere una sola fede e in un solo battesimo. Ma al fondamento di tutto vi è un solo Dio, Padre di tutti, che sta al di sopra di tutti ed opera ed è presente in tutti. E’ facile constatare quando sia difficile, arduo, ma urgente realizzare comportamenti che imitino quelli del Signore, attorno a cui bisogna vivere un’intima unità che deriva dal solo Dio Padre, in cui si crede, dal solo Signore e dal solo Spirito, realizzando un’unità di fede e di Battesimo. Così i cristiani formano un solo corpo, escludendo ogni divisione che comprometterebbe l’unità della Chiesa e smentirebbe il mistero di amore che ci costituisce una sola cosa.
Vangelo: Gv 6,1-15.
La moltiplicazione dei pani operata da Gesù sul monte vicino al lago di Tiberiade, per sfamare la grande folla che lo seguiva, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi, preannunzia ciò che compirà nell’ultima cena in cui darà un altro pane, il suo Corpo, per sfamare coloro che ricorrono a lui e sono affamati sia del suo insegnamento sia del suo Corpo, che è pane di vita eterna. Nella vicinanza della Pasqua, annota il Vangelo di oggi, Gesù compie questo gesto della moltiplicazione, mettendo alla prova i suoi discepoli e dicendo a Filippo: « Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare ? ». Alla risposta dell’apostolo che duecento denari di pane non sarebbero stati sufficienti neppure per darne un pezzetto a ciascuno e alla sconsolata constatazione di Andrea che dice : « C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente ?», Gesù ordina loro di far sedere quella folla di quasi cinquemila persone e, dopo aver reso grazie, prendendo i pani e i pesci li dà perché li distribuiscano alla folla. Dei pani e dei pesci non solo se ne saziano tutti, ma con i pezzi avanzati se ne riempiono dodici canestri. Alla vista del segno, la gente riconosce Gesù come « il vero profeta, colui che viene nel mondo ». Ma Gesù si ritira di nuovo sul monte, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re.
Davanti al numero di coloro dovevano essere sfamati anche noi avremmo espresso lo stesso stupore dell’apostolo Filippo e avremmo detto come Andrea di aver poco da condividere. Oggi, davanti alla fame materiale e spirituale della moltitudine degli uomini, anche noi, come allora, constatiamo l’impossibilità di poter soddisfare, con i mezzi limitati che abbiamo, i bisogni di una così grande moltitudine e poco confidiamo nella potenza e nell’amore di Dio. Come nel deserto l’ intervento di Dio fu provvidenziale per sfamare, dopo l’esodo, il popolo con la manna ed Eliseo con venti pani d’orzo sfamò più di cento persone, così Gesù, guida del nuovo popolo che egli pasce nella traversata della nuova Pasqua, con il gesto della moltiplicazione prelude e prepara il pane vero disceso dal cielo. Viene preannunziata l’Eucaristia che Gesù avrebbe istituito nella cena pasquale, donando se stesso in cibo, in abbondanza, al nuovo popolo della Chiesa. E’ lui il nuovo Mosè, il nuovo Eliseo, « davvero il profeta, colui che viene nel mondo », riconosciuto dalla folla.
SCELTI ED INVIATI PER IL REGNO DI DIO
14 LUGLIO – XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
L’essere cristiani più che una etichetta ci impegna a vivere secondo lo stile di vita del Vangelo, seguendo Cristo che ci indica la via per condurre una vita secondo la sua mentalità. Si deve allora respingere ciò che è contrario a questo nome e seguire ciò che gli è conforme. Nella Orazione di questa domenica preghiamo Dio dicendo: « O Padre, che chiami tutti gli uomini ad essere tuoi figli in Cristo, concedi alla tua Chiesa di confidare solo nella forza dello Spirito per testimoniare a tutti le ricchezze della tua grazia. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ». Questa esigenza della testimonianza, con la forza dello Spiri- to, non si rende concreta solo parlandone o insistendovi nella Liturgia, ma vivendo concretamente questo stile di vita. La consistenza delle opere non sempre è adeguata alla insistenza con cui ne parliamo.
Prima Lettura: Am 7,12-15.
Il profeta Amos viene allontanato dal sacerdote Amasia da Betel, santuario del re, proibendogli di profetizzarvi e di andarlo a fare nella terra di Giuda. Ma Amos rispondendogli dice: « Non ero profeta, né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomoro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele ».
Il profeta che è mandato da Dio non parla di sua iniziativa, ma profetizza perché è Dio che lo chiama e lo sollecita. Non parla perché è gradito agli uditori, ma perché Dio gli affida il messaggio. Mentre Amasia, rappresentante ufficiale della categoria dei profeti, dice cose gradite al potere regale, Amos non è impedito da vincoli o impacci che lo legano al potere. Egli è investito direttamente da Dio per questa missione e la sua voce è libera di annunziare ad Israele le vie di Dio, che vuole realizzare la salvezza del suo popolo.
Seconda Lettura: Ef 1,3-14.
San Paolo agli Efesini ricorda che Dio, Padre del Signore Gesù Cristo, « ci ha benedetti nel suo Figlio, chiamandoci, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati dinanzi a lui nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel suo Figlio diletto » Nel sangue del suo Figlio noi abbiamo la redenzione e il perdono dei peccati ed è stata riversata con abbondanza su di noi la sua grazia, con ogni intelligenza e sapienza. Così ci è stato fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo la sua benevolenza, volendo ricondurre a Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra.
Cristo Gesù è colui che ricapitola tutte le cose e le riassume in sé. Così ad immagine di Cristo è concepito l’uomo fin dall’eternità, destinato ad essere figlio adottivo, redento dal sangue di Cristo e chiamato a vivere in comunione d’amore con Dio. Il Padre, in Cristo, ci ha fatti anche eredi, predestinandoci a essere lode della sua gloria.
Dopo aver ascoltato la parola di verità, il Vangelo della salvezza e aver creduto in esso, dice ancora Paolo agli Efesini, essi hanno ricevuto il sigillo dello Spirito Santo promesso, come caparra della eredità che Dio promette, nell’attesa della completa redenzione, a quelli che Egli si è acquistato a lode della sua gloria. Il pensiero che ognuno è chiamato a raggiungere questo fine dovrebbe riempire di gioia il cuore anche in mezzo alle difficoltà di ogni giorno, farci aprire al ringraziamento a Dio e impegnarci a raggiungerlo per essere, in conformità a Cristo, nella risurrezione. Fin da ora, con lo Spirito, abbiamo la « caparra della nostra eredità », in attesa della completa redenzione.
Vangelo: Mc 6,7-13.
Gesù invia a due a due i suoi discepoli, da poveri e con un messaggio da annunziare, dà loro il potere di scacciare gli spiriti impuri ed li esorta a non portare con sé, per il viaggio, né pane, né sacca, né denaro, né due tuniche, ma solo il bastone e un paio di sandali.
Ancora: a rimanere nella casa dove entrano finché non se ne siano partiti di lì e, dove non sarebbero stati accolti né ascoltati, scuotere la polvere dai loro piedi come testimonianza per loro. « Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano i demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano ». I discepoli hanno da annunziare il regno di Dio e il Cristo che lo incarna con la sua presenza. Tale annunzio è un giudizio di condanna per coloro che avrebbero rigettato, allora come oggi, il Vangelo della salvezza, che non bisogna accoglierlo solo a parole, ma testimoniarlo nella concretezza della vita in tutta la sua quotidianità.