NELLE PROVE DELLA VITA PARTECIPIAMO ALLA PASSIONE DEL SIGNORE, PER PORTARE BUONI FRUTTI.
17 MARZO – V DOMENICA DI QUARESIMA. (Anno B)
Come membra vive del corpo di Cristo, vivendo nella comunione con il suo Corpo e Sangue, siamo inseriti in una relazione vitale con lui. Se anche non possiamo scampare dalla morte fisica, questa unione è però pegno di risurrezione. Ma si può giungere alla gloria della vita eterna solo se prima siamo partecipi della passione redentrice di Gesù. Egli ci invita a morire come lui, come il seme che muore e produce molto frutto. Dall’Eucaristia, ancora, ci viene la forza dello Spirito, che ci fa vivere come nuove creature, siamo resi partecipi del suo Corpo mistico e ci viene anticipata la caparra della gloria futura della vita celeste. Cristo nella vita terrena ci è di compagno e, come il buon samaritano, ha compassione della nostra miseria e perdona ogni nostra colpa.
Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia chiediamo a Dio: « O Padre, che hai ascoltato il grido del tuo Figlio, obbediente fino alla morte di croce, dona a noi, che nelle prove della vita partecipiamo alla sua passione, la fecondità del seme che muore, per essere un giorno accolti come messe buona nella tua casa. Per il nostro Signore Gesù Cristo…»
Prima Lettura: Ger 31,31-34.
Da Geremia viene annunziata una nuova alleanza che Dio concluderà con il suo popolo, che non sarà come quella conclusa quando venne liberato dall’Egitto e che non è stata osservata. Dio, in questa nuova alleanza, porrà la sua legge dentro di loro, la iscriverà nei loro cuori. Così Dio sarà il Dio del suo popolo e essi saranno suo popolo. Tutti conosceranno il Signore dal più piccolo al più grande, poiché egli perdonerà le loro iniquità e non ricorderà più i loro peccati.
In questa nuova alleanza l’osservanza dei comandamenti non sarà più un peso fastidioso e insopportabile, ma sarà scritta nel cuore e sarà vissuta in una risposta di amore. Con Cristo questo nuovo tempo è già arrivato perché, nel sacrificio del Cristo, Dio ha stabilito questa nuova alleanza, con cui ci riconcilia con sé mediante il perdono dei peccati. Gesù nella Cena ha anticipato ritualmente il suo sacrificio e, come diciamo nella Consacrazione, « ha offerto il suo sangue come sangue della nuova Alleanza ».
Dal suo sacrificio, dal suo fianco squarciato, il Signore ci ha donato il suo Spirito. Ricevendo l’Eucaristia e lo Spirito del Signore siamo introdotti nella Nuova Alleanza.
Seconda Lettura: Eb 5,7-9.
Nella Lettera agli Ebrei è detto che Gesù, nella sua vita terrena, offri preghiere e suppliche, con grida e lacrime, al Padre che poteva salvarlo dalla morte. Poiché si è abbandonato a lui venne esaudito. Da Figlio imparò l’obbedienza dalle cose che patì, divenendo causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono. Nella dolorosa passione, nella sofferenza e il sacrificio del Figlio sulla croce, per il suo abbandono al Padre e la sua obbedienza, Gesù venne esaudito da Dio, perché lo ha fatto risorgere dai morti. Noi veniamo associati intimamente a lui e, partecipando della sua umanità, poiché il suo sacrificio è stato gradito dal Padre, veniamo salvati.
Camminare con l’obbedienza del Figlio vuol dire fare anche noi la volontà di Dio e, con l’intercessione che continuamente Gesù fa presso il Padre, noi abbiamo la garanzia della sua fedeltà, del suo amore e la grazia per potervi corrispondere.
Vangelo: Gv 12, 20-33.
A chi chiede agli apostoli Filippo e Andrea di voler vedere Gesù, questi risponde: « E’ venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo , la conserverà per la vita eterna ». Gesù a chi vuole vederlo mostra quello che si prepara ad affrontare, la sua passione e morte. Non ci si deve attendere, se si vuole vedere il Signore, la sua onnipotenza che stupisce o attrae per le grandi opere , ma vederlo nella debolezza della sua passione e morte, nel momento in cui sta per dare la sua vita per adempiere alla volontà di Dio. Come il grano caduto in terra se muore produce molti chicchi, cosi la sua morte produrrà molti frutti di salvezza. La sua passione, l’innalzamento sulla croce e la sua morte, « in cui è vinto il principe di questo mondo » sono l’ora della sua glorificazione, il mo- mento in cui, elevato da terra, egli attirerà tutti a sé.
La sua morte e risurrezione sono la forza più potente, posta da Dio , per attirare gli uomini al suo amore, dimostrato nell’amore del Figlio che dona la sua vita. Gesù, dice ancora ai discepoli: « Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il servitore. Se uno serve me, il Padre mio lo onorerà ». Gesù, nel momento della sua ora non chiede al Padre di scamparlo da quell’ora, ma poiché è venuto per quell’ora, che lo glorifichi.
La voce che si sente dal cielo: « L’ho glorificato e lo glorificherò ancora! », è una voce che dovrà confermare gli ascoltatori, perché è il tempo del giudizio di questo mondo e, Satana, il principe di questo mondo, sarà gettato fuori. Ancora. Gesù, indicando di quale morte doveva morire, dice agli ascoltatori : « quando sarà elevato da terra attirerà tutti a me ».
L'UOMO Ê SALVATO PER GRAZIA NON PER I SUOI MERITI.
10 MARZO – IV DOMENICA DI QUARESIMA (Anno B)
L'UOMO Ê SALVATO PER GRAZIA NON PER I SUOI MERITI.
Nell’ avvicinarsi della Pasqua affrettiamoci, con “ fede viva e generoso impegno ”, a vivere riconoscendo Gesù quale Figlio di Dio, che è mandato dal Padre perché gli uomini, come il cieco nato che Gesù guarisce dalla cecità, possano vedere il cammino che Egli ci indica per ritrovare la strada di ritorno alla casa del Padre. Gesù è venuto per guarirci dalla cecità spirituale, liberarci dalle tenebre del peccato, dai « morsi del maligno ».
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia preghiamo dicendo: « O Dio, ricco di misericordia che nel tuo Figlio, innalzato sulla croce, ci guarisci dalle ferite del male, donaci la luce della tua grazia, perché, rinnovati nello spirito, possiamo corrispondere al tuo amore di Padre. Per il nostro Signore Gesù Cristo... »
A Dio buono e fedele, che mai si stanca di richiamare gli erranti a vera conversione e nel suo Figlio innalzato sulla croce, che ci guarisce dai morsi del maligno, chiediamo di » donarci la ricchezza del suo perdono e della sua grazia per corrispondere al suo amore ». Quando allora ritorniamo come figli pentiti al suo abbraccio paterno rigustiamo la gioia nella cena pasquale dell’ Agnello, come il figlio prodigo per il quale il padre prepara una festa per averlo riavuto sano e salvo.
Prima Lettura: 2Cr 36,14-16.19-23.
Per le infedeltà e la ribellione dei capi di Giuda, dei sacerdoti e di tutto il popolo per essersi dati all’idolatria e aver contaminato il tempio ed essi, poiché nel suo amore, pur avendo Dio mandato i profeti, suoi messaggeri, per ammonirli, si sono beffati di loro, l’ira del Signore contro il popolo raggiunge il culmine. La conseguenza di questa infedeltà provoca da parte dei nemici l’incendio del tempio, la demolizione delle mura di Gerusalemme e la distruzione dei palazzi e degli oggetti preziosi dati alle fiamme. Inoltre molti vengono deportati in schiavitù a Babilonia, attuandosi così la parola di Geremia: « Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni ».
La ribellione a Dio, cioè il dramma e il mistero del peccato, che nasce nell’uomo quando si illude di esercitare la sua libertà facendo scelte peccaminose e antitetiche a Dio, è una realtà che sperimentiamo anche noi, come singoli e come popolo di Dio. Ma sulla infedeltà dell’uomo prevale sempre la bontà e la misericordia di Dio. E come all’esilio purificatore segue la liberazione, attuata da Ciro, re di Persia, che illuminato dallo spirito del Signore permette agli esiliati di ritornare in patria, così Cristo, nella sua Pasqua, ci libera dalla ribellione antica e ci riscatta con la sua obbedienza al Padre celeste, spargendo il suo sangue per la remissione dei peccati dell’umanità.
Seconda Lettura: Ef 2,4-10.
Paolo ci ricorda che Dio, in Cristo suo Figlio, ci fa rivivere pur essendo noi morti per le nostre colpe e per grazia ci salva, ci fa risuscitare e ci fa partecipare della stessa eredità di gloria di Gesù nei cieli. Così il Padre nel suo Figlio ci mostra « la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi ». Siamo salvi per grazia non per i nostri meriti: tutto è dono di Dio, perché Egli, nel suo amore, è ricco di misericordia per i meriti di Cristo, che nella sua morte ci riscattati e nella risurrezione ci ha rinnovati e restituiti alla comunione con Dio. Per la fede siamo salvati e non dalle nostre opere, di cui nessuno può vantarsi: noi « siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha preparato perché in esse camminassimo ». La vicenda di Gesù ci coinvolge e fin d’ora ne siamo partecipi. Attraverso i sacramenti noi entriamo in comunione con la morte, la risurrezione e l’ascensione del Signore. Se ora partecipiamo di questi misteri, possediamo fin d’ora in germe la vita eterna.
Vangelo: Gv 3,14-21.
Gesù nell’incontro con Nicodemo dice: « Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato ». Accennando Gesù al serpente di rame, che Mosè elevò su un’asta per ordine di Dio perché, guardandolo, venissero liberati dalla morte coloro che erano stati morsi per la loro infedeltà al Signore dai serpenti velenosi, Egli dice a Nicodemo che così sarà innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui sia liberato dai morsi del maligno. Dio infatti ha consegnato in sacrificio sulla croce il suo Figlio affinché l’umanità fosse guarita dal peccato. Ma la guarigione può essere ottenuta se si è credenti nel Figlio crocifisso, in cui il Padre ha posto la potenza redentrice dell’umanità. Né la relazione con la croce, di cui san Paolo dice di gloriarsi, può rifiutarsi a cuor leggero nella scelta di libertà che l’uomo pretende di porre: la fede in Cristo crocifisso è assolutamente necessaria. Gesù, che ha detto di essere la luce del mondo, continua ancora a dire a Nicodemo: « La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia più chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio ».
Ci si potrebbe domandare: « Ma chi non conosce il Cristo e non viene a contatto con la sua morte e risurrezione può partecipare della salvezza da lui operata? ». L’ultima frase di Gesù: « Chi fa la verità viene verso la luce » è certamente la porta per la quale Dio fa dono all'uomo della sua giustizia. Quindi, indirettamente, partecipi della opera redentrice del Cristo crocifisso sono anche coloro che deliberatamente non rifiutano il Cristo, ma camminano nella verità.
DIO, PER MEZZO DEL FIGLIO VUOLE RIPORTARE L'UOMO ALLA LIBERTÀ FILIALE.
3 MARZO – IIIa DOMENICA DI QUARESIMA. (Anno B)
DIO, PER MEZZO DEL FIGLIO VUOLE RIPORTARE L'UOMO ALLA LIBERTÀ FILIALE.
Pur essendo peccatori, Dio non ci abbandona nelle nostre colpe: a tutti offre la sua misericordia, perché ha mandato il suo Figlio unigenito affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Nella preghiera iniziale di questa Domenica chiediamo: « Signore nostro Dio, che riconduci i cuori dei tuoi fedeli all’accoglienza di tutte le tue parole, donaci la sapienza della croce, perché in Cristo tuo Figlio diventiamo tempio vivo del tuo amore. Egli è Dio, e vive e regna con te::: ».
Prima Lettura: Es 20,1-17.
nostri bisogni.
Ancora. Vivere nell’ alleanza significa osservarli e rendere grazie a Dio per la creazione e per ogni dono che viene da lui, riconoscendo in lui l’origine di ogni cosa: della vita, dell’amore nella famiglia, la partecipazione ai beni, la fiducia nella verità e la carità verso i fratelli. Nei comandamenti che riguardano i rapporti con gli altri viene contrastata ogni forma di ingiustizia, di I comandamenti, dati da Dio ad Israele, sono segno del suo amore e della sua alleanza con lui e il popolo vi deve corrispondere con impegno e fedeltà. Essi più che sentirli come un peso sono un segno di liberazione, la condizione per poter vivere in comunione con Dio e nella fraternità tra gli uomini. Per esempio, la santificazione del Sabato, come rispetto del riposo per tutti, afferma il primato della dignità del lavoratore rispetto al sistema economico e produttivo. La loro osservanza significa vivere, dopo la schiavitù d’Egitto, come popolo libero, senza idoli e al servizio di Dio in un rapporto di comunione, di adorazione e senza voler tentare di ridurre Dio piegandolo ad atti di prevaricazione e di violenza e disarmonia. Anche se i comandamenti sono normativi della vita del popolo, se sono vissuti in un contesto di amore profondo, sono un codice di libertà e non di oppressione.
Seconda Lettura: 1 Cor 1,22-25.
San Paolo ai Corinzi ricorda che la croce del Signore più che essere insipienza e debolezza, così come pensano gli uomini, è invece secondo il giudizio di Dio, (del tutto diverso da quello degli uomini), la vera sapienza, la quale non è quella secondo i canoni greci, né secondo quelli giudaici fondata sui segni. Con la Croce Dio ha ricostituito l’armonia della creazione che il peccato aveva sfigurato e, con Cristo risorto, vincitore dalla morte, l’ ha ritracciata di nuova bellezza divina. Attraverso la croce è stato vinto e sconfitto il male, mentre sembrava che ad essere sconfitto fosse stato Cristo, umiliato e oltraggiato nel fallimento di una morte che appariva scandalo agli occhi dei Giudei e stoltezza a quelli dei pagani. Per coloro che invece credono nel Cristo crocifisso, che Paolo e gli altri apostoli annunziano, sia per i Giudei che per i Greci, egli è potenza e sapienza di Dio: « Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini ».
Vangelo: Gv 2,13-25.
Tutta quanta la creazione, compreso l'uomo creato ad immagine di Dio con i valori posti dal creatore nella coscienza, sarebbe dovuta essere in tempio della lode a Dio, in un rapporto di amore con lui. Ma il peccato porta l'uomo a deturpare questa creazione con comportamenti che non sempre sono conformi ai voleri del creatore.
Dio, però, vuole sempre, in diversi modi, riprendere il dialogo con gli uomini e attraverso Abramo e la sua discendenza, costituita storicamente nel popolo di Israele, che libera dalla schiavitù dell'Egitto e gli dà i Comandamenti sul Sinai, riprende il dialogo di comunione con gli uomini. Ma quante volte anche Israele si dà all'idolatria e alla infedeltà a Dio, attraverso un culto esteriore, di onore manifestato solo con le labbra ma con il cuore lontano dal Signore.
Così il culto che viene vissuto nel tempio, come ci riporta il Vangelo di oggi, induce Gesù a non tollerare che la casa di preghiera sia ridotta ad un luogo di mercato e di traffici indecorosi, di commercio, di venalità e di esteriorità, per cui, preso dallo zelo per la casa del Padre, scaccia tutti fuori dal tempio e intima di portare via tutte quelle cose che rendevano il tempio non più luogo di adorazione e di lode a Dio. Gli stessi animali che servono per i sacrifici, come le pecore e gli agnelli, che prefigurano il popolo stesso della parabola del Buon Pastore e che vengono allontanati, esprimono il radicale cambiamento che vuole operare Cristo. Con questo gesto Gesù prefigura ciò che accadrà al tempio di pietre e alla ricostruzione di un nuovo tempio, di cui egli sarà pietra angolare e i credenti in lui pietre vive fondate su di lui.
Nel nuovo tempio come disse alla samaritana si sarebbe dovuto adorare Dio in spirito e verità. Nel suo corpo e nella sua persona, che sarebbero state distrutti dalla passione e nella morte, al terzo giorno, con la risurrezione, sarebbe sorta una nuova realtà spirituale. Così il culto antico, con il suo aspetto idolatrico e le sue distorsioni religiose schiavizzanti, si sgretola, perché invecchiato e logoro. Un cambiamento radicale, il superamento di una mentalità mercantilistica nel rapporto Dio-uomo viene sostituito con un nuovo ordine di cose: l’ordine dello Spirito e della verità di un nuovo tempio spirituale, in cui ricevere, tramite i sacramenti e la liturgia della Chiesa, non più cose materiali, ma i segni efficaci della grazia salvifica di Cristo.
SUL TABOR, IN GESÙ TRASFIGURATO, VEDIAMO LA LUCE E LA BELLEZZA DI DIO.
25 FEBBRAIO – IIa DOMENICA DI QUARESIMA(Anno B)
SUL TABOR, IN GESÙ TRASFIGURATO, VEDIAMO LA LUCE E LA BELLEZZA DI DIO.Ù
Oggi, il Signore, dopo aver annunziato di dover andare a Gerusalemme dove sarà condannato e messo a morte, sul monte Tabor si trasfigura e il Padre ci manifesta ancora una volta che Gesù è il Figlio amato ed è lui che dobbiamo ascoltare e seguire: la nostra vita deve essere conformata sulla sua parola.. Apparendo con Gesù Mosè ed Elia, la legge e i profeti, si conclude l’Antico Testamento. Seguire Gesù significa accogliere « nella nostra vita il suo mistero di croce », su cui egli è stato consegnato dal Padre perché potessimo avere la remissione dei peccati, essendosi egli addossato le nostre iniquità. Questo difficile cammino dobbiamo compierlo nella fede e nella speranza e, ripensando all’episodio della trasfigurazione, intravedia- mo, dopo il nostro pellegrinaggio terreno, la gloria del risorto e la nostra futura risurrezione.
Nella Colletta dell’Eucaristia preghiamo Dio dicendo: « O Dio, Padre buono, che hai tanto amato il mondo da dare il tuo Figlio, rendici saldi nella fede, perché, seguendo in tutto le sue orme, siamo con lui trasfigurati nello splendore della tua luce. Per il nostro Signore Gesù Cristo…».
Prima Lettura: Gn22,1-2.9.10-13.15-18.
Nell’episodio di Abramo, chiamato da Dio a sacrificargli quell’unico figlio della promessa, la fede del Patriarca è messa alla prova, perché deve distaccarsi dalle attese suscitate in lui dalle promesse di Dio. Egli che si è già allontanato dalla sua terra, dalla casa del padre e, ora, è chiamato, nella fede, a distaccarsi da quel figlio nato per l’intervento di Dio e a cui è legata la promessa di una lunga discendenza. Abramo è pronto a sacrificarlo e, nella fede, pur provando angoscia e morte per il gesto che Dio gli chiede, obbedisce.. Ma Dio, se libera Isacco da quella vocazione di morte, rinnova la benedizione ad Abramo che non si è rifiutato ad adempiere alla volontà di Dio: « Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare … Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce ».
Seconda Lettura: Rm 8,31-34.
San Paolo invita i cristiani a non temere nulla, nessun avvenimento e nessun uomo, perché Dio sta dalla nostra parte: « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui? ». Dio ci ha dimostrato il suo amore facendoci dono di quanto aveva di più caro: il suo stesso Figlio, che non lo ha risparmiato alla morte ma lo ha donato per noi e, facendolo risorgere, lo ha posto alla sua destra per intercedere per noi. Dio allora non ci condanna, come non ci condanna neanche Gesù che il Padre ha mandato, come dice Gesù a Nicodemo, non per condannare il mondo ma per salvarlo e lo ha posto come nostro intercessore presso di lui.
Vangelo: Mc 9,2-10.
Nella trasfigurazione sul Tabor Dio rivela l’identità del suo Figlio, come era avvenuto al Giordano: Gesù è il suo Figlio amato e inviato agli uomini perché lo ascoltino. Egli è la Parola e in lui trasfigurato abita la presenza del Padre. E’ lui il contenuto e il senso delle Scritture rappresentate da Mosè e la realizzazione delle profezie rappresentate da Elia. Con Gesù l’Antico Testamento riceve il suo pieno compimento. Gli apostoli rimangono atterriti, impauriti ma anche estasiati se, avvertendo la bellezza di quella visione, Pietro dice a Gesù: « Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia ». Ma, quella visione non può continuare, bisogna ritornare alla realtà e discendere dal monte per riprendere il cammino verso Gerusalemme. Quella del Tabor è un momento profetico che preannunzia la risurrezione, evento che si realizzerà dopo i giorni di passione e di morte. Gesù intima « loro di non dir niente ad alcuno di ciò che hanno visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti ».
GESÚ NEL DESERTO, VINCENDO LE TENTAZIONI, SI PREPARA AD ANNUNZIARE IL REGNO DI DIO.
18 FEBBRAIO – 1a DOMENICA DI QUARESIMA (Anno B)
La Quaresima è per la vita della Chiesa « segno sacramentale della nostra conversione », perché in questo periodo e con i riti che in esso si celebriamo veniamo pressantemente invitati dalla Parola di Dio, nel nostro impegno, a rivedere la nostra vita, in tutti suoi momenti, alla luce del Vangelo in tutte le sue esigenze.
Questo tempo di Quaresima, come ci ripete la liturgia è « tempo favorevole per la nostra salvezza »: e benché tutti i tempi sono portatori di grazia e quindi invito ad una continua conversione della vita, in Quaresima le esortazioni a convertire il cuore al Signore e rinnovare l’amore per lui, ad ascoltarlo per confermare la fede in lui, ad obbedirgli rinunciando al male e riprendendo il cammino nelle vie del bene, a rivestirci di lui e a trasformare la vita, diventano più pressanti e appassionate: la meditazione sulla nostra colpa si fa più prolungata. Inoltre la contemplazione del sacrificio della croce mediante la Via Crucis e l’ascolto più attento della Parola di Dio devono portarci a vivere i giorni della Pasqua di morte e risurrezione del Signore, culmine della storia della salvezza.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia preghiamo dicendo:« Dio paziente e misericordioso, che rinnovi la tua alleanza con tutte le generazioni, disponi i nostri cuori all’ascolto della tua parola, perché in questo tempo di grazia sia luce e guida verso la vera conversione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…»
Prima Lettura: Gn 9,8-15.
Il Diluvio, nel Vecchio Testamento, che la prima lettura ci narra, rappresenta la distruzione del male e la purificazione che Dio compie per rinnovare l’umanità, stabilendo così con questa una nuova alleanza, di cui ne è simbolo l’arcobaleno apparso tra le nubi: con Noè e la sua famiglia Dio rinnova l’alleanza e la comunione con gli uomini. Questa, come l’alleanza del Sinai rinnovata con il suo popolo Israele, preannunzia l’alleanza nuova e definitivamente suggellata da Cristo nel suo sangue, resa eterna come dice Gesù sul calice del vino durante l’Ultima Cena: è segno definitivo dell’amore di Dio per l’uomo riconciliato dalla colpa per mezzo del sacrificio del suo Figlio. Così Dio e l’uomo sono uniti per sempre. La comunità della Chiesa, posta come segno visibile di questa unione, è stata da Cristo unita a sé con vincolo sponsale.
Seconda Lettura: 1 Pt 3,18-22.
Il brano della lettera di San Pietro pone in evidenza il collegamento tra Noè che viene salvato dal diluvio con l’arca per la magnanimità di Dio e ciò che ha operato Cristo, morto nel corpo una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurre gli uomini a Dio. L’acqua del diluvio e l’arca, immagini del battesimo e della Chiesa, ora per la potenza del Spirito e in virtù della risurrezione di Cristo Gesù, salvano sia le « anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere » a cui Cristo nello spirito portò l’annunzio, sia tutti coloro che invocano da Dio la salvezza da parte di una buona coscienza. Così, invocando con fede la salvezza, gli uomini possiamo essere resi giusti da Dio e i nostri peccati ci vengono rimossi.. Nel mistero della passione e risurrezione di Cristo, che ora è alla destra del Padre ad intercedere per noi, possiamo ottenere perdono, salvezza e la vita eterna.
Vangelo : Mc 1, 12-15 Questo brevissimo brano del Vangelo di Marco, ci presenta Cristo che, sospinto dallo Spirito nel deserto per quaranta giorni, vivendo tra le bestie selvatiche e con gli angeli che lo servono, tentato da Satana, riporta su di lui la vittoria e non soccombe alle sue tentazioni, a differenza di quanto era avvenuto nel deserto per Israele, divenuto molte volte infedele a Dio. Ora anche noi, in questi quaranta giorni di Quaresima, siamo invitati a seguire il Signore, nella penitenza, nella preghiera, per essere in grado, come Lui, di vincere ogni forma di tentazione e così essere partecipi della sua vittoria sul Male. Così Gesù, rafforzato dallo Spirito, inizia la sua missione tra gli uomini proclamando il Vangelo di Dio e, poiché « Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino », invita gli uomini a « convertirsi e a credere nel Vangelo », per ricevere la grazia del perdono, che reca all’ uomo la vera gioia per essere assolto e liberato dalle colpe.Ù