ACCOGLIAMO L'INVITO DI DIO A CONVERTIRCI A LUI, SEGUENDO OGNUNO NEL PROPRIO STATO DI VITA.
21 GENNAIO – III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Nella Domenica, la Chiesa, sposa di Cristo, è invitata a vivere nella gioia l’incontro con il suo Signore che, come «sorgente inesauribile di vita nuova », si dona ad essa con tutto se stesso, con la sua Parola, con il suo Corpo e il suo Sangue. La Chiesa, con il pane e il vino, doni della Provvidenza divina, presenta la sua offerta che, trasformata dalla potenza dello Spirito Santo nel dono eucaristico, « sacramento di salvezza », ci viene ridonata dal Padre celeste come Corpo e Sangue di Gesù. La gioia del Signore diventa perfetta quando partecipiamo al convito eucaristico in tutta la sua pienezza: ricevuto il sacramento dobbiamo testimoniarlo con la vita, rendendolo, nella esistenza quotidiana, segno di salvezza e di speranza per noi e per gli altri.
Attuiamo così « l’urgenza di convertici a lui e di aderire con tutta l’anima al vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo », come diciamo nella Colletta iniziale dell’Eucaristia.
Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia preghiamo dicendo: « O Padre, che nel tuo Figlio venuto in mezzo a noi hai dato compimento alle promesse dell’antica alleanza, donaci la grazia di una continua conversione, per accogliere, in un mondo che passa, il Vangelo della vita che non tramonta. Per il nostro Signore Gesù Cristo… »
Prima Lettura: Gio 3,1-5.10.
Giona, anche se malvolentieri, dopo le peripezie a cui è sopravvissuto, si reca a Nìnive per adempiere alla missione a cui Dio lo mandava: egli predica, percorrendo la città per tre giorni e annunziando il castigo di Dio, la conversione ai Niniviti, i quali ascoltano l’invito a cambiare la loro esistenza. All’annunzio di Giona la risposta dei « non credenti » è esemplare e i « cittadini di Nìnive cedettero in Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dallo loro condotta malvagia e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare e non lo fece ». Così il castigo preannunziato si trasforma in misericordia, perché Dio « non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva »(Ez 18,23).
La predicazione di Giona preannunzia la missione universale di Gesù, estesa al mondo intero che, fino ad allora, per la mentalità ebraica, era considerato sotto il segno della maledizione. Il Signore è disposto a fare con noi allo stesso modo, a darci il suo perdono se ci ravvediamo del male fatto e, se sinceramente pentiti, ci disponiamo con cuore contrito a cambiare la nostra vita, non per paura del suo castigo, ma per ricambiare il suo amore di Padre che, nel suo Figlio, ci ha donato il suo perdono e la dignità di figli adottivi.
Seconda Lettura: 1 Cor 7,29-31.
San Paolo esorta i Corinzi a vivere le realtà del mondo non con lo spirito del mondo, ma secondo la mentalità di Cristo « d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscano, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la scena di questo mondo ».
Da ciò comprendiamo che non dobbiamo vivere sfaccendati in questo mondo, né disprezzare le realtà che Dio ha creato nella loro bontà. Solo, dice Paolo, è necessario vivere distaccati da tutto, valutando tutto nella prospettiva di ciò che non passa mai e considerando la mutevolezza di tutto ciò che è transitorio. Ciò che resiste al tempo e alla transitorietà è l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Le gioie e i piaceri della terra sono transitori; il cuore con i suoi affetti deve essere rivolto al Signore e vivere la vita, anche nelle situazioni difficili e avverse, secondo la mentalità di Dio, che in Cristo Gesù si è resa manifesta. La luce della Pasqua illumina la vicenda umana fatta di gioie e di dolori. Tutto deve acquistare un valore nuovo agli occhi di chi accoglie il messaggio di Cristo, la cui mentalità fa saltare certa scala di valori che si rifà alla mentalità del mondo. Poiché il tempo della nostra esistenza è breve teniamo fissi i « nostri sguardi alle cose di lassù », ci dice ancora san Paolo.
Vangelo: Mc 1,14-20.
La missione di Gesù inizia con la proclamazione solenne del Vangelo di Dio: « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo ». Aderire al progetto salvifico di Dio, nella storia dell’uomo, significa accettare il Cristo, mutando radicalmente la nostra esistenza, divenendo suoi discepoli, come lo sono diventati coloro che Gesù ha chiamato a seguirlo, passando lungo il mare di Galilea: Simone, suo fratello Andrea, i fratelli Giacomo e Giovanni e tutti gli altri, che lasciando le loro reti, poiché erano pescatori o le loro attività, lo seguirono con prontezza e si legarono con profonda amicizia a Gesù. Tutti i cristiani, non tanto a parole ma accogliendo l’invito di Gesù che chiama, dovremmo seguirlo praticamente, determinando un’inversione di rotta alla nostra vita , seguendo il modo di agire e giudicare di Gesù, che è tutto diverso da quello di chi non crede. La sequela di Gesù comporta un cambiamento radicale della nostra condotta, perché non si può essere veri suoi discepoli se non ci si è veramente convertiti a lui e creduto alla sua buona notizia: accogliere il perdono di Dio, che ci ha riconciliati al suo amore di Padre attraverso l’amore manifestatoci da Cristo, morto donando la sua vita per noi, e attuare il suo esempio « poiché non c’è amore più grande di quello di chi dona la vita per la persona amata ».
RICONOSCIAMO IN GESÙ LA PRESENZA E L'AGIRE DI DIO.
14 GENNAIO – II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO( ANNO B)
Attorno al Signore celebriamo il memoriale del suo sacrificio, ricordo e attuazione per noi, nel nostro tempo, dell’opera della nostra redenzione, come diciamo nella preghiera sulle offerte. Essa è resa presente, per opera dello Spirito Santo, nella verità del Corpo e Sangue di Cristo, che divengono convito della Chiesa, popolo della nuova alleanza, come dicono le parole della consacrazione.
Nel giorno del Signore incontriamo Cristo nella Liturgia e nei fratelli e, con il dono dello Spirito, ci viene confermata la grazia del Battesimo. Con cuore disponibile ascoltiamo la Parola di Dio, che illumina i misteri che celebriamo. Così la nostra carità reciproca si riaccende. Nella orazione iniziale chiediamo a Dio: « O Padre, che in Cristo Signore hai posto la tua dimora tra noi, donaci di accogliere costantemente la sua parola per essere tempio dello Spirito, a gloria del tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo…». Così nella liturgia e nei fratelli non dobbiamo lasciar cadere a vuoto nessuna sua parola, per riconoscere il suo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del suo regno ». Chiediamo, ancora, al Signore dopo la comunione che, nutriti con l’unico pane di vita, nell’unica fede, formiamo un cuor solo e un’anima sola nell’unico Corpo di Cristo.
Prima Lettura: 1 Sam 3,3-10.19.
Il giovane Samuele, mentre dorme nel tempio, sente, nella notte, una voce che lo chiama: « Samuele! ». Credendo che sia il sacerdote Eli a chiamarlo, Samuele va da lui., Alla terza volta, Eli, comprendendo che è il Signore a chiamarlo, dice al giovane che, qualora di nuovo sentirà la vece , dovrà dire: « Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta ». Così il giovane Samuele si pone in atteggiamento di ascolto e di disponibilità a fare la volontà del Signore. Il Signore chiama tutti ad essere suoi servi e di ciò non dobbiamo vergognarci, perché tutta la nostra dignità sta nell’ascoltare e assecondare la volontà del Signore.
Ciò non significa che veniamo menomati quando facciamo la sua volontà, ma che anzi esercitiamo la nostra vera libertà. Solo gli uomini ci possono rendere schiavi: Dio ci tratta da figli e con un amore di Padre.
Seconda Lettura: 1 Cor 6,13-15.17-20.
San Paolo dice ai Corinzi e, anche a noi che, divenuti nel Signore Tempio dello Spirito Santo mediante il Battesimo, che ci ha legati a Cristo come membra di un corpo, dobbiamo rispettare il nostro corpo perché è stato santificato dalla presenza di Dio in noi. Non possiamo, allora, usarlo a nostro piacimento, come strumento di peccato e di impurità, perché ci ricorda che “ qualsiasi peccato l’uomo commetta , è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro presso: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” ( 1Cor 6,18-20). Il corpo, essendo noi stati salvati integralmente, non è estraneo alla salvezza, per cui bisogna trattarlo secondo il progetto e il disegno di Dio: corpo e anima risorgeranno per la vita eterna.
Anche nel Matrimonio il cristiano glorifica il suo corpo facendolo asservire al disegno di Dio: attraverso di esso si esprime l’amore sponsale indissolubile, fecondo, e donandosi al coniuge, nel rispetto della totalità della persona,diventa segno visibile dell’amore spirituale. Per questo, per i cristiani, l’uso di esso deve essere vissuto nella castità coniugale, lontano da ogni forma di infedeltà e nel rispetto dell’altro.
Vangelo: Gv 1,35-42.
Giovanni, dopo aver battezzato Gesù al Giordano, aver visto posarsi su di lui lo Spirito Santo e aver sentito le parole del Padre, che rivela il suo Figlio come l’Unigenito in cui si compiace, vedendolo passare, qualche giorno dopo, lo addita a due dei suoi discepoli dicendo: « Ecco l’agnello di Dio », ed essi, lasciato Giovanni, seguono Gesù. I due vanno , vedono dove abita e rimangono con lui. E’ un incontro decisivo che cambia la loro vita e si mettono alla sua sequela di Gesù. Anche altri seguiranno Gesù, come Simone Pietro, a cui, il fratello Andrea comunica la gioia di aver incontrato il Messia e lo conduce da Gesù. Il Maestro, vedendolo, gli dice: « Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa ». Da quelle chiamate altre ne sono seguite e, fino alla nostra chiamata, ogni cristiano è chiamato a seguire il Signore, fare come discepoli l’esperienza di lui e del suo amore. Da ciò deriva l’esigenza di essergli fedele non solo con le buone intenzioni ma anche e soprattutto con la propria vita.
MITE, DOLCE E UMILE: QUESTO É IL NOSTRO DIOI.
7 GENNAIO - FESTA DEL BATTESIMO DI GESU’.
Tra i misteri della vita di Cristo, la festa del Battesimo di Gesù, riveste una un’ importanza singolare, perché conclude il Tempo del Natale e dà inizio al Tempo Ordinario. Nella Liturgia commemoriamo questo evento della vita del Signore con solennità. Se si continua a riflettere sul mistero dell’in-carnazione di Cristo da una parte, dall’ altra si inizia a ripensare la vita adulta di Gesù, che dopo il Battesimo al Giordano dà inizio alla sua missione.
Nel Battesimo il Padre rivela e manifesta, in una nuova epifania, che in Gesù riconosce il Figlio amato, il Cristo, il Messia inviato ai poveri e con lo Spirito che si posa in lui, in forma corporea di colomba, Gesù viene consacrato sacerdote, profeta e re.
Gesù è la Parola, che il profeta Isaia annunzia. Parola che, uscita dalla bocca del Padre celeste, feconda la terra e, dopo aver realizzato l’opera per cui è stato mandato, cioè portare la salvezza a tutti gli uomini, ritornerà a Lui.
Un tempo la liturgia celebrava l’adorazione dei Magi, il miracolo a Cana e il Battesimo in un'unica celebrazione, avendo questi tre eventi, in vario modo, come contenuto la manifestazione di Gesù.
Nella manifestazione che il Padre fa del Figlio, Gesù manifesta da parte sua la solidarietà con gli uomini, iniziata con l’incarnazione.
Così siamo introdotti, in questa celebrazione nel mistero di Cristo, vero uomo, che portando su di sé i peccati degli uomini, viene a salvarci; e in quanto vero Dio, ci libera dalla colpa, ci dona lo Spirito rendendoci figli di Dio, rigenerati nel lavacro del Battesimo e « rinnovati interiormente a sua immagine».
Il dono dello Spirito Santo e il nostro divenire Figli di Dio sono i doni del Battesimo cristiano, di cui oggi facciamo memoria.
Nella preghiera iniziale diciamo al Padre:« Padre santo, che nel battesimo del tuo amato Figlio hai manifestato la tua bontà per gli uomini, concedi a coloro che sono stati rigenerati nell’acqua e nello Spirito di vivere con pietà e giustizia in questo mondo per ricevere in eredità la vita eterna.»
Prima Lettura: Is 55,1-11.
Attraverso l’immagine del vino, dell’acqua, del latte, del pane e dei cibi, il profeta vuol farci capire che Dio, per sua grazia, elargisce tutti questi beni al suo popolo. Tutto questo non deve essere comprato, ma sono doni della completa gratuità di Dio. Il Signore ci ha redenti e abbiamo ricevuto gratuitamente lo Spirito, che è il bene più grande e incommensurabile fattoci da Dio. Questi doni sono per tutti, anche per gli empi, che, però, sono invitati ad abbandonare le loro vie di peccato e a ritornare al Signore, che largamente perdona. Il Profeta così ci dice che i pensieri del Signore non sono i nostri pensieri e le sue vie sono diverse dalle nostre. Non c’è peccato, per quanto grande, che possa trattenere l’amore di Dio, ma è necessario che si abbandonino le vie del male.
Ascoltando l’uomo la Parola di Dio, che è paragonata alla pioggia che cade dal cielo e vi ritorna dopo aver fecondato la terra, dato il seme e il pane, così questa parola uscita dalla sua bocca, non ritornerà a Dio senza effetto, senza aver operato ciò per cui è stata mandata: la salvezza universale.
Seconda Lettura: 1 Gv 5,1-9.
San Giovanni, nella sua lettera, oggi vuol dirci che “Se non amiamo i fratelli che nascono da Dio, vuol dire che non amiamo Dio”. Questo amore non può consistere in sole buone intenzioni, ma deve nutrirsi dell’osservanza dei comandamenti che, amando veramente, si possono osservare più facilmente.
Ancora ci viene insegnato che la fede, avendo la quale si è in grado di vincere il mondo come male, come incredulità e peccato, deve fondarsi nel credere in Gesù Cristo. Infine san Giovanni ci dice che Gesù è presente in mezzo a noi con il sangue del suo sacrificio, la croce e l’Eucaristia, che per opera del suo Spirito rendono operante l’azione salvifica di Dio.
Vangelo: Mc 1, 7-11.
Il Battesimo di Giovanni era importante, perché chiedeva come condizioni la contrizione del cuore e preparare a ricevere il lavacro, vero ed efficace, che sarebbe venuto con il dono dello Spirito, che solo Gesù avrebbe dato. Il battesimo che deriva da Cristo è in acqua e in Spirito Santo, non nella sola acqua: è lo Spirito di Dio che infonde in noi la vita divina e ci rende figli di Dio. Di conseguenza tutte le nostre azioni devono dimostrare che siamo figli di Dio e che siamo stati lavati nell’anima, nello spirito. Il nostro parlare, il nostro agire, il nostro pensare devono essere in conformità con la luce e la bontà del Cristo.
IL PADRE RIVELA IL FIGLIO A TUTTE LE GENTI, RAPPRESENTATE DAI SANTI MAGI.
6 GENNAIO – EPIFANIA DEL SIGNORE GESU’ ALLE GENTI.
Mentre nel Natale abbiamo contemplato, come dice Isaia, Cristo, luce che risplende nelle tenebre, in cui è immersa l’umanità, dalla quale Gesù assume la carne umana, con tutta la sua fragilità e debolezza, eccetto il peccato; nell’Epifania, festa di luce, che traspare e guida a Gesù, Dio continua a rivelarsi, sempre nella debolezza e nella fragilità di bambino, nato nel nascondimento, e con lo splendore di una stella attrae a Betlemme genti lontane. Così san Paolo esprime il significato dell’Epifania : « Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa ». I Magi, guidati dalla stella e desiderosi di vedere ciò che essa preannunciava, messisi in cammino, giungono a Gerusalemme e chiedono, lì dove pensano possa essere nato un re, ad Erode: « Dove è nato il re dei Giudei? ». A Gerusalemme, dove avrebbe dovuto essere maggiormente viva l'attesa del "Messia", i sommi sacerdoti e gli scribi, radunati da Erode, ricordando le profezie, in- dicano che da Betlemme, piccolo capoluogo della Giudea, doveva « u- uscire un capo che sarebbe stato il pastore del popolo Israele ».
Così i Magi vengono indirizzati a Betlemme. Usciti da Gerusalemme dove la stella che li precedeva non era vista, riappare loro e si ferma sul luogo dove « entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono e gli offrirono i doni: oro, incenso e mirra » (Mt 2,11), riconoscendolo come Re, Dio e Redentore.
Alla fine del loro viaggio, nella ricerca della verità, desiderosi di conoscere l'evento indicato dalla stella, incontrano il Signore nella debolezza della carne: l'umanità nella sua dimensione di fragilità, nella sua vulnerabilità alla sofferenza e al dolore. Essi riconoscono Dio nella carne, perché è in questo che Dio condivide la povertà umana, che si rivela e nasconde la sua divinità: questo è il mistero dell'incarnazione di Dio.
I Magi modello della Chiesa
I MAGI sono le primizie della Chiesa, formata da uomini di tutti i popoli, sono il simbolo di tutti gli uomini, che vanno a trovare il Signore, Cristo Gesù, il Salvatore, guidati dalla luce della fede e lo adorano.
Essi, che hanno affrontato le fatiche e i pericoli di un lungo viaggio, sia fisico che interiore di ricerca della verità divina, esprimono così il percorso paradigmatico della fede di ogni uomo. La stella, verità dell’uomo, è un segno che va ricercato e obbedito, e pone l’uomo nella fatica della ricerca della verità.
La fede non è ancora la visione delle realtà che crediamo. I nostri occhi ancora sono come velati; ma la fede è già una luce che illumina l’anima. L’incredulo si trova ancora nelle tenebre.
Gesù che nasce tra noi provoca sentimenti opposti, azioni antitetiche. Infatti alcuni dei prossimi al Messia non lo riconoscono. La sua nascita produce anche turbamento, come in Erode, il nuovo persecutore, come lo fu il faraone, che opprimeva Israele nei suoi primogeniti.
Oggi preghiamo perché la fede divenga sempre più ferma e luminosa, perché non ci accada mai la sventura di perderla; perché tutti gli uomini l’abbiano in dono, così da accogliere il mistero della salvezza, che è lo stesso Figlio di Dio, in tutto solidale con noi, annunziato a tutte le genti.
Prima Lettura: Is 60, 1-6.
La gloria del Signore brilla in Gerusalemme: il profeta la vede come il luogo verso cui tutti i popoli convergono per lodare Dio e offrirgli « oro e incenso ». La venuta dei Magi porta a compimento la visione esaltante di Isaia, poiché essi, e con loro le nazioni della terra, riconoscono in Gesù il loro Re.
Seconda Lettura: Ef 3,2-3.5-6.
Paolo ricorda agli Efesini che nella carne condivisa da Dio in Gesù si attua e manifesta il suo piano di salvezza. Per mezzo del mistero dell'incarnazione tutti gli uomini sono chiamati a far parte della Chiesa nella fede e ad essere partecipi della salvezza.
Sia gli Ebrei, eletti per primi, sia i pagani, venuti dopo, sono chiamati alla fede in Cristo e alla condivisione dell’eredità eterna con lui. La salvezza è universale: e infatti la Chiesa è detta « una e cattolica ». In essa non c’è distinzione di razza: il Vangelo è predicato a tutte le genti, perché formino una medesima Chiesa. Questo ci porta a due considerazioni: la prima, che dobbiamo sentire la vocazione missionaria e, anche se personalmente non siamo in missione. il nostro aiuto è dato dalla preghiera, dai sacrifici, dalla collaborazione, fatta anche di offerte, e i missionari sono là a rappresentarci. La seconda considerazione è questa: dobbiamo evitare le divisioni, in contrasti tra noi, visto che siamo partecipi della stessa grazia e della stessa promessa di Cristo. Facciamoci nel nostro ambiente missionari di concordia.
Vangelo: Mt 2,1-12.
Quale contrasto tra l’indifferenza e l’ignoranza somma dei sommi sacerdoti e degli scribi, tra la sospettosa ostilità di Erode e l’ardente e gioiosa domanda dei Magi: « Dov’ è colui che è nato, il re dei Giudei ? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo!». Vengono i lontani , e i vicini non si accorgono che è nato il Salvatore. Ai primi è data la felicità di incontrarlo e di adorarlo; i secondi o non sono toccati dall’avvenimento o, peggio, cercano di soffocarlo. Dobbiamo pensare che abbiamo vicino il Signore, quasi a due passi, vicino alle nostre case, nella Eucaristia, e il cuore rimane freddo, pigro, senza interesse. La vera fede dà gioia, fervore e desiderio di incontrare il Signore, come i Magi, capaci di affrontare qualche sacrificio per lui.
MARIA SS. MADRE DI DIO, REGINA DELLA PACE.
1 GENNAIO- MARIA SS. MADRE DI DIO
Giornata Mondiale della Pace.
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordioso », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto della collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C.
Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’Incarnazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo. « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Gesù Cristo, tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te... ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta, facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè, chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E Tutto questo, come dono di Dio si realizza in Gesù. La Chiesa in questa benedizione ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno e noi, con altrettanta verità all’augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un «buon anno».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7.
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli. Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, di natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene da in Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre, perché siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24).
Così San Paolo esclude ogni auto-salvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questo avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere la salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo: Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre al presepio. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia, ritornando alla nostre occupazioni e condizioni abituali, non dimentichiamo quella nascita, quell’innocenza e quell’amore che ci hanno attratti in questi giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria