NEL CAMMINO DELLA SALVEZZA VIVIAMO NELLA FEDE CON LA SPERANZA E LA CARITÀ.
17 NOVEMBRE – XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipando all’Eucaristia, in cui offriamo il Corpo e Sangue di Cristo, chiediamo a Dio la grazia di servirlo fedelmente con impegno costante. Alla fine della nostra vita potremo allora sentire le parole che, nella parabola del servo fedele del Vangelo, il padrone dice al servo : « Vieni servo buono e fedele, 1entra nella gioia del tuo Signore ». Dall’Eucaristia, nelle vicende della vita, siano esse liete o tristi, riceviamo la forza di essere operosi nella carità, pazienti nelle avversità, perché attraverso esse ci prepariamo il « frutto di un’eternità beata ».
Così ravviviamo nell’incontro con il Signore la speranza di conseguire la vita eterna.
Nella preghiera della colletta ci rivolgiamo al Signore dicendo:« O Dio, che farai risplendere i giusti come stelle nel cielo, accresci in noi la fede, ravviva la speranza e rendici operosi nella carità, mentre attendiamo la gloriosa manifestazione del tuo Figlio. Egli è Dio. e vive e regna con te… ».
Prima Lettura: Dn 12,1-3.
Nella visione del profeta Daniele ci viene descritto ciò che avverrà: « Sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo » e, pur essendo un tempo d’angoscia, chiunque di esso « si troverà scritto nel libro » sarà salvato. Viene anche descritta quale sarà la sorte di tutti coloro che dormono nella polvere, i quali « si risveglieranno gli uni per la vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna ». I saggi e coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come lo splendore e le stelle del firmamento.
Vi è preannunziata in questa visione apocalittica la realtà in cui saremo introdotti da Dio quando, alla fine dei tempi, ognuno, a seconda delle opere compiute nella libertà delle scelte fatte, riceverà di partecipare o allo splendore di Dio e della sua eterna beatitudine, o alla infamia e vergogna eterne.
Seconda Lettura: Eb 10,11-14.18.
La lettera agli Ebrei continua a descrivere l’opera di Cristo che, come sommo sacerdote della nuova alleanza, a differenza del sacerdozio levitico, non si presenta a celebrare giorno per giorno il culto e gli stessi sacrifici che non possono eliminare i peccati. Cristo, dopo essersi offerto con un unico sacrificio per i peccati, « si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi ». Egli così con un’unica offerta « ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati », per cui non c’è più bisogno di sacrifici né di offerte per il perdono dei peccati.
In Lui, ormai, ogni uomo può accedere al perdono e alla misericordia di Dio, partecipare della santificazione ed entrare nella vita e nella comunione eterna con Dio insieme a tutti i giusti. E’ necessario che il nostro sguardo sia fisso sulla croce del Signore, perché tutto dipende dalla sua morte, momento decisivo per la storia del mondo e per la salvezza di tutti gli uomini.
L’Eucaristia, che è il cuore della Chiesa, ripresenta, nella storia dell’umanità e di ognuno, quell’ evento salvifico e santificante, per cui tutti coloro che vi si lasciano coinvolgere possono partecipare della salvezza eterna.
Vangelo: Mc 13,24-32.
In questa penultima domenica dell’anno liturgico, questo brano dell’ Evangelista Marco ci ripropone l’insegnamento di Gesù riguardo agli avvenimenti escatologici, cioè ultimi della storia: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte ». Sarà il momento in cui si vedrà « il Figlio dell’uo-mo » venire sulle nubi del cielo, con potenza e gloria, e i suoi Angeli raduneranno gli eletti della terra.
Ancora. Attraverso la parabola del fico, che preannunzia l’avvicinarsi dell’estate non appena mette le foglie, Gesù invita i suoi ascoltatori a riconoscere, dagli eventi futuri descritti, che la venuta del Figlio dell’uomo è vicina, alle porte. Anzi: « In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno ». Gesù ci ammonisce ancora dicendo che quel giorno e quell’ora nessuno li conosce, né gli angeli e neanche il Figlio, ma solo il Padre. Gesù, alludendo a ciò che sarebbe capitato a Gerusalemme non molto tempo dopo, esorta i discepoli e coloro che lo avrebbero accolto a restare perseveranti nella fede, saldi nelle sue parole e, pur in mezzo a tutto quello che dovrà accadere, a non temere nulla. A sostenerli e fortificarli ci sarebbe stato lui che, attraverso il suo Spirito, li avrebbe assistiti nella testimonianza da rendergli davanti ai giudici e nei tribunali degli uomini. Così la vita dei discepoli del Signore potrà essere soggetta a persecuzioni, tradimenti, tentazioni e inganni, ma Egli li avrebbe accompagnati lungo la storia fino a quegli ultimi eventi, promettendo: « Ecco, Io sarò con voi fino alla fine dei tempi! ».
GESÙ DA SOLO HA SALVATO TUTTI, COME LA VEDOVA CHE HA DATO PIÙ DI TUTTI GLI ALTRI.
10 NOVEMBRE – XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. Ù
La celebrazione della passione gloriosa del Signore, Figlio di Dio, nÙÙÙon è un avvenimento del passato, ma è reso presente dall’azione dello Spirito e noi partecipandovi con fede ne veniamo coinvolti. Assumendo con impegno il Corpo e Sangue di Cristo, che si è offerto per la nostra salvezza, noi impariamo a donarci per la salvezza dell’umanità. Alla passione del Signore è seguita la sua gloriosa risurrezione, per cui con l’Eucaristia che noi celebriamo viene alimentata la speranza della gloria futura. Ma dobbiamo vivere nella vigilanza tale attesa, così da essere trovati, alla venuta del Signore, pronti per entrare, come le vergini prudenti, con lui nel banchetto celeste.
Nella preghiera iniziale diciamo: « O Padre,, che soccorri l’orfano e la vedova e sostieni la speranza di chi confida nel tuo amore, fa’ che sappiamo donare tutto quello che abbiamo, sull’esempio di Cristo che ha offerto la sua vita per noi. Egli è Dio, e vive e regna con te… ».
Prima Lettura: 1 Re 17,10-16.
Nell’episodio di Elia che affamato e assetato, dal lungo viaggio, incontra, alla porta della città di Sarepta, la vedova a cui chiede di dargli dell’acqua e preparargli una focaccia, siamo chiamati a condividere con i fratelli ciò di cui disponiamo e ad affidarci alla provvidenza di Dio nella nostra vita. Alla donna, che risponde ad Elia dicendo di non avere altro che un pugno di farina nella giara e un po’ di olio nell’orcio, per fare una focaccia per lei e il suo figlio e poi aspettare la morte, il profeta dice: « Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, perché così dice il Signore, Dio d’Israele: “ La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra ».
Mangiarono tutti, lei, lui e la casa di lei per diversi giorni e sia la farina della giara che l’olio dell’orcio non diminuirono, come aveva detto il profeta.
La fede della donna, che fa come le dice il profeta, viene premiata, perché nella sua provvidenza Dio non fa mancare il necessario a chi condivide di cuore ciò che la sua bontà dona. Spesso nella nostra vita, spinti dall’egoismo, non facciamo affidamento nella provvidenza di Dio. Ma se ci apriamo, con l’accoglienza pronta e sincera, anche a chi non è nella nostra cerchia, come fece la donna con lo straniero Elia, allora il Signore non mancherà di elargire il necessario per tutti.
Seconda Lettura : Eb 9,24-28.
Il brano della lettura dalla Lettera agli Ebrei, ci presenta un altro aspetto dell’azione sacerdotale di Gesù. Egli infatti, a differenza di quanto avveniva nell’esercizio del sacerdozio ebraico, in cui il sommo sacerdote ripeteva, una volta all’anno, il sacrificio con il sangue altrui nel tempio, costruito dall’uomo, dopo aver offerto il proprio sangue e riconciliato l’umanità con Dio, è entrato, dopo la sua risurrezione, nel santuario del cielo non fatto da mani d’uomo: « Ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso ». Conclude la Parola di Dio dicendo che come per gli uomini è stabilito che muoiono una sola volta e poi viene per loro il giudizio, così anche il Cristo che è morto, « dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza ».
Con il gesto sacrificale di se stesso, compiuto una sola volta, che ha valore inesauribile, perché compiuto da un uomo-Dio, tutti i peccati del mondo possono essere perdonati, per cui non c’è motivo di ripetere lo stesso sacrificio, che è perennemente valido. Celebrando l’Eucaristia noi riceviamo il frutto di quell’unico sacrificio, mentre attendiamo il Cristo nell’attesa della sua venuta, come ripetiamo nell’acclamazione dopo la consacrazione.
Vangelo: Mc 12,38-44.
Gesù, oggi, nel suo insegnamento se, da una parte, dice alla folla di non avere atteggiamenti farisaici, come spesso nota nel comportamento di scribi e farisei, i quali « amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti, divorano le case delle vedove e pregano per farsi vedere », e preannunzia per tali comportamenti condanne più severe, dall’altra , guardando coloro che offrono l’obolo nel tesoro del tempio, loda l’offerta di « due monetine », che una vedova vi getta, perché, così povera che è, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri: « Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere ». Davanti a Dio quello che conta non è tanto la quantità del dono, ma con quale intenzione d’animo, spirito e sincerità il sacrificio reale viene offerto. E’ prezioso davanti a Dio l’obolo della vedova e non ciò che viene donato, dal proprio superfluo, da chi vuole ostentare se stesso per primeggiare. Il metro di Dio non è quello umano, perché la povertà per Dio è la vera ricchezza. Egli valuta molto il poco che ognuno dà di cuore e per amore dei fratelli.
GESÙ CI CHIAMA A VIVERE NELLA VITA TERRENA IN CAMMINO VERSO QUELLA ETERNA .
27 OTTOBRE – XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
La fede che noi celebriamo nell’Eucaristia ci avvicina al banchetto eucaristico e in esso noi ci cibiamo del Corpo e del Sangue del Signore. Questa fede si fonda sulle parole dette da Gesù, nell’Ultima Cena, sul pane e sul vino, dandoli a noi come segno della sua presenza: « Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi » e « Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me ». Nell’Eucaristia vi è il sacrificio che Gesù ha offerto come « sacerdote giusto e compassionevole », « la tenerezza del Padre celeste, che ci invita al banchetto del Figlio, preparato per noi ». Per opera dello Spirito Santo, riceviamo la grazia che alimenta in noi la vita divina, rendendoci capaci di amare alla maniera di Cristo e di confidare nella misericordia del Padre. Tutto questo lo possiamo vivere nella fede, che se mancasse, renderebbe il nostro incontro eucaristico domenicale senza efficacia, frutto della nostra iniziativa gratificante solo psicologicamente, senza ricevere il dono che Dio ci fa donandoci il suo Figlio.
Nella preghiera iniziale della Colletta ci rivolgiamo al Padre celeste dicendo: « O Dio, Padre buono, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote compassionevole verso i poveri e gli afflitti, ascolta il grido della nostra preghiera e fa’ che tutti gli uomini vedano il lui il dono della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura : Ger 31,7-9.
Il profeta Geremia invita il popolo, riferendo le parole del Signore: « Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e di dite: “ Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto di Israele ”».
Ancora. Geremia ricorda che Dio riunirà « il suo popolo dalle estremità della terra, il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente e ritorneranno in gran folla ». Tutti questi, dopo essere partiti nel pianto, sarebbero stati riportati tra le consolazioni e condotti a fiumi ricchi d’acqua attraverso una strada dritta: è il ritorno degli esuli, il resto che Dio ha salvato dopo la schiavitù di Babilonia.
Così l’amore di Dio avrebbe rinnovato l’esodo dei riscattati, non per i loro meriti, ma perché Egli è un « Padre per Israele, Efraim il suo primogenito ». Tutto questo si è realizzato pienamente con Gesù, che è venuto a rivelarci la tenerezza dell’amore del Padre celeste, la sua paternità che genera dall’eternità il Figlio, Gesù Cristo. Per mezzo di lui, apparso tra noi, come uno di noi, come nostro Salvatore e Redentore, Dio ci rende partecipi di questa figliolanza adottiva per opera dello Spirito Santo. Così noi non siamo più estranei a Dio, ma divenuti per suo dono figli, godiamo della sua provvidenza paterna che ci segue con il suo amore e ci aspetta per accoglierci nella sua comunione eterna.
Seconda Lettura: Eb 5,1-6.
La lettura dalla Lettera agli Ebrei, ci ricorda che ogni sommo sacerdote scelto tra gli uomini, è costituito per loro, per le cose che riguardano la divinità, « per offrire doni e sacrifici per i peccati propri e del popolo ». Anche Gesù, come sommo Sacerdote, scelto tra gli uomini, essendosi rivestito di debolezza, è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore. A causa di questa non deve offrire sacrifici per i peccati suoi e del popolo, come facevano i sacerdoti della religione israelitica, ma solo per quelli del popolo, poiché Gesù non si è attribuito da se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferita il Padre che gli ha detto: « Tu sei mio Figlio, oggi ti ho genera-to » e in un altro passo della Scrittura : « Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedek » e non secondo quello levitico.
Gesù, per noi, è il sommo Sacerdote che offre al Padre se stesso in sacrificio sulla croce per espiare le colpe degli uomini, con una immolazione ormai valida per tutti e per sempre. Gesù, Figlio di Dio, in quanto uomo « è preso tra gli uomini, per cui sente « giusta compassione » per le debolezze nostre. Per questa sua compassione e l’infinito valore del suo sacrificio, noi nutriamo ferma confidenza nell’amore di Dio e nella sua grande misericordia, avendo dato il suo Figlio come vittima di riconciliazione.
Vangelo: Mc 10,46-52
Il figlio cieco di Timeo, Bartiméo, saputo che Gesù passava per le vie di Gerico, si mise a gridare verso di lui : « Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ». Ma, poiché lo rimproveravano perché non gridasse, egli gridava ancora più forte: « Figlio di Davide, abbi pietà di me! ». Gesù comanda di chiamarlo e quelli che sono vicini gli dicono: « Coraggio! Alzati, ti chiama! ». Bartiméo, allora, getta via il mantello, balza in piedi e si avvicina a Gesù, che gli dice: « Cosa vuoi che io faccia per te? ». E lui:« Rabbunì, che ci veda di nuovo!». Gesù gli dice: « Va’, la tua fede ti ha salvato ». Il cieco ci vide e segue Gesù lungo la strada. Gesù guarisce il cieco per la sua fede. E se anche gli viene impedito di implorare Gesù, questi comanda di chiamarlo e gli dona la luce degli occhi e gli illumina il cammino per seguirlo. Gesù è colui che ridà la vista spirituale a tutti quelli che lo implorano nella ricerca della verità e di Dio, illuminando il cammino della liberazione da ogni forma di cecità umana: attraverso la guarigione del corpo Gesù tocca e guarisce il cuore.
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VENERDI’, 1 NOVEMBRE - FESTA DI TUTTI I SANTI.
Alle ore 16.00 sarà celebrata la SANTA MESSA davanti alla Cappella del CIMITERO.
SABATO, 2 NOVEMBRE - COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI
SANTE MESSE al CIMITERO : Ore 10.00-11.00-12.00.
Nota bene: Chi visita il cimitero e prega, anche solo mentalmente, per i defunti, nei giorni dall’1 all’8 novembre; oppure chi visita una chiesa o un oratorio, dal mezzogiorno di Domenica 1 Novembre, Festa di tutti i Santi, e per tutto il giorno 2, Commemorazione dei defunti, può celebrare l’Indulgenza plenaria, da applicare solo per i fedeli defunti Le condizioni per la validità di tale celebrazione sono: che sia fatta una sola volta al giorno, la recita delle preghiere suddette , pregare secondo le intenzioni del Papa e confessarsi e fare la Comunione almeno una volta nell’arco della settimana.
IL CORAGGIO DI DARE, COME CRISTO, LA VITA PER SERVIRE L'UMANITÀ INTERA.
21 OTTOBRE - XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO À
Servire il Signore « con lealtà e purezza di spirito » prega la Chiesa nella Colletta di questa Domenica. Sull’esempio di Gesù, che si offre al Padre sulla croce, noi dobbiamo imparare a vivere il nostro rapporto con Dio, nel compiere la sua volontà. Dall’Eucaristia che celebriamo possiamo attingere la forza per imitare Gesù e così poter vivere in conformità con il disegno di Dio, quotidianamente e fino in fondo, anche quando questo cammino si fa arduo, impegnativo ed esigente. Così l’Eucaristia viene realizzata pienamente nella vita. Se serviamo Dio veramente dobbiamo anche porci al servizio del prossimo per realizzare il bene di tutti, come ha fatto Gesù, che ha detto di essere venuto non per essere servito, ma per servire.
Bella preghiera della Colletta diciamo a Signore: « Dio della pace e del perdono, che hai inviato il tuo Figlio nel mondo per dare la sua vita in riscatto per tutti, concedi alla tua Chiesa di servire l’umanità intera a immagine di Cristo, servo e Signore. Egli è Dio, e vive regna con te.. ».
Prima Lettura: Is 33,10-11.
Il profeta Isaia, in questo brano, esprime ciò che il Signore farà al Messia prostrandolo con dolori, quando egli « offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce della risurrezione e « si sazierà della sua conoscenza ». Egli, il servo giusto, giustificherà molti, perché ha preso su di sé le iniquità di tutti.
Gesù, Messia ( il Cristo ), che i cristiani riconoscono come colui in cui si sono realizzate le profezie dei profeti, facendosi uomo come noi, porta i peccati di tutti e, avendo imparato l’obbedienza dalle cose che patì, è divenuto causa di salvezza eterna per tutti quelli che gli obbediscono. La vita del Cristo, che sembra consumata e dissolta, è divenuta viva e giustificante, sorgente feconda. Davanti alla figura del Servo sofferente, siamo presi da stupore e sorpresa, poiché in lui si compie il progetto salvifico della volontà del Signore e la redenzione dal peccato. Davanti a questa realtà salvifica, dal nostro cuore sale a Dio il nostro inno di ringraziamento, perché Gesù nella sua passione e morte, nel « suo intimo tormento », da cui è venuta la risurrezione e la Chiesa, giustifica tutti coloro che si lasciano coinvolgere da questo evento.
Seconda Lettura: Eb 4,14-16.
Il brano di questa lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ci esorta a tenere viva la nostra professione di fede in Gesù, il Figlio di Dio, che, come sommo Sacerdote, intercede per noi al cospetto del Padre. Egli, essendo divenuto uno di noi in tutto, eccetto il peccato, « sa prendere parte alle nostre debo-lezze », poiché è stato provato come noi. Ancora. A nutrire piena fiducia che, accostandoci al trono della grazia, possiamo « ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno ». Gesù è simile a noi in tutto, anche nelle sofferenze e nelle debolezze, per cui possiamo sentirlo intimamente vicino e anche essere sostenuti nella professione della fede, anche quando la prova può essere dolorosa, come nel martirio.
Se Dio è al nostro fianco non dobbiamo deprimerci. La fraternità di Gesù è più forte dei nostri demeriti, per cui possiamo accostarci « al trono della grazia ». Per mezzo e l’intercessione di un tale sommo mediatore siamo sicuri di essere accolti dal Padre celeste. Se ci ha dato suo Figlio, « Come vittima di espiazione, come non ci donerà ogni cosa per suo mezzo? », ci ricorda San Paolo.
Vangelo: Mc 10,35-45.
Nel Vangelo di oggi, i fratelli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di fare loro quello che gli chiedono, cioè di sedere, nella sua gloria, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Ma Gesù risponde loro: « Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato? ». Ed essi rispondono di poter fare ciò che Gesù dice loro. Allora Gesù, rispondendo, dice: « Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato ». Anche agli apostoli, che si sono indignati con i due fratelli, avendo sentito la richiesta fattagli, Gesù ribadisce che, se i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono, nel suo regno, essi non devono operare allo stesso modo. Continua loro:« Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti ».
La volontà di primeggiare e avere i primi posti sono tentazioni che ogni uomo sperimenta, compreso il cristiano. La richiesta fatta da Giacomo e Giovanni è in contrasto con la mentalità di Gesù, per il quale la grandezza del potere sta nel servizio da rendere agli altri, o il primato sta nel porsi all’ultimo posto. E come Gesù è venuto per servire e consegnare la sua vita per noi, così anche i suoi discepoli devono servire i fratelli e gli uomini più che cercare di primeggiare sugli altri. Criteri sconvolgenti le logiche umane sono quelli di Gesù. Solo se si è capaci di bere il calice della passione, che Gesù ha bevuto, ed essere battezzati nel suo battesimo, realtà che si fa fatica a comprendere e accettare facilmente, si può partecipare alla sua stessa gloria.
Celebrando l’Eucaristia, che è il memoriale della passione e risurrezione di Gesù, che pur essendo il Maestro e Signore si è posto al servizio dell’uomo e ha dato la sua vita per la nostra liberazione , e comprendendola a pieno, noi, imitandolo come suoi discepoli in terra, potremo partecipare anche della sua gloria. L’Eucaristia è pienamente valida se ci aiuta a dare la vita per Dio e per i fratelli.