La conversione necessaria per accogliere il Messia e avere la sua gioia.
13 DICEMBRE - III DOMENICA DI AVVENTO - « GAUDETE ».
A Natale il mistero della salvezza viene ricordato e vissuto realmente, perché nella fede il Cristo nasce nei nostri cuori e lo concepiamo spiritualmente.
La grazia della sua venuta si rinnova per noi: a seconda della disponibilità interiore a volerci far coinvolgere da Gesù, il salvatore, venuto a liberarci dal peccato. Ogni Natale deve essere segno della seconda venuta del Signore nella gloria, quando dobbiamo accoglierlo vigilanti e con cuore puro e generoso.
Nella Colletta preghiamo dicendo: « O Dio, fonte della vita e della gioia, rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via dei tuoi comandamenti, e portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore ».
Prima Lettura: Sof 3,14-17.
Il profeta esorta la figlia di Sion a rallegrarsi ed esultare perché il Signore ha revocato la sua condanna e ha disperso i suoi nemici. Il Signore è il re d’Israele e Gerusalemme non deve temere nessuna sventura, per cui non deve scoraggiarsi e abbattere, perché il Signore è in mezzo ad essa come salvatore potente. Egli gioirà per essa e gli rinnoverà il suo amore, esultando per lei con grida di gioia.
Se la Parola del profeta, allora, si rivolgeva a Gerusalemme, ora essa è rivolta alla Chiesa e ad ogni singolo fedele. La tristezza può essere presente nella nostra esistenza quotidiana, per tante situazioni di difficoltà: per la salute, per la precarietà, per le intime sconfitte, gli insuccessi e le umiliazioni. Ma se pensiamo che il Signore che viene ci dona la sua gioia, portandoci il perdono Padre e la riconciliazione con lui, allora anche per noi è annunziata la gioia, come disse l' angelo ai pastori: « Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto io popolo: oggi, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore ». E il profeta ci ha detto: « Il Signore tuo Dio, in mezzo a te, è un Salvatore potente .
Seconda Lettura: Fil 4,4-7.
Anche San Paolo, scrivendo ai Filippesi, li esorta ad essere sempre lieti nel Signore, e a mostrare a tutti la loro amabilità, perché il Signore è vicino.
Ancora. Li esorta a non angustiarsi per nulla e in ogni occasione facciano presente a Dio le loro richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. Allora la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, li custodirà nei loro cuori e nelle loro menti in Cristo Gesù, perché gli angeli alla nascita del Salvatore cantarono : « Gloria a Dio e pace agli uomini, che egli ama ».
Vangelo: Lc 3,10-18.
Giovanni il Battista, precursore di Gesù, predica nel deserto del Giordano la conversione del cuore per la prossima venuta del Messia. Le folle che accorrono a sentirlo gli chiedono cosa devono fare. Egli risponde: « Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto ».
Ai pubblicani dice: « Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato » e ai soldati che lo interrogano: « Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe ». Tra il popolo che è in attesa tutti si domandano in cuor loro se Giovanni non sia il Messia. Egli risponde: « Io battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile ».
Giovanni nella sua predicazione si prefigge di preparare tutti alla imminente venuta del Messia, e invita a dividere con gli altri, specie con i poveri, ciò che ognuno può avere a disposizione, ad osservare la giustizia, a rispettare il prossimo e non maltrattarlo. Per lui era urgente mettere in pratica quegli avvertimenti perché sarebbe venuto Gesù e con lui lo Spirito che purifica i cuori e brucia come il fuoco tutto quello che non è buon grano, ossia tutte le opere di male. Per questo il Natale che celebriamo è insieme un avvenimento che ci deve far sperimentare la misericordia di Dio, farci vivere rinnovati dalla grazia, praticare le opere di giustizia e di fraternità che ci rendono graditi al Signore e farci essere vigilanti nell’attesa di incontrarlo quando verrà a chiamarci per il suo giudizio.
(Disc. 51; PL 194, 1862-1863. 1865)
Il Cristo è unico, perché Capo e Corpo formano un tutt’uno. Il Cristo è unico, perché è figlio di un unico Dio in cielo e di un’unica madre in terra.
Si hanno insieme molti figli e un solo figlio. Come infatti Capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così Maria e la Chiesa sono una sola e molte madri, una sola e molte vergini. Ambeduemadri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera dello Spirito Santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo, la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il corpo.
Tutt’e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l’altra.
Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch’è detto in generale della vergine madre Chiesa, s’intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d’una delle due può essere inteso indifferentemente dell’una e dell’altra.
Anche la singola anima fedele può essere considerata come Sposa del Verbo di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Viene detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria, in particolare anche per l’anima fedele, dalla stessa Sapienza di Dio che è il Verbo del Padre: Fra tutti questi cercai un luogo di riposo e nell’eredità del Signore mi stabilii (cfr. Sir 24, 12). Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria, in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità.
Solennità della Immacolata Concezione di Maria.
8 DICEMBRE - SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA.
MARIA, CASA COSTRUITA SULLA ROCCIA.
Fin dai primi secoli la Chiesa ha formulato, tenendo conto di ciò che dicono i Vangeli di Maria che è « la piena di grazia », « la Madre del Salvatore », e che, la si invoca, nella preghiera della Sanata Maria, Madre di Dio, l’essenza della sua fede intorno a Madre di Gesù, espressa solennemente nel Concilio di Efeso del 341. Già sant’Ireneo, salutando la Vergine Maria come la « nuova Eva » ne aveva sostenuto l’immacolata concezione. Ma solo nel secolo XV la Chiesa l’ha dichiarata formalmente nella liturgia, finché il papa Pio IX la definì come dogma di fede cattolica nel 1854.
Siamo scelti da Dio per essere santi e immacolati.
Nel nostro mondo, segnato dal male, dall’egoismo, dalla superbia, respiriamo una tara ereditaria, cominciata con il peccato originale e propagata a tutto il genere umano, che ci predispone a compiere il male, perché la superbia ci allontana da Dio.
L0pera della salvezza in Maria e in noi.
« Dio, ci dice san Paolo, ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi mediante Gesù Cristo » (Ef ), così possiamo sperare di vincere il male, essendo inseriti con il Battesimo in una nuova solidarietà, realizzata dal Cristo morto e risorto, che con la sua obbedienza ha vinto il male per noi. Per Cristo, allora, è possibile sconfiggere il male e la morte da parte di tutti.
Fin dal principio del suo esserci in questo mondo, Maria, redenta da Cristo, per la sua vittoria sul male, è, quindi, senza macchia di peccato. Il sacrificio della croce, che agisce in noi per mezzo del Battesimo, già agisce in lei fin dal momento del suo concepimento come dono e privilegio sovrabbondante e sin-golare di grazia, poiché è piena di grazia, ripiena « della potenza dell’Altissimo ». L’immacolata concezione proclama la bontà di Dio che precede ogni merito.
Ogni grazia è così: anche per la quale per la quale siamo rinati nel Battesimo. Con Maria l’umanità ritrova la strada del cammino di santità. Maria, quindi, ha raggiunto la salvezza fin dal primo momento del suo concepimento, ha poi acconsentito all’elezione fattale da Dio con il suo « sì », umile e disponibile, vivendo la grazia della Maternità divina, con la propria donazione al disegno di Dio, per cui Lei non poteva contenere ombra di peccato: essendo Dio santo rende santo tutto ciò che lo contiene.
Maria, adombrata dallo Spirito Santo, inizia i tempi nuovi. Con il suo privilegio è la prima, ma non la sola, perché tutti siamo chiamati ad essere santi e immacolati davanti al Padre celeste. Lei è stata scelta non perché rimanesse da sola a contemplare il favore divino: ma perché questo favore si esten-desse a tutto il genere umano, come diciamo nella preghiera iniziale della celebrazione: « O Padre, tu che hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio e l’hai preservata da ogni peccato, concedi anche a noi di venire incontro a te in santità e purezza di spirito ».
Maria, quindi, non è per questo privilegio distaccata dalla Chiesa. Al contrario in lei Dio ha « ha segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza ». Ella è, quindi, per tutti noi segno di speranza di potere raggiungere la salvezza. Mentre Maria, generando nella carne il Figlio di Dio, è stata privilegiata fin dalla sua immacolata concezione, noi, nell’incontro di fede e di amore con Cristo nel Battesimo, nei sentimenti e nella vita, possiamo imitare il suo esempio e raggiungere la pienezza della grazia, quando il peccato non avrà più nessun potere su di noi.
Prima Lettura: Gn 3,9-15.20
Una inimicizia radicale oppone il serpente, simbolo del male, e la donna con la sua discendenza. Dio lo promette, annunziando così la salvezza per l’umanità peccatrice. Essa si compirà quando il Figlio della donna, Gesù, nella sua Pasqua, vincerà il demonio. Ma questa vittoria incomincia con la concezione di Maria, la Madre di Dio, nella quale già si riflette la grazia della redenzione.
Seconda Lettura: Ef 1,3-6.11-12.
Fin dall’eternità Dio ci ha predestinati ad essere suoi figli, a immagine e per opera del Figlio suo Gesù Cristo, cioè ci ha scelti per essere santi ed eredi con lui. Non è nostro merito ma una pura sua grazia. Così come è pura grazia la concezione immacolata di Maria, epifania dell’amore misericordioso che progetta l’uomo per l’intimità con Dio.
Vangelo: Lc 1,26-38.
Da sempre Maria è stata da Dio immensamente amata: per questo è « piena di grazia ». All’annunzio dell’angelo non si ritrae, non diffida. Ascolta il piano divino e si affida alla potenza e alla forza dello Spirito Santo.
Preparare il cuore ad accogliere il Signore.
6 DICEMBRE – IIa DOMENICA DI AVVENTO.
Dopo il peccato originale, da cui ne è derivato l’allontanamento da Dio dell’umanità, questa non è stata abbandonata a se stessa, nella sua miseria. Dio, nel suo grande amore e nella sua infinita misericordia, ha voluto ristabilire la comunione degli uomini con lui attraverso il suo Figlio, di cui, nel Natale, ricordiamo la sua nascita, storicamente avvenuta duemila anni fa, ma che spiritualmente noi, nella fede, riviviamo attraverso varie modalità, tra cui, soprattutto, l’Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa. In questo tempo di Avvento, attraverso la purificazione del cuore, prepariamo al Cristo, che attendiamo, « Sapienza che viene dall’alto », il nostro cuore. Nell’ascolto delle profezie, delle esortazioni del Precursore Giovanni, ci disponiamo a crescere nei sentimenti e nella disposizione interiore del cuore, per far trovare al Signore una degna dimora. Se lasciamo spazio solo alle dissipazioni e alle preoccupazioni esteriori, ingombrando la nostra vita « di beni terreni, solo di divertimenti e svaghi, più o meno leciti, di lauti pranzi, di hobby più o meno inutili ( che non dobbiamo, certo, demonizzare del tutto!) », senza l’apertura del cuore alla pace con Dio, senza l’espressione della solidarietà con i fratelli più bisognosi, tradiremmo, ancora una volta, lo spirito della nascita del Signore tra noi. Il Signore che nasce è l’Emanuele, il Dio con noi, l’immenso bene che viene dall’alto, il Figlio che viene tra noi e ci è donato dal Padre celeste per riportarci alla comunione d’amore con lui.
Nella Colletta della Messa preghiamo dicendo: « O Dio grande nell’amore, che chiami gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, raddrizza nei nostri cuori i tuoi sentieri, spiana le alture della superbia, e preparaci a celebrare con fede ardente la venuta del nostro Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio ».
Prima Lettura: Bar 5,1-9.
Il profeta Baruc esorta Gerusalemme a deporre le vesti del lutto e dell’afflizione, del dolore e della schiavitù, perché è arrivato il tempo della liberazione, e a rivestirsi dello splendore della gloria che le viene da Dio.. Ancora. Ad avvolgersi nel manto della giustizia di Dio e a cingersi il capo con il diadema di gloria dell’Eterno, che mostrerà al ogni creatura lo splendore di Gerusalemme, che sarà chiamata« Pace di giustizia » e « Gloria di pietà ».
Esorta ancora Gerusalemme a guardare verso oriente per vedere i suoi figli riuniti ed esultanti, dopo essersi allontanati da lei a piedi, incalzati dai nemici, poiché Dio li riconduce in trionfo come sopra un trono regale e toglie ogni ostacolo al cammino di Israele, spianando montagne e rupi, colmando valli, perché proceda sicuro sotto la gloria di Dio, il quale « ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui ».
Tutte queste realtà annunziate si avvereranno pienamente con « L’apparizione della bontà divina in Gesù Cristo », l’Emanuele, il Dio con noi, che il Natale deve ancora ricordarci, per operare con la mentalità e le esigenze del Signore.
Seconda Lettura: Fil i,4-6.8-11.
Paolo scrive ai Filippesi dicendo che prega con gioia Dio per la loro cooperazione alla diffusione del Vangelo, persuaso come è che colui che ha iniziato in loro quest’opera buona la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Chiama inoltre Dio a testimone per l’amore che egli nutre per loro e lo prega perché la loro « carità cresca sempre più in conoscenza e pieno discernimento », perché possano distinguere ciò che è meglio ed « essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio ».
Come ai Tessalonicesi, Paolo ripete la stessa esortazione ad essere « integri e irreprensibili » ai Filippesi che collaborano alla diffusione della Parola del Vangelo, poiché non si può pensare solo alla propria salvezza ma anche quella di tutti. Con l’esempio, la parola, la testimonianza e l’impegno della carità nella comunità tutti sono chiamati ad essere partecipi della missione di salvezza della Chiesa. Così si sarà ricchi di « frutti di giustizia e santità » che il Signore vuole dai suoi discepoli, fino al giorno del suo giudizio.
Vangelo: Lc 3,1-6.
L’evangelista Luca nel presentare l’opera di Giovanni Battista nel deserto vuole situarla dando precise referenze storiche attraverso il tempo dell’imperatore Tiberio Cesare, del governatore Ponzio Pilato in Giudea, del tetrarca Erode in Galilea … sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa. Giovanni nella regione del Giordano predica un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, realizzando così la profezia di Isaia: « Voce di uno che grida nel de- serto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sa sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno dritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! ». Entrambi gli annunzi di Baruc e Isaia delle meraviglie che Dio realizzerà per il suo popolo, per Luca sono rinnovati da Giovanni il Precursore, che prepara la strada per la venuta di Gesù, il Cristo, che deve accolto con un cuore convertito in un radicale cambiamento di vita. Esso consiste nell’abbassare l’orgoglio e la superbia, rettificare le proprie intenzioni anche le più nascoste, essere più sinceri e limpidi nel cuore e, ancora, colmare i vuoti e il distacco che ci fanno vivere nel disinteresse per i fratelli. Solo così è possibile vedere la gloria del Signore e la sua salvezza, in noi e nella nostra umanità, nel giorno del suo Natale che ci apprestiamo a celebrare.
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Attendiamo nella fede e nella speranza la venuta del Signore
29 NOVEMBRE - 1a DOMENICA D’AVVENTO.
Nel tempo dell’Avvento ripercorriamo il cammino dell’umanità dalle origini fino a Cristo. Così i cristiani vivono, attraverso i segni sacramentali, l’attesa del Signore. La Chiesa, Sposa di Gesù, attende il suo Sposo. In questo cammino non possiamo dissiparci, dimenticare Cristo che vuole continuare a rinascere in noi con i suoi sentimenti, i suoi comportamenti, mentre lo ricordiamo nell’avvenimento della sua nascita storica tra noi. Dobbiamo allora riprendere a vivere nella fedeltà a lui e attenderlo nella preghiera, nella fede, nella speranza, attraverso opere compiute nella vera giustizia divina, nella carità e fraternità, così come la Parola di Dio ci ripropone.
Nella Preghiera della Colletta preghiamo dicendo: « Padre santo, che mantieni nei secoli le tue promesse, rialza il capo dell’umanità oppressa da tanti mali e apri i nostri cuori alla speranza, perché sappiamo attendere senza turbamento il ritorno glorioso del Cristo, giudice e salvatore ».
Prima Lettura: Ger 33,14-16.
Il profeta Geremia annunzia, nel nome del Signore, la realizzazione delle promesse di bene che Dio ha fatto alla casa di Israele e di Giuda. Farà infatti germogliare nella casa di Davide un « germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra ». Questi porterà salvezza a Giuda, Gerusalemme godrà tranquillità e si chiamerà « Signore-nostra-giustizia ».
Sarà Gesù il realizzatore di queste promesse preannunziate 400 anni dopo il Re Davide e 600 anni prima la venuta di Gesù Cristo. Egli, il giusto, uomo senza peccato, nasce in mezzo a noi, per portare la giustizia e la santità di Dio tra gli uomini: da lui verrà la grazia e l’innocenza per ogni uomo scaturita dalla sua morte e risurrezione, operata in quanto Messia e Figlio di Dio.
Seconda Lettura: 1 Ts 3,12-4.2.
L’apostolo Paolo, prendendo a paragone il suo amore per i Tessalonicesi, invoca il Signore che li « faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra loro e fra tutti », così ché i loro cuori siano saldi e irreprensibili nella santità della vita, sia davanti a Dio sia per la venuta del Signore Gesù. Inoltre si rivolge a loro « pregandoli e supplicandoli » nel Signore Gesù affinché possano progredire ancora di più, come hanno imparato da lui e come già fanno, « nel modo di comportarsi e di piacere a Dio », avendo dato loro delle norme di vita da parte del Signore.
Per il credente in Dio e per noi cristiani è necessario crescere nell’amore reciproco, essere trovati irreprensibili, non essere riprovati davanti Dio quando il Signore riapparirà per il giudizio con tutti i suoi santi. Bisogna solo preoccuparsi di piacere a Dio, di progredire per una buona condotta e nelle vie del bene per essere a lui graditi, perché « sia che viviamo sia che moriamo a lui apparteniamo ».
Vangelo: Lc 21,25-28.34.36.
Anche in questa prima domenica di Avvento, il brano del Vangelo di Luca ci porta a meditare sugli ultimi eventi escatologici, nei quali « Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra ». In quel giorno il Figlio dell’Uomo apparirà su una nube con grande potenza e gloria.
Quando tutte queste cose cominceranno ad accadere, dice Gesù, bisogna pensare che la nostra liberazione è vicina e bisogna essere pronti per comparire davanti al Figlio dell’Uomo per il giudizio. Il Signore Gesù esorta i suoi discepoli e tutti coloro che lo ascoltano a essere attenti così da non ap- pesantire i propri cuori « in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso » perché esso « come un laccio si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia della terra ».
Ancora. Il Signore ci esorta a vegliare pregando, per avere la forza di sfuggire a ciò che dovrà accadere perché si dovrà comparire davanti al Figlio dell’Uomo.
Ultimo aggiornamento (Sabato 28 Novembre 2015 18:25)
Solennità di Gesù, Re dell'universo..
22 NOVEMBRE – SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO.
Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del Clero
In questa ultima domenica dell’anno liturgico, la Chiesa celebra la solennità di Cristo, Re dell’universo, la cui regalità si costruisce giorno per giorno con la grazia che, se da una parte, ci libera dal peccato, dall’altra ci unisce a lui nella sua obbedienza al Padre. La regalità del Signore Gesù non si fonda come le potenze di questo mondo con la violenza o le armi, ma con il suo sacrificio sulla croce, perché egli «Sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull’altare della croce è diventato Signore » e con la sua resurrezione ha realizzato il progetto salvifico del Padre a favore dell’umanità intera.
Questo regno, fondato sulla riconciliazione dell’umanità operata da Cristo con il Padre, nelle vicende tristi e dolorose, che la storia spesso ci fa sperimentare e agli occhi di tanti, sembra che neppure sia presente nel mondo. In realtà è presente e vi fanno parte quelli che si uniscono alla passione di Cristo vivendo nella giustizia e nella carità, sono disposti a donare la propria vita come il Cristo e a porsi al servizio dell’uomo nelle sua necessità spirituali e materiali, secondo il suo stile ed esempio.
Nella Colletta di questa solennità preghiamo dicendo: « O Dio, fonte di ogni paternità, che hai mandato il tuo Figlio per farci partecipi del suo sacerdozio regale, illumina il nostro spirito, perché comprendiamo che servire è regnare, e con la vita donata ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo, primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra ».
Prima Lettura: Dn 7,13-14.
Il profeta Daniele, nelle visioni notturne, vede « Venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio dell’uomo » che fu presentato ad un vegliardo e gli vennero dati potere, gloria e regno. Tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano. Il suo potere è un potere eterno che non finirà mai e il suo regno non sarà mai distrutto. Nella figura misteriosa del figlio dell’uomo, i credenti in Cristo, riconoscono Gesù che, nel sinedrio, davanti al sommo sacerdote che lo interroga chiedendogli: « Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto? », risponde: « Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo » ( cfr.Mc 14,61-62; Mt 26,63-64; Lc 22,69). E a Pilato, che gli chiede se egli è re, risponde che il suo regno non è di questo mondo, come le potenze mondane. Così Gesù proclama la sua regalità.
Seconda Lettura: Ap1,5-8.
L’apostolo Giovanni, nell’Apocalisse, riprende la visione di Daniele e le parole dette da Gesù. Dopo aver ribadito che Gesù è il « il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra », rinnova la sua fede a « Colui che ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen ». Continua l’apostolo scrivendo: « Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen ». A Cristo si volgeranno, riconoscendo la sua regalità, tutti gli uomini insieme a coloro che, credenti in lui, proprio per il suo sacrificio e il suo sangue, siamo costituiti partecipi del suo Regno: « Ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre ». Tutto questo deriva dall’amore che Dio Padre, nella sua misericordia, ci ha manifestato per mezzo del suo Figlio. Il suo regno, in cui regna la grazia, la carità, la pace, la fraternità, la giustizia, il donarsi e il servire i fratelli, non ha nulla in comune con le violenze di questo mondo, né con le potenze che opera in contrasto con questi valori. Vi partecipano quelli che si sforzano di realizzarli dandovi il loro assenso: « Sì, Amen ». Ancora. Cristo Gesù è Colui che dice: « Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene , l’Onnipotente ».
Vangelo: Gv 18,33b-37.
Gesù a Pilato, che esplicitamente gli chiede se egli è re, risponde: « Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me? ». Quando gli chiede: « Che cosa hai fatto? » Gesù gli risponde: « Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo , i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei, ma il mio regno non è di quaggiù ». E poiché Pilato desidera la conferma della sua regalità, Gesù risponde: « Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce ».
Gesù non esita a proclamarsi re, anche se i segni della sua regalità, di cui i soldati lo hanno addobbato, lo fanno sembrare re da burla. Se agli occhi e alla incredulità umana quei segni irridono Cristo, secondo la prospettiva di Dio, a dispetto di chi lo beffeggia, incominciano a rivelare la strana dignità regale di Colui che, dall’alto del più ignominioso supplizio della croce, avrebbe attirato a sé tutti coloro che, guardandolo, si sarebbero battuto il petto. Con quella morte, « Colui che hanno trafitto » ha redento e purificato dal male l’umanità e tratto a sé, rinnovato, il mondo. Per coloro che accolgono la verità di Dio e lo amano, riconoscendolo nei fratelli, Gesù sarà, nel giudizio universale, non un re da burla, ma il vero e unico Re dell’universo.