





Gesù è il Buon Pastore.
17 APRILE – IV DOMENICA DI PASQUA.
Gesù oggi si presenta a noi come il buon Pastore e noi formiamo il suo gregge. Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia preghiamo dicendo: « O Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici con la forza del tuo Spirito, e fa’ che nelle vicende del tempo, non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita ».
In Cristo risorto, aderendo alla salvezza da lui operata, come pecorelle del suo gregge, siamo chiamati a costituire un’ unica famiglia e a vivere nella gioia della figliolanza divina. Dobbiamo seguire Cristo Pastore con sapienza e costanza, riconoscere la sua voce e lasciarci guidare, nelle vicende della vita e tra le insidie del mondo, da lui. Egli ci conduce alle sorgenti della « vera vita » che viene alimentata dalla sua parola, dai suoi sacramenti e soprattutto dall’Eucaristia, suo Corpo e Sangue e nostro cibo. Gli uomini, dispersi e frammentati tra loro, in lui possono ritrovare l’unità di una « sola famiglia». Questa unità può aversi non solo perché è « dono di Dio », ma anche perché « ognuno è chiamato a superare e a vincere i motivi di divisione che ci sono tra gli uomini ».
Prima Lettura: At 13, 14.43-52.
Nella loro peregrinazione per l’annunzio della Parola del Signore, Paolo e Barnaba giungono a Perge e entrati, di sabato, nella sinagoga si intrattengono con Giudei e proseliti credenti in Dio, esortandoli a perseverare nella grazia di Dio. Ma il sabato seguente, essendosi radunata una moltitudine di gente, i Giudei, presi di gelosia, contrastano le affermazioni di Paolo con parole ingiuriose. Allora Paolo e Barnaba, francamente dicono : « Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani », citando l’ordine del Signore: « Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra ». Così i pagani presenti si rallegrano e glorificano la parola del Signore e molti cedono, mentre la Parola del Signore si diffonde per tutta la regione. Ma i Giudei, sobillando le pie donne della nobiltà e notabili, suscitano atteggiamenti ostili verso i due apostoli ed essi, cacciati dal quel territorio, vanno ad Iconio, pieni di gioia e di Spirito Santo.
Davanti all’annunzio del Vangelo vi è chi rifiuta e respinge la salvezza di Cristo e chi si apre alla sua luce e alla gioia del Signore. Bisogna, certo, rallegrarsi della dignità di figli di Dio e discepoli di Cristo, ma si deve anche riflettere sul dono che Dio ci ha fatto e impegnarsi e perseverare nella sua grazia.
Non basta aver iniziato il percorso della salvezza: occorre proseguire vincendo le tentazioni della stanchezza e della mediocrità di vita, non scoraggiandosi di fronte agli ostacoli e vivendo nella coerenza della dignità cristiana di figli. Se la fedeltà a Cristo, certo, non costa poco, tuttavia ci si deve sforzare di corrispondere con amore al gesto di amore di Cristo, che ha donato la sua vita per noi.
Seconda Lettura: Ap 7, 9.14-17
Nel brano dell’Apocalisse, Giovanni vede attorno al trono di Dio e all’Agnello una moltitudine immensa, di ogni nazione, popolo, tribù, lingua. Tutti hanno vesti candide e tengono palme nelle mani. E uno degli anziani dice: « Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide con il sangue dell’Agnello ». Questi sono quelli che davanti al trono di Dio gli rendono servizio e su di loro Dio stenderà la sua tenda. Essi non soffriranno più né fame né sete, né alcuna altra cosa, perché l’ Agnello che sta in mezzo al trono sarà per loro pastore, li guiderà alle fonti della vita e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi: Gesù è l’Agnello che ha dato la sua vita per lavarci dalle colpe e il pastore che guida verso le fonti della vita eterna. Nella visione celeste della comunità dei salvati, ormai al cospetto di Dio, vi sono i martiri e tutti coloro che, passati dalla tribolazione, sono ormai nella gioiosa comunione con Cristo. Tutti siamo chiamati a rendere la nostra vita monda dal male e a vivere, anche nelle prove, nella fedeltà al Signore e nell’incrollabile certezza che alla sofferenza e alla passione seguirà la gioia e la consolazione che si avrà nella gloriosa comunione con Dio. In Gesù, redentore e Signore universale di tutti, non ci sarà nessuna distinzione di lingua o di razza. Ma fin da ora possiamo attingere, attraverso i sacramenti, alla fonti della vita, di cui l’Eucaristia ne è la principale, perché in essa ci nutriamo del Corpo e Sangue del Signore, e lo Spirito ci disseta e santifica.
Vangelo: Gv 10,27-30.
Nel brano evangelico Gesù ci dice: « Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono ». Il Signore per salvarci ha dato la vita per noi, sue pecorelle, liberandoci dal potere di Satana e, dopo esserci smarriti nelle vie del male, ci ha riportato all’amore di Dio e ci ha donato la sua vita divina. Da lui guidati, con la sua protezione, nessuno può strapparci dalla sua mano. Noi apparteniamo a lui poiché il Padre celeste « che più grande di tutti » a lui ci ha affidati, per cui «nessuno può strapparci dalla mano del Padre » né di Gesù, essendo il Padre e Gesù una cosa sola. Gesù è un pastore singolare, particolare, che ci conosce profondamente e ci ha legati a sé, insieme al Padre, con un legame profondo dal quale nessuno può strapparci: intima, profonda e solida è questa unione. Gesù ci guida con la sua parola e il suo esempio, ci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue, e ci conduce verso i pascoli della vita eterna. Questo vincolo di carità che ci stringe a Cristo e al Padre è il fondamento e la ragione per cui non dobbiamo lasciarci abbattere da nessun evento , pur anche negativo, o disavventura.
Ultimo aggiornamento (Sabato 16 Aprile 2016 19:26)
La testimonianza degli apostoli e dei cristiani deve essere un'obbedienza a Dio più che agli uomini
10 APRILE – TERZA DOMENICA DI PASQUA. (Anno C)
Cristo risorto è presente nella sua Chiesa, comunità dei credenti in lui, soprattutto con l’Eucaristia e con i sacramenti pasquali, con cui comunica la salvezza. Nella Eucaristia riconosciamo il Signore crocifisso e risorto che ci accompagna, come comunità di fratelli, lungo il cammino dell’esistenza terrena, cosi come con i discepoli di Emmaus. La comunità del Signore, raccogliendosi per lo spezzare il pane, pone il segno della nuova umanità, pacificata nell’ amore e nella pace, doni elargiti da Cristo agli uomini, divenuti suoi fratelli, per i quali si è offerto come vittima di espiazione dei loro peccati. Come figli di Dio e fratelli del Signore dobbiamo allora vivere con la carità del risorto.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia ci rivolgiamo al Padre celeste dicendo: « O Padre misericordioso, accresci in noi la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore ».
Prima Lettura: At 5, 27-32.40-41.
In questa pagina degli Atti degli Apostoli, Pietro, davanti alla reiterata proibizione, fatta nel sinedrio dal sommo sacerdote , di non insegnare nel nome di Gesù, per la cui morte era stato fatto ricadere su di loro il suo sangue, risponde insieme agli apostoli: « Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare ad Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che obbediscono ». Dopo averli fatti flagellare e intimato loro di non insegnare nel nome di Gesù, li rimettono in libertà. Gli apostoli se ne vanno lieti per essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
Gli apostoli, timorosi durante la passione di Gesù, adesso sostenuti dalla forza dello Spirito Santo, non vengono intimoriti da nessuna minaccia: affermano con coraggio che Gesù, condannato alla croce, è risorto e che Salvatore chiede che ci si penta dei peccati e ci si converta nel suo nome, perché non c’è altro nome, sotto il cielo, nel quale ci si possa salvare. Dall’amore per il nome di Gesù, essi traggono forza e coraggio e nessuno oltraggio è per loro motivo di avvilimento o di rinunzia alla loro testimonianza del Signore.
Seconda Lettura: Ap 5,11-14.
Nella visione dell’Apocalisse della lettura della Parola di Dio di oggi, Giovanni vide e udì attorno al trono di Dio miriadi e migliaia di migliaia di angeli insieme agli esseri viventi e agli anziani che dicevano: « L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione ». Anche tutte le creature e gli esseri viventi nel cielo e sulla terra e nel mare dicevano: « A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli ». mentre i quattro esseri viventi dicevano: « Amen » e gli anziani si prostrarono in adorazione. Dalla sua immolazione all’Agnello ne viene gloria eterna. Egli a causa della sua morte è stato costituito Signore, davanti al quale ogni ginocchio deve prostrarsi in adorazione da parte di ogni creatura del cielo e della terra. Tutta quanta la creazione e anche noi diciamo il nostro “Amen” di consenso e di amore a Colui che si è offerto per riconciliarci con Padre. Vivere in Cristo significa essere nella vera libertà, dataci da lui per averci sottratto alla schiavitù di Satana e del peccato.
Vangelo: Gv 21,1-19.
Mentre, nel mare di Tiberiade, Tommaso, Natanaele di Cana, i fratelli Giacomo e Giovanni e altri due discepoli si trovano insieme a Simon Pietro, e questi dice loro: « Io vado a pescare », e andando tutti insieme con la barca a pescare quella notte non prendono nulla, Gesù, sul far dell’alba, stando sulla riva si manifesta loro di nuovo. Ad essi che non si sono accorti che è Gesù, dice: « Figlioli, non avete nulla da mangiare? ». Rispondendogli di no, Egli dice loro: « Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete ». Lo fanno e prendono una grande quantità di pesci da non riuscire a trascinare la rete sulla barca. Il discepolo che Gesù amava, riconoscendo Gesù, dice a Pietro che è il Signore colui che ha detto di pescare nella parte destra. Pietro allora, cingendosi la veste ai fianchi, si getta in mare per raggiungere il Signore, mentre gli altri, ritornando a riva, trascinano la rete con i pesci. A riva trovano un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Gesù dice loro di portare del pesce e, mentre Simon Pietro trae a terra la rete piena di centocinquantatre pesci, li invita a mangiare. Poiché nessuno dei discepoli osa chiedere chi sia, avendo riconosciuto che è il Signore, Gesù, avvicinandosi, prende del pane e del pesce e li dà loro. E’ così la terza volta che egli si manifesta, da risorto, ai discepoli.
Dopo aver mangiato, Gesù chiede a Pietro, una prima volta, se lo ama più degli altri ed egli risponde: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene ». E Gesù gli dice: « Pasci i miei agnelli ». Chiedendogli una seconda volta se lo ami, Pietro risponde di nuovo; «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene » e Gesù: « Pasci le mie pecore ». Poiché per la terza volta Gesù gli chiede se gli vuole bene, Pietro, addolorato, gli risponde: « Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene ». Gesù gli dice: « Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi ». Gli indica così con quale morte Pietro avrebbe glorificato Dio e gli aggiunse: « Seguimi ».
Gli apostoli, nella Chiesa, Comunità del risorto, mandati da Gesù a predicare il suo messaggio e ad essere « pescatori di uomini », potranno operare una pesca miracolosa tra gli uomini perché è Cristo che dà incremento alla loro opera di salvezza. L’invito del Cristo rivolto ai discepoli: « Venite a man-giare », egli lo rivolge anche a noi affinché, partecipando dell’Eucaristia e mangiando il suo Corpo e bevendo il suo Sangue, possiamo avere il coraggio, manifestato dagli apostoli davanti al sinedrio, di testimoniare il Signore Risorto, speranza di nuova umanità. La Chiesa, costituita « da pecorelle e da agnelli », non è proprietà di Pietro e degli apostoli, a cui è stata affidata, ma appartiene a Cristo « Pastore supremo delle vostre anime », scrive Pietro. E’ Cristo che pasce la sua Chiesa e chi la guida nel suo nome, nelle vicende della storia, deve guidarla con amore, un amore unico e singolare. A Pietro, affidandogli di guidare la Chiesa, gli chiede, con la triplice richiesta se lo ami, la condizione di amarlo più degli altri. La comunità cristiana gioisce di avere in Pietro, e in coloro che succedono al suo ministero, un pastore visibile che è segno di Cristo. E come Gesù ha fatto, anche la Chiesa deve pregare per Pietro, perché non venga meno in lui l’amore, più degli altri, al Signore.
DOMENICA DELLA MISERICORDIA: GESU' RISORTO COMUNICA LO SPIRITO PER LA REMISSIONE DEI PECCATI.
3 APRILE – II DOMENICA DI PASQUA – Anno C.
Domenica in Albis o « della misericordia ».
In questa Domenica « in Albis », chiamata così per la veste bianca, simbolo della rigenerazione avvenuta nel battesimo ricevuto la notte di Pasqua; o anche « della divina Misericordia », per il mandato che Gesù dona agli apostoli, la sera della risurrezione, apparendo loro e dando lo Spirito Santo, la Chiesa ripensa all’opera di Cristo, morto per gli uomini, e ci fa riprendere coscienza del nostro Battesimo, che è stato il nostro ingresso nel suo mistero pasquale. Alle meraviglie operate da Dio in noi, alla rigenerazione operata in Cristo, mediante la nostra partecipazione alla sua morte e risurrezione, dobbiamo far corrispondere il frutto di una vita nuova, dando una testimonianza nelle nostre opere di Gesù Vivente. Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia ci rivolgiamo al Padre dicendo: « O Padre, che nel giorno del Signore raduni il tuo popolo per celebrare colui che è il Primo e l’Ultimo, il Vivente che ha sconfitto la morte, donaci la forza del tuo Spirito, perché, spezzato i vincoli del male, ti rendiamo il libero servizio della nostra obbedienza e del nostro amore, per regnare con Cristo nella gloria ».
Prima Lettura: At 5,12-16.
La lettura di oggi degli Atti ci propone la vita che conducevano coloro che avevano accolto l’annunzio pasquale degli apostoli e che avevano aderito alla fede nel Signore risorto: « Tutti erano soliti stare insieme, nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava ». Nuovi credenti si aggiungevano e portavano ammalati persino nelle piazze, con lettucci e barelle, perché anche la sola ombra di Pietro, passando tra loro, coprendo qualcuno venisse guarito. Dalle città vicine a Gerusalemme la folla accorreva e portava malati e persone tormentate da spiriti impuri e venivano guariti. La comunità del Signore cresceva per la fede nel Signore, per la parola, la testimonianza degli apostoli e anche per le guarigioni che avvenivano, come per lo storpio guarito, che chiedeva l’elemosina alla Porta Bella del tempio, nel nome di Gesù. I miracoli di Gesù continuavano così ad opera degli apostoli: tutto questo era segno della presenza già operante del Regno di Dio, che Gesù aveva instaurato tra gli uomini Erano segno della redenzione spirituale e del rinnovamento degli uomini. Anche le guarigioni, che avvenivano nel corpo, erano preannunzio della pienezza della risurrezione finale, inaugurata da Cristo risorto, primizia della risurrezione di tutti.
Seconda Lettura: Ap 1,9-11.12-13.17-19.
San Giovanni apostolo, all’inizio del Libro dell’Apocalisse, ci descrive, mentre si trovava nell’isola di Patmos, preso dallo Spirito, nel giorno del Signore, quello che una voce potente, come di tromba, dietro di lui gli disse: « Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese ».
Oltre alla voce, vide, voltandosi, sette candelabri d’oro e in mezzo ad essi un Figlio d’uomo, con abito lungo e con una fascia d’oro al petto. Cadendo come un morto ai suoi piedi per la visione, egli, toccandolo con la destra, gli disse: « Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi », e gli intimò di scrivere le cose presenti viste e quelle che devono accadere in seguito. Nel Giorno del Signore, cioè la Domenica, Giovanni fa la memoria del Signore risorto. Questo giorno, assimilato agli altri giorni, porterebbe facilmente, come di fatto accade, a dimenticarsi di Cristo e svanirebbe la memoria del Signore nell’Eucaristia.
Giovanni vide Gesù morto e risorto, il Primo e l’Ultimo, il Vivente, colui che sostiene la storia e le conferisce significato e continua rinascita. Per la fede cristiana è il Signore Gesù che conduce ugualmente a compimento il disegno salvifico di Dio, poiché egli vive per sempre e ha potere sulla morte e sulle forze infernali degli Inferi. Dobbiamo quindi sentire viva la vittoria di Cristo sulla morte, nutrendo nel cuore fiducia incrollabile nella potenza della sua resurrezione, perché anche a noi dice: «Non temere!». E soprattutto, quando siamo presi dalla sfiducia e dall’avvilimento nei momenti di scoraggiamento, sentircelo dire ci fa riprendere il cammino della testimonianza di lui con coraggio e perseveranza, come ci testimonia Giovanni, relegato nell’isola di Patmos, a causa della Parola di Dio e della sua testimonianza del Signore.
.Vangelo: Gv 20,19-31.
Nel brano evangelico riviviamo l’incontro che avvenne, il giorno dopo il sabato, primo giorno della settimana, di Gesù risorto con gli apostoli, a cui dona la sua pace e l’insieme dei beni che il mistero della Pasqua ha procurato agli uomini: la grazia, la gioia, la speranza, per cui dà mandato, dopo aver effuso il suo Spirito su di loro, di perdonare i peccati nel suo nome.
Così, con l’effusione dello Spirito, ci possono essere rimessi i peccati: la Chiesa, con la missione affidata ad essa tramite il ministero degli apostoli, è il luogo e il sacramento della misericordia e del perdono, dal momento che in essa vive lo Spirito Santo. Non sono i ministri della Chiesa che trasmettono la propria santità ma lo Spirito che rinnova e purifica la vita.
In questo primo incontro non è presente Tommaso, a cui i dodici dicono di aver visto il risorto. Poiché egli dice loro che non avrebbe creduto se prima non avesse visto i segni dei chiodi e toccato le sue piaghe, Gesù riappare otto giorni dopo, e a Tommaso che era presente, gli dice: « Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente! ». Davanti a tutto questo Tommaso esprime la sua professione di fede, riconoscendo Gesù come Signore e Dio. Se noi, come dice Gesù a Tommaso, crediamo senza aver visto e sperimentato saremo beati. E se accogliamo, come scrive san Giovanni nel Vangelo, i segni che sono stati scritti su Gesù e la sua opera, credendo che Egli è il Cristo, il Figlio di Dio, allora avremo la sua vita divina nel suo nome.
Ecco chi è Gesù ed ecco a che cosa tende la predicazione e la narrazione stessa del Vangelo: a fare scoprire in lui il vero Dio e il Signore glorioso. Per questo siamo chiamati fedeli e discepoli. Solo che la nostra fede non deve vacillare.
PASQUA: RISURREZIONE DI CRISTO E NOSTRA.
26-27 MARZO – VEGLIA DI PASQUA
« Notte di grazia »: così chiamiamo questa notte di veglia pasquale.
Una veglia di ascolto, di orazione, di riti.; una veglia che ci associa ai fratelli e che ci induce nell’intimo della coscienza e del rapporto personale con Dio.
Per prima cosa questa veglia sarà illuminata dal Cero pasquale, intorno al quale sentiremo il preconio o l’elogio fatto ai grandi interventi di Dio nell’umanità, che ora si compiono pienamente in Gesù Cristo. Giungiamo a dire: « Felice colpa, che meritò di avere un così’ grande redentore! ».
Seguono diverse letture bibliche: grandi pagine a memoria e a testimonianza della salvezza. La loro proclamazione suscita la risposta del canto salmodico e della nostra preghiera, che domanda di ricevere la grazia dell’evento commemorato.
Con la certezza che Cristo è risorto celebriamo l’Eucaristia, dove è inserito il rito del Battesimo, Cresima ed Eucaristia. I tre sacramenti dell’iniziazione cristiana – Battesimo, Cresima, Eucaristia – rendono presente il mistero pasquale e ce ne fanno partecipi.
Via via che i riti sacramentali si svolgono, il primo sentimento è quello della gratitudine per il dono che già abbiamo da tanti anni ricevuto. Ne comprendiamo il significato e ne assumiamo nuovamente gli impegni, non raramente disattesi. Ma propria la Santa Settimana che sta culminando ci ha ricondotti a viverli più coerentemente, e forse a riavere la grazia perduta.
Partiamo dalla Veglia saziati « con i sacramento pasquali ». Dopo aver celebrato la carità di Dio resta da attestarla con la nostra fraternità in una comunità cristiana, a cui portare la « la gioia del Signore risorto ».
27 MARZO – DOMENICA DI PASQUA.
Il « Giorn0 dopo il Sabato » primo giorno della settimana Gesù risorge da morte, perché con questo evento inizia una nuova creazione, che irrompe nella storia. Ma la fede de i protagonisti dell'evento è incapace di vedere la luce che brilla per l'umanità per la risurrezione del Cristo.
Tutti corrono al sepolcro, compiendo un percorso di fede, attratti dalla notizia, data da Maria di Magdala che si è recata al sepolcro, spinta dal suo amore per il maestro, desiderosa di compiere un gesto di pietà per il suo corpo, ma il cadavere di Gesù non è più dove l'avevano deposto.
Avendo visto la pietra ribaltata, corre dai discepoli portando un annunzio di tristezza: « Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! » Ella pensa ad un furto. Pietro e Giovanni, vanno di corsa, ma senza la gioia di ciò che l'annunzio voleva dare, la risurrezione del maestro. Entrambi, arrivati, vedono i teli posati là in disparte, ma costatano solo segni di morte. Tutto sembra dire che la morte ha avuto il sopravvento. Forse anche noi abbiamo lo stesso senso di morte quando vediamo immigrati sommersi nel mare, malati che cercano pace e trovano violenza, popoli che cercano cibo e acqua e si scontrano contro leggi dell'economia che sono solo a favori degli interessi di pochi. In noi regnano spessi segni di morte, anche se siamo vivi biologicamente. I segni che i due osservano sono muti, ma Giovanni, con due soli verbi, « vide e credette », esprime l'inizio della sua fede, perché « non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti ». I segni, che la fede ci propone, sono muti, se non sono letti alla luce della Scrittura, letta e ascoltata a partire dall'esperienza dell'amore di Dio, come lo fu per Giovanni che, aprendosi alla relazione d'amore con Dio, comprese l'eloquenza di quei segni, che così diventano segni del trionfo della vita del Risorto. E' al risurrezione che vince la morte
Il significato della Pasqua è tracciato in sintesi dal gioioso prefazio di questa santa messa: è il canto dell’umanità all’ « Agnello che ha tolto i peccati del mondo », che « morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato la vita ». Non sono termini vuoti, se abbiamo passato questi giorni nell’accoglienza della Parola di Dio, nella conversione che ha cambiato il cuore, nell’esperienza del perdono.
A giudizio esterno, non illuminato dalla fede e quindi superficiale, tutto sembrerebbe come prima, come sempre. Non è così per il cristiano, il quale giudica secondo la valutazione di Dio e di Gesù Cristo. Portiamo ciascuno nel cuore e nell’esistenza la certezza: « Cristo, mia speranza, è risorto ». Ma se è così, cambia tutto.
Prima Lettura: At 10,34.37-43.
Pietro riassume la vicenda di Gesù di Nazaret: non una vicenda qualsiasi ma l’esito fedele dell’annunzio dei profeti. Iniziata sotto il segno dello Spirito, svolta nell’esercizio della bontà e della potenza risanatrice e liberante, finita nella crocifissione, la vita di Gesù si è conclusa nella risurrezione. Gesù di Nazaret è costituito il Giudice universale. Adesso si tratta di aderire a lui con la fede, poiché da lui proviene la remissione dei peccati. Tutti gli uomini sono coinvolti negli avvenimenti di Gesù che la celebrazione pasquale della Chiesa ha ripreso e riproclamato solennemente, risentendo la testimonianza di Pietro e degli altri, che hanno vissuto il contatto con il Cristo terreno e con il Cristo risorto.
Quindi non si tratta di avvenimenti superati, appartenenti alla cronaca o alla storia del passato. La vita di Gesù e la sua esistenza, ci interpellano adesso, dalla nostra risposta dipende la nostra salvezza.
Seconda Lettura: Col 3,1-4.
Per san Paolo un cristiano è uno già risuscitato con Cristo. Infatti un cristiano è tale perché riceve lo Spirito Santo, che porta nel nostro cuore Gesù risorto da morte. Ma se questo è vero, dice l’apostolo, il desiderio del cristiano aspira a Gesù, glorioso alla destra del Padre. Un vincolo reale lo lega al Signore, lo nasconde in lui.
Si direbbe che la vita del cristiano ha due livelli: quello che si vede, e che non è il più vero e il più consistente, e quello che non si vede, e che invece è il più autentico ed è costituito dalla sua relazione con Gesù Cristo.
Seconda Lettura: 1Cor 5,6-8.
Il credente è una creatura tutta nuova: nessun legame, nessun lievito, dice san Paolo, deve implicarlo con la vita di prima. Il lievito significa la malizia, l’insincerità, la menzogna: in una parola, tutto quanto non costituisce la vita redenta, ma quella ancora che sta sotto la forma, il segno e la forza del peccato.
Vangelo: Gv 20,1-9.
Davanti alle prove, alle tracce che Cristo è risorto, e nonostante la parola stessa di Gesù che l’aveva preannunziato, gli apostoli fanno fatica a credere che egli è risorto da morte. Per Maria di Magdala l’hanno portato via. Se Pietro entra nel sepolcro e constata soltanto, nel discepolo che Gesù amava subito si accende la certezza della fede: dinanzi a quei segni non si limita a vedere, crede, Sarà laboriosa a nascere e a imporsi a loro la fede nella risurrezione. Poi diventerà l’irresistibile convinzione, che darà senso a tutta la missione e a tutta la vita degli apostoli, testimoni del Risorto.
VENERDI' SANTO: IN PASSIONE DOMINI
25 MARZO – Venerdi’ Santo « In PASSIONE DOMINI»
Commemoriamo nel Venerdì Santo la morte del Signore. Lo vediamo come il Servo; su di lui pesano le nostre colpe, ma dalla sua umiliazione viene il nostro riscatto. Dalle piaghe di Gesù sono risanati gli uomini.
Oggi è il giorno dell’immensa fiducia: Cristo ha conosciuto la sofferenza, da lui riceviamo misericordia e in lui troviamo grazia. E la imploriamo per tutti gli uomini nella preghiera universale.
Oggi è il giorno della solenne adorazione della croce: lo strumento del patibolo è diventato il termine dell’adorazione da che vi fu appeso il Salvatore del mondo.
Siamo sempre sotto la croce. Non c’è momento, non c’è situazione dove non entri la croce a liberare e a salvare. Infatti essa si manifesta in noi ogni giorno, se siamo discepoli fedeli del Signore. Non chiediamogli tanto di discendere dalla croce, quanto di avere la forza di restarci con lui, nella speranza della risurrezione.
Prima Lettura: Is 52,13-53.12.
Dal « Servo di Dio «, « schiacciato per le nostre iniquità », e dalla sua intercessione per i peccatori, ci viene la liberazione e il perdono. Questo servo misterioso porta già in sé i segni e le vicende della passione e del dolore di Cristo, per mezzo del quale sarà compiuta « la volontà del Signore », cioè il piano di redenzione del genere umano.
Seconda Lettura: Eb 4,14-16; 5,7-9.
Non dobbiamo trascurare l’aspetto doloroso della nostra redenzione, cioè la sofferenza e il sacrificio del Figlio di Dio sulla croce, la sua consegna al Padre, la sua obbedienza e preghiera che Dio ha ascoltato, richiamandolo dalla morte con la risurrezione. Per questa obbedienza, che ce lo ha reso intimamente socio e partecipe della nostra umanità, il suo sacrificio è stato gradito e noi siamo stati salvati. Dobbiamo essere in comunione con l’obbedienza di Gesù: questo vuol dire fare la volontà di Dio.
L’intercessione di Cristo continua, ed è garanzia della sua fedeltà a noi, ed è aiuto per la nostra risposta a lui.
Vangelo: Gv 18,1-19.42.
Gesù compie la sua passione nell’affidamento totale al Padre, nella piena libertà del suo dono. E’ lasciato solo, tradito, rinnegato: è « l’uomo solo » che muore « per il popolo ». E tuttavia appare nella sua regalità. I segni di essa, presi per irrisione dai soldati e dagli altri, ne sono l’indice profetico e misterioso. Ma per capirlo bisogna essere dalla parte della Verità, bisogna entrare nel disegno di Dio.
« Io sono re » dice Gesù « Chiunque è dalla Verità, ascolta la mia voce ». Noi incontriamo Cristo e ne siamo redenti a questa condizione. Pilato con la sua cieca e pavida viltà non si trova da questa parte e lo consegna. Lo consegniamo ogni volta che pecchiamo, che preferiamo la menzogna.
Emerge nella passione la lucidità, la determinazione di Cristo. Egli non è uno offuscato e spezzato. In quel momento è tutta la Scrittura che si compie in lui, ed egli è consapevole. Ascoltiamo le sua parole, e accogliamo il suo testamento. Ci lascia la Madre sua, Maria; e proclama la sua sete: è la sete che ha dell’amore del Padre e degli uomini.
E’ l’agnello vero pasquale; la fonte dell’acqua e del sangue, dello Spirito che disseta, e del sacrifico che redime. E’ il trafitto che attrae lo sguardo e il desiderio dei popoli. Sul Calvario avvengono le vicende in Gesù che interessano la storia di tutto il mondo, di ogni tempo: la storia della nostra comunità che sta celebrando la Pasqua, della nostra anima che una volta ancora riceve la grazia di questa contemplazione e dei suoi frutti. L’avvenimento è passato, ma il suo segno, la sua grazia, la sua efficacia, rimangono.