IL VERBO SI FECE CARNE E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI.
3 GENNAIO – II DOMENICA DI NATALE.
Il Verbo eterno si è fatto carne.
Nella vita di Cristo il Natale non è il mistero compiuto. Il disegno di grazia è pienamente attuato nella morte e nella risurrezione, in cui anche la natività, che è l’inizio della salvezza riceve senso e definitiva efficacia.
Non cessiamo di accogliere in festa e contemplare gioiosi il Figlio di Dio come redentore.
Nessuno amerà mai un uomo con l’intensità con cui Dio lo ama. E’ tempo, quello natalizio, per ripensarci e allora si ravviva la carità e anche si riaccende il sentimento della presenza e della compagnia di Dio nelle nostre singole esistenze, facilmente esposte a rinchiudersi nell’avvilimento e nella solitudine; talora persino a lasciarsi sopraffare dalla coscienza del peccato, per la dimenticanza che nel Natale di Cristo siamo redenti e giustificati e che siamo uomini « che Dio ama ».
La liturgia della Parola, oggi, ci fa riflettere sull’origine eterna di Cristo e sul significato che la sua venuta ha per l’umanità. Egli è la Sapienza dell’ Antico Testamento, il Verbo di San Giovanni che si è fatto carne e in lui il Padre ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi.
La realtà salvifica nel progetto di Dio.
In questa domenica meditiamo, partendo dalla Parola, sul dispiegarsi del progetto salvifico di Dio, iniziato dall’eternità. Nel Prologo del Vangelo di Giovanni, partendo dall’evento della nascita di Gesù, risaliamo alla sua origine divina ed eterna: « In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio », per cui viene affermata la divinità del Logos, il quale si è fatto carne in Gesù, che è Dio, uguale al Padre nella Trinità divina, distinto e non separato dal Padre.
Prima Lettura: Sir 24,1-2.8-12.
Anche il Siracide fa risalire all’eternità l’esistenza della Sapienza, la quale parla di sé, della sua origine e di ciò che compie e prende dimora nella nostra storia, poiché, come dice Giovanni, “ il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi ”. La Sapienza ha posto la sua stabile dimora in mezzo a noi con l’incarnazione del Figlio di Dio, generato dal Padre fin dall’eternità. L’Antico Testamento aveva già presentato la strada della salvezza, che è dono di Dio e frutto dello Spirito Santo.
A suo tempo infatti manderà il suo stesso Verbo, cioè Gesù Cristo, tra gli uomini.
Seconda Lettura: Ef 1,3-6.15-18.
Per Paolo, il piano eterno si salvezza, realizzato nel tempo, fin dall’eternità ha i suoi effetti nella vita degli uomini: fin dall’eternità, « prima della creazione del mondo », Dio ci ha scelti, benedetti e predestinati ad essere suoi figli adottivi in Gesù, il Figlio suo diletto, e quindi per vivere nella santità e nella grazia che riceviamo da Cristo. La festa natalizia ravviva la consapevolezza della nostra vera vocazione e la nostra conoscenza di Cristo, perché in Lui, Figlio unigenito, che si abbassa, accettando di farsi uomo, solidarizzando con noi e offrendosi in sacrificio per i nostri peccati, si radica l’amore misericordioso del Padre per gli uomini.
Vangelo: Gv 1,1-18.
« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’Evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio è Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo e non in apparenza.
Davanti al progetto di Dio l’uomo liberamente può rispondere accettando o rifiutando di parteciparvi, perché, pur essendo “ il mondo stato fatto per mezzo del Verbo, il mondo non lo ha riconosciuto” e “venuto tra i suoi, i suoi non lo hanno accolto “.
MARIA, MADRE DI DIO.,
1 GENNAIO- MARIA SS. MADRE DI DIO
Giornata Mondiale della Pace.
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordio-so », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto della collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C.
Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’Incarnazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo. « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Cristo Signore ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta, facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè, chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E Tutto questo, come dono di Dio si realizza in Gesù. La Chiesa in questa benedizione ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno e noi, con altrettanta verità all’augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un «buon anno».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7.
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli. Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, di natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene da in Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre, perché siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24).
Così San Paolo esclude ogni auto-salvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questo avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere la salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo: Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre al presepio. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia, ritornando alla nostre occupazioni e condizioni abituali, non dimentichiamo quella nascita, quell’innocenza e quell’amore che ci hanno attratti in questi giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria.
FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARET.
27 DICEMBRE – FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA
GESU’, MARIA E GIUSEPPE.
La Chiesa celebra oggi la santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe, a cui la famiglia cristiana guarda, per realizzare lo stesso stile di vita. La famiglia di Gesù, pur nella sua singolarità, è presentata dalla Chiesa come « vero modello di vita » per imitarne le virtù e realizzare lo stesso rapporto che essa ebbe verso Dio e verso gli uomini. Le famiglie cristiane, oggi, sono chiamate a vivere nell’amicizia e nella pace con Dio e i genitori cristiani devono sentirsi partecipi della « fecondità dell’amore divino », mentre i figli devono « crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini come Gesù. Pur tra le prove della vita, le incomprensioni e le varie situazioni a cui si va incontro: sofferenza, angosce e tribolazioni, le famiglie cristiane sanno che, come nella Famiglia di Nazareth, essi possono attingere
da essa esempio di vita e da Dio la grazia e la forza per vivere nella fedeltà gli impegni e i compiti a cui il Egli li chiama. L’Eucaristia, mensa che ci nutre tutti come figli di Dio, come noi crediamo rinvigorisce la nostra fede.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, pietà e grazia, rendendo lode al tuo santo nome ».
Prima Lettura: 1 Sam 1.20-22.24-28.
Al bambino che Dio concesse ad Anna, moglie di Elkanà, venne dato nome Samuele, « perché - lei diceva - al Signore l’ho richiesto ». Anna, quando il marito, come ogni anno, si recò ad offrire il sacrificio per soddisfare al suo voto, non andò dicendogli: « Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre ». Quando il bambino crebbe fu portato insieme ad un giovenco, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo. Ivi presentarono il fanciullo al sacerdote Eli e Anna gli disse: « Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore…Il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore ».
Così Anna cede al Signore, che autore e principio di ogni vita, suo figlio, il quale, non costretto nella scelta, si consacrerà a Dio con piena dedizione, adempiendo alla missione di giudice e profeta nel popolo d’Israele. Da ciò i Cristiani imparano che i figli appartengono a Dio creatore e che devono essere educati affinché essi prendano consapevolezza di Dio, sorgente della libertà e della riuscita perfetta della loro vita.
Seconda Lettura: 1 Gv 3,1-2.21-24.
San Giovanni ci dice in questo brano che l’amore di Dio ci ha fatti realmente suoi figli, « ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo perché quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è ». Esorta quindi ad avere fiducia in lui e, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, « qualunque cosa gli chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito ». Esorta, infine, a vivere il suo comandamento che è credere nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e amarci gli uni gli altri, secondo il suo precetto. Osservando i comandamenti si rimane nell’amore di Dio e che Dio è in noi lo conosciamo dallo Spirito che ci ha dato.
Questa condizione di figliolanza non appare ancora visibilmente e perfettamente. Ciò avverrà quando saremo introdotti nella stessa condizione del Figlio risorto, ma fin d’ora lo stile di vita del discepolo, cioè la pratica del l’amore a Dio e ai fratelli, mediante la carità teologale, rivela questa figlio- lanza. Giovanni, nella sua concretezza, non annette valore alle parole, ma ai fatti, cioè all’osservanza del precetto della carità. La famiglia, come piccola chiesa domestica, è il luogo dove la testimonianza dei genitori fa crescere i figli in questa dimensione spirituale della vita.
Vangelo: Lc 2,41-52.
Luca ci racconta l’esperienza vissuta dalla santa Famiglia quando Gesù si smarrisce nel tempio, portato per la prima volta, secondo la consuetudine, nel tempio di Gerusalemme, all’età di dodici anni. Ritornando a Nazareth, dopo un giorno di cammino, Maria e Giuseppe si accorgono che Gesù non è con loro nella comitiva. Lo cercano tra parenti e conoscenti e non trovandolo, tornano allora, angosciati e trepidanti, a Gerusalemme. Lo ritrovano, dopo tre giorni, nel tempio, seduto in mezzo ai dottori della Legge, mentre li ascoltava e li interrogava e chi lo ascoltava rimaneva stupito per la sua intelligenza e le sue risposte. Maria, allora, rivolta dolcemente al figlio dicendo: « Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavano ». E Gesù: « Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? ». Maria e Giuseppe non compresero. Allora Gesù, con loro, ritornò a Nazareth, stava loro sottomesso, e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini, mentre Maria custodiva nel suo cuore tutte queste cose.
Maria e Giuseppe ritrovano Gesù che ha già consapevolezza della missione che il Padre celeste gli ha affidato: compiere in pienezza la volontà del Padre.
Di questo disegno non tutto però è chiaro immediatamente, poiché non comprendono pienamente le parole dette da Gesù. Gesù non si ribella per questo e si prepara al disegno del Padre con la sottomissione a loro e con la crescita « in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini ».
E' nato per noi un Bimbo! Gesù, il Salvatore.
Vigilia del Santo Natale.
25 Dicembre – NATALE DEL SIGNORE.
La festa del Natale è imminente. Siamo alla vigilia. Domani saremo tutti nella gioiosa sorpresa del Figlio eterno di Dio, nel « grande giorno che ha dato inizio alla nostra redenzione ». Oggi è giorno di raccoglimento e di preghiera. Così viviamo l’attesa, e non solo del Natale, ma anche della definitiva apparizione di Cristo giudice. Se guardiamo ai nostri meriti, siamo presi dallo smarrimento, ma se consideriamo l’amore del Padre, che a Natale si rivela, al timore succede la speranza. Una speranza che in quello stesso amore attinge forza e coerenza.
Prima Lettura: Is 62,1-5.
L’umanità non sarà più abbandonata, devastata, priva di amore. Essa avrà il suo Sposo: Dio stesso, che si unisce agli uomini con il dono della grazia. Anzi col dono del suo medesimo Figlio fatto uomo. La promessa di Dio e il desiderio del profeta si compiranno a Natale.
Seconda Lettura: At 13,16-17.22-25.
Ormai sta per apparire Colui che Giovanni aveva preannunziato e per il Quale aveva preparati gli animi: è Gesù, il Salvatore, che libera Israele e tutti i popoli. L’attesa e la speranza, tenute vive dai credenti, trovano la loro soddisfazione.
Vangelo: Mt 1,1-25.
Gesù è il Figlio di Dio, ma nasce anche come vero uomo, inserito in una genealogia. Egli è chiamato dall’evangelista Matteo figlio di Davide, per mezzo del quale risale ad Abramo. Egli nasce da Maria verginalmente, mentre Giuseppe, lo sposo della Vergine, gli fa da padre terreno. Come Maria, anch’egli ha dato il suo consenso di fede alle parole dell’angelo e ha legato la propria vita a quella di Gesù Salvatore. Fare Natale significa entrare nella storia di Gesù, assumerla e lasciarsi prendere da essa. In certo modo: riviverla in noi.
Celebrazione della NOTTE SANTA DEL NATALE DEL SIGNORE.
Siamo ammirati e festanti. La ragione è questa: che quando nasce il Salvatore noi siamo salvati. In Gesù – come dice il secondo prefazio – Dio appare « visibilmente nella nostra carne » e incomincia « ad esistere nel tempo ». Dio si fa sempre vicino e l’umanità on tutto l’universo viene sollevata dalla sua caduta e redenta. A Natale si compone in unità la famiglia di Dio. Non possiamo essere tristi, e dobbiamo darci da fare perché anche gli altri, a cominciare dai nostri di casa, siano nella gioia.
Prima Lettura: Is 9,1-6.
« Un bambino è nato per noi »: bisognoso , come bambino, di cure materne. Eppure è « il Dio potente» », colui che illumina il mondo e che spezza il giogo dell’oppressione. Non facendo una rivoluzione con la violenza, ma trasformando il mondo con l’amore. Dal presepio dobbiamo portar via propositi di carità e di pace.
Seconda Lettura: Tt 2,11-14.
Il Natale deve toccare la nostra condotta, indurci a vivere secondo l’esortazione di san Paolo - « con sobrietà, con giustizia e con pietà ». Ossia a vivere in grazia e a comunicarla agli altri con la parola e l’esempio. Così siamo coerenti con il modo di fare di Gesù, che « ha dato se stesso ». Dare noi stessi è lo stile proprio del cristiano anche nelle piccole cose. Mettiamo al secondo posto il nostro io, facilmente egoista, per interessarci di quelli che sono più dimenticati e trascurati.
Vangelo: Lc 2,1-14.
Il Natale è la festa della semplicità e della povertà di Dio. Il Figlio suo è deposto in una mangiatoia, l’unico luogo trovato disponibile. E’ la prima lezione che raccogliamo celebrandone la festa. Ma intorno all’umiltà della grotta si diffonde la presenza degli angeli. Essi invitano alla gioia, e infatti annunziano il vangelo, danno la bella notizia che è apparso il Salvatore.
Se è così come si fa ad essere ancora avviliti, avidi ricchezza, prepotenti? Uno dei segni che facciamo un buon Natale e che non ci limitiamo ad augurarlo a parole, è che portiamo pace e bontà col perdono, con l’aiuto ad un fratello ammalato, con una visita che sappiamo gradita. Del resto Il Natale c’è perché Dio ci ama.
Celebrazione del Natale del Signore all’aurora.
Eravamo un’umanità toccata intimamente dal peccato, ma a Natale appare in mezzo a noi il Verbo fatto uomo. Da qui misuriamo quanto sia grande e misterioso l’amore che Dio ha per l’uomo: lo fa rinascere, lo rinnova, lo guarisce, lo rende partecipe della vita immortale. Se per opera di Dio avviene tutto questo, possiamo comprendere quanto sia alta ai suoi occhi ora la dignità dell’uomo. La dobbiamo rispettare in noi e negli altri. Non dobbiamo più deturparla con il ritorno alla mentalità di peccato.
Prima Lettura: Is 62, 11-12.
« Arriva il tuo Salvatore »: Isaia ne dava l’avviso a Israele, La Chiesa, con maggiore verità, ce ne ripete l’annunzio: il Salvatore è nato a Betlemme.
Seconda Lettura : Tt 3,4-7.
Il Natale del Signore è la suprema manifestazione della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini. Questo amore diviene concreto per noi con il dono dello Spirito Santo elargito nel Battesimo e poi in tutti gli altri sacramenti. Si può dire che facciamo il Natale del Signore, quando riceviamo i sacramenti, e la vita di Gesù si inserisce in noi. Pensiamo al sacramento della Penitenza e a quello dell’Eucaristia durante questi giorni per riceverli e farci santificare con la sua presenza in noi.
Vangelo: Lc 2,15-20.
I Pastori vanno con sollecitudine fino a Betlemme dopo l’avvertimento degli angeli. Non sono i potenti ma gli umili a recarsi alla grotta, a gioire del Vangelo, a dare gloria a Dio. Senza un’umiltà profonda, senza la meditazione, a somiglianza di Maria, la Madre di Gesù, non si capisce e non si gusta nulla del Natale.
Celebrazione del giorno del Natale.
Dal grembo santo di Maria, vergine illibata, viene a noi il Figlio di Dio. E un prodigio che solo la potenza divina sa operare, una grazia che solo lo Spirito Santo può elargire. Oggi comprendiamo che più della creazione, è dono immenso la redenzione, che ci rende partecipi della vita stesso di Dio: « in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti ». A Natale ci troviamo rinati come figli di Dio. Da qui parte il nostro desiderio e la nostra ricerca delle « cose invisibili » che sono le più autentiche e vere.
Prima Lettura: Is 52, 7-10.
Il lieto annunzio « il Vangelo », è questo: che Dio è in mezzo agli uomini. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi! Egli è il nostro Redentore, per cui le ragioni della tristezza sono venute meno.
Seconda Lettura: Eb 1,1-6.
Il Figlio di Dio che nasce a Betlemme è la Parola divina definitiva. Tutte le cose trovano in lui il loro fondamento. Ora, compiuta la purificazione dei peccati, egli si trova glorioso alla destra del Padre. In Cristo Dio ha manifestato tutto se stesso: le varie parole e profezie dell’ Antico Testamento si riassumono in Gesù, verso il quale tendeva tutta la speranza di Israele.
Vangelo: Gv 1,1-18.
« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio di Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo e non solo in apparenza. Quanti lo accolgono nella fede diventano a loro volta figli di Dio, sono generati da Dio. Allora il Natale è la festa della famiglia cristiana. Lo sforzo, dinanzi al presepio, è quello di riconoscere in ogni uomo un vero fratello.
E’ NATALE !
O Buon Dio, che bambinello
nasci tra il bue e l’asinello,
ti sei fatto per noi poverello,
per diventare nostro fratello.
Tra Giuseppe e la Madre Maria,
Tu non mostri divin signoria,
ma sono gli angeli che in armonia
cantan festanti e gioiosa allegria.
Gli angeli cantan in lieta esultanza
per l’uomo che attende nella speranza:
la pace nel mondo ha la sua importanza
da perseguir con fedeltà e costanza.
La verità che con lui è germogliata
dal ciel la giustizia da Dio è donata:
l’umanità è così rinnovata
dalla salvezza da Gesù operata.
Vivi il Natale con fraternità e amore
allor la gioia inonderà il tuo cuore;
sarai gradito al tuo Dio e Signore
che irradierà il suo divin splendore.
Buon e gioioso NATALE
nel SIGNORE GESU’
Leonforte 24 Dicembre 2015 don Antonino Lo Grasso
Ultimo aggiornamento (Venerdì 25 Dicembre 2015 01:36)
Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto.
20 DICEMBRE – IV DOMENICA DI AVVENTO.
Per ricevere la grazia e entrare nel mistero del Natale sono necessarie queste tre condizioni:ascoltare la Parola di Dio, obbedire nella fede al Signore e aderire alla sua santa volontà, come ha fatto la Beata Vergine Maria, nel cui grembo il Figlio di Dio, Verbo eterno del Padre, ha rivestito la nostra carne per la virtù e la potenza dello Spirito Santo. Come Maria, la Chiesa, per azione dello Spirito, deve portare Cristo al mondo. Anche in noi, per la fede, Cristo nasce nei nostri cuori, con le nostre opere e la nostra testimonianza. Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, che hai scelto l'umile figlia di Sion per farne la tua dimora, dona alla Chiesa una totale adesione al tuo volere, perché imitando l'obbedienza del Verbo venuto nel mondo per servire, esulti con Maria per la tua salvezza e si offra a te in perenne cantico di lode ».
Prima Lettura: Mic 5,1-4.
Nella profezia di Micea viene preannunziato che da Betlemme di Efrata, piccolo villaggio di Israele, sarebbe venuto colui che sarebbe stato il dominatore in Israele e le cui origini sono dall’antichità. Israele sarebbe stato in potere altrui fino a quando una vergine lo avrebbe partorito e il resto dei suoi fratelli sarebbe ritornato a riunirsi con Israele. Il Messia annunziato avrebbe pascolato con la forza e la potenza del Signore e la maestà del suo Dio; sarebbe stato grande fino agli estremi confini della terra, anzi è lui la pace in persona. Davanti a Dio, più che la visibilità terrena, vale ciò che il Signore compie per mezzo di persone o luoghi umili, come Betlemme, da cui sarebbe uscita la regalità di Davide, che nel Messia-pastore avrebbe avuto la massima realizzazione: questi avrebbe portato la liberazione, dato sicurezza e portato la pace in tutto il mondo. Alla sua nascita a Betlemme, gli angeli cantano: « Pace in terra agli uomini che il Signore ama ».
Seconda Lettura: Eb 10,5-10.
Il brano della Lettera agli Ebrei pone sulla bocca di Cristo la sua risposta di Figlio al Padre: « Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà ». Con questa piena adesione alla volontà del Padre, Gesù abolisce i sacrifici antichi e costituisce il nuovo sacrificio con l’offerta di se stesso. Mediante questa volontà salvifica gli uomini sono stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per tutte. I sacrifici antichi, costituiti dall’offerta di capri, agnelli e buoi, vengono sostituiti con l’offerta sacrificale del Figlio, che con un gesto unico dedica se stesso e la sua disponibilità a fare la volontà del Padre. Con il sacrificio della croce Gesù offre se stesso, in obbedienza al Padre e in amore per gli uomini, come vittima di espiazione dei nostri peccati. Tale gesto, compiuto da Cristo una sola volta, non ha bisogno di essere ripetuto: esso ha un valore eterno perché compiuto da Cristo, uomo-Dio. E l’Eucaristia rende presente, in ogni tempo e luogo, per la virtù e l’azione dello Spirito di Dio, questo evento salvifico.
Vangelo: Lc 1,39-45.
Dopo aver ricevuto l’annunzio dall’angelo per la sua divina maternità e aver saputo che la cugina Elisabetta, pur essendo in età avanzata, era al sesto mese della sua gravidanza, Maria si mette, prontamente, in viaggio per raggiungere, nella regione montuosa della Giudea, la cugina. Giunta da Elisabta, non appena la saluta, il bambino della cugina esulta di gioia nel suo grembo. Elisabetta, allora, ripiena di Spirito Santo, esclama: « Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto ».
Elisabetta elogia Maria per la sua fede e per la sua adesione alla volontà di Dio. Riconosce in Maria la benedizione di cui Dio l’ha colmata essendo divenuta la madre del suo Figlio. La proclama beata perché Ella ha creduto alla parola di Dio e si è affidata totalmente alla sua volontà. Portando Maria Gesù nel suo grembo, con la sola vicinanza alla cugina, le fa sussultare di gioia il bambino che porta nel suo grembo, reso fecondo per il dono del Signore. Maria, nella sua umiltà, non riconosce alcun merito in sé, come canta nel Magnificat. Ciò che è avvenuto in lei è opera della benevolenza di Dio, che opera i suoi prodigi nei poveri e negli umili, in quelli che il mondo spesso emargina. Dio ha operato in Maria non per la sua grandezza ma per la sua umiltà.
Ultimo aggiornamento (Sabato 19 Dicembre 2015 21:17)