





SOLENNITA' DI CRISTO RE DELL'UNIVERSO.
25 NOVEMBRE – SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO.
Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del Clero
In questa ultima domenica dell’anno liturgico, la Chiesa celebra la solennità di Cristo, Re dell’universo, la cui regalità si costruisce giorno per giorno con la grazia che, se da una parte, ci libera dal peccato, dall’altra ci unisce a lui nella sua obbedienza al Padre. La regalità del Signore Gesù non si fonda come le potenze di questo mondo con la violenza o le armi, ma con il suo sacrificio sulla croce, perché egli «Sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull’altare della croce è diventato Signore » e con la sua resurrezione ha realizzato il progetto salvifico del Padre a favore dell’umanità intera.
Questo regno, fondato sulla riconciliazione dell’umanità operata da Cristo con il Padre, nelle vicende tristi e dolorose, che la storia spesso ci fa sperimentare e agli occhi di tanti, sembra che neppure sia presente nel mondo. In realtà è presente e vi fanno parte quelli che si uniscono alla passione di Cristo vivendo nella giustizia e nella carità, sono disposti a donare la propria vita come il Cristo e a porsi al servizio dell’uomo nelle sua necessità spirituali e materiali, secondo il suo stile ed esempio.
Nella Colletta di questa solennità preghiamo dicendo: « O Dio, fonte di ogni paternità, che hai mandato il tuo Figlio per farci partecipi del suo sacerdozio regale, illumina il nostro spirito, perché comprendiamo che servire è regnare, e con la vita donata ai fratelli confessiamo la nostra fedeltà al Cristo, primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra ».
Prima Lettura: Dn 7,13-14.
Il profeta Daniele, nelle visioni notturne, vede « Venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio dell’uomo » che fu presentato ad un vegliardo e gli vennero dati potere, gloria e regno. Tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano. Il suo potere è un potere eterno che non finirà mai e il suo regno non sarà mai distrutto. Nella figura misteriosa del figlio dell’uomo, i credenti in Cristo, riconoscono Gesù che, nel sinedrio, davanti al sommo sacerdote che lo interroga chiedendogli: « Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto? », risponde: « Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo » ( cfr.Mc 14,61-62; Mt 26,63-64; Lc 22,69). E a Pilato, che gli chiede se egli è re, risponde che il suo regno non è di questo mondo, come le potenze mondane. Così Gesù proclama la sua regalità.
Seconda Lettura: Ap1,5-8.
L’apostolo Giovanni, nell’Apocalisse, riprende la visione di Daniele e le parole dette da Gesù. Dopo aver ribadito che Gesù è il « il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra », rinnova la sua fede a « Colui che ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen ». Continua l’apostolo scrivendo: « Ecco, viene con le nubi e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo trafissero, e per lui tutte le tribù della terra si batteranno il petto. Sì, Amen ». A Cristo si volgeranno, riconoscendo la sua regalità, tutti gli uomini insieme a coloro che, credenti in lui, proprio per il suo sacrificio e il suo sangue, siamo costituiti partecipi del suo Regno: « Ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre ». Tutto questo deriva dall’amore che Dio Padre, nella sua misericordia, ci ha manifestato per mezzo del suo Figlio. Il suo regno, in cui regna la grazia, la carità, la pace, la fraternità, la giustizia, il donarsi e il servire i fratelli, non ha nulla in comune con le violenze di questo mondo, né con le potenze che opera in contrasto con questi valori. Vi partecipano quelli che si sforzano di realizzarli dandovi il loro assenso: « Sì, Amen ». Ancora. Cristo Gesù è Colui che dice: « Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene , l’Onnipotente ».
Vangelo: Gv 18,33b-37.
Gesù a Pilato, che esplicitamente gli chiede se egli è re, risponde: « Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me? ». Quando gli chiede: « Che cosa hai fatto? » Gesù gli risponde: « Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo , i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei, ma il mio regno non è di quaggiù ». E poiché Pilato desidera la conferma della sua regalità, Gesù risponde: « Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce ».
Gesù non esita a proclamarsi re, anche se i segni della sua regalità, di cui i soldati lo hanno addobbato, lo fanno sembrare re da burla. Se agli occhi e alla incredulità umana quei segni irridono Cristo, secondo la prospettiva di Dio, a dispetto di chi lo beffeggia, incominciano a rivelare la strana dignità regale di Colui che, dall’alto del più ignominioso supplizio della croce, avrebbe attirato a sé tutti coloro che, guardandolo, si sarebbero battuto il petto. Con quella morte, « Colui che hanno trafitto » ha redento e purificato dal male l’umanità e tratto a sé, rinnovato, il mondo. Per coloro che accolgono la verità di Dio e lo amano, riconoscendolo nei fratelli, Gesù sarà, nel giudizio universale, non un re da burla, ma il vero e unico Re dell’universo.
VEDRANNO IL FIGLIO DELL'UOMO VENIRE SULLE NUBI DEL CIELO.
18 NOVEMBRE – XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipando all’Eucaristia, in cui offriamo il Corpo e Sangue di Cristo, chiediamo a Dio la grazia di servirlo fedelmente con impegno costante. Alla fine della nostra vita potremo allora sentire le parole che, nella parabola del servo fedele del Vangelo, il padrone dice al servo : « Vieni servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore ». Dall’Eucaristia, nelle vicende della vita, siano esse liete o tristi, riceviamo la forza di essere operosi nella carità, pazienti nelle avversità, perché attraverso esse ci prepariamo il « frutto di un’eternità beata ».
Così ravviviamo nell’incontro con il Signore la speranza di conseguire la vita eterna.
Nella preghiera della colletta ci rivolgiamo al Signore dicendo:« O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà a riunire tutti gli eletti nel suo regno ».
Prima Lettura: Dn 12,1-3.
Nella visione del profeta Daniele ci viene descritto ciò che avverrà: « Sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo » e, pur essendo un tempo d’angoscia, chiunque di esso « si troverà scritto nel libro » sarà salvato. Viene anche descritta quale sarà la sorte di tutti coloro che dormono nella polvere, i quali « si risveglieranno gli uni per la vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna ». I saggi e coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come lo splendore e le stelle del firmamento.
Vi è preannunziata in questa visione apocalittica la realtà in cui saremo introdotti da Dio quando, alla fine dei tempi, ognuno, a seconda delle opere compiute nella libertà delle scelte fatte, riceverà di partecipare o allo splendore di Dio e della sua eterna beatitudine, o alla infamia e vergogna eterne.
Seconda Lettura: Eb 10,11-14.18.
La lettera agli Ebrei continua a descrivere l’opera di Cristo che, come sommo sacerdote della nuova alleanza, a differenza del sacerdozio levitico, non si presenta a celebrare giorno per giorno il culto e gli stessi sacrifici che non possono eliminare i peccati. Cristo, dopo essersi offerto con un unico sacrificio per i peccati, « si è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi ». Egli così con un’unica offerta « ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati », per cui non c’è più bisogno di sacrifici né di offerte per il perdono dei peccati.
In Lui, ormai, ogni uomo può accedere al perdono e alla misericordia di Dio, partecipare della santificazione ed entrare nella vita e nella comunione eterna con Dio insieme a tutti i giusti. E’ necessario che il nostro sguardo sia fisso sulla croce del Signore, perché tutto dipende dalla sua morte, momento decisivo per la storia del mondo e per la salvezza di tutti gli uomini.
L’Eucaristia, che è il cuore della Chiesa, ripresenta, nella storia dell’umanità e di ognuno, quell’ evento salvifico e santificante, per cui tutti coloro che vi si lasciano coinvolgere possono partecipare della salvezza eterna.
Vangelo: Mc 13,24-32.
In questa penultima domenica dell’anno liturgico, questo brano dell’ Evangelista Marco ci ripropone l’insegnamento di Gesù riguardo agli avvenimenti escatologici, cioè ultimi della storia: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte ». Sarà il momento in cui si vedrà « il Figlio dell’uomo » venire sulle nubi del cielo, con potenza e gloria, e i suoi Angeli raduneranno gli eletti della terra.
Ancora. Attraverso la parabola del fico, che preannunzia l’avvicinarsi dell’estate non appena mette le foglie, Gesù invita i suoi ascoltatori a riconoscere, dagli eventi futuri descritti, che la venuta del Figlio dell’uomo è vicina, alle porte. Anzi: « In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno ». Gesù ci ammonisce ancora dicendo che quel giorno e quell’ora nessuno li conosce, né gli angeli e neanche il Figlio, ma solo il Padre. Gesù, alludendo a ciò che sarebbe capitato a Gerusalemme non molto tempo dopo, esorta i discepoli e coloro che lo avrebbero accolto a restare perseveranti nella fede, saldi nelle sue parole e, pur in mezzo a tutto quello che dovrà accadere, a non temere nulla. A sostenerli e fortificarli ci sarebbe stato lui che, attraverso il suo Spirito, li avrebbe assistiti nella testimonianza da rendergli davanti ai giudici e nei tribunali degli uomini. Così la vita dei discepoli del Signore potrà essere soggetta a persecuzioni, tradimenti, tentazioni e inganni, ma Egli li avrebbe accompagnati lungo la storia fino a quegli ultimi eventi, promettendo: « Ecco, Io sarò con voi fino alla fine dei tempi! ».
Ultimo aggiornamento (Martedì 13 Novembre 2018 17:28)
I cristiani devono vivere al seguito del Cristo, servo sofferente.
21 OTTOBRE - XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Servire il Signore « con lealtà e purezza di spirito » prega la Chiesa nella Colletta di questa Domenica. Sull’esempio di Gesù, che si offre al Padre sulla croce, noi dobbiamo imparare a vivere il nostro rapporto con Dio, nel compiere la sua volontà. Dall’Eucaristia che celebriamo possiamo attingere la forza per imitare Gesù e così poter vivere in conformità con il disegno di Dio, quotidianamente e fino in fondo, anche quando questo cammino si fa arduo, impegnativo ed esigente. Così l’Eucaristia viene realizzata pienamente nella vita. Se serviamo Dio veramente dobbiamo anche porci al servizio del prossimo per realizzare il bene di tutti, come ha fatto Gesù, che ha detto di essere venuto non per essere servito, ma per servire.
Bella preghiera della Colletta diciamo a Signore: « Dio della pace e del perdono, tu ci hai dato in Cristo il sommo sacerdote che è entrato nel santuario dei cieli in forza dell'unico sacrificio di espiazione; concedi a tutti noi di trovare grazia davanti a te, perché possiamo condividere fino in fondo il calice della tua volontà e partecipare pienamente alla morte redentrice del tuo Figlio ».
Prima Lettura: Is 33,10-11.
Il profeta Isaia, in questo brano, esprime ciò che il Signore farà al Messia prostrandolo con dolori, quando egli « offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce della risurrezione e « si sazierà della sua conoscenza ». Egli, il servo giusto, giustificherà molti, perché ha preso su di sé le iniquità di tutti.
Gesù, Messia ( il Cristo ), che i cristiani riconoscono come colui in cui si sono realizzate le profezie dei profeti, facendosi uomo come noi, porta i peccati di tutti e, avendo imparato l’obbedienza dalle cose che patì, è divenuto causa di salvezza eterna per tutti quelli che gli obbediscono. La vita del Cristo, che sembra consumata e dissolta, è divenuta viva e giustificante, sorgente feconda. Davanti alla figura del Servo sofferente, siamo presi da stupore e sorpresa, poiché in lui si compie il progetto salvifico della volontà del Signore e la redenzione dal peccato. Davanti a questa realtà salvifica, dal nostro cuore sale a Dio il nostro inno di ringraziamento, perché Gesù nella sua passione e morte, nel « suo intimo tormento », da cui è venuta la risurrezione e la Chiesa, giustifica tutti coloro che si lasciano coinvolgere da questo evento.
Seconda Lettura: Eb 4,14-16.
Il brano di questa lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, ci esorta a tenere viva la nostra professione di fede in Gesù, il Figlio di Dio, che, come sommo Sacerdote, intercede per noi al cospetto del Padre. Egli, essendo divenuto uno di noi in tutto, eccetto il peccato, « sa prendere parte alle nostre debo-lezze », poiché è stato provato come noi. Ancora. A nutrire piena fiducia che, accostandoci al trono della grazia, possiamo « ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno ». Gesù è simile a noi in tutto, anche nelle sofferenze e nelle debolezze, per cui possiamo sentirlo intimamente vicino e anche essere sostenuti nella professione della fede, anche quando la prova può essere dolorosa, come nel martirio.
Se Dio è al nostro fianco non dobbiamo deprimerci. La fraternità di Gesù è più forte dei nostri demeriti, per cui possiamo accostarci « al trono della grazia ». Per mezzo e l’intercessione di un tale sommo mediatore siamo sicuri di essere accolti dal Padre celeste. Se ci ha dato suo Figlio, « Come vittima di espiazione, come non ci donerà ogni cosa per suo mezzo? », ci ricorda San Paolo.
Vangelo: Mc 10,35-45.
Nel Vangelo di oggi, i fratelli Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di fare loro quello che gli chiedono, cioè di sedere, nella sua gloria, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Ma Gesù risponde loro: « Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato? ». Ed essi rispondono di poter fare ciò che Gesù dice loro. Allora Gesù, rispondendo, dice: « Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato ». Anche agli apostoli, che si sono indignati con i due fratelli, avendo sentito la richiesta fattagli, Gesù ribadisce che, se i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono, nel suo regno, essi non devono operare allo stesso modo. Continua loro:« Chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti ».
La volontà di primeggiare e avere i primi posti sono tentazioni che ogni uomo sperimenta, compreso il cristiano. La richiesta fatta da Giacomo e Giovanni è in contrasto con la mentalità di Gesù, per il quale la grandezza del potere sta nel servizio da rendere agli altri, o il primato sta nel porsi all’ultimo posto. E come Gesù è venuto per servire e consegnare la sua vita per noi, così anche i suoi discepoli devono servire i fratelli e gli uomini più che cercare di primeggiare sugli altri. Criteri sconvolgenti le logiche umane sono quelli di Gesù. Solo se si è capaci di bere il calice della passione, che Gesù ha bevuto, ed essere battezzati nel suo battesimo, realtà che si fa fatica a comprendere e accettare facilmente, si può partecipare alla sua stessa gloria.
Celebrando l’Eucaristia, che è il memoriale della passione e risurrezione di Gesù, che pur essendo il Maestro e Signore si è posto al servizio dell’uomo e ha dato la sua vita per la nostra liberazione , e comprendendola a pieno, noi, imitandolo come suoi discepoli in terra, potremo partecipare anche della sua gloria. L’Eucaristia è pienamente valida se ci aiuta a dare la vita per Dio e per i fratelli.
Che cosa devo fare per avere la voita eterna?
14 OTTOBRE – XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Nell’ Eucaristia che celebriamo noi, comunicando con il Corpo e Sangue di Gesù, ci alimentiamo alla stessa vita del Figlio di Dio. Più che di un rito esteriore o dell’assunzione dei simboli di Cristo, noi ci nutriamo del Corpo e del Sangue del Signore, della sua stessa Persona, realmente presente nel pane e nel vino, per opera dello Spirito Santo che viene invocato.
Dobbiamo allora prepararci degnamente a questo « banchetto della vita eterna ». Bisogna indossare l’abito nuziale, cioè essere nella grazia e nella carità di Dio e dei fratelli. E per questo, al Signore che scruta i pensieri e i sentimenti del cuore dell’uomo, prima di partecipare a questo banchetto, chiediamo perdono per le nostre colpe, per liberarci delle nostre ricchezze illusorie e poterci arricchire della sua presenza divina.
Nella preghiera della Colletta diciamo al Signore: « O Dio, nostro Padre, che scruti i sentimenti e i pensieri dell’uomo, non c’è creatura che possa nascondersi davanti a te; penetra nei nostri cuori con la spada della tua parola, perché alla luce della tua sapienza possiamo valutare le cose terrene ed eterne, e diventare liberi e poveri per il tuo regno ».
Prima Lettura: Sap 7,7-11.
La lettura dal Libro della Sapienza ci esorta a chiedere al Signore la prudenza e lo spirito della sapienza. Prudenza e sapienza che bisogna preferire davanti a onori, potere, ricchezze, perché più preziose delle gemme inestimabili. E bisogna amarle più « della salute e della bellezza », preferendole alla stessa luce, perché il loro splendore non tramonta. Anzi dalla sapienza provengono tutti i beni. Questa sapienza che viene da Dio è preferibile a quella ingannevole del mondo, che dice San Paolo, è stoltezza agli occhi di Dio. La Parola di Dio è fonte della vera sapienza e le cose e i beni del mondo perdono il loro valore al suo confronto. Con ciò non si devono demonizzare i beni terreni, materiali, che devono essere usati come mezzi e non come fini della propria vita, devono servire a beneficio di tutti e non solo a beneficio del proprio interesse egoistico. Possedere questa sapienza, che ci fa conoscere la volontà di Dio e lasciarsi guidare da essa, significa essere veramente saggi.
Seconda Lettura: Eb 4,12-13.
La Parola di Dio, ci dice la Lettera agli Ebrei, è più tagliente di una spada a doppio taglio, penetrante fino al punto di divisione dell’anima e dello Spirito, fin nelle parti più intime del nostro essere, perché essa conosce e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore degli uomini. Davanti a Dio nulla è possibile nascondere, perché ai suoi occhi tutto è manifesto, dovendo ognuno rendere conto a lui di tutta la nostra vita, delle opere compiute, sia in bene che in male, scrive san Paolo. La Parola di Dio è una voce che non possiamo eludere né restare indifferenti davanti ad essa. E’ un giudizio che ci penetra fin nelle profondità e scruta i nostri più intimi sentimenti. Sulla parola di Dio, non solo ogni uomo deve modellare la propria esistenza, essendo stati creati a sua immagine e somiglianza, ma soprattutto il cristiano, che è fatto oggetto della rivelazione di Dio, deve modellare la propria esistenza. Su Gesù Cristo, che è la Parola eterna del Padre, fatta carne, modello della nostra figliolanza divina, il cristiano deve verificare la propria vita, per conformarsi sempre di più alla sua.
Vangelo: Mc 10,17-30.
In questo brano del Vangelo di Marco, Gesù, ad un tale che gli si getta ai piedi e, rivolgendosi a lui, lo interroga: « Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna », risponde, dopo aver ribadito che solo Dio è buono, di osservare i comandamenti, che certo conosce: « Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre ». Al che, quell’uomo risponde dicendo che, fin dalla sua giovinezza li ha osservati. Gesù allora, « lo fissò, lo amò e gli disse: “ Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi !” ». Ma quell’uomo, facendosi scuro in volto e rattristandosi, poiché possiede molti beni, se va!. Gesù, allora, volgendo intorno lo sguardo, dice ai discepoli : «Quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio ! ».
Davanti allo sconcerto per queste parole, Gesù continua dicendo: « Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio ! E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio ». Essi, stupiti, allora dicono tra loro: « E chi può essere salvato ? ». Ma Gesù ribatte: « Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio ».
A Pietro, che rivolgendosi a Gesù gli dice di aver lasciato tutto per seguirlo, egli risponde: « In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato case o fratelli o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case, fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà ».
Gesù, a quell’uomo che gli dice di aver osservato i comandamenti della legge antica e di desiderare di entrare nella vita eterna, chiede di accogliere, con generosità e distacco, Lui e il suo Vangelo, preferendolo ai beni e ai tesori terreni, a cui spesso sì è troppo legati e dai quali non è tanto facile liberarsi. Ci vuole coraggio a distaccarsene o, di più, a vendere tutto per mettersi alla sequela del Signore. A quel tale, come ad ognuno di noi, è brillato il volto nel desiderio di voler raggiungere la felicità della vita eterna, ma davanti alla richiesta di Gesù il suo volto si fa triste. Così Gesù ci mette in guardia dicendoci che le ricchezze di questo mondo sono un pericolo per l’anima. E’ possibile, allora, all’uomo entrare nella vita? Se è impossibile per l’uomo per la condizione in cui si trova, continuamente insidiato dal desiderio di possedere, non è impossibile a Dio, se ci affidiamo alla sua forza divina, come dice Gesù. Dio ci aiuta a seguire Gesù e il suo Vangelo, purché accogliamo sinceramente l’invito a rinnovarci con il suo perdono e la sua grazia e se desideriamo ardentemente, in futuro, entrare nella vita del Regno dei cieli. Seguire il Signore, anche se in mezzo alle persecuzioni, è fonte di ricchezza spirituale e gusto di una vita di gioia, arricchita già ora, cento volte tanto, di quelle realtà da cui ci si è distaccati.
ALL'INIZIO dIO LI CREO' MASCHIO E FEMMINA.
7 OTTOBRE – XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Nel giorno del Signore, la comunità cristiana, è riunita dal Padre attorno a Gesù Cristo e, come figli, siamo uniti dallo Spirito del Padre e del Figlio. Preghiamo non un Dio lontano, anonimo, ma ci rivolgiamo a Lui con la confidenza e la fiducia di figli. L’amore del Padre ci avvolge con la sua misericordia e ci dona le grazie che vanno al di la dei nostri desideri e dei nostri meriti.
Nella preghiera della Colletta ci rivolgiamo a Dio con queste parole: « Dio, che hai creato l’uomo e la donna, perché i due siano una vita sola, principio dell’armonia libera e necessaria che si realizza nell’amore; per opera del tuo Spirito riporta i figli di Adamo alla santità delle prime origini, e dona loro un cuore fedele perché nessun potere umano osi dividere ciò che tu stesso hai unito ».
Prima Lettura: Gn 2,18-24.
Dio, dopo aver creato l’uomo e vedendo che non era bene che l’uomo fosse solo, volle creare un aiuto che gli fosse simile, poiché nessuno degli esseri creati, animali selvatici, pesci, gli era simile. A questi esseri l’uomo impose nomi, ma egli in essi non trovò un aiuto che gli corrispondesse. « Così il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: “ Questa volta è osso delle mie ossa, carne della mia carne. La si chiamerà donna , perché dall’uomo è stata tolta”. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno un’unica carne ». Dio, nel suo disegno creativo, volle che l’uomo e la donna fossero a costituire, in una sola carne, la realtà familiare, realizzando una vita sponsale fondata su un vincolo profondo, con pari dignità e riconoscimento reciproco in un’unica carne. Sta allora in questa volontà divina la bellezza e la grandezza del matrimonio: unione intima che Gesù riproporrà nel suo insegnamento, ribadendo che al principio non era come gli scribi e i farisei gli obiettavano per metterlo alla prova, citando Mosè, che aveva permesso al marito di poter ripudiare la propria moglie.
Seconda Lettura: Eb 2,9-11.
L’autore della Lettera agli Ebrei ci presenta Gesù che, fatto poco meno degli angeli, per la morte che ha sofferto, a vantaggio di tutti, è coronato di gloria. Così Dio, « per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose », ha reso perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza: infatti Colui che santifica e quelli che sono santificati provengono tutti da una stessa origine, rendendoli così fratelli. Per la croce e la sofferenza, sofferta a vantaggio di tutti, Gesù è giunto alla gloria, ponendo una profonda solidarietà e condivisione tra lui e noi. Con noi e per noi Gesù è divenuto solidale e, poiché abbiamo una stessa origine, non si vergogna di chiamarci fratelli, non gli siamo più estranei e veniamo fatti eredi e partecipi della sua stessa eredità. Egli intercede per noi presso il Padre, per cui possiamo accostarci con « Piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno »( Eb 4,16). Questo rapporto con Cristo è un’amicizia che va sempre rinnovata.
Vangelo: Mc 10,2-16.
Gesù, ribadendo che Dio, all’inizio, ha creato l’uomo, maschio e femmina li ha creati, e « Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto », ai discepoli che, a casa, di nuovo lo interrogano, dice: « Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio ». Così Gesù, oltre che richiamare il valore del Matrimonio come Dio lo ha predisposto, con la prerogativa della sua indissolubilità, in esso inscritta, rispetto al permesso di Mosè, che solo l’uomo può ripudiare la propria moglie, come gli obiettano i farisei, specifica che anche la moglie, qualora ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio contro di lui. Il divorzio, allora, come tolleranza, indica una china di decadenza del matrimonio, e per il discepolo di Gesù è una via che non dovrebbe percorrersi. Se ci si mette in ascolto della parola di Cristo, il divorzio appare, di conseguenza, in contrasto con il disegno posto da Dio per il matrimonio. E il discepolo di Cristo, che accoglie con la disponibilità di un bambino, con fiducia e senza riserve, il Regno di Dio, dovrà, certo, porre con atto libero e responsabile, con tutte le conseguenze che derivano, umanamente, socialmente, civilmente e religiosamente, la scelta d’amore matrimoniale e perseverare in un cammino di fedeltà, impegno, sacrificio, mutua donazione e di indissolubilità, così da imitare l’amore sponsale di Cristo per la Chiesa, che è precipua caratteristica della scelta di realizzare e vivere il Sacramento del Matrimonio.