





Gesù, dopo l'annunzio della sua passione, si trasfigura sul Tabor.
17 MARZO – II DOMENICA DI QUARESIMA
Nella trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, il Padre manifesta il suo Figlio, l’amato, e ci chiedere di aderire a lui e ascoltarlo. La nostra vita, allora, deve essere programmata sulla sua parola. Egli, apparendo agli occhi degli apostoli con Mosè ed Elia, conclude l’Antico Testamento con la sua legge e la profezia e, iniziando una nuova realtà di vita, ci chiede di assumere nella nostra vita il mistero della croce sulla quale egli si è consegnato. Così noi possiamo avere la remissione dei nostri peccati e seguirlo, portando anche noi la nostra croce dietro a lui, se vogliamo essere suoi discepoli. La sequela di Gesù è un cammino difficile che dobbiamo compiere nella fede e nella speranza, intravvedendo nella trasfigurazione di Gesù, che oggi la liturgia ci fa contemplare, un riverbero della gloria del Risorto, a cui devono pervenire tutti i discepoli che seguiranno il Signore sulla via della croce.
Nella Colletta iniziale dell’Eucaristia preghiamo dicendo: « Dio grande e fedele, che ti riveli a chi ti cerca con cuore sincero, rinsalda la nostra fede nel mistero della croce e donaci un cuore docile, perché nell’adesione amorosa alla tua volontà seguiamo come discepoli il Cristo tuo Figlio ».
Prima Lettura: Gn15,5-12.17-18.
Ad Abramo Dio promette una lunga e numerosa discendenza dopo avergli fatto guardare il cielo e contare le stelle, se ci fosse riuscito.
« Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia ». Dio, così, non per meriti di Abramo stringe con lui un’alleanza e gli promette anche di dargli una lunga discendenza e il possesso della terra dove lo ha condotto. Alla richiesta di Abramo di sapere se ne avrà il possesso, Dio gli chiede di offrire un sacrificio di una giovenca, di una capra, un ariete, una tortora e una colomba, animali che egli divide in due parti collocandone ogni metà l’una di fronte all’altra, eccettuando di dividere gli uccelli. Poiché su questi cadaveri si avventano gli uccelli rapaci, Abramo li scaccia. Ma al tramontar del sole un profondo torpore prende Abramo e un terrore e un’oscurità grande lo assale. Quando, tramontato il sole e si fa buio, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi e il Signore «In quel giorno conclude quest’alleanza con Abram: “ Alla tua discendenza io do questa terra, dal fiume d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate ».
Abramo aderendo al Signore è giustificato davanti a lui e, ponendo la vita alle sue dipendenze, entra in un rapporto di solidarietà e di comunione con Dio. Quello che Abramo fa con gli animali, il terrore che lo assale, il torpore
da cui è preso, da una parte, esprimono il misterioso linguaggio del sacrificio e il fuoco che brucia le vittime, dall’altra, esprime la presenza di Dio che sancisce l’alleanza e la comunione con il patriarca, che si impegna ad essere fedele al Signore fino alla morte. Con Cristo, Dio, non più con vittime sacrificali, ma con il suo stesso Figlio, offerto e consumato nel sacrificio della croce, sancirà una nuova, eterna e indistruttibile alleanza con l’umanità. La salvezza e il possesso del regno dei cieli, terra promessa da Dio, dipendono sempre dalla fede e dall’affidamento, nella speranza, al Padre celeste.
Seconda Lettura: Fil 3,17-4,1.
San Paolo esorta i Filippesi e ripetutamente li scongiura « con le lacrime agli occhi », ad imitare lui e coloro che si comportano secondo il suo esempio e non quelli che si comportano da nemici della croce di Cristo. Incorrono nella perdizione coloro che si vantano e non si vergognano di aver fatto del loro ventre il proprio dio o pensano solo alle cose terrene. Quelli che hanno accolto Cristo sono diventati cittadini del cielo e aspettano che dal cielo venga Cristo, Signore e Salvatore, quando « trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose ». Infine li esorta, loro che sono sua « gioia e corona », a rimanere saldi nel Signore Gesù. Chi sono, secondo Paolo, i nemici della croce di Cristo? Sono coloro che passano l’esistenza dediti ad una « vita godereccia », materialistica, alla ricerca dei piaceri allegri, anche se peccaminosi. I cristiani, pur vivendo in questo mondo, devono pensare alla patria celeste, di cui sono divenuti cittadini e in cui li attende Cristo risorto nella gloria, quando, alla fine dei tempi, verrà per trasfigurarci e renderci come lui, anche nel nostro corpo mortale. Le fragilità, le debolezze, le pesantezze della materialità del nostro corpo e del nostro essere ancora mortale possono facilmente farci adagiare nella concupiscenza che ci fa inclini al male. Se pensiamo che già, fin da ora, c’è in noi il germe della risurrezione, depositatovi dallo Spirito del Signore, dall’Eucaristia e dai sacramenti, allora, dobbiamo vivere sempre più dediti alla vita divina, in cui dobbiamo crescere.
Vangelo: Lc 9,28-36.
Luca, in questo brano odierno, ci fa contemplare la visione della trasfigurazione avvenuta sul Tabor, dopo l’annunzio fatto da Gesù sul viaggio verso Gerusalemme e la sua imminente passione e morte ad opera degli scribi e dei farisei. Salito con Pietro, Giacomo e Giovanni, sul monte Tabor, mentre Gesù prega, il suo volto cambia d’aspetto, la sua veste diviene candida e sfolgorante e appaiono con lui nella gloria, Mosè ed Elia, che conversano con lui sull’esito che sta per compiersi a Gerusalemme. Pietro e gli altri due sono oppressi dal sonno, ma svegliandosi vedono la sua gloria e i due che stanno con lui. Nel momento in cui Gesù e i due si stanno separando, Pietro, estasiato, dice a Gesù: « Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia ». Mentre parla così una nube li copre e la paura li prende. Ma dalla nube una voce proclama: « Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! ». Cessata la voce, Gesù rimane solo. Scendendo dal monte, Gesù intima loro di non riferire niente a nessuno di ciò che hanno visto.
Gesù, con la sua trasfigurazione, rivela il mistero della sua identità e della sua gloria, dell’intimità che egli vive con il Padre e in cui Dio lo manifesta come Figlio, l’eletto, che gli uomini devono ascoltare: il Figlio è Parola del Padre, rivelazione visibile del Padre, inviato per realizzare il progetto di salvezza e redenzione dell’umanità. I segni del volto luminoso e la veste candida simboleggiano questa realtà divina, che non lo sottrae alla passione e alla morte. Con Mosè ed Elia, rappresentanti della legge, il primo, e della profezia, il secondo, Gesù discorre del suo imminente esodo che avverrà a Gerusalemme. Se nella visione celestiale, Gesù è e sarà contemplato, qui sulla terra, nella realtà della sua passione e morte, Gesù, come Figlio, deve essere ascoltato e imitato.
Gesù ha vinto il tentatore e ci insegna a dominare le seduzioni del peccato.
10 MARZO – PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA.(C)
La Quaresima, come segno sacramentale della nostra conversione, ci impegna a vivere i giorni e i riti che celebriamo rivedendo la nostra esistenza e ogni gesto di essa alla luce del Vangelo e dell’esempio del Signore. In questo tempo favorevole, in maniera particolare per la nostra salvezza, la Parola di Dio ci chiama a confrontarci con essa e, riconoscendo le situazione della vita poco conformi ad essa, ci invita a convertirci, a cambiare atteggiamenti e comportamenti, ad accostarci alla misericordia di Dio per attingervi, sinceramente pentiti, il suo perdono.
La Chiesa, forte della presenza dello Spirito Santo, come disse Gesù agli apostoli: « Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi », invita, quindi, in maniera particolare, i suoi figli, a vivere intensamente il cammino di conversione e di rinnovamento della vita, guardando al mistero pasquale di morte e di risurrezione del Signore Gesù. Il Padre celeste, infatti:« per riconciliare a sé in mondo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando agli apostoli la parola della riconciliazione … a Colui che non aveva conosciuto peccato, l’ha fatto peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare giustizia di Dio »( 2Cor 5,19-21).
Nella Colletta di questa prima Domenica preghiamo dicendo: « Signore nostro Dio, ascolta la voce della Chiesa che t’invoca nel deserto del mondo e stendi la tua mano, perché nutriti con pane della tua parola e fortificati dal tuo Spirito, vinciamo con il digiuno e la preghiera le continue seduzioni del maligno ».
Prima Lettura: Dt 26, 4-10.
Il brano del Deuteronomio propone alla nostra contemplazione la preghiera che l’israelita faceva deponendo sull’altare, per le mani del sacerdote, la cesta con i doni da offrire al Signore, ricordando la vicenda di Abramo che, aramèo errante, sceso in Egitto da forestiero, era diventato una nazione numerosa, grande e forte; come ivi maltrattati, umiliati e sottoposti a dura schiavitù i suoi padri avevano gridato al Signore, che aveva ascoltato la loro voce e visto la loro umiliazione, miseria e oppressione; come li aveva fatti uscire con mano potente e braccio teso dall’Egitto con segni e prodigi, conducendoli lungo il deserto alla terra promessa che aveva giurato di dare e per ringraziarlo per i frutti della terra, che il Signore gli ha dato, prostrandosi davanti a lui, suo Dio. La cesta delle primizie è un segno di ringraziamento riconoscente per la liberazione dalla schiavitù, da una vita errabonda, e per averlo accompagnato con i segni della sua potenza e del suo amore, durante il deserto fino alla terra promessa.
Seconda Lettura: Rm 10,8-11.
San Paolo ai Romani ripete quello che dice Mosè e che cioè la Parola è vicina all’uomo credente, sulla sua bocca e nel suo cuore, cosi come la parola della fede che egli predica. Se dunque il cristiano proclama con la bocca che “ Gesù è il Signore” e “con il cuore crede che Dio lo ha risuscitato dai morti”, allora, sarà salvo. Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca, facendo la professione di fede, per ottenere la salvezza. Chi crede nel Signore non resta deluso e tutti, davanti all’unico Signore, ricco verso tutti quelli che invocano il suo nome, possono ottenere la salvezza.
Si è salvati per la fede che nutriamo nella morte e risurrezione del Signore, credendo fermamente in lui e aderendo ai suoi misteri pasquali. Credendo veramente nel Signore non si resta delusi e quella che Cristo offre è una salvezza offerta a tutti, senza distinzione di razza ed è elargita con larghezza.
Vangelo: Lc 4,1-13.
Gesù, dopo il battesimo e pieno di Spirito Santo, per quaranta giorni nel deserto, digiunando e pregando, si prepara alla missione. Non mangiò nulla e alla fine ebbe fame. E’ tentato dal diavolo che vuole persuaderlo a cambiare la pietra in pane per sfamarsi. Ma Gesù gli rispose: « Sta scritto: “ Non di solo pane vivrà l’uomo”». Avendolo condotto in alto e avendogli mostrato in un istante tutti i regni della terra lo tentò dicendogli di dargli tutto se prostrato lo avrebbe adorato. E Gesù rispose: « Sta scritto: “ Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto” ». Portato infine a Gerusalemme, sul punto più alto del tempio gli disse: « Se tu sei il Figlio di Dio, géttati giù di qui; sta scritto infatti: “ Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “ Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra” ». Ma Gesù gli rispose: « E’ stato detto: “ Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Esaurita così ogni tentazione il diavolo si allontanò da lui.
Le prove e le tentazioni, che il Padre permette al suo Figlio, non sono in contrasto al disegno di Dio su di lui. Il Signore, forte del suo Spirito, non cede alle tentazioni, a differenza di quanto era avvenuto ad Israele. Alimentato dalla Parola di Dio Gesù non si lascia incantare , né ingannare da tutte le lusinghe del diavolo, ma ribatte alle parole del diavolo tratte dalle Scritture, con altrettanta fedeltà alla Scrittura. Così seguirà la via della croce, della ignominia per dire il « sì » dell’adorazione del Padre. E infine non mette alla prova la potenza di Dio, che lo avrebbe dovuto soccorrere perché suo Figlio, con uno spettacolare e facile miracolo: Gesù accetterà di morire sulla croce e non essere graziato e miracolato. Le tentazioni e la vittoria di Cristo diventano così per noi il paradigma di quello in cui anche noi possiamo trovarci nella nostra vita quotidiana: interessarci solo di cose terrene, affamati come siamo di esse, e dimenticare di nutrirci del cibo della Parola di Dio e dell’Eucaristia con cui avere la forza di camminare nel deserto dell’esistenza; prostrarci davanti a tanti idoli, per i quali impieghiamo tempo e risorse e vita, dimenticando di adorare l’unico e vero Dio; evitando di inseguire la gloria, il successo, il potere per i nostri interesse e non per un servizio da rendere ai fratelli, come ha fatto il Signore, che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita per la salvezza di tutti. Come lui, seguendo il suo esempio, con la forza dello Spirito, anche noi possiamo conseguire, in questo combattimento spirituale, la vittoria contro le insidie del maligno, come quella definitiva conseguita da Cristo sulla croce.
LE CENERI: INIZIO DELLA QUARESIMA E TEMPO DI CONVERSIONE AL SIGNORE.
QUARESIMA 2019
MERCOLEDI’ DELLE CENERI
Ogni tempo della vita del credente è tempo favorevole per accogliere la grazia di Dio, ma in maniera particolare la quaresima per rivedere la nostra vita, il nostro rapporto con Dio che ci ha riconciliati con sé mediante , Cristo Gesù, che il Padre ha fatto peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Guardando a Cristo siamo chiamati a risorgere a immagine del Signore risorto.
La Quaresima è la via concreta, umile e praticabile secondo le possibilità di vita di ognuno: attraverso l’elemosina, la preghiera, e il digiuno, siamo invitati a ridurre in polvere l’uomo vecchio che ci ritroviamo, spesso ripiegato su noi stessi e sul nostro egoismo. Pur ricordandoci la celebrazione odierna che « siamo polvere e in polvere ritorneremo », questo tempo è finalizzato a farci aprire all’azione dello Spirito, per riprende la vita divina, ricevuta nel battesimo, risorgendo con Cristo.
Poiché il cristiano sperimenta , pur avendo ottenuto misericordia ed essere entrato nel percorso della salvezza con il battesimo, , per l’inclinazione al male e al peccato, le debolezze e le cadute, la riconciliazione che Dio ci offre nella sua misericordia in questo tempo quaresimale, possiamo attingerla abbondantemente,
Rinnovati, così, attraverso la Penitenza sacramentale, riconciliati con Dio con il suo perdono, ritorniamo ad essere nuovi, capaci di riconciliarci con noi stessi e con i fratelli nella giustizia e nella carità.
Nella preghiera iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino d vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo Spirito del male ».
Prima Lettura: Gl 2,12-18
Il profeta Gioele si rivolge anche a noi, come al popolo di Israele, nel suo tempo, l'invito a ritornare al Signore con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti, lacerandosi il cuore e ritornando al Signore, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, pronto a ravvedersi riguardo al male, donando all’uomo la sua benedizione.
Nell’invito che il profeta fa di ritornare al Signore vi è il desiderio di Dio ad annullare la distanza che ci separa da lui, di tirarci fuori dal deserto e dall’aridità in cui viviamo senza di lui per ritornare nella comunione con lui.
Seconda Lettura: 2Cor 5,20-6,2
L’esortazione che l’apostolo Paolo, oggi, ci rivolge a riconciliarci con Dio, nella seconda lettura, diventa l’invito che la Chiesa rivolge a tutti gli uomini per convertirsi e ritornare all’abbraccio del Padre, che largamente perdona e usa verso i peccatori una misericordia così grande da superare l’altezza che c’è tra il cielo e la terra, la distanza tra l’oriente e l’occidente, come dice il Salmo 102, altezza e distanza che non si possono misurare.
Per dimostrare che grande è la misericordia di Dio verso le sue creature, Paolo ci ricorda che » Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio « e ci esorta a lasciarci riconciliare con lui, attraverso l’opera di coloro che ha voluto come collaboratori, accogliendo la sua grazia e la sua salvezza, in questo tempo favorevole.
Vangelo: Mt 6,1-6.16-18
Gesù ci esorta nel Vangelo a non praticare la giustizia davanti agli uomini per farsi ammirare da loro e in maniera farisaica, perché non si avrebbe nessuna ricompensa dal Padre celeste. Né praticare l’elemosina per le strade e tra gli uomini richiamando l’attenzione di tutti, ma viverla nel segreto, solo desiderosi di voler aiutare il fratello in necessità. Né a pregare ovunque per essere visti dagli altri, ma entrare nel segreto del proprio cuore, dove Dio vede e ricompensa. Né digiunare diventando malinconici, con aria disfatta per farsi vedere, ma « Quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà ».
AVVISI e APPUNTAMENTI QUARESIMALI
- Tutti i Venerdì di Quaresima si è tenuti ad osservare l’astinenza dalle carni.
- Tutti i Venerdì sarà celebrato il Pio esercizio della Via Crucis in parrocchia, alle ore 19.00, dopo
la Celebrazione della Santa Messa.
- Anche per questo tempo di Quaresima sarà a disposizione il sussidio per meditare ogni giorno la
Parola di Dio.
Altre attività da vivere in questo tempo quaresimale saranno rese note lungo questo periodo.
Il digiuno che è gradito a Dio
Grida a squarciagola, non aver riguardo; come una tromba alza la voce; dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati.
Mi ricercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio:
«Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?». Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi,così da fare udire in alto il vostro chiasso.
È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire chi è nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua gente?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà; implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!». Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le antiche rovine, ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.
Ti chiameranno riparatore di brecce, restauratore di case in rovina per abitarvi.
Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(Cap. 7, 4–8, 3; 8, 5–9, 1; 13, 1-4; 19, 2; Funk 1, 71-73. 77-78, 87)
Fate penitenza
Teniamo fissi gli occhi sul sangue di Cristo, per comprendere quanto sia prezioso davanti a Dio suo Padre: fu versato per la nostra salvezza portò al mondo intero la grazia della penitenza.
Passiamo in rassegna tutte le epoche del mondo e constateremo come in ogni generazione il Signore abbia concesso modo e tempo di pentirsi a tutti coloro che furono disposti a ritornare a lui. Noè fu l’araldo della penitenza, e coloro che lo ascoltarono furono salvi. Giona predicò la rovina ai Niniviti, e questi, espiando i loro peccati, placarono Dio con le preghiere e conseguirono la salvezza. Eppure non appartenevano al popolo di Dio.
Non mancarono mai ministri della grazia divina che, ispirati dallo Spirito Santo, predicassero la penitenza. Lo stesso Signore di tutte le cose parlò della penitenza impegnandosi con giuramento: Com’è vero ch’io vivo – oracolo del Signore – non godo della morte del peccatore, ma piuttosto della sua penitenza.
Aggiunse ancora parole piene di bontà: Allontànati, o casa di Israele, dai tuoi peccati. Di’ ai figli del mio popolo: Anche se i vostri peccati dalla terra arrivassero a toccare il cielo, fossero più rossi dello scarlatto e più neri del silicio, basta che vi convertiate di tutto cuore e mi chiamiate «Padre», e io vi tratterò come un popolo santo ed esaudirò la vostra preghiera (cfr. Ez 33, 11; Os 14, 2; Is 1, 18, ecc.).
Volendo far godere i beni della conversione a quelli che ama, pose la sua volontà onnipotente a sigillo della sua parola.
Obbediamo perciò alla sua magnifica e gloriosa volontà. Prostriamoci davanti al Signore supplicandolo di essere misericordioso e benigno. Convertiamoci sinceramente al suo amore. Ripudiamo ogni opera di male, ogni specie di discordia e gelosia, causa di morte. Siamo dunque umili di spirito, o fratelli. Rigettiamo ogni sciocca vanteria, la superbia, il folleorgo- glio e la collera. Mettiamo in pratica ciò che sta scritto. Dice, infatti, lo Spiri-to Santo: Non si vanti il saggio della sua saggezza, né il forte della sua forza, né il ricco delle sue ricchezze, ma chi vuol gloriarsi si vanti nel Signore,ri- ricercandolo e praticando il diritto e la giustizia (cfr. Ger 9, 23-24; 1 Cor 1, 31, ecc.).
Ricordiamo soprattutto le parole del Signore Gesù, quando esortava alla mitezza e alla pazienza: Siate misericordiosi per ottenere misericordia; perdonate, perché anche a voi sia perdonato; come trattate gli altri, così sarete trattati anche voi; donate e sarete ricambiati; non giudicate e non sarete giudicati; siate benevoli e sperimenterete la benevolenza; con la medesima misura con cui avrete misurato gli altri, sarete misurati anche voi (cfr. Mt 5, 7; 6, 14; 7, 1. 2. 12, ecc.).
Stiamo saldi in questa linea e aderiamo a questi comandamenti. Camminiamo sempre con tutta umiltà nell’obbedienza alle sante parole. Dice infatti un testo sacro: Su chi si posa il mio sguardo se non su chi è umile e pacifico e teme le mie parole? (cfr. Is 66, 2).
Perciò avendo vissuto grandi e illustri eventi corriamo verso la meta della pace, preparata per noi fin da principio. Fissiamo fermamente lo sguardo sul Padre e Creatore di tutto il mondo, e aspiriamo vivamente ai suoi doni meravigliosi e ai suoi benefìci incomparabili.
Ultimo aggiornamento (Mercoledì 06 Marzo 2019 17:12)
La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
3 FEBBRAIO – VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Se, partecipando all’Eucaristia, comprendessimo la profondità della grazia e del dono che Dio Padre ci fa nel suo Figlio, capiremmo quale grande amore ha Dio per noi, la sua provvidenza, la sua misericordia. In essa non riceviamo un simbolo ma la realtà del Corpo e Sangue del Figlio di Dio, che si rende presente per la potenza dello Spirito Santo. Questo convito è l’inizio della comunione con Dio. Vissuto nella speranza di partecipare alla perfetta comunione con lui nella vita eterna, è un pegno della gloria futura. Questa commensalità , questa « alleanza nuova ed eterna » dà ai cristiani di dedicarsi non solo alla lode e al ringraziamento a Dio per le meraviglie operate per gli uomini, ma anche dedicarsi al servizio dei fratelli.
Nella preghiera dell’Eucaristia ci rivolgiamo a Dio dicendo: « La tua parola che risuona nella Chiesa, o Padre, come fonte di saggezza e norma di vita, ci aiuti a comprendere e ad amare i nostri fratelli, perché non diventiamo giudici presuntuosi e cattivi, ma operatori instancabili di bontà e di pace ».
Prima lettura: Sir 27,4-7
Il libro del Siracide, nel suo complesso, esprime la sapienza non solo umana che l’esperienza ha codificato, ma anche quella che è ispirata da Dio, così come credono coloro che accolgono la Sacra Bibbia come ispirata. Il nostro parlare riflette lo spirito e i sentimenti che ci sono in noi, per cui come il ceramista mette alla prova con il fuoco i vasi di creta che ha modellato « così il modo di ragionare è banco di prova per un uomo ». Come il frutto dimostra la natura dell’albero « così la parola rivela i pensieri del cuore ».
Seconda lettura: 1 Cor 15,54-58
San Paolo, scrivendo ai Corinti, ricorda loro e a noi che dobbiamo rendere grazie a Dio perché nel nostro corpo, nativamente corruttibili e mortali, siamo chiamati a rivestirci dell’incorruttibilità e dell’immortalità. Infatti, come dice la Scrittura : « La morte è stata inghiottita nella vittoria » del Cristo risorto, cosicché la morte non può vantarsi della sua vittoria sul nostro corpo, ha perso il suo pungiglione « che è il peccato e la forza del peccato è la Legge ». Ci esorta a « rimanere saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la nostra fatica non è vana nel Signore ».
La Pasqua di Cristo è la vittoria, anche per noi, sulla morte: questo ci dà la certezza di fede che, aldilà della morte, siamo chiamati alla risurrezione, per cui anche se sperimentiamo il peccato, finché siamo nel corpo, non dobbiamo farci prendere dalla stanchezza e dallo scoraggiamento, né a rimandare a fare il bene che dobbiamo realizzare come discepoli di Cristo.
Anche quando sperimentiamo la morte nelle vicende della vita umana, siamo chiamati a rinnovare la nostra speranza nella risurrezione, per cui la morte non deve prostraci nella disperazione: Cristo unisce alla sua vittoria i nostri cari che ci lasciano, così come sarà anche per noi.
Vangelo: Lc 6, 39-45
Gesù, attraverso semplici parabole, come quella che oggi il Vangelo ci fa ascoltare: « Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso ?» ci insegna ad imparare da lui che è il Maestro, ad essere ben preparati come lui. Così ci dice che se vogliamo togliere la pagliuzza che notiamo nell’occhio di un fratello, mentre non ci accorgiamo della trave che è nel nostro, dobbiamo prima togliere la nostra trave per vederci bene e poi possiamo aiutare il fratello a togliersi la pagliuzza dal suo.
Ancora. Come non vi è un albero buono che produca frutti cattivi, né vi è un albero cattivo che possa produrre frutti buoni, così ogni albero si conosce dai suoi frutti, per cui ogni uomo, se buono o cattivo, può riconoscersi dalle sue opere, perché « L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda ».
Non possiamo essere maestri quando si tratta di correggere gli altri o giudici inflessibili sul prossimo e sui loro difetti, mentre non ci accorgiamo di quelli che abbiamo in noi. Dobbiamo innanzitutto preoccuparci della nostra perfezione, vedere le nostre colpe. Ci costa molto riformare la nostra vita, mentre preferiamo migliorare la vita di chi ci sta intorno. Iniziare da noi a cambiare vita sarebbe un buon motivo per vivere più in pace nei nostri ambienti di vita, per essere più comprensivi, più facili al perdono, ecc.
Così non saremmo guide cieche degli altri, ma guide luminose: preoccupati a togliere il male dal nostro cuore potremo agire con saggezza e con bontà nell’aiutare i fratelli a migliorarsi nella loro vita.
APPUNTAMENTI QUARESIMALI
MERCOLEDI’ 6 MARZO : ore 19.00
SACRA CELEBRAZIONE DELLE CENERI
Nota bene:
- Il giorno delle Ceneri è un giorno di digiuno e di astinenza dalla carne, mentre tutti Venerdì di
Quaresima sono giorni di astinenza. Al digiuno si è moralmente obbligati dal 18° al 60° anno di
età e alle solite condizioni. L’astinenza dal 14° anno in poi; ma è bene abituare anche i bambini ad
astenersi dal mangiare la carne. Si è dispensati da entrambe le pratiche per motivi di salute e per
gravi necessità.
- Tutti i Venerdì sarà celebrato il Pio esercizio della Via Crucis in parrocchia, alle ore 19.00, dopo la Celebrazione della Santa Messa.
- Anche per questo tempo di Quaresima sarà a disposizione il sussidio per meditare ogni giorno la Parola di Dio.
Altre attività da vivere in questo tempo quaresimale saranno rese note lungo questo periodo.
iIl cristiano è imitatore di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo.
24 FEBBRAIO – VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO(C)
La Domenica, nella liturgia, viene proclamata la Parola di Dio, e ad essa noi dobbiamo essere presenti puntualmente e attenti, non solo materialmente, ma soprattutto dobbiamo porre attenzione alla voce dello Spirito Santo che ci istruisce e ci illumina per comprendere le meraviglie di Dio e penetrare in ciò che la liturgia vuol farci vivere.
Dalla lettura della Bibbia dobbiamo conoscere ciò che è conforme alla volontà di Dio, per attuare nella nostra vita, con le parole e le opere, il disegno di salvezza che Dio ha realizzato per l’umanità. Gesù, è detto in una preghiera eucaristica, « per compiere la tua volontà, o Padre, egli stese le braccia sulla croce », in una obbedienza totale di amore per il Padre e gli uomini: così anche noi siamo chiamati a conformarci al Cristo, nella obbedienza al Padre celeste, il quale, nel suo Figlio, umiliato sulla croce, ha rivelato la forza dell’amore. Da Gesù impariamo cosa vuol dire amare Dio, facendo la sua volontà, e come amare gli uomini come ha fatto lui che ha dato la sua vita per un amore gratuito e universale per noi.
Se la voce dello Spirito non viene da noi ascoltata e non entra nel nostro cuore e nelle nostre scelte quotidiane, Gesù ci ricorda che non chi dice : « Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli ». Così dobbiamo ascoltare la voce dello Spirito che ci parla attraverso la Parola con silenzio, raccoglimento, preghiera, evitando il chiasso e le continue distrazioni.
Nella preghiera iniziale ci rivolgiamo a Dio dicendo: « Padre clementissimo, che nel tuo unico Figlio ci riveli l’amore gratuito e universale, donaci un cuore nuovo, perché diventiamo capaci di amare anche i nostri nemici e di benedire chi ci ha fatto del male ».
Prima Lettura: 1Sam 26,2.7-9.12-13.22-23
Il brano, che la liturgia della Parola ci fa ascoltare, ci riporta uno dei tanti episodi intercorsi nella vita di Davide con il suocero Saul, il quale perseguita il genero, per la gelosia del regno che acceca il suo cuore e i suoi occhi.
Davide, fuggiasco, con Abisai, si trova nella collina di fronte in cui si è fermato Saul e i suoi soldati nella ricerca del genero. Di notte, Davide e Abisai, facendo, non visti, un’incursione nella grotta dove dorme Saul con Abner e soldati, egli, pur essendo incitato a vendicarsi da Abisai che gli dice: « Oggi Dio ti ha messo nelle mani il tuo nemico: lascia che io l’inchiodi a terra con la lancia », non permette di farlo perché non vuole alzare la mano sul consacrato del Signore. Portano via la lancia e la brocca d’acqua di Saul, che insieme ai suoi era assopito in un profondo « torpore mandato dal Signore ». Allontanatisi nella collina di fronte, Davide sul far del mattino, a gran distanza, grida verso Saul mostrandogli la lancia, l’invita a mandare i suoi servitori a riprenderla e aggiunge: « Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà…Il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore ».
Davide non si vendica del suo avversario, non approfitta della situazione a lui favorevole, e si rimette a Dio perché farà lui giustizia secondo i suoi disegni.
Seconda Lettura: 1 Cor 15, 45-49
Paolo, scrivendo ai Corinti, mette in rapporto il primo Adamo, che diviene il primo essere vivente da cui si originano tutti gli uomini, con Cristo, che come ultimo Adamo diviene spirito datore di vita. E come prima vi è il corpo materiale e poi lo spirituale, così se « il primo uomo tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo ». Quelli che sono di terra sono simili all’uomo terreno, quelli simili all’uomo celeste sono celesti. E se per la vita terrena si è simili all’uomo terreno, ora, che in Cristo siamo stati redenti e abbiamo lo Spirito di Cristo, siamo fin da ora celesti e lo saremo pienamente nel cielo. Gesù, attraverso la rigenerazione nel suo Spirito, che è datore di vita divina, ci rende, divenendo simili a lui, celesti. Se anche questa realtà non è visibile materialmente, il cristiano è un uomo plasmato, ricreato ad immagine di Cristo, che è l’Adamo autentico, il nostro modello di uomo. Se l’antico Adamo disobbediente ci ha resi simili a lui nella disobbedienza e peccatori, ora, rigenerati in Cristo, non possiamo vivere come terreni ma come spirituali e celesti.
Vangelo: Lc 6,27-38.
Gesù nel Vangelo ci richiama, come ha fatto con i suoi discepoli allora, ad ascoltare i suoi insegnamenti: amare i nostri nemici e non solo gli amici e quelli che ci amano, perché avremo già la ricompensa e ciò lo fanno pure i peccatori che amano solo quelli che li amano; a fare del bene a quelli che ci odiamo, non solo a quelli che ci fanno del bene, perché fanno lo stesso i peccatori; benedire coloro che ci maledicono, pregare per coloro che ci trattano male ecc. Ci insegna, inoltre, a porgere l’altra guancia a chi ci percuote; a dare a chiunque ci chiede senza richiedere nulla in contraccambio; a non prestare solo a coloro da cui speriamo di ricevere la ricompensa, perché anche i peccatori fanno prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Vivere, allora, non alla maniera dei peccatori, ma secondo questi insegnamenti, ci fa essere figli dell’Altissimo e suoi imitatori, come è lui che « è benevolo verso gli ingrati e i malvagi ed è misericordioso verso tutti ».
Infine conclude insegnandoci a non giudicare e non saremo giudicati; a non condannare e non saremo condannati; a perdonare e saremo perdonati; a dare e avremo una misura buona, pigiata, colma e traboccante; e saremo misurati con la misura con cui misuriamo.
Il contrassegno dell’agire cristiano è, dunque, all’opposto dell’agire dei pagani e dei peccatori; ci fa vivere da figli di Dio e imitatori di Gesù, che ci chiede, rinnovati nello spirito, a vivere una meta ardua, che è possibile e anche necessaria raggiungere con la sua grazia, avendo il coraggio, come i santi, ad incamminarci per la stessa strada.