Gesù, a Nazaret, leggendo la missione del Messia di Isaia, annunzia la sua attività messianica.
27 GENNAIO-III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.C
La Domenica, giorno del Signore, la Chiesa vive la gioia che le viene dall’incontro con il suo Signore, che è sorgente inesauribile di vita, perché con la sua Parola e con il suo Corpo e il suo Sangue, la nutre. Noi gli offriamo ciò che Dio nella sua provvidenza ci dà, i semplici doni del pane e del vino, che dalla potenza dello Spirito invocato, diventano sacramento di salvezza e nutrimento spirituale che alimenta la vita di amore e di comunione con Dio e i fratelli. Prendendo parte a questo convito, la gioia della Chiesa diventa perfetta, se traduciamo questo incontro con il Signore nella vita, la quale diventa « segno di speranza e di salvezza per noi e per l’umanità ».
Nella colletta iniziale preghiamo Dio dicendo:« O Padre, tu hai mandato ilo Cristo, re e profeta, ad annunziare ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa’ che la sua parola che oggi risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione e di salvezza ».
Prima Lettura : Ne 8,2-4.6,8-10.
Dopo il ritorno dall’esilio, il sacerdote Esdra, davanti al popolo riunito, uomini, donne e quelli che erano in grado di capire, portò il libro della Legge, e da una tribuna di legno, posta nella piazza davanti alla porta delle Acque, venne letto e spiegato, per capirne il senso, dai leviti, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno. Prima di iniziare la lettura, Esdra: « Benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo, alzando le mani, rispose: “Amen, amen“; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi al Signore».
Neemia, Esdra e i leviti rivolgendosi al popolo dissero: « Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete! », perché il popolo piangeva nell’ascoltare la lettura. Neemia invitò il popolo a far festa, mangiare carni grasse, bere vini dolci e a condividere porzioni di cibo con coloro che non avevano nulla di preparato: bisognava far festa e non essere rattristati, perché « la gioia del Signore è la vostra forza », disse.
Dall’ascolto della parola del Signore il popolo riprende l’impegno a vivere nella fedeltà al Signore e Dio rinnova la sua alleanza, ridonando la sua grazia e la sua amicizia. Il popolo risponde con il suo « Amen! », esprimendo la sua volontà nel praticare il « Libro della Legge », comandi e leggi dati da Dio per camminare nel bene davanti a Lui.
Seconda Lettura : 1Cor 12,12-30.
San Paolo, partendo dall’unità del corpo, costituito da capo e da molteplici membra, esorta i Corinzi, ad essere anch’essi uniti a Cristo, capo di un corpo di cui i discepoli sono membra, Giudei o Greci, schiavi o liberi, essendo stati battezzati mediante un solo Spirito e dissetati da un solo Spirito. Così tutte le membra non possono vivere e agire ognuno per conto proprio e non sentirsi uniti a tutto il corpo: ogni membro, dunque, pur essendo distinto dalle altre membra, deve essere e operare in armonia con il capo e con tutti gli altri. « Le membra che sembrano più deboli, poi, sono le più necessarie, e le parti del corpo che riteniamo meno onorabili le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno.
Come Dio nel corpo ha conferito maggiore onore a ciò non ne ha, perché nel corpo non vi sia divisione, ma le varie membra abbiano cura le une delle altre: soffrire se un membro soffre, gioire con chi è onorato, così, dice Paolo, siete voi, in quanto corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Nella Chiesa, conclude Paolo, poiché Dio ha posto « in primo luogo alcuni come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare le varie lingue », ognuno deve svolgere il proprio ruolo a beneficio di tutto il Corpo di Cristo, che è la sua Chiesa.
Le diversità nella Chiesa, come motivo di antitesi e dissenso non possono caratterizzare la sua vita. La diversa condizione sociale o la provenienza non contano più in una comunità in cui: « Tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito ».
Ancora: la collaborazione fruttuosa tra le varie membra della Chiesa, Corpo di Cristo, deve essere perseguita con costanza, impegno e generosa carità.
Le varie grazie o le funzioni diverse non possono essere ritenute per fini egoistici, ma come un corpo ha bisogno dell’apporto di tutte le membra, così deve essere nella Chiesa: ogni attività deve svolgersi per il bene di tutta quanta la comunità dei credenti, ogni membro con la sua funzione specifica.
Mettiamo in comune i doni di Dio e le mansioni che ognuno è chiamato a svolgere? Accogliamo con gratitudine e umiltà i doni e le grazie degli altri?
Facciamo prevalere, a volte, il nostro orgoglio e le nostre. più o meno larvate, invidie? Sono situazioni di cui dovremmo prendere coscienza per camminare insieme per rendere idonei i fratelli a realizzare la perfezione di Cristo nella Chiesa e nell’umanità.
Vangelo: Lc 1,1-4;4,14-21.
L’evangelista Luca, dopo aver premesso che molti prima di lui hanno raccontare con ordine gli avvenimenti compiuti tra loro, da quelli che furono fin da principio testimoni oculari e ministri della Parola, anch’egli, dopo aver fatto accurate ricerche, ha deciso di scrivere un racconto ordinato per Teòfilo, perché si renda conto della solidità degli insegnamenti ricevuti, riguardo a Gesù, che ripieno della potenza dello Spirito, ritornato in Galilea, dove la sua fama si diffondeva, insegnava nelle sinagoghe e tutti gli rendevano lode.
Gesù, continua Luca, a Nazaret dove era cresciuto, nella sinagoga, di sabato, come era solito, aprendo il rotolo del profeta Isaia che gli fu dato, trovò il brano dove era scritto: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore ». Consegnato il volume, sedette. Poiché, però, gli occhi di tutti gli astanti erano fissi sopra di lui, Gesù disse, tanto da scandalizzarli: « Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato ». Gesù, avendone consapevolezza, ricolmo dello Spirito, dice agli ascoltatori che egli è il Servo di Dio di cui parla il profeta, venuto a realizzare quell’annunzio di salvezza, avverando quella Scrittura attraverso i suoi miracoli e la sua parola. Così con lui si inaugura « l’anno di grazia del Signore ». Oggi, come allora, Gesù chiede di accoglierlo come colui che è venuto come segno visibile di Dio Padre, mandato, quale Parola fatta carne, per ristabilire la comunione dell’umanità con il Padre e realizzare il suo progetto di salvezza, riconciliandola con Lui.
Alle nozze di Cana di Galilea, Gesù trasforma l'acqua in vino:
20 GENNAIO–II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(C)
Nel giorno del Signore celebriamo il memoriale del Signore, cioè la Cena, in cui si dona come cibo di vita, e il memoriale del suo sacrificio, offerto per la nostra salvezza. Tutto questo non è un ricordo vago o un simbolo, ma è una celebrazione del memoriale in cui « si compie l’opera della redenzione operata dal Signore una volta per tutte », e partecipata, nel nostro oggi, a noi. E’ questo memoriale presente nella verità del Corpo e del Sangue di Cristo, che divengono convito della Chiesa, popolo della nuova alleanza, costituita nel suo sangue. Ogni domenica dunque incontriamo Cristo nella liturgia e i fratelli. Con il dono dello Spirito ci viene riconfermata la grazia del Battesimo e nell’ascolto della Parola siamo riconfermiamo nella nostra adesione al Signore.
Nella preghiera della Colletta diciamo:« O Dio, che nell’ora della croce hai chiamato l’umanità a unirsi in Cristo, sposo e Signore, fa’ che in questo convito domenicale la santa Chiesa sperimenti la forza trasformante del suo amore, e pregusti nella speranza la gioia delle nozze eterne ».
Prima Lettura. Is 62,1-5.
Il profeta canta l’amore che Dio ha per Sion e per Gerusalemme finché sorga la sua giustizia e la salvezza del Signore non risplenda come lampada. Le Genti, allora, e i re della terra vedranno questa giustizia e la gloria del Signore risplendere in essa, che sarà una magnifica corona nella mano del Signore e un diadema regale nella palma di Dio. Non sarà chiamata più « Abbandonata », né la sua terra sarà più detta « Devastata». Verrà chiamata con il nome nuovo che la bocca del Signore indicherà: «Mia Gioia e la sua terra Sposata», perché il Signore troverà in essa la sua delizia e la sua terra avrà uno sposo. Come un giovane sposa una vergine e come gioisce lo sposo per la sposa, così Dio gioirà per Gerusalemme. Il Signore, dunque, non lascerà più abbandonata, per le sue colpe e le sue infedeltà, Gerusalemme perché l’amore del Signore si compiacerà del suo popolo. Con esso Dio stabilirà un vincolo sponsale, che diventerà perfetto e indissolubile quando l’umanità sarà congiunta con Gesù, il Figlio di Dio, che darà come Sposo la sia vita per la Chiesa, sua sposa. Questo amore sponsale è il nuovo vincolo che lega nel matrimonio un uomo e una donna, i quali, nel loro volersi bene e nel donarsi vicendevolmente, imitano l’amore di Cristo per sua Chiesa, la quale risponde con fedeltà e gratitudine.
Seconda Lettura : 1 Cor 12,4-11.
San Paolo scrive ai Corinzi dicendo che, vi è un solo Dio, che opera tutto in tutti secondo le diverse attività degli uomini; un solo Spirito che distribuisce diversi carismi e un solo Signore che affida la diversità dei ministeri. Lo Spirito poi si manifesta, elargendo, in uno il linguaggio della sapienza o il linguaggio della conoscenza in un altro; quello della fede in uno e il dono delle guarigioni in un altro; così pure ad altri elargisce il potere dei miracoli, o il dono della profezia, o del discernimento degli spiriti o il dono delle lingue. Ma tutti questi doni sono distribuiti, così come egli vuole, dall’unico e medesimo Spirito perché siamo a beneficio e per l’utilità di tutti, per il bene comune. Lo Spirito del Signore fa vivere allora in comunione tutti i membri del Corpo mistico di Cristo con i vari doni, carismi e grazie. Questi doni non sono dati per alimentare la nostra vanità o per soddisfare le nostre ambizioni e per farci sentire superiori agli altri o per accampare pretese. Lì dove riusciamo, con la forza del Spirito del Signore, siamo chiamati a sviluppare questi doni e metterli al servizio dei fratelli.
Vangelo : Gv2,1-11.
Il Vangelo oggi di san Giovanni ci porta a contemplare l’episodio delle nozze di Cana di Galilea, dove Gesù è invitato insieme a Maria, sua Madre e ai discepoli. Maria, accortasi che è venuto a mancare il vino in quella festa di nozze, si rivolge al Gesù dicendogli: « Non hanno vino ». E Gesù le risponde: « Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora ». Ma Maria, rivoltasi ai servitori, dice: « Qualsiasi cosa vi dica, fatela ». Per ordine di Gesù quelli riempiono di acqua le giare li presenti e dopo dice loro: « Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto ». Quando costui assaggia l’acqua diventata vino, non sapendo da dove venga, ma lo sanno i servitori, chiama lo sposo e gli dice meravigliato: « Tutti mettono a tavola il vino buono all’inizio e, quando si è bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora ».
Questo è il primo dei segni compiuti da Gesù con cui manifesta la sua gloria e i suoi discepoli credono in lui. La presenza di Gesù alle nozze di Cana prefigura la sua presenza nel sacramento del matrimonio cristiano in cui l’amore umano è elevato e santificato. L’acqua cambiata in vino sta a significare che con l’apparizione di Gesù l’acqua dell’ Antico Testamento e delle realtà umane vengono elevate ad una dignità divina. Il vino nuovo di Cristo sostituisce ciò che di antiquato vi è nelle realtà umane e religiose con la realtà nuova che è venuto a portare, poiché, come egli dice, non si mette vino nuovo in otri vecchi ma vino nuovo in otri nuovi . Ancora. La presenza materna, attenta e vigile di Maria, che sollecita il suo Figlio a compiere quel miracolo indica la sua premurosa presenza nell’opera della Chiesa e di tutti noi, quali membra della comunità del suo Figlio. Ma Maria è anche modello vigile, nelle nostre famiglie, per le mamme che con la loro materna presenza sollecitano la nostra adesione al Signore.
FESTA DEL BATTESIMO DI GESU' AL GIORDANO.
13 GENNAIO – FESTA DEL BATTESIMO DI GESU’
Tra i misteri della vita di Cristo, la festa del Battesimo di Gesù riveste una un’ importanza singolare, perché conclude il Tempo del Natale e dà inizio al Tempo Ordinario. Nella Liturgia commemoriamo questo evento della vita del Signore con solennità. Se si continua a riflettere sul mistero dell’incarnazione di Cristo da una parte, dall’ altra si inizia a ripensare la vita adulta di Gesù che, dopo il Battesimo al Giordano, dà inizio alla sua missione.
Nel Battesimo il Padre rivela e manifesta, in una nuova epifania, che in Gesù riconosce il Figlio amato, il Cristo, il Messia inviato ai poveri e con lo Spirito che si posa in lui, in forma corporea di colomba, Gesù viene consacrato sacerdote, profeta e re.
Gesù è la Parola, che il profeta Isaia annunzia. Parola che, uscita dalla bocca del Padre celeste, feconda la terra e, dopo aver realizzato l’opera per cui è stata mandata, cioè portare la salvezza a tutti gli uomini, ritornerà a Lui.
Un tempo la liturgia celebrava l’adorazione dei Magi, il miracolo a Cana e il Battesimo in un'unica celebrazione, avendo questi tre eventi, in vario modo, come contenuto la manifestazione di Gesù.
Nella manifestazione che il Padre fa del Figlio, Gesù manifesta da parte sua la solidarietà con gli uomini, iniziata con l’incarnazione.
Così siamo introdotti, in questa celebrazione, nel mistero di Cristo, vero uomo che, portando su di sé i peccati degli uomini, viene a salvarci e, in quanto vero Dio, ci libera dalla colpa, ci dona lo Spirito rendendoci figli di Dio, rigenerati nel lavacro del Battesimo e « rinnovati interiormente a sua immagine».
Il dono dello Spirito Santo e il nostro divenire Figli di Dio sono i doni del Battesimo cristiano, di cui oggi facciamo memoria.
Is 401-5.9-11. (Anno C)
Il profeta, nel nome di Dio, annunzia a Gerusalemme la consolazione che le viene poiché la sua tribolazione è compiuta e la sua colpa è scontata, perché dalla mano del Signore ha ricevuto il doppio per tutti i suoi peccati. La voce che grida nel deserto invita a preparare la via al Signore, a togliere ogni ostacolo alla rivelazione della gloria del Signore, che potrà essere vista da ogni uomo. Il messaggero deve annunziare liete notizie a Sion, annunziare liete notizie a Gerusalemme e, alzando la voce, annunziare alle città di Giuda: « Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnelli sul petto e conduce dolcemente le pecore madri ». Con l’avvento del Messia, manifestato dopo il Battesimo al Giordano dallo Spirito che discende su di lui e dalla voce del Padre che lo proclama come Figlio prediletto, siamo invitati a rallegrarci e a consolarci, perché è finita la schiavitù dell’uomo dal peccato, che viene perdonato e così possiamo ritornare all’amore del Padre. Questo è l’annunzio di Gesù che predica la conversione dal peccato e l’adesione al regno di Dio. Annunzio che anche la Chiesa, nel nome del suo Signore, deve far giungere non solo a Gerusalemme, ma in tutto il mondo e ad ogni uomo.
Tt 2,11-14;3,4-7.
San Paolo ricorda a Tito che la grazia di Dio apportatrice di salvezza a tutti gli uomini ci insegna a rinnegare « l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione del nostro Dio e salvatore, Gesù Cristo nella gloria », il quale, dando se stesso in sacrificio per riscattarci dalle nostre iniquità, ha formato un popolo puro che gli appartenga e zelante per le opere buone. Questa salvezza ci è data come puro dono di Dio, per la sua bontà, il suo amore, la sua misericordia e non per le opere giuste da noi compiute, poiché ci ha rigenerati e rinnovati nello Spirito Santo, effuso in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro. Così, giustificati per questa grazia, siamo diventati, nella speranza, eredi della vita eterna. Nel celebrare il Battesimo di Gesù, che nell’umiltà si abbassa dando inizio al suo sacrificio di obbedienza al Padre che di lui si compiace, ripensiamo al nostro battesimo nello Spirito Santo, che ci ha fatto nuove creature. Rinnoviamo allora il nostro impegno a vivere da figli di Dio nella santità ad imitazione di Gesù e ad allontanarci sempre più da ogni forma di peccato.
Lc3,15-16.21-22.
Nel tempo in cui Giovanni battezza al Giordano e tutti sono in attesa e si domandano in cuor loro se non sia il Messia atteso, cioè il Cristo, egli risponde: « Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»
Ecco che su Gesù, ricevuto il battesimo, mentre stava in preghiera, discen-de lo Spirito Santo, in forma corporea di colomba e si ode una voce dal cielo: « Tu sei il Figlio mio, l’amato in te ho posto il mio compiacimento ».
Il Padre celeste proclama che Gesù è il suo Figlio, l’amato, che in preghiera manifesta la sua disponibilità a compiere il disegno di salvezza. Anche in noi, dopo il battesimo, la nostra preghiera diventa disponibilità e abbandono di figli alla volontà di Dio, che ascolta le nostre domande con tenerezza di Padre, di cui quella terrena dei padri è un piccolo segno e pallida immagine.
A noi spetta ascoltare il Figlio Gesù, l’amato, e imitarlo con amore di figli.
Epifania: manifestazione del Signore alle Genti.
6 GENNAIO – EPIFANIA DEL SIGNORE ALLE GENTI.
Mentre nel Natale abbiamo contemplato, come dice Isaia, Cristo, luce che risplende nelle tenebre, in cui è immersa l’umanità, dalla quale Gesù assume la carne umana, con tutta la sua fragilità e debolezza, eccetto il peccato, nell’Epifania, festa di luce, che traspare e guida a Gesù, Dio continua a rivelarsi, sempre nella debolezza e nella fragilità di bambino, nato nel nascondimento, e con lo splendore di una stella attrae a Betlemme genti lontane. Così san Paolo esprime il significato dell’Epifania : « Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa ». I Magi, guidati dalla stella e desiderosi di vedere ciò che essa preannunciava, messisi in cammino, giungono a Gerusalemme e chiedono, lì dove pensano possa essere nato un re, ad Erode: « Dove è nato il re dei Giudei? ». A Gerusalemme, dove avrebbe dovuto essere maggiormente viva l'attesa del "Messia", i sommi sacerdoti e gli scribi, radunati da Erode, ricordando le profezie, indicano che da Betlemme, piccolo capoluogo della Giudea, doveva « u- uscire un capo che sarebbe stato il pastore del popolo Israele ».
Così i Magi vengono indirizzati a Betlemme. Usciti da Gerusalemme, dove la stella che li precedeva non era vista, riappare loro e si ferma sul luogo dove « entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono e gli offrirono i doni: oro, incenso e mirra » (Mt 2,11), riconoscendolo come Re, Dio e Redentore.
Alla fine del loro viaggio, nella ricerca della verità, desiderosi di conoscere l'evento indicato dalla stella, incontrano il Signore nella debolezza della carne: l'umanità nella sua dimensione di fragilità, nella sua vulnerabilità alla sofferenza e al dolore. Essi riconoscono Dio nella carne, perché è in questo che Dio condivide la povertà umana, che si rivela e nasconde la sua divinità: questo è il mistero dell'incarnazione di Dio.
I Magi modello della Chiesa
I MAGI sono le primizie della Chiesa, formata da uomini di tutti i popoli, sono il simbolo di tutti gli uomini, che vanno a trovare il Signore, Cristo Gesù, il Salvatore, guidati dalla luce della fede e lo adorano.
Essi, che hanno affrontato le fatiche e i pericoli di un lungo viaggio, sia fisico che interiore di ricerca della verità divina, esprimono così il percorso paradigmatico della fede di ogni uomo. La stella, verità dell’uomo, è un segno che va ricercato e obbedito, e pone l’uomo nella fatica della ricerca della verità.
La fede non è ancora la visione delle realtà che crediamo. I nostri occhi ancora sono come velati; ma la fede è già una luce che illumina l’anima. L’incredulo si trova ancora nelle tenebre.
Gesù che nasce tra noi provoca sentimenti opposti, azioni antitetiche. Infatti alcuni dei prossimi al Messia non lo riconoscono. La sua nascita produce anche turbamento, come in Erode, il nuovo persecutore, come lo fu il faraone, che opprimeva Israele nei suoi primogeniti.
Oggi preghiamo perché la fede divenga sempre più ferma e luminosa, perché non ci accada mai la sventura di perderla; perché tutti gli uomini l’abbiano in dono, così da accogliere il mistero della salvezza, che è lo stesso Figlio di Dio, in tutto solidale con noi, annunziato a tutte le genti.
Prima Lettura: Is 60, 1-6.
La gloria del Signore brilla in Gerusalemme: il profeta la vede come il luogo verso cui tutti i popoli convergono per lodare Dio e offrirgli « oro e incenso ». La venuta dei Magi porta a compimento la visione esaltante di Isaia, poiché essi, e con loro le nazioni della terra, riconoscono in Gesù il loro Re.
Seconda Lettura: Ef 3,2-3.5-6.
Paolo ricorda agli Efesini che nella carne condivisa da Dio in Gesù si attua e manifesta il suo piano di salvezza. Per mezzo del mistero dell'incarnazione tutti gli uomini sono chiamati a far parte della Chiesa nella fede e ad essere partecipi della salvezza.
Sia gli Ebrei, eletti per primi, sia i pagani, venuti dopo, sono chiamati alla fede in Cristo e alla condivisione dell’eredità eterna con lui. La salvezza è universale: e infatti la Chiesa è detta « una e cattolica ». In essa non c’è distinzione di razza: il Vangelo è predicato a tutte le genti, perché formino una medesima Chiesa. Questo ci porta a due considerazioni: la prima, che dobbiamo sentire la vocazione missionaria e, anche se personalmente non siamo in missione. il nostro aiuto è dato dalla preghiera, dai sacrifici, dalla collaborazione, fatta anche di offerte, e i missionari sono là a rappresentarci. La seconda considerazione è questa: dobbiamo evitare le divisioni, in contrasti tra noi, visto che siamo partecipi della stessa grazia e della stessa promessa di Cristo. Facciamoci nel nostro ambiente missionari di concordia.
Vangelo: Mt 2,1-12.
Quale contrasto tra l’indifferenza e l’ignoranza somma dei sommi sacerdoti e degli scribi, tra la sospettosa ostilità di Erode e l’ardente e gioiosa domanda dei Magi: « Dov’ è colui che è nato, il re dei Giudei ? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo!». Vengono i lontani , e i vicini non si accorgono che è nato il Salvatore. Ai primi è data la felicità di incontrarlo e di adorarlo; i secondi o non sono toccati dall’avvenimento o, peggio, cercano di soffocarlo. Dobbiamo pensare che abbiamo vicino il Signore, quasi a due passi, vicino alle nostre case, nella Eucaristia, e il cuore rimane freddo, pigro, senza interesse. La vera fede dà gioia, fervore e desiderio di incontrare il Signore, come i Magi, capaci di affrontare qualche sacrificio per lui.
OTTAVA DEL NATALE: SOLENNITA' DI MARIA MADRE DI DIO.
1 GENNAIO- MARIA SS. MADRE DI DIO
Giornata Mondiale della Pace.
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordioso », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto della collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C.
Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’Incarnazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo. « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Cristo Signore ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta, facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè, chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E Tutto questo, come dono di Dio si realizza in Gesù. La Chiesa in questa benedizione ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno e noi, con altrettanta verità all’augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un «buon anno».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7.
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli. Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, di natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene da in Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre, perché siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24).
Così San Paolo esclude ogni auto-salvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questo avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere la salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo: Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre al presepio. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia, ritornando alla nostre occupazioni e condizioni abituali, non dimentichiamo quella nascita, quell’innocenza e quell’amore che ci hanno attratti in questi giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria.