FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARET:GESU', MARIA E GIUSEPPE.
30 DICEMBRE – FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA: GESU’, MARIA E GIUSEPPE.
La Chiesa celebra oggi la santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe, a cui la famiglia cristiana guarda, per realizzare lo stesso stile di vita. La famiglia di Gesù, pur nella sua singolarità, è presentata dalla Chiesa come « vero modello di vita » per imitarne le virtù e realizzare lo stesso rapporto che essa ebbe verso Dio e verso gli uomini. Le famiglie cristiane, oggi, sono chiamate a vivere nell’amicizia e nella pace con Dio e i genitori cristiani devono sentirsi partecipi della « fecondità dell’amore divino », mentre i figli devono « crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini come Gesù. Pur tra le prove della vita, le incomprensioni e le varie situazioni a cui si va incontro: sofferenza, angosce e tribolazioni, le famiglie cristiane sanno che, come nella Famiglia di Nazareth, essi possono attingere da essa esempio di vita e da Dio la grazia e la forza per vivere nella fedeltà gli impegni e i compiti a cui il Egli li chiama. L’Eucaristia, mensa che ci nutre tutti come figli di Dio, come noi crediamo rinvigorisce la nostra fede.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, pietà e grazia, rendendo lode al tuo santo nome ».
Prima Lettura: 1 Sam 1.20-22.24-28.
Al bambino che Dio concesse ad Anna, moglie di Elkanà, venne dato nome Samuele, « perché - lei diceva - al Signore l’ho richiesto ». Anna, quando il marito, come ogni anno, si recò ad offrire il sacrificio per soddisfare al suo voto, non andò dicendogli: « Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre ». Quando il bambino crebbe fu portato insieme ad un giovenco, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo. Ivi presentarono il fanciullo al sacerdote Eli e Anna gli disse: « Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore…Il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho chiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore ».
Così Anna cede al Signore, che autore e principio di ogni vita, suo figlio, il quale, non costretto nella scelta, si consacrerà a Dio con piena dedizione, adempiendo alla missione di giudice e profeta nel popolo d’Israele. Da ciò i Cristiani imparano che i figli appartengono a Dio creatore e che devono essere educati affinché essi prendano consapevolezza di Dio, sorgente della libertà e della riuscita perfetta della loro vita.
Seconda Lettura: 1 Gv 3,1-2.21-24.
San Giovanni ci dice in questo brano che l’amore di Dio ci ha fatti realmente suoi figli, « ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo perché quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è ». Esorta quindi ad avere fiducia in lui e, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, « qualunque cosa gli chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito ». Esorta, infine, a vivere il suo comandamento che è credere nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e amarci gli uni gli altri, secondo il suo precetto. Osservando i comandamenti si rimane nell’amore di Dio e che Dio è in noi lo conosciamo dallo Spirito che ci ha dato.
Questa condizione di figliolanza non appare ancora visibilmente e perfettamente. Ciò avverrà quando saremo introdotti nella stessa condizione del Figlio risorto, ma fin d’ora lo stile di vita del discepolo, cioè la pratica del l’amore a Dio e ai fratelli, mediante la carità teologale, rivela questa figliolanza. Giovanni, nella sua concretezza, non annette valore alle parole, ma ai fatti, cioè all’osservanza del precetto della carità. La famiglia, come piccola chiesa domestica, è il luogo dove la testimonianza dei genitori fa crescere i figli in questa dimensione spirituale della vita.
Vangelo: Lc 2,41-52.
Luca ci racconta l’esperienza vissuta dalla santa Famiglia quando Gesù si smarrisce nel tempio, portato per la prima volta, secondo la consuetudine, nel tempio di Gerusalemme, all’età di dodici anni. Ritornando a Nazareth, dopo un giorno di cammino, Maria e Giuseppe si accorgono che Gesù non è con loro nella comitiva. Lo cercano tra parenti e conoscenti e non trovandolo, tornano allora, angosciati e trepidanti, a Gerusalemme. Lo ritrovano, dopo tre giorni, nel tempio, seduto in mezzo ai dottori della Legge, mentre li ascoltava e li interrogava e chi lo ascoltava rimaneva stupito per la sua intelligenza e le sue risposte. Maria, allora, rivolta dolcemente al figlio dicendo: « Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavano ». E Gesù: « Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? ». Maria e Giuseppe non compresero. Allora Gesù, con loro, ritornò a Nazareth, stava loro sottomesso, e cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini, mentre Maria custodiva nel suo cuore tutte queste cose.
Maria e Giuseppe ritrovano Gesù che ha già consapevolezza della missione che il Padre celeste gli ha affidato: compiere in pienezza la volontà del Padre.
Di questo disegno non tutto però è chiaro immediatamente, poiché non comprendono pienamente le parole dette da Gesù. Gesù non si ribella per questo e si prepara al disegno del Padre con la sottomissione a loro e con la crescita « in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini ».
Vi annunzio una grande gioia: "Oggi è nato per voi il Salvatore, Cristo Signore".
Vigilia del Santo Natale.
25 Dicembre – NATALE DEL SIGNORE.
La festa del Natale è imminente. Siamo alla vigilia. Domani saremo tutti nella gioiosa sorpresa del Figlio eterno di Dio, nel « grande giorno che ha dato inizio alla nostra redenzione ». Oggi è giorno di raccoglimento e di preghiera. Così viviamo l’attesa, e non solo del Natale, ma anche della definitiva apparizione di Cristo giudice. Se guardiamo ai nostri meriti, siamo presi dallo smarrimento, ma se consideriamo l’amore del Padre, che a Natale si rivela, al timore succede la speranza. Una speranza che in quello stesso amore attinge forza e coerenza.
Prima Lettura: Is 62,1-5.
L’umanità non sarà più abbandonata, devastata, priva di amore. Essa avrà il suo Sposo: Dio stesso, che si unisce agli uomini con il dono della grazia. Anzi col dono del suo medesimo Figlio fatto uomo. La promessa di Dio e il desiderio del profeta si compiranno a Natale.
Seconda Lettura: At 13,16-17.22-25.
Ormai sta per apparire Colui che Giovanni aveva preannunziato e per il Quale aveva preparati gli animi: è Gesù, il Salvatore, che libera Israele e tutti i popoli. L’attesa e la speranza, tenute vive dai credenti, trovano la loro soddisfazione.
Vangelo: Mt 1,1-25.
Gesù è il Figlio di Dio, ma nasce anche come vero uomo, inserito in una genealogia. Egli è chiamato dall’evangelista Matteo figlio di Davide, per mezzo del quale risale ad Abramo. Egli nasce da Maria verginalmente, mentre Giuseppe, lo sposo della Vergine, gli fa da padre terreno. Come Maria, anch’egli ha dato il suo consenso di fede alle parole dell’angelo e ha legato la propria vita a quella di Gesù Salvatore. Fare Natale significa entrare nella storia di Gesù, assumerla e lasciarsi prendere da essa. In certo modo: riviverla in noi.
Celebrazione della NOTTE SANTA DEL NATALE DEL SIGNORE.
Siamo ammirati e festanti. La ragione è questa: che quando nasce il Salvatore noi siamo salvati. In Gesù – come dice il secondo prefazio – Dio appare « visibilmente nella nostra carne » e incomincia « ad esistere nel tempo ». Dio si fa sempre vicino e l’umanità on tutto l’universo viene sollevata dalla sua caduta e redenta. A Natale si compone in unità la famiglia di Dio. Non possiamo essere tristi, e dobbiamo darci da fare perché anche gli altri, a cominciare dai nostri di casa, siano nella gioia.
Prima Lettura: Is 9,1-6.
« Un bambino è nato per noi »: bisognoso , come bambino, di cure materne. Eppure è « il Dio potente» », colui che illumina il mondo e che spezza il giogo dell’oppressione. Non facendo una rivoluzione con la violenza, ma trasformando il mondo con l’amore. Dal presepio dobbiamo portar via propositi di carità e di pace.
Seconda Lettura: Tt 2,11-14.
Il Natale deve toccare la nostra condotta, indurci a vivere secondo l’esortazione di san Paolo - « con sobrietà, con giustizia e con pietà ». Ossia a vivere in grazia e a comunicarla agli altri con la parola e l’esempio. Così siamo coerenti con il modo di fare di Gesù, che « ha dato se stesso ». Dare noi stessi è lo stile proprio del cristiano anche nelle piccole cose. Mettiamo al secondo posto il nostro io, facilmente egoista, per interessarci di quelli che sono più dimenticati e trascurati.
Vangelo: Lc 2,1-14.
Il Natale è la festa della semplicità e della povertà di Dio. Il Figlio suo è deposto in una mangiatoia, l’unico luogo trovato disponibile. E’ la prima lezione che raccogliamo celebrandone la festa. Ma intorno all’umiltà della grotta si diffonde la presenza degli angeli. Essi invitano alla gioia, e infatti annunziano il vangelo, danno la bella notizia che è apparso il Salvatore.
Se è così come si fa ad essere ancora avviliti, avidi ricchezza, prepotenti? Uno dei segni che facciamo un buon Natale e che non ci limitiamo ad augurarlo a parole, è che portiamo pace e bontà col perdono, con l’aiuto ad un fratello ammalato, con una visita che sappiamo gradita. Del resto Il Natale c’è perché Dio ci ama.
Celebrazione del Natale del Signore all’aurora.
Eravamo un’umanità toccata intimamente dal peccato, ma a Natale appare in mezzo a noi il Verbo fatto uomo. Da qui misuriamo quanto sia grande e misterioso l’amore che Dio ha per l’uomo: lo fa rinascere, lo rinnova, lo guarisce, lo rende partecipe della vita immortale. Se per opera di Dio avviene tutto questo, possiamo comprendere quanto sia alta ai suoi occhi ora la dignità dell’uomo. La dobbiamo rispettare in noi e negli altri. Non dobbiamo più deturparla con il ritorno alla mentalità di peccato.
Prima Lettura: Is 62, 11-12.
« Arriva il tuo Salvatore »: Isaia ne dava l’avviso a Israele, La Chiesa, con maggiore verità, ce ne ripete l’annunzio: il Salvatore è nato a Betlemme.
Seconda Lettura : Tt 3,4-7.
Il Natale del Signore è la suprema manifestazione della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini. Questo amore diviene concreto per noi con il dono dello Spirito Santo elargito nel Battesimo e poi in tutti gli altri sacramenti. Si può dire che facciamo il Natale del Signore, quando riceviamo i sacramenti, e la vita di Gesù si inserisce in noi. Pensiamo al sacramento della Penitenza e a quello dell’Eucaristia durante questi giorni per riceverli e farci santificare con la sua presenza in noi.
Vangelo: Lc 2,15-20.
I Pastori vanno con sollecitudine fino a Betlemme dopo l’avvertimento degli angeli. Non sono i potenti ma gli umili a recarsi alla grotta, a gioire del Vangelo, a dare gloria a Dio. Senza un’umiltà profonda, senza la meditazione, a somiglianza di Maria, la Madre di Gesù, non si capisce e non si gusta nulla del Natale.
Celebrazione del giorno del Natale.
Dal grembo santo di Maria, vergine illibata, viene a noi il Figlio di Dio. E un prodigio che solo la potenza divina sa operare, una grazia che solo lo Spirito Santo può elargire. Oggi comprendiamo che più della creazione, è dono immenso la redenzione, che ci rende partecipi della vita stesso di Dio: « in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti ». A Natale ci troviamo rinati come figli di Dio. Da qui parte il nostro desiderio e la nostra ricerca delle « cose invisibili » che sono le più autentiche e vere.
Prima Lettura: Is 52, 7-10.
Il lieto annunzio « il Vangelo », è questo: che Dio è in mezzo agli uomini. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi! Egli è il nostro Redentore, per cui le ragioni della tristezza sono venute meno.
Seconda Lettura: Eb 1,1-6.
Il Figlio di Dio che nasce a Betlemme è la Parola divina definitiva. Tutte le cose trovano in lui il loro fondamento. Ora, compiuta la purificazione dei peccati, egli si trova glorioso alla destra del Padre. In Cristo Dio ha manifestato tutto se stesso: le varie parole e profezie dell’ Antico Testamento si riassumono in Gesù, verso il quale tendeva tutta la speranza di Israele.
Vangelo: Gv 1,1-18.
« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio di Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo e non solo in apparenza. Quanti lo accolgono nella fede diventano a loro volta figli di Dio, sono generati da Dio. Allora il Natale è la festa della famiglia cristiana. Lo sforzo, dinanzi al presepio, è quello di riconoscere in ogni uomo un vero fratello.
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E’ NATALE
Nasce tra noi un Bambino speciale
di cui celebriamo il suo Natale:
viene tra noi a render solidale
ogni rapporto in un mondo globale.
Tutti avvertiamo la gioia nel cuore
se ci pervade sempre il suo amore:
renderemo allora il mondo migliore
se lasciam che ci avvolga il suo splendore.
Egli che nasce povero ed umile
chiede d’amar ognuno il suo simile,
così da render la vita utile
con rapporto d’amicizia stabile.
Leonforte 24 Dicembre 2018 don Nino Lo Grasso.
Beata sei Tu Vergine Maria, perché hai creduto...
23 DICEMBRE – IV DOMENICA DI AVVENTO.
Per ricevere la grazia e entrare nel mistero del Natale sono necessarie queste tre condizioni: ascoltare la Parola di Dio, obbedire nella fede al Signore e aderire alla sua santa volontà, come ha fatto la Beata Vergine Maria, nel cui grembo il Figlio di Dio, Verbo eterno del Padre, ha rivestito la nostra carne per la virtù e la potenza dello Spirito Santo. Come Maria, la Chiesa, per azione dello Spirito, deve portare Cristo al mondo. Anche in noi, per la fede, Cristo nasce nei nostri cuori, con le nostre opere e la nostra testimonianza. Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, che hai scelto l'umile figlia di Sion per farne la tua dimora, dona alla Chiesa una totale adesione al tuo volere, perché imitando l'obbedienza del Verbo venuto nel mondo per servire, esulti con Maria per la tua salvezza e si offra a te in perenne cantico di lode ».
Prima Lettura: Mic 5,1-4.
Nella profezia di Michea viene preannunziato che da Betlemme di Efràta, piccolo villaggio di Israele, sarebbe venuto colui che sarebbe stato il dominatore in Israele e le cui origini sono dall’antichità. Israele sarebbe stato in potere altrui fino a quando una vergine lo avrebbe partorito e il resto dei suoi fratelli sarebbe ritornato a riunirsi con Israele. Il Messia annunziato avrebbe pascolato con la forza e la potenza del Signore e la maestà del suo Dio; sarebbe stato grande fino agli estremi confini della terra, anzi è lui la pace in persona. Davanti a Dio, più che la visibilità terrena, vale ciò che il Signore compie per mezzo di persone o luoghi umili, come Betlemme, da cui sarebbe uscita la regalità di Davide, che nel Messia-pastore avrebbe avuto la massima realizzazione: questi avrebbe portato la liberazione, dato sicurezza e portato la pace in tutto il mondo. Alla sua nascita a Betlemme, gli angeli cantano: « Pace in terra agli uomini che il Signore ama ».
Seconda Lettura: Eb 10,5-10.
Il brano della Lettera agli Ebrei pone sulla bocca di Cristo la sua risposta di Figlio al Padre: « Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà ». Con questa piena adesione alla volontà del Padre, Gesù abolisce i sacrifici antichi e costituisce il nuovo sacrificio con l’offerta di se stesso. Mediante questa volontà salvifica gli uomini sono stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per tutte. I sacrifici antichi, costituiti dall’offerta di capri, agnelli e buoi, vengono sostituiti con l’offerta sacrificale del Figlio, che con un gesto unico dedica se stesso e la sua disponibilità a fare la volontà del Padre. Con il sacrificio della croce Gesù offre se stesso, in obbedienza al Padre e in amore per gli uomini, come vittima di espiazione dei nostri peccati. Tale gesto, compiuto da Cristo una sola volta, non ha bisogno di essere ripetuto: esso ha un valore eterno perché compiuto da Cristo, uomo-Dio. E l’Eucaristia rende presente, in ogni tempo e luogo, per la virtù e l’azione dello Spirito di Dio, questo evento salvifico.
Vangelo: Lc 1,39-45.
Dopo aver ricevuto l’annunzio dall’angelo per la sua divina maternità e aver saputo che la cugina Elisabetta, pur essendo in età avanzata, era al sesto mese della sua gravidanza, Maria si mette, prontamente, in viaggio per raggiungere, nella regione montuosa della Giudea, la cugina. Giunta da Elisabetta, non appena la saluta, il bambino della cugina esulta di gioia nel suo grembo. Elisabetta, allora, ripiena di Spirito Santo, esclama: « Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto ».
Elisabetta elogia Maria per la sua fede e per la sua adesione alla volontà di Dio. Riconosce in Maria la benedizione di cui Dio l’ha colmata essendo divenuta la madre del suo Figlio. La proclama beata perché Ella ha creduto alla parola di Dio e si è affidata totalmente alla sua volontà. Portando Maria Gesù nel suo grembo, con la sola vicinanza alla cugina, le fa sussultare di gioia il bambino che porta nel suo grembo, reso fecondo per il dono del Signore. Maria, nella sua umiltà, non riconosce alcun merito in sé, come canta nel Magnificat. Ciò che è avvenuto in lei è opera della benevolenza di Dio, che opera i suoi prodigi nei poveri e negli umili, in quelli che il mondo spesso emargina. Dio ha operato in Maria non per la sua grandezza ma per la sua umiltà.
Rallegratevi sempre ne Signore: Egli è vicino.
16 DICEMBRE - III DOMENICA DI AVVENTO - « GAUDETE ».
A Natale il mistero della salvezza viene ricordato e vissuto realmente, perché nella fede il Cristo nasce nei nostri cuori e lo concepiamo spiritualmente.
La grazia della sua venuta si rinnova per noi: a seconda della disponibilità interiore a volerci far coinvolgere da Gesù, il salvatore, venuto a liberarci dal peccato. Ogni Natale deve essere segno della seconda venuta del Signore nella gloria, quando dobbiamo accoglierlo vigilanti e con cuore puro e generoso.
Nella Colletta preghiamo dicendo: « O Dio, fonte della vita e della gioia, rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via dei tuoi comandamenti, e portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore ».
Prima Lettura: Sof 3,14-17.
Il profeta esorta la figlia di Sion a rallegrarsi ed esultare perché il Signore ha revocato la sua condanna e ha disperso i suoi nemici. Il Signore è il re d’Israele e Gerusalemme non deve temere nessuna sventura, per cui non deve scoraggiarsi e abbattere, perché il Signore è in mezzo ad essa come salvatore potente. Egli gioirà per essa e gli rinnoverà il suo amore, esultando per lei con grida di gioia.
Se la Parola del profeta, allora, si rivolgeva a Gerusalemme, ora essa è rivolta alla Chiesa e ad ogni singolo fedele. La tristezza può essere presente nella nostra esistenza quotidiana, per tante situazioni di difficoltà: per la salute, per la precarietà, per le intime sconfitte, gli insuccessi e le umiliazioni. Ma se pensiamo che il Signore che viene ci dona la sua gioia, portandoci il perdono Padre e la riconciliazione con lui, allora anche per noi è annunziata la gioia, come disse l' angelo ai pastori: « Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto io popolo: oggi, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore ». E il profeta ci ha detto: « Il Signore tuo Dio, in mezzo a te, è un Salvatore potente .
Seconda Lettura: Fil 4,4-7.
Anche San Paolo, scrivendo ai Filippesi, li esorta ad essere sempre lieti nel Signore, e a mostrare a tutti la loro amabilità, perché il Signore è vicino.
Ancora. Li esorta a non angustiarsi per nulla e in ogni occasione facciano presente a Dio le loro richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. Allora la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, li custodirà nei loro cuori e nelle loro menti in Cristo Gesù, perché gli angeli alla nascita del Salvatore cantarono : « Gloria a Dio e pace agli uomini, che egli ama ».
Vangelo: Lc 3,10-18.
Giovanni il Battista, precursore di Gesù, predica nel deserto del Giordano la conversione del cuore per la prossima venuta del Messia. Le folle che accorrono a sentirlo gli chiedono cosa devono fare. Egli risponde: « Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto ».
Ai pubblicani dice: « Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato » e ai soldati che lo interrogano: « Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe ». Tra il popolo che è in attesa tutti si domandano in cuor loro se Giovanni non sia il Messia. Egli risponde: « Io battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile ».
Giovanni nella sua predicazione si prefigge di preparare tutti alla imminente venuta del Messia, e invita a dividere con gli altri, specie con i poveri, ciò che ognuno può avere a disposizione, ad osservare la giustizia, a rispettare il prossimo e non maltrattarlo. Per lui era urgente mettere in pratica quegli avvertimenti perché sarebbe venuto Gesù e con lui lo Spirito che purifica i cuori e brucia come il fuoco tutto quello che non è buon grano, ossia tutte le opere di male. Per questo il Natale che celebriamo è insieme un avvenimento che ci deve far sperimentare la misericordia di Dio, farci vivere rinnovati dalla grazia, praticare le opere di giustizia e di fraternità che ci rendono graditi al Signore e farci essere vigilanti nell’attesa di incontrarlo quando verrà a chiamarci per il suo giudizio.
Dai «Discorsi» del beato Isacco della Stella, abate
(Disc. 51; PL 194, 1862-1863. 1865)
Maria e la Chiesa
Il Figlio di Dio è il primogenito tra molti fratelli; essendo unico per natura, mediante la grazia si è associato molti, perché siano uno solo con lui. Infatti «a quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12). Divenuto perciò figlio dell’uomo, ha fatto diventare figli di Dio molti. Se ne è dunque associati molti, lui che è unico nel suo amore e nel suo potere; ed essi, pur essendo molti per generazione carnale, sono con lui uno solo per generazione divina.
Il Cristo è unico, perché Capo e Corpo formano un tutt’uno. Il Cristo è unico, perché è figlio di un unico Dio in cielo e di un’unica madre in terra.
Si hanno insieme molti figli e un solo figlio. Come infatti Capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così Maria e la Chiesa sono una sola e molte madri, una sola e molte vergini. Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera dello Spirito Santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo, la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il corpo.
Tutte e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l’altra.
Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel che è detto in generale della vergine madre Chiesa, s’intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d’una delle due può essere inteso indifferentemente dell’una e dell’altra.
Anche la singola anima fedele può essere considerata come Sposa del Verbo di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Viene detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria, in particolare anche per l’anima fedele, dalla stessa Sapienza di Dio che è il Verbo del Padre: Fra tutti questi cercai un luogo di riposo e nell’eredità del Signore mi stabilii (cfr. Sir 24, 12). Eredità del Signore in modo universale è la Chiesa, in modo speciale Maria, in modo particolare ogni anima fedele. Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio.
9 DICEMBRE – IIa DOMENICA DI AVVENTO. ( ANNO C)
Dopo il peccato originale, da cui ne è derivato l’allontanamento da Dio dell’umanità, questa non è stata abbandonata a se stessa, nella sua miseria. Dio, nel suo grande amore e nella sua infinita misericordia, ha voluto ristabilire la comunione degli uomini con lui attraverso il suo Figlio, di cui, nel Natale, ricordiamo la sua nascita, storicamente avvenuta duemila anni fa, ma che spiritualmente noi, nella fede, riviviamo attraverso varie modalità, tra cui, soprattutto, l’Eucaristia, fonte e culmine della vita della Chiesa. In questo tempo di Avvento, attraverso la purificazione del cuore, prepariamo al Cristo, che attendiamo, « Sapienza che viene dall’alto », il nostro cuore. Nell’ascolto delle profezie, delle esortazioni del Precursore Giovanni, ci disponiamo a crescere nei sentimenti e nella disposizione interiore del cuore, per far trovare al Signore una degna dimora. Se lasciamo spazio solo alle dissipazioni e alle preoccupazioni esteriori, ingombrando la nostra vita « di beni terreni, solo di divertimenti e svaghi, più o meno leciti, di lauti pranzi, di hobby più o meno inutili ( che non dobbiamo, certo, demonizzare del tutto!) », senza l’apertura del cuore alla pace con Dio, senza l’espressione della solidarietà con i fratelli più bisognosi, tradiremmo, ancora una volta, lo spirito della nascita del Signore tra noi. Il Signore che nasce è l’Emanuele, il Dio con noi, l’immenso bene che viene dall’alto, il Figlio che viene tra noi e ci è donato dal Padre celeste per riportarci alla comunione d’amore con lui.
Nella Colletta della Messa preghiamo dicendo: « O Dio grande nell’amore, che chiami gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, raddrizza nei nostri cuori i tuoi sentieri, spiana le alture della superbia, e preparaci a celebrare con fede ardente la venuta del nostro Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio ».
Prima Lettura: Bar 5,1-9.
Il profeta Baruc esorta Gerusalemme a deporre le vesti del lutto e dell’afflizione, del dolore e della schiavitù, perché è arrivato il tempo della liberazione, e a rivestirsi dello splendore della gloria che le viene da Dio.. Ancora. Ad avvolgersi nel manto della giustizia di Dio e a cingersi il capo con il diadema di gloria dell’Eterno, che mostrerà al ogni creatura lo splendore di Gerusalemme, che sarà chiamata« Pace di giustizia » e « Gloria di pietà ».
Esorta ancora Gerusalemme a guardare verso oriente per vedere i suoi figli riuniti ed esultanti, dopo essersi allontanati da lei a piedi, incalzati dai nemici, poiché Dio li riconduce in trionfo come sopra un trono regale e toglie ogni ostacolo al cammino di Israele, spianando montagne e rupi, colmando valli, perché proceda sicuro sotto la gloria di Dio, il quale « ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui ».
Tutte queste realtà annunziate si avvereranno pienamente con « L’apparizione della bontà divina in Gesù Cristo », l’Emanuele, il Dio con noi, che il Natale deve ancora ricordarci, per operare con la mentalità e le esigenze del Signore.
Seconda Lettura: Fil i,4-6.8-11.
Paolo scrive ai Filippesi dicendo che prega con gioia Dio per la loro cooperazione alla diffusione del Vangelo, persuaso come è che colui che ha iniziato in loro quest’opera buona la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Chiama inoltre Dio a testimone per l’amore che egli nutre per loro e lo prega perché la loro « carità cresca sempre più in conoscenza e pieno discernimento », perché possano distinguere ciò che è meglio ed « essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio ».
Come ai Tessalonicesi, Paolo ripete la stessa esortazione ad essere « integri e irreprensibili » ai Filippesi che collaborano alla diffusione della Parola del Vangelo, poiché non si può pensare solo alla propria salvezza ma anche quella di tutti. Con l’esempio, la parola, la testimonianza e l’impegno della carità nella comunità tutti sono chiamati ad essere partecipi della missione di salvezza della Chiesa. Così si sarà ricchi di « frutti di giustizia e santità » che il Signore vuole dai suoi discepoli, fino al giorno del suo giudizio.
Vangelo: Lc 3,1-6.
L’evangelista Luca nel presentare l’opera di Giovanni Battista nel deserto vuole situarla dando precise referenze storiche attraverso il tempo dell’imperatore Tiberio Cesare, del governatore Ponzio Pilato in Giudea, del tetrarca Erode in Galilea … sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa. Giovanni nella regione del Giordano predica un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, realizzando così la profezia di Isaia: « Voce di uno che grida nel de- serto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sa sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno dritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! ». Entrambi gli annunzi di Baruc e Isaia delle meraviglie che Dio realizzerà per il suo popolo, per Luca sono rinnovati da Giovanni il Precursore, che prepara la strada per la venuta di Gesù, il Cristo, che deve accolto con un cuore convertito in un radicale cambiamento di vita. Esso consiste nell’abbassare l’orgoglio e la superbia, rettificare le proprie intenzioni anche le più nascoste, essere più sinceri e limpidi nel cuore e, ancora, colmare i vuoti e il distacco che ci fanno vivere nel disinteresse per i fratelli. Solo così è possibile vedere la gloria del Signore e la sua salvezza, in noi e nella nostra umanità, nel giorno del suo Natale che ci apprestiamo a celebrare.