Come il sordomuto lasciamoci guidare da Gesù.
9 SETTEMBRE – XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Nella celebrazione della Messa ci accostiamo a due mense: « quella della Parola di Dio » e « quella del pane della vita ». Entrambi questi doni sono lui stesso. E’ Cristo la Parola, la sapienza che è diffusa nella Scritture e soprattutto nel Vangelo, che con il suo insegnamento, ci guida e illumina nella vita quotidiana, per una continua ricerca della volontà di Dio Padre, così come è il pane della vita, datoci in cibo. In segno di riconoscenza a Dio per questi doni, noi celebriamo nella Messa il nostro ringraziamento e la nostra lode con la preghiera. Come figli lodiamo, adoriamo ed esprimiamo la pietà dei « figli adottivi, resi partecipi della vita divina, destinati alla vita eterna ed eredi del regno di Dio, pur nella nostra povertà e piccolezza ». Tutto questo lo condividiamo con i fratelli, con cui siamo uniti dalla stessa sorte secondo quando ci ha insegnato Gesù con il comandamento dell’amore fraterno.
Nella preghiera iniziale ci rivolgiamo a Dio dicendo: « O Padre che scegli i piccoli e i poveri per farli ricchi nella fede ed eredi del tuo regno, aiutaci a dire la tua parola di coraggio a tutti gli smarriti di cuore, perché si sciolgano le loro lingue e tanta umanità malata, incapace persino di pregarti, canti con noi le tue meraviglie ».
Prima Lettura: Is 35, 4-7.
Il profeta Isaia, in nome di Dio, si rivolge agli smarriti di cuore esortandoli ad avere coraggio e non temere, perché il Signore viene a salvarli e dare la ricompensa. Egli aprirà gli occhi dei ciechi, schiuderà gli orecchi ai sordi; farà saltare lo zoppo come un cervo e la lingua del muto farà gridare; nel deserto scorreranno acque e nella steppa torrenti; la terra e il suolo avranno sorgenti d’acqua.
Anche davanti alle situazioni difficili, come quella dell’esilio in Babilonia, non si dovrà disperare, perché il Signore libererà gli oppressi e darà realtà superiori e appaganti.
Seconda Lettura: Gc 2,1-5.
San Giacomo esorta coloro a cui scrive a non mescolare la fede nel Signore con favoritismi personali, evitando, nelle loro riunioni, di fare discriminazioni tra un ricco lussuosamente vestito e un povero con vestito logoro; o di far sedere il ricco in un posto più onorevole e il povero in disparte e in piedi. Questi comportamenti discriminatori rendono i discepoli del Signore giudici dai giudizi perversi. Dio ha scelto, conclude San Giacomo, i poveri agli occhi del mondo, che ricchi nella fede e nell’amore per lui, erediteranno il Regno promesso.
Dio non ha usato preferenze, scegliendo i ricchi e rigettando i poveri. E’ sempre presente nella nostra vita la tentazione di favoritismi, allontanando quelli che non hanno prestigio e non sanno farsi valere. Quello che conta è la ricchezza della fede ed essere eredi del Regno dei cieli, di cui godranno coloro che amano Dio. La fede e l’amore devono essere il nostro vero tesoro.
Vangelo: Mc 7,31-37.
Il miracolo che Gesù compie a favore del sordo muto, come altri miracoli preannunziati dal profeta Isaia, inaugurano e danno compimento all'era messianica. Cristo che, nella sua umanità, è ripieno dello Spirito dal Padre che lo ha proclamato, nel battesimo al Giordano, come suo Figlio, e a Nazareth, leggendo il brano di Isaia sulla missione del Messia, ha applicato a sé, inizia l'opera del progetto di salvezza dell'uomo, che il Padre celeste gli ha dato da compiere. Ma Gesù chiede a coloro ce vedono questi segni di andare oltre la corporeità del segno per accogliere ciò che Dio vuole compiere nello spirito per opera del suo Figlio. Così i sacramenti, la sua parola, le sue opere vogliono indicare ai suoi discepoli come devono continuare la sua opera per la salvezza dell'uomo, rinnovandolo innanzitutto nello spirito e guarendolo anche nelle sue infermità fisiche.
Ultimo aggiornamento (Domenica 09 Settembre 2018 22:42)
Nessuna tradizione umana supera la legge di Dio.
2 SETTEMBRE – XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Ogni domenica siamo radunati, convocati dalla Parola di Dio, per celebrare il « memoriale della Pasqua del Signore », per lodarlo, ringraziarlo e rinnovare il nostro impegno a vivere nella fedeltà a questa parola. In questo convito, imbandito dal Padre celeste, ci viene offerto il suo Figlio, Pane di vita. Celebrare l’Eucaristia significa comprendere e sperimentare quanto Dio ci ami e riceviamo lo stimolo e la grazia a corrispondere a questo amore, nella fedeltà di discepoli, pronti a portare ogni giorno dietro al maestro la propria croce.
L’amore che nutriamo per Cristo sarà genuino e sincero se lo esprimiamo anche verso i fratelli, poiché amare il prossimo vuol dire confermare il nostro amore per il Signore.
Nella preghiera della Colletta diciamo: « Guarda, o Padre, il popolo cristiano radunato nel giorno memoriale della Pasqua, fa’ che la lode delle nostre labbra risuoni nella profondità del cuore: la tua parola seminata in noi santifichi e rinnovi tutta la nostra vita ».
Prima Lettura: Dt 4,1-2.6-8.
Mosè esorta gli Israeliti ad ascoltare le leggi e le norme del Signore per metterle in pratica, per poter avere vita lunga, prospera e entrare nella terra promessa. Non devono aggiungere né togliere nulla a ciò che Dio comanda e prescrive. Nell’osservarle e metterle in pratica, il popolo avrebbe dimostrato saggezza e intelligenza agli occhi dei popoli, così da far esclamare a questi, udendo tutte quelle leggi: « Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente ». Infatti nessuna nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Dio di Israele è vicino al suo popolo ogni volta che lo invoca. Ancora: nessuna grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta la legislazione che il popolo di Israele riceve dal Signore per mezzo di Mosè.
La legge di Dio è dunque una grazia di Dio per il popolo ed è il segno della presenza premurosa di Jahvéh nella storia e nella vita di Israele. La sua osservanza lo avrebbe reso saggio e sapiente agli occhi di tutti i popoli.
Seconda Lettura: Gc 1,17-18.21-22.27.
San Giacomo ricorda ai cristiani che ogni dono perfetto viene da Dio, « creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né cambiamento ». Dio ci ha, per suo dono di grazia, generati per mezzo della sua Parola e del suo Spirito, per essere primizia delle sue creature. Accogliere perciò, dice san Giacomo, la Parola seminata in noi può portare alla salvezza. Esorta ancora a mettere in pratica questa Parola e non essere solo ascoltatori, così da illudersi. « Religione pura e senza macchia davanti a Dio - continua - è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo ». Ascoltare e non mettere in pratica la Parola di Dio è illudesi di salvarsi. La Parola deve diventare concreta nella carità vissuta e nel distacco dal mondo e dal male. Se non è Cristo a salvare il mondo, sarà questi a sedurci e soggiogarci con il male che esso contiene. Bisogna allora rigettare le ambiguità e le incertezze nella fede.
Vangelo: Mc 7,1-8.14-15.21-23.
Nel brano del Vangelo di oggi, Gesù ai farisei e scribi che, riunitisi attorno a Lui, lo interrogano sul perché i suoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, avendoli visti prendere cibo con mani impure, cioè non lavate, - poiché è usanza tra i Giudei non mangiare senza essersi lavate le mani e tornando dal mercato farsi le abluzioni e altro,- risponde dicendo: « Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “ Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini ”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini ». Gesù, allora, alla folla radunata, forse accorsa sentendo l’animata discussione, dice: : « Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro ». « Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo ».
Non bisogna vivere il rapporto con Dio solo esteriormente, in maniera ipocrita, rituale, facilmente realizzabile. E’ necessario che sia a partire da un cuore puro, incontaminato, libero da ipocrisia e finzione. Difficile è invece rifiutare e denunziare con coraggio tutto ciò che oggi rende l’uomo impuro e pervaso da ogni forma di peccato e di male, che esce dal cuore degli uomini. Gesù fa una diagnosi impietosa e impressionante, non solo per quel tempo, ma per ogni tempo, dei « propositi di male » che stanno nel cuore. Dobbiamo pensare che davanti a questi mali è grande la misericordia di Dio per qualunque peccatore, ma anche che bisogna vigilare costantemente e fortemente per non lasciarsi facilmente contaminare da tutti quei comportamenti denunziati da Gesù.
Crisostomo, vescovo
Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l’onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell’onore che egli ha comandato, fa’ che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d’oro, ma di anime d’oro.
Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l’elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri.
Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d’oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l’affamato, e solo in seguito orna l’altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d’oro e non gli darai un bicchiere d’acqua? Che bisogno c’è di adornare con veli d’oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d’oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce?
Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell’edificio sacro. Attacchi catene d’argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò mentre adorni l’ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello.
SIGNORE, DA CHI ANDREMO? TU SOLO HAI PAROLE DI VITA ETERNA!
26 AGOSTO – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
E’ una santa assemblea quella che la Domenica si raduna per celebrare i misteri santi del Signore. E non siamo noi che li rendiamo santi, ma è Dio che santifica tutti quelli che nella fede si lasciano coinvolgere dalla sua opera e dal suo Santo Spirito. « L’unico e perfetto sacrificio del Cristo » che ci ha redenti dal peccato, ci santifica con la sua presenza in noi, ci impreziosisce con la sua grazia santificante, ci rende « pietre vive », ci inonda con « la luce dello Spirito » che inabita in noi e ci conferisce la vera libertà dei figli di Dio.
Questa santità è dono gratuito della misericordia di Dio, che ha voluto riconciliarci a sé per mezzo del suo Figlio; a noi solo spetta il corrispondere a questo amore misericordioso, non perché costretti a compiere la sua volontà, ma per una corrispondenza d’amore. Dobbiamo essere forti e generosi, senza lasciarci distrarre da « parole o discorsi umani » e, anche fra le vicende alterne del mondo, mutevoli e ambigue, dobbiamo camminare nella santità di Dio tenendo fissi i nostri cuori là « dove è la vera gioia e dove raggiungeremo la santità definitiva ».
Nella preghiera iniziale diciamo: « O Dio nostra salvezza, che in Cristo tua parola eterna ci dai la rivelazione piena del tuo amore, guida con la luce del tuo Spirito questa santa assemblea del tuo popolo, perché nessuna parola umana ci allontani da te unica fonte di verità e di vita ».
Prima Lettura: Gs 24,1-2.15-17.18.
Giosuè davanti agli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi ribadisce al popolo la sua fedeltà al Signore dicendo: « Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel territorio dove abitate. Quanto a me e alla mia casa serviremo il Signore ». Anche il popolo solennemente risponde: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi » e, ricordando tutto ciò che Dio aveva fatto liberandoli dall’Egitto, compiendo grandi segni dinanzi ai loro occhi, custodendoli lungo il cammino e da tutti i popoli fra i quali sono passati, gli Israeliti dicono: « Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio ». E’ un atto di fede che essi fanno, una scelta responsabile compiuta in solidarietà con tutti quelli che all’inizio sono stati liberati. Anche per noi la professione di fede è un affidamento a Dio che per mezzo di Cristo ci ha redenti e questo ci impegna ad osservare i suoi insegnamenti che sono a fondamento della nuova alleanza e in cui viene riconosciuta la signoria di Dio.
Seconda Lettura: Ef 5,21-32.
San Paolo scrivendo agli Efesini propone loro di vivere la vita familiare imitando il rapporto d’amore che vige tra Cristo Sposo e la Chiesa Sposa, per la quale egli, come Capo e redentore, ha dato se stesso « per renderla santa e immacolata, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile ». E come la Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siamo ai i loro mariti in tutto. Ma al marito è chiesto però di dare la propria vita per la sposa, come ha fatto Cristo, avendo il dovere di amarla come ama il proprio corpo, che lo si nutre e lo si cura, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Questo mistero, che è grande in riferimento alla unione di Cristo con la Chiesa, deve essere realizzato dai coniugi credenti, i quali, lasciando ognuno suo padre e sua madre, diventano una sola carne. Questo rapporto tra i coniugi cristiani deve potersi modellare sul modello dell’amore del Cristo e della Chiesa: unione sponsale esemplare a cui ispirarsi, nella fedeltà vicendevole, nel dialogo, nel perdono, nell’ascolto, nel donarsi totalmente, ecc…
Vangelo: Gv 6, 60-69.
Dopo le parole di Gesù, che avrebbe dato la sua carne da mangiare, alcuni discepoli mormoravano ritenendole dure e difficili da ascoltare. Gesù allora dice loro: « Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dove era prima? E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi dico sono spirito e vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono ». E conoscendo che alcuni non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito, diceva: « Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre ». Alcuni discepoli se ne tornarono indietro e non lo seguirono più. Anche ai dodici Gesù disse: « Volete andarvene anche voi ? ». Ma Pietro gli rispose: « Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio ». Chi è con la chiusura e la durezza del cuore è incapace di ascoltare e accogliere Gesù, il Santo di Dio, il Pane vero disceso dal cielo, chi rimane fermo nella carne, ai ragionamenti, ai pensieri e ai pregiudizi e con le proprie ristrettezze, difficilmente si lascia aprire dallo Spirito e attrarre dal Padre. Per Pietro e tutti coloro che vogliono ribadire la propria fede, pur se dure sono le parole del Signore, è necessario abbandonarsi fiduciosi in Dio, che concede la sua grazia a quanti sono disponibili ad accoglierlo e vivere un rapporto con Lui.
Gesù, pane di vita, dice: "chi mangia questo pane vivrà in eterno".
19 AGOSTO – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Nell’incontro che viviamo la Domenica nell’Eucaristia noi incontriamo Dio personalmente, poiché il Figlio di Dio si rende presente con il suo Corpo e il suo Sangue. Noi offriamo a Dio il pane e il vino, che sono certo doni divini anche se sono frutto della terra e del nostro lavoro, ma in cambio riceviamo Dio stesso, realmente presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. E’ un misterioso incontro tra la nostra povertà e la grandezza di Dio che ci ha fatti, al di là della nostra esistenza creaturale, suoi figli, « amici e commensali ». E’ un giorno da vivere nella gioiosa assemblea dei figli di Dio. La Chiesa « canta nel tempo la beata speranza della risurrezione finale » e proclama « la certezza di partecipare un giorno al festoso banchetto del regno ». La gioia deve diventare continua testimonianza, con parole e opere, di ciò che il Signore ha operato per gli uomini.
La preghiera iniziale di questa Eucaristia, oggi, ci fa rivolgere al Signore dicendo: « O Dio della vita, che in questo giorno santo ci fai tuoi amici e commensali, guarda la tua Chiesa che canta nel tempo la beata speranza della risurrezione finale, e donaci la certezza di partecipare al festoso banchetto del tuo regno ».
Prima Lettura: Pr 9,1-6.
La Sapienza di Dio ha voluto porre nella creazione la sua presenza, dando bellezza, bontà, ordine, grandezza da ammirare e lasciandovi la sua impronta: ogni cosa creata da Dio, dice la Genesi, era buona, compreso l’uomo creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Tutti gli uomini, invitati in diverse modalità, possono accostarsi a godere di tutte queste meraviglie del creato, specie chi è inesperto: « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza». Se gli uomini sanno ammirare le meraviglie della creazione con lo sguardo di Dio e percepirle con l’intelligenza di cui Dio li ha dotati, essi possono godere di tutto quello che Dio ci ha imbandito. Questo banchetto già preannunzia il nuovo banchetto che Dio preparerà per gli uomini quando la Sapienza di Dio, il Logos, il Verbo che si fa carne, venendo ad abitare in mezzo a noi, costruisce nel suo Corpo una modalità di presenza tra noi. Così Dio ci dà da « mangiare non solo il pane quotidiano e ciò di cui abbiamo bisogno materialmente, ma soprattutto nutre la nostra fame di verità, ci disseta con il suo Spirito, alimenta la nostra vita divina con il pane disceso dal cielo ». Egli ci dice oggi nel Vangelo: « In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita ».
Seconda Lettura: Ef 5,15-20.
San Paolo esorta gli Efesini a vivere secondo la Sapienza di Cristo, a vivere in modo e con un comportamento da saggi, facendo buon uso del tempo e sforzandoci di conoscere, discernere e comprendere la volontà del Signore, anche in mezzo a situazioni in cui si sperimenta il male. Ricolmi dello Spirito di Cristo non devono i credenti in lui « ubriacarsi di vino », cioè di cose solo terrene, ma devono « rendere continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore Gesù Cristo», intrattenendosi con salmi, inni, canti ispirati e inneggiando a Lui. La sapienza, dono dello Spirito Santo, è il gusto di Dio e delle sue cose, la gioia di sentirlo vicino in ogni momento della vita, assaporare la sua intimità che egli vuole realizzare con ognuno di noi, cosicché incontrando i fratelli possano sentirlo anch’essi vicino.
Vangelo: Gv 6,51-58.
Oggi le parole di Gesù nel Vangelo risuonano in maniera molto solenne e chiara, pur paradossali che possano apparire: « Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo ».
Davanti a questa solenne affermazione anche noi, come i Giudei allora, potremmo chiederci: «Come può costui darci la sua carne da mangiare? ». Cosa scegliamo? Allontanarci da lui, non credendo nella sua parola e nella sua potenza divina, o accogliere il suo invito a restare con lui? A mangiare, cioè, la carne del Figlio dell’uomo e a bere il suo Sangue per avere in noi la sua vita eterna e la resurrezione nell’ultimo giorno?. Poiché egli dice: « La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda … chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui », mangiando di lui vivremo per lui e per il Padre, come lui vive per il Padre. Come si può realizzare questo mangiare e bere? Con la fede e partecipando dell’Eucaristia, che è la sorgente e il culmine della vita della Chiesa, partecipiamo già da questa terra alla vita divina, ed abbiamo la caparra della risurrezione. L’invito a questo banchetto, preannunziato dal libro dei Proverbi, nel Nuovo Testamento è realizzato attraverso l’Eucaristia che Dio Padre prepara per i suoi figli.
MARIA, ASSUNTA IN CIELO IN ANIMA E CORPO, E' SEGNO DI CONSOLAZIONE E DI SPERANZA PER NOI.
15 AGOSTO – ASSUNZIONE DI MARIA AL CIELO..
Quando diciamo “Padre nostro che sei nei cieli” non dobbiamo intendere un luogo materiale in cui dimora Dio, ma una esistenza diversa da quella materiale, terrena in cui viviamo noi, una esistenza nello spirito e nella immaterialità. Celebrando la solennità della assunzione della Beata Vergine al cielo, allora, crediamo che anche Maria come Gesù, che in anima e corpo risorto vive nell’esistenza divina di Verbo del Padre, vive nell’esistenza immortale, nella comunione eterna di Dio, in anima e corpo. Celebrando Maria noi celebriamo la sorte gloriosa che attende tutti noi, perché lei, dopo Gesù, è segno di sicura speranza di risurrezione e di vita in Dio. Come Maria che già vive nella gloria di Dio e nella sua presenza, anche noi aspiriamo a vivere in piena comunione con Dio.
Maria assunta perché Madre di Dio.
Se la morte, dice la Scrittura, è entrata nel mondo come conseguenza del peccato originale e della disobbedienza dell’uomo a Dio ( Rm 5,17-21), e il Cristo, il Figlio di Dio, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo nel grembo verginale di Maria ( Lc 1,31.35), per la sua obbedienza “fino alla morte e a una morte di croce ( Fil 2,8), è divenuto causa di salvezza per coloro che gli obbediscono (Eb 5,9), riconciliandoci con Padre, con la sua risurrezione è divenuto primizia di coloro che risorgono dai morti (Cor 1,15-28) e sono destinati alla risurrezione e alla vita in Dio.
Da ciò deriva che la Beata Vergine Maria, avendo ricevuto per singolare privilegio di essere esente dalla disobbedienza di Adamo, ed essendosi come Gesù resa obbediente al progetto di Dio con il suo “sì” alla Maternità del Figlio, non ha sperimentato la morte ed ha ottenuto un’esistenza in anima e corpo in Dio come il suo Figlio, partecipando della sua stessa gloria.
Maria, che ha accolto il Figlio di Dio con la fede nel suo cuore, lo ha generato nel suo grembo divenendo l’Arca di Colui che avrebbe instaurato una Nuova ed Eterna Alleanza ed è stata unita a lui in tutta la sua vita terrena, sempre per un “ conveniente dono di grazia” , partecipa pienamente della stessa gloria del Figlio nella Gerusalemme celeste. Anche in cielo Ella è “Arca dell’Alleanza”, come ci dice la Lettura dell’Apocalisse, “donna vestita di sole” che partorisce il bambino “rapito verso Dio e verso il suo trono”, compiendosi così “la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo”.
« Colei attraverso la quale Dio ha realizzato sulla terra il suo progetto di salvezza, incarnandosi e portando a compimento la nuova alleanza, gode della piena realizzazione dell’alleanza che si colloca oltre la storia umana, nel regno di Dio, nella risurrezione della carne, nel cielo ». ( Dal Messale delle Domeniche e Feste,2013, Ed Elledici). E’in questa prospettiva di fede che i cristiani celebrano questa Festa solenne della Assunzione al cielo di Maria in anima e corpo.
Le grandi opere compiute in Maria dall’Onnipotente..
Ciò che celebriamo, l’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria, è una delle tante meraviglie che Dio ha operato in lei. Tutto è opera di Dio e che Maria è stata scelta, nonostante la sua umiltà e fragilità, ad essere la Madre del Figlio di Dio, è un dono gratuito di predilezione del Padre. Anche noi siano, dalla creazione fino alla nostra definitiva salvezza operata da Cristo, oggetto dell’amore gratuito di predilezione di Dio Padre che, avendoci incorporati al suo Figlio mediante il battesimo, ce l’ha donata come nostra Madre. Per questo le tributiano la nostra venerazione e la poniamo accanto a Gesù, assunta in cielo, da dove esercita anche verso di noi la sua maternità.
Maria è la primizia dell’umanità salvata e rinnovata dalla misericordia di Dio per mezzo del suo Figlio ed è posta e celebrata come segno di speranza per noi che aneliamo al cielo per essere insieme a Cristo, nostro Capo, e a lei, nostra Madre.
Dio che « Rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda a mani vuote i ricchi » compie le sua meraviglie quando l’uomo pone, non nell’abbondanza dei beni né nel potere o nell’onore del mondo, ma nella comunione e nell’amore con lui la sua vita. Maria, avendo vissuto qui in terra in comunione con la Trinità nel suo compito di Madre, oggi è in cielo, con tutto il suo essere, anima e corpo, a partecipare della pienezza della gioia e della gloria di Dio. Maria, primizia e immagine della Chiesa, segno di consolazione e di sicura speranza, attende noi suoi figli ancora peregrinanti in questa terra d’esilio e intercede per la nostra definitiva salvezza insieme al Figlio presso il Padre.
Maria ci ha preceduto nella gloria celeste.
Se Maria, per il suo ruolo nel progetto di Dio, è stata fatta oggetto di singolari privilegi, non vuol dire che noi dobbiamo porla su un piedistallo di grandezza discriminatoria, perché tutti in Cristo, per volontà del Padre. « siamo stati scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità » ( Ef1,4), predestinati ad essere figli adottivi ed eredi della stessa gloria del Figlio.
Come per Gesù, con il corpo risorto e asceso alla destra del Padre, e Maria, assunta anche lei con il corpo nella gloria, anche noi parteciperemo nella risurrezione alla loro stessa gloria: il nostro corpo si ricongiungerà al nostro spirito e con tutto il nostro essere vivremo nella pienezza di Dio.
L’Eucaristia che celebriamo, mediante l’opera dello Spirito Santo che rende presente Cristo con il suo Corpo e il suo Sangue, ci trasforma in Cristo e diveniamo già partecipi dei beni futuri, di cui essa è caparra e anticipazione di immortalità.
« L’Eucaristia è pane di vita eterna per la comunione con lo stesso Gesù che Maria ha portato in grembo e dunque con quel Gesù con cui vive nella pienezza della sua femminilità, maternità, familiarità, con le storie vissute e i sentimenti nutriti » (Messalino delle Domeniche e Feste, Ed.Elledici, 2013).
Prima Lettura: Ap 11,19.12,1-6.10.
La liturgia trova l’ evocazione di Maria nell’arca dell’alleanza del santuario celeste e nella donna vestita di sole che partorisce un figlio, sottratto alle forze del male rappresentate nel drago. L’Apocalisse descrive la parabola della Chiesa, poiché alla Chiesa immediatamente si riferisce l’immagine della donna incoronata da dodici stelle. Ma Maria è nella Chiesa, come tipo ed esemplare, a sostenere le vicissitudini del popolo nuovo che rivive il cammino del deserto, protetto dalla potenza e dalla regalità di Cristo.
Seconda Lettura: 1 Cor 15, 20-27.
Gesù è risorto come primo: a lui, e a sua immagine, seguiranno quelli che « sono di Cristo », cioè quelli che hanno creduto in lui e ne hanno ricevuto la vita. Tra tutti questi la prima è Maria, che di Cristo è la Madre.
Vangelo: Lc 1,39-56.
Maria è stata scelta da Dio per pura grazia. Questa consapevolezza fa scaturire in lei il gioioso riconoscimento della bontà di Dio, che compie opere grandi in quanti si affidano a lui e in lui pongono ogni speranza.
Sia Elisabetta sia Maria gioiscono in Dio, che riconoscono come loro Salvatore che ha realizzato le promesse incarnandosi, offrendo la sua vita per amore sulla croce e risorgendo. Alla realizzazione di queste promesse partecipa innanzitutto Maria, la Madre, Colei che ha creduto; vi partecipiamo poi anche noi, perché anche noi siamo destinati come il Cristo, di cui siamo membra, alla risurrezione e alla vita in Dio per l’eternità.