





SOLENNITA' DI MARIA, MADRE DI DIO: GORNATA DELLA PACE.
1 GENNAIO- MARIA SS. MADRE DI DIO
Giornata Mondiale della Pace.
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordioso », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto della collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C.
Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’Incarnazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo. « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Cristo Signore ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta, facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè, chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E tutto questo, come dono di Dio si realizza in Gesù. La Chiesa in questa benedizione ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno e noi, con altrettanta verità all’augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un «buon anno».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7.
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli. Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, in cui vi è tutta la pienezza della natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene da Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre, perché siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24).
Così San Paolo esclude ogni autosalvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza, rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questo avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere la salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo: Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre al presepio. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia, ritornando alla nostre occupazioni e condizioni abituali, non dimentichiamo quella nascita, quell’innocenza e quell’amore che ci hanno attratti in questi giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria.
AUGURI CORDIALI NEL SIGNORE PER IL NUOVO ANNO 2020
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:42)
LA SANTA FAMIGLIA DI NAZARET: MODELLO PER TUTTE LE FAMIGLIE CRISTIANE.
29 DICEMBRE - DOMENICA NELL’OTTAVA DI NATAòE
SANTA FAMIGLIA DI GESU’, MARIA E GIUSEPPE299
Servire nell’amore
Ciò che gli evangelisti hanno voluto affidare a tutte le generazioni sono la realtà umana di Gesù e la sua condizione di Figlio di Dio: in ogni episodio dell’infanzia di Cristo parlano di questi due aspetti. Anche la vita di un Cristiano è segnata dalla sua condizione di figlio di Dio. La contemplazione del mistero di Cristo e della sua famiglia terrena aiuta i credenti a meglio comprendere, per meglio vivere, la loro condizione nei confronti del Padre celeste e a realizzare un rapporto tra i membri della famiglia, padre, madre e figlio, ad imitazione della santa Famiglia di Nazaret.
In questa Domenica del tempo di Natale, la liturgia invita a contemplare attraverso il mistero di Gesù quello di ogni bambino, di ogni uomo, di ogni donna chiamati a essere in ogni famiglia immagine della Trinità. Ciò va al di là delle relazioni strettamente familiari e interessa ogni vita umana, ogni comunità, ogni relazione tra uomini.
La vita di Gesù a Nazaret
L’episodio evangelico è un breve flash sulla prima adolescenza di Gesù. Una prima nota che balza all’occhio è la sua sapienza, che fa estasiare i suoi ascoltatori. Non si tratto solo di una brillante intelligenza, ma di una sapienza in senso biblico, profondità, verità e giustizia, secondo Dio. Gesù la possiede per la relazione unica che ha con Colui che, alle domande di Maria, chiama « Padre mio ». Egli vive in una comunione profonda e costante con lui e, nell’ora della Pasqua giudaica dei suoi dodici anni, per un attimo, viene sollevato il velo su questa identità e questa relazione: Gesù è il Figlio di Dio. E’ Colui che da sempre ha fatto la volontà del Padre, insegnando all’uomo cosa significhi servire per amore, con amore, nell’amore. Certi parleranno volentieri di epifania dei suoi dodici anni. Più tardi, quando verrà la sua Pasqua la sua identità divina sarà manifestata in modo decisivo.
La seconda nota riguarda il silenzio dei Vangeli sulla vita a Nazaret del Figlio di Dio. La sua esistenza terrena è fatta di circa trent’anni di silenzio e trenta mesi di parola! Il tempo che precede la sua missione è servito per prepararla, per calcolarne la posta in gioco, per definirne il progetto. E, soprattutto, per vivere ciò che avrebbe detto poi. Gli uomini, a volte, parlano troppo.
Se invece sapessero ascoltare il silenzio della vita nascosta di Gesù, e ascoltarlo nella fede, renderebbero il loro cuore capace di cogliere e vivere la verità.
La terza nota fa meditare sulle relazioni che intercorrorrevano tra Gesù, Giuseppe e Maria. Di certo, ognuno si preoccupava di vivere al meglio le esigenze della vita familiare. Troppo spesso è stata presentata la Santa Famiglia a cento miglia di distanza dalla vita di tutti i giorni. Come tutte, anch’essa ha conosciuto momenti di tensione, di incomprensione, di spiegazione, di riconciliazione…La santità non è la perfezione, ma cercare incessantemente di rispondere come meglio è possibile a ciò che Dio attende da ciascuno, alla sua volontà.
La serietà dell’Incarnazione
La dice lunga il silenzio di Nazaret sulla serietà dell’Incarnazione. Quei trent’anni sono stati segnati dalla semplicità e dalla monotonia del quotidiano di un ragazzo come gli altri, in una famiglia come le altre, che impara a camminare, a parlare, a leggere, a scrivere, a pregare, a lavorare, ad aiutare gli altri, a partecipare alla vita comunitaria, a rispettare i costumi, le leggi, i regolamenti.
La dice lunga questo silenzio sul valore del quotidiano. Per trent’anni la salvezza del mondo si è realizzata in un bambino che cresceva, in un adolescente che si apriva alla vita, in un adulto che assumeva le sue responsabilità in famiglia, nel villaggio… In tutta la vita Gesù è il Salvatore: da Betlemme alla croce è racchiuso il profondo mistero del Dio che salva.
La dice lunga anche la relazione familiare di Gesù, Maria e Giuseppe. San Luca scrive di Gesù che era « sottomesso » ai genitori. E’ bene superare il senso puramente morale di « obbediente »: in quanto « sottomesso » ai suoi genitori. Gesù rivela il fine del suo essere davvero umano. Dio avrebbe potuto farsi uomo adulto, o figlio di re. Invece si è fatto bambino, con tutto ciò che è legato a questo stato. E onorando, secondo la legge, suo padre e sua madre, Gesù, il Figlio eterno, rivela che il Padre, il Dio-Amore, si è fidato dell’amore di Giuseppe e di Maria per il Figlio che ha loro affidato.
lA PAROLA DI dIO DI QUESTA dOMENICA ci affida tre brani della Scrittura:
Sir 3,3-7.; Chi teme il Signore onora i genitori.
Col 3,12-21 : Vita familiare cristiana, secondo il Comandamento dell'amore.
M 2,13-15.19-23 : Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:40)
NATALE DEL SIGNORE: "IL VERBO SI FECE CARNE E VENNE AD ABITARE IN MEZZO A NOI.
Celebrazione della NOTTE SANTA DEL NATALE DEL SIGNORE.
Siamo ammirati e festanti. La ragione è questa: che quando nasce il Salvatore noi siamo salvati. In Gesù – come dice il secondo prefazio – Dio appare « visibilmente nella nostra carne » e incomincia « ad esistere nel tempo ». Dio si fa sempre vicino e l’umanità on tutto l’universo viene sollevata dalla sua caduta e redenta. A Natale si compone in unità la famiglia di Dio. Non possiamo essere tristi, e dobbiamo darci da fare perché anche gli altri, a cominciare dai nostri di casa, siano nella gioia.
Prima Lettura: Is 9,1-6.
« Un bambino è nato per noi »: bisognoso , come bambino, di cure materne. Eppure è « il Dio potente» », colui che illumina il mondo e che spezza il giogo dell’oppressione. Non facendo una rivoluzione con la violenza, ma trasformando il mondo con l’amore. Dal presepio dobbiamo portar via propositi di carità e di pace.
Seconda Lettura: Tt 2,11-14.
Il Natale deve toccare la nostra condotta, indurci a vivere secondo l’esortazione di san Paolo - « con sobrietà, con giustizia e con pietà ». Ossia a vivere in grazia e a comunicarla agli altri con la parola e l’esempio. Così siamo coerenti con il modo di fare di Gesù, che « ha dato se stesso ». Dare noi stessi è lo stile proprio del cristiano anche nelle piccole cose. Mettiamo al secondo posto il nostro io, facilmente egoista, per interessarci di quelli che sono più dimenticati e trascurati.
Vangelo: Lc 2,1-14.
Il Natale è la festa della semplicità e della povertà di Dio. Il Figlio suo è deposto in una mangiatoia, l’unico luogo trovato disponibile. E’ la prima lezione che raccogliamo celebrandone la festa. Ma intorno all’umiltà della grotta si diffonde la presenza degli angeli. Essi invitano alla gioia, e infatti annunziano il vangelo, danno la bella notizia che è apparso il Salvatore.
Se è così come si fa ad essere ancora avviliti, avidi ricchezza, prepotenti? Uno dei segni che facciamo un buon Natale e che non ci limitiamo ad augurarlo a parole, è che portiamo pace e bontà col perdono, con l’aiuto ad un fratello ammalato, con una visita che sappiamo gradita. Del resto Il Natale c’è perché Dio ci ama.
Celebrazione del Natale del Signore all’aurora.
Eravamo un’umanità toccata intimamente dal peccato, ma a Natale appare in mezzo a noi il Verbo fatto uomo. Da qui misuriamo quanto sia grande e misterioso l’amore che Dio ha per l’uomo: lo fa rinascere, lo rinnova, lo guarisce, lo rende partecipe della vita immortale. Se per opera di Dio avviene tutto questo, possiamo comprendere quanto sia alta ai suoi occhi ora la dignità dell’uomo. La dobbiamo rispettare in noi e negli altri. Non dobbiamo più deturparla con il ritorno alla mentalità di peccato.
Prima Lettura: Is 62, 11-12.
« Arriva il tuo Salvatore »: Isaia ne dava l’avviso a Israele, La Chiesa, con maggiore verità, ce ne ripete l’annunzio: il Salvatore è nato a Betlemme.
Seconda Lettura : Tt 3,4-7.
Il Natale del Signore è la suprema manifestazione della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini. Questo amore diviene concreto per noi con il dono dello Spirito Santo elargito nel Battesimo e poi in tutti gli altri sacramenti. Si può dire che facciamo il Natale del Signore, quando riceviamo i sacramenti, e la vita di Gesù si inserisce in noi. Pensiamo al sacramento della Penitenza e a quello dell’Eucaristia durante questi giorni per riceverli e farci santificare con la sua presenza in noi.
Vangelo: Lc 2,15-20.
I Pastori vanno con sollecitudine fino a Betlemme dopo l’avvertimento degli angeli. Non sono i potenti ma gli umili a recarsi alla grotta, a gioire del Vangelo, a dare gloria a Dio. Senza un’umiltà profonda, senza la meditazione, a somiglianza di Maria, la Madre di Gesù, non si capisce e non si gusta nulla del Natale.
Celebrazione del giorno del Natale.
Dal grembo santo di Maria, vergine illibata, viene a noi il Figlio di Dio. E un prodigio che solo la potenza divina sa operare, una grazia che solo lo Spirito Santo può elargire. Oggi comprendiamo che più della creazione, è dono immenso la redenzione, che ci rende partecipi della vita stesso di Dio: « in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti ». A Natale ci troviamo rinati come figli di Dio. Da qui parte il nostro desiderio e la nostra ricerca delle « cose invisibili » che sono le più autentiche e vere.
Prima Lettura: Is 52, 7-10.
Il lieto annunzio « il Vangelo », è questo: che Dio è in mezzo agli uomini. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi! Egli è il nostro Redentore, per cui le ragioni della tristezza sono venute meno.
Seconda Lettura: Eb 1,1-6.
Il Figlio di Dio che nasce a Betlemme è la Parola divina definitiva. Tutte le cose trovano in lui il loro fondamento. Ora, compiuta la purificazione dei peccati, egli si trova glorioso alla destra del Padre. In Cristo Dio ha manifestato tutto se stesso: le varie parole e profezie dell’ Antico Testamento si riassumono in Gesù, verso il quale tendeva tutta la speranza di Israele.
Vangelo: Gv 1,1-18.
« Il Verbo si fece carne »: è il contenuto del Natale. L’evangelista Giovanni vuol dire che il Figlio di Dio, che esiste dall’eternità, che è Dio e Creatore, che è fonte della Vita e della Luce, è veramente uomo e non solo in apparenza. Quanti lo accolgono nella fede diventano a loro volta figli di Dio, sono generati da Dio. Allora il Natale è la festa della famiglia cristiana. Lo sforzo, dinanzi al presepio, è quello di riconoscere in ogni uomo un vero fratello.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:39)
GIUSEPPE: L'UOMO CHE SI APRE AL "SOGNO DI DIO".
22 DICEMBRE- 4a DOMENICA DI AVVENTO.Anno A Attendiamo Gesù con Maria e Giuseppe.
Ancora pochi giorni e sarà Natale. Tutti ci prepariamo adeguatamente a celebrarlo con lo spirito di una fede genuina? Abbiamo preparato il presepe, l’albero, ci affrettiamo a fare gli ultimi acquisti di regali, abbiamo programmato vacanze e pranzi, ecc. Ma riduciamo solo a questo l’evento che, più di ogni altro, ha cambiato la storia del mondo?
Maria ci ha fatto un regalo, il più bello, il più prezioso e più grande: ci ha dato il suo Figlio, il Figlio di Dio, che ha ricevuto dallo Spirito Santo con il suo “ sì ”.
Ricevendo un regalo siamo contenti e, col dono, apprezziamo l’amore di colui che ce l’ha donato. Ma davanti ad un dono inaspettato la gioia è più grande. Nel Natale il dono che Dio fa del suo Figlio, nato tra noi, è un dono completamente gratuito, non è frutto della nostra azione, ma della liberalità del Padre celeste che in Gesù ci ha donato il Salvatore.
Nella nostra storia, intrisa di dolore, di morte, di disgrazie e calamità, di ingiustizie, di guerre, di odi tra popoli, Dio ha mandato il suo Figlio, il Principe della pace, alla cui nascita gli angeli hanno cantato: « Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini che il Signore ama ». Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi, uomo come noi, eccetto il peccato, viene a liberare l’uomo da tutte quelle realtà che lo affliggono e a dargli la speranza che, cambiando il mondo fin da ora, secondo il modo di pensare e operare di Gesù, potrà dare inizio a quel regno di amore, di giustizia, di pace, di fraternità che avrà il pieno compimento nell’eternità di Dio.
Nel Natale Dio interviene nella nostra storia non con segni di potenza, ma nella semplicità, nella povertà più estrema, in un tale nascondimento che solo nella fede è possibile cogliere. Il comunicare di Dio con gli uomini, nel Natale, avviene con linguaggio e con segni, sì preannunziati, ma realizzati in modo misterioso. Viene da una donna, che pur essendo vergine, diviene mamma e partorisce un bambino.
Solo la rivelazione dall’ alto ci fa comprendere l’evento, come avvenne per i pastori che, accogliendo la notizia dall’angelo, corsero a vedere colui che era stato annunziato loro come “ il Salvatore ”.
In questa quarta domenica di Avvento, nell’attesa del Signore, la liturgia ci presenta le figure di Maria e Giuseppe che, come modelli di fede, nelle loro vicende umane degli eventi vissuti, si fidano di Dio e, confortati dalle parole degli angeli, scorgono la sua volontà, la quale, nel realizzarsi, non esclude la collaborazione dell’uomo: Maria che, con il suo “ sì ”, si proclama l’umile serva del Signore, Giuseppe, « uomo giusto », che non ha paura di superare la giustizia legale, di affrontare i pregiudizi degli uomini, di accettare una simile paternità adottiva del bambino, dandogli il nome, conferendogli tutti i diritti legali e inserendolo nella discendenza della famiglia di Davide, come era stato promesso da Dio.
L’umile ascolto della Parola di Dio, l’ obbedienza della fede, l’adesione perfetta alla volontà di Dio: ecco le condizioni per ricevere e rivivere la grazia del Natale. Il grande modello è la Vergine Maria, nel cui grembo purissimo il Verbo di Dio si riveste di carne mortale per virtù dello Spirito Santo. E’ lo Spirito che agisce nella Chiesa, chiamata a portare nel mondo lo stesso Signore. Anche in noi, grazie alla fede, diviene presente il Verbo di Dio: le nostre opere lo attestano e lo donano agli altri.
Per ricevere la grazia e entrare nel mistero del Natale sono quindi necessarie quelle tre condizioni.
Nella preghiera della Colletta diciamo: « O Dio, Padre buono, tu hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore, scegliendo il grembo purissimo della Vergine Maria per rivestire di carne mortale il Verbo della vita: concedi anche a noi di accoglierlo e generalo nello spirito con l’ascolto della tua parola, nell’obbedienza della fede ».
Prima Lettura: Is 7,10-14
Isaia riferendo che Dio dice al re Acaz di chiedergli un segno dal profondo degli inferi oppure dall’alto, il re non vuole tentare il Signore. Isaia allora profetizza alla casa di Davide dicendo: « Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio ? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che si chiamerà Emmanuele ». Il Signore, di fronte alla resistenza di Acaz che non vuole chiedere un segno come il profeta aveva riferito per volere di Dio, non perdendo la pazienza, promette lui il segno: il suo potente intervento e il suo amore faranno sì la promessa si realizzerà in Maria, che vergine, per opera dello Spirito Santo, concepirà un figlio, l’Emmanuele, il Dio con noi e non un uomo qualsiasi, vicino a Dio e investito della presenza di Dio: il Natale è sì il ricordo storico di quell’evento, ma, nel mistero, egli si rende presente per opera dello Spirito in tutti coloro che lo accolgono con fede e amore.
Seconda Lettura: Rm 1,1-7.
Paolo, che si ritiene servo di Gesù Cristo, apostolo per chiamata dello stesso Signore per annunziare il Vangelo, esprime all’inizio della sua lettera indirizzata ai Romani, la professione di fede in Cristo Gesù, « promesso nelle Sacre Scritture e nato dal seme di Davide secondo la carne, ma costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dai morti ».Egli, per mezzo di Cristo, ha ricevuto la grazia di essere apostolo per suscitare in tutte le genti l’obbedienza della fede a gloria del suo nome e, quindi, anche in loro, a cui augura, essendo amati da Dio e santi per chiamata, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.
Paolo e tutti i cristiani, quindi, siamo chiamati per annunziare il Vangelo, cioè il messaggio di gioia che è il Signore Gesù, venuto a realizzare, nascendo tra noi, le promesse di salvezza che Dio ha fatto all’umanità lungo i secoli. Viviamo allora intensamente l’attesa del Salvatore Gesù. Ringraziamo Dio per averci chiamato ad essere tutti apostoli e ministri, nell’obbedienza della fede e nell’adesione fiduciosa e piena alla Parola di Dio, a vantaggio di tutta la Chiesa e del mondo.
Vangelo: Mt 1,18-24.
Il Vangelo ci racconta di alcuni avvenimenti inerenti alla generazione di Gesù da parte di Maria, sua Madre, che promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, per opera dello Spirito Santo si trovò incinta. Se Giuseppe, uomo giusto, per tale circostanza, avrebbe potuto accusarla pubbli- camente, pensò, però, per non esporla all’infamia, di ripudiarla in segreto. Ma, mentre considerava queste cose, un angelo del Signore, apparendogli in sogno, lo rassicurava dicendogli:« Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati ».
Così si compiva ciò che il Signore aveva preannunziato per mezzo della profezia: che una vergine avrebbe concepito e dato alla luce un figlio, a cui sarebbe stato dato il nome di Emmanuele, il Dio con noi. Giuseppe, allora, destatosi dal sonno, fece secondo l’ordine dell’angelo e prese con sé Maria come sua sposa.
Davanti ad un evento così straordinario, il concepimento del Figlio dell’Altissimo, puro dono della grazia nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, Giuseppe più che assecondare la scelta di una legalità di giustizia mosaica e pensando di distaccarsi da Maria in segreto, confortato dall’angelo, che gli annunzia la volontà di Dio, sceglie di adempierla, adeguandosi per fede alla giustizia divina. Così assume Maria come sposa, farà da padre a Gesù dandogli la paternità legale, lo educherà nella sua famiglia e gli imporrà il nome Gesù, come gli ha detto l’angelo. L’obbedienza docile e pronta di Giuseppe nella fede fa di lui il modello di ogni credente, cioè di colui che pone la vita a servizio del progetto di Dio, per sé e per i fratelli.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:39)
PAZIENTI NELL'ATTESA: EGLI CERTO VERRA'.
15 DICEMBRE - III DOMENICA DI AVVENTO - « GAUDETE ». Anno A
A Natale il mistero della salvezza viene ricordato e vissuto realmente, perché nella fede il Cristo nasce nei nostri cuori e lo concepiamo spiritualmente.
La grazia della sua venuta si rinnova per noi: a seconda della disponibilità interiore a volerci far coinvolgere da Gesù, il salvatore, venuto a liberarci dal peccato. Ogni Natale deve essere segno della seconda venuta del Signore nella gloria, quando dobbiamo accoglierlo vigilanti e con cuore puro e generoso.
Nella Colletta preghiamo dicendo: « Sostieni, o Padre, con la forza del tuo amore il nostro cammino incontro a colui che viene e fa’ che, perseverando nella pazienza, maturiamo in noi il frutto della fede e accogliamo con rendimento di grazie il vangelo della gioia ».
Prima Lettura: Is 35,1-6.8.10.
Il profeta esorta e si augura che il deserto e la terra arida si rallegrino e la steppa fiorisca, si canti con gioia e con giubilo perché essi vedranno la gloria del Signore e la magnificenza di Dio. Esorta che le mani fiacche si irrobustiscano e le ginocchia vacillanti si rinsaldino; gli smarriti di cuore prendano coraggio e non temano, perché viene il Signore a salvare e porta la ricompensa divina. Ancora. Gli occhi dei ciechi si apriranno e gli orecchi dei sordi si schiuderanno; lo zoppo salterà come il cervo e la lingua del muto griderà di gioia. Annunzia, inoltre, che ci sarà un sentiero e una strada che si chiamerà via santa, su cui ritorneranno i riscattati dal Signore e con giubilo verranno in Sion. Felicità e gioia perenni saranno sul loro capo e non ci saranno più tristezza e pianto. Se il ritorno del popolo dalla schiavitù in patria inonderà di gioia e felicità e apporterà effetti benefici in tutti, più grande sarà la liberazione che porterà il Cristo, il Figlio di Dio che viene a salvarci e a liberarci dal male. Più che assistere allora alla festa del Natale bisogna viverla con la gioianel cuore perché il Cristo viene per liberarci dalle colpe e, illuminati dalla Parola di Dio e sorretti da una volontà pronta, possiamo praticare i comandamenti e dedicarci alla lode del Signore.
Seconda Lettura: Gc 5,7-10.
L’Apostolo Giacomo paragona i cristianiche attendono con costanza la venuta del Signore all’attesa dell’agricoltore che attende e aspetta che la terra gli dia il frutto della semina e del suo lavoro. Esorta alla costanza, a rinfrancare i cuori perché la venuta del Signore è vicino, a non lamentarsi gli uni gli altri, per non essere giudicati da colui che viene a giudicare, e a prendere come modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore. Mantenere viva l’attesa del Signore in ogni momento di vita e senza scoraggiarsi davanti alle difficoltà, sperare che l’incontro con il Signore sarà portatore di effetti benefici perché egli adempie sempre le sue promesse, significa celebrare la sua venuta con la consapevolezza che la sua nascita porterà, in noi e negli uomini che l’accolgono, la gioia e la forza, l’amore e la misericordia del Padre, la pace e la fraternità che lo Spirito rinsalderà nei nostri cuori.
Vangelo: Mt 11, 2-11.
Matteo, nel brano evangelico di oggi, ci racconta come Giovanni, dal carcere in cui era rinchiuso per ordine di Erode, avendo sentito dalla folla le opere compiute da Cristo, gli manda i suoi discepoli a chiedergli: « Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro ?». Gesù gli rimanda i discepoli a dirgli:« Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziato il, Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo ». Allontanatisi quelli, Gesù inizia a parlare di Giovanni, ponendo alle folle delle domande su chi sono andati a vedere nel deserto, se una canna sbattuta dal vento o un uomo vestito con abiti di lusso, come quelli che stanno nei palazzi dei re, oppure un profeta. E continua: « Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “ Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via ” ». E solennemente afferma che tra i nati di donna non è mai sorto alcuno più grande di Giovanni; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande lui.
Gesù, riprendendo dalla profezia di Isaia le opere che il Messia avrebbe compiuto nella sua venuta e che egli compiva applicandole a sé, conferma a Giovanni, suo messaggero, la sua identità di Messia, di essere il Cristo, l’atteso, di cui ne aveva preparato la venuta nel cuore delle folle.
E’ giunto così il momento di passare dal Vecchio Testamento, dal tempo dell’attesa, alla realizzazione delle promesse di salvezza che i profeti e Isaia aveva preannunziato e che in Gesù trovavano compimento.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:36)