





MERCOLEDI' DELLE CENERI: INIZIO DEL CAMMINO QUARESIMALE IN PREPARAZIONE ALLA PASQUA.
QUARESIMA 2020
Il cammino della Quaresima è per il cristiano il tempo in cui bisogna riscoprire la vittoria della misericordia di Dio su ciò che l’uomo sperimenta di peccato e di male: un passaggio dalla schiavitù del peccato alla libertà, dalla sofferenza alla gioia e dalla morte alla vita.
Il gesto dell’imposizione delle ceneri, che ci ricorda come Dio ci ha tratti dalla polvere, dà inizio a questo cammino: Dio continuamente vuole dare, con il soffio del suo spirito, vitalità nuova all’uomo per togliergli l’asfissia soffocante dell’ egoismo, della superbia, delle meschinità, delle ambizioni e indifferenze, più o meno coscienti, che lo portano a vivere lontano da Dio e da rapporti fraterni con i suoi simili.
Dio invita ciascuno di noi ad affidarci alla sua divina misericordia, che largamente perdona le nostre colpe, a riprendere il cammino di ritorno all’amore di Dio e dei fratelli, come il figlio prodigo, e a sperare che, nella casa del Padre, possiamo essere di nuovo riportati alla dignità di suoi figli.
Dio ci invita a risorgere, dal fango della nostra storia di peccato, di trascuratezza del rapporto con Lui e con i fratelli, per rivestirci dei suoi sentimenti che ci ha manifestati mediante suo Figlio.
In questo tempo i gesti della nostra preghiera, della vita sacramentale, della penitenza, della mortificazione dei nostri egoismi, del digiuno corporale e dai peccati, della nostra elemosina, dobbiamo viverli non per tranquillizzare la nostra coscienza, ma perché siano veramente un rinnovamento profondo e aperto a Dio e ai fratelli.
Questo tempo quaresimale, con l’invito che la Parola di Dio, oggi, ci rivolge alla conversione, deve prepararci a celebrare il mistero pasquale di passione, morte e risurrezione del Signore.
La Parola di Dio, del Ciclo A, ci fa ripercorrere il cammino catecumenale e le varie letture scandiscono le tappe di coloro che si preparano a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana e che la comunità cristiana accompagna con l’esempio e la partecipazione attiva alla vita della Chiesa.
L’incontro di Gesù con la Samaritana, la storia del cieco nato, la risurrezione di Lazzaro, ci esortano a riscoprire la nostra chiamata battesimale e a riconsiderare i fondamenti della nostra vita di fede: la nostra rinascita battesimale, il camminare nella luce di Gesù e a risorgere con Lui dal peccato e camminare verso la definitiva risurrezione.
L’afflato penitenziale delle preghiere, dei salmi e di tutta la liturgia, deve farci aprire alla fiducia nella misericordia di Dio, alla pratica delle attività penitenziali, digiuno, preghiera ed elemosina, per vivere con costanza questo impegnativo percorso di ritorno al Signore.
Prima Lettura: Gl 2,12-18.
La quaresima è il tempo della conversione e del perdono. Certo tutti i giorni contengono l’invito e l’impegno per il ritorno al Signore « con tutto il cuore, con digiuni, con pianti ». Così come ogni tempo è ricco della misericordia e della benignità divina. Ma a partire da questo mercoledì , la Parola di Dio che « si muove a compassione » risuonerà più insistente, e anche salirà più fervida a Dio l’orazione, che è gemito e implorazione dei « sacerdoti , ministri del Signore » e di tutta la Chiesa con loro.
Seconda Lettura: 2 Cor 5,20-6,2.
Paolo si considera ambasciatore di Cristo e collaboratore di Dio nel proclamare che è giunto, ed è presente adesso, il tempo della salvezza, cioè della riconciliazione con Dio. E’ la riconciliazione compiuta da Gesù stesso, l’innocente, che Dio ha trattato da « peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio »: noi riceviamo la grazia della « giustizia di Dio », per i meriti del Signore.
Vangelo: Mt 6,1-6,16-18.
Le nostre opere di carità, le nostre preghiere, la nostra penitenza non devono essere proclamate all’esterno, perché siano ammirate e diventino morivo di lode per noi. Devono invece essere vissute per rendere lode a Dio, che vede nel segreto e che ne dà la ricompensa. Diversamente, potremmo anche lavorare e impegnarci molto, ma sarebbe uno sciupio di tempo e di energie. In ogni azione buona, che compiamo non per vanità, ma per amore di Dio, c’è una dimensione di eternità, che non andrà mai perduta.
PER LA PREGHIERA
SALMO 102
INNO ALLA MISERICORDIA DI DIO
Grazie alla bontà misericordiosa di Dio, venne a visitarci dall’alto un sole che sorge (cfr. Lc 1,78)
Benedici il Signore, anima mia, * quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia, * non dimenticare tanti suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe, * guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua, * ti corona di grazia e di misericordia.
Egli sazia di beni i tuoi giorni * e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.
Il Signore agisce con giustizia * E con diritto verso tutti gli oppressi.
Ha rivelato a Mosè le sue vie, * ai figli di Israele le sue opere.
Buono e pietoso è il Signore, * lento all’ira e grande nell’amore.
Egli non continua a contestare * E non conserva per sempre il suo sdegno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati, * non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Come il cielo è alto sulla terra, *così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l’oriente dall’occidente, * così allontana da noi le nostre colpe. *
Come un padre ha pietà dei suoi figli,* così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Perché egli sa di che siamo plasmati, * ricorda che noi siamo polvere.
Come l’erba sono i giorni dell’uomo, * come il fiore del campo, così egli appassisce.
Lo investe il vento e più non esiste *e il suo posto non lo riconosce.
La grazia del Signore è da sempre, * dura in eterno per quanti lo temono.
La sua giustizia per i figli dei figli, †
per quanti custodiscono la sua alleanza *
e ricordano di osservare i suoi precetti,
Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono *E il suo regno abbraccia l’universo.
Benedite il Signore, voi tute suoi angeli, †
potenti esecutori dei suoi comandi, *
pronti alla voce della sua parola.
Benedite il Signore, voi tutte sue schiere, * suoi ministri che fate il suo volere,
Benedite il Signore, voi tutte opere sue in ogni luogo del suo dominio.
Benedici il Signore, anima mia.
La sua giustizia per i figli dei dei figli, *per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di osservare i suoi precetti,
Il Signore ha stabilitò nel cielo il suo trono * E il suo regno abbraccia l’universo.
Benedite il Signore, voi tute suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, *
pronti alla voce della sua parola.
Benedite il Signore, voi tutte sue schiere, * suoi ministri che fate il suo volere,
Benedite il Signore, voi tutte opere sue, †
in ogni luogo del suo dominio. *
Benedici il Signore, anima mia.
Gloria al Padre…..Come era nel principio…
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:56)
Amate i vostri nemici per essere eperfetti come il Padre celeste.
23 FEBBRAIO-VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (A)
La Domenica è il giorno in cui ascoltiamo la Parola di Dio che la liturgia proclama, e per questo siamo invitati ad essere presenti, puntuali e attenti. Ma questo non basta. Ponendo l’attenzione interiore alla voce dello Spirito, la lettura sacra risuona in noi. Occorre, allora, trovare in essa « ciò che è conforme alla volontà di Dio », per conoscere il disegno che Dio ha su di noi, per realizzarlo « nelle parole e nelle opere ». Gesù, in tutto questo ci è modello.
Nella seconda preghiera eucaristica proclamiamo: « per compiere la tua volontà (Padre santo) egli stese le braccia sulla croce ». L’Eucaristia che celebriamo ci riporta a questo atto di obbedienza di Gesù, in quanto siamo chiamati anche noi a continuare questa obbedienza. Nel Figlio, « spogliato e umiliato sulla croce », Dio ci ha rivelato « la forza dell’amore »: lì impariamo che cosa vuol dire amare Dio facendo la sua volontà e che cos’è « l’amore gratuito e universale». L’amore divino, che è gratuito ed esteso a tutti, diventa per noi il paradigma che dobbiamo realizzare nelle nostre relazioni d’amore verso amici e nemici, vicini e lontani. Questo amore anche se non potrà mai raggiungere l’intensità divina, sarà nella stessa logica rivelata nella croce del Signore. Ma se questo non avviene la Parola ascoltata risuona invano.
Nella Colletta preghiamo dicendo: « O Dio, che nel tuo Figlio spogliato e umiliato sulla croce, hai rivelato la forza dell’amore, apri il nostro cuore al dono del tuo Spirito e spezza le catene della violenza e dell’odio, perché nella vittoria del bene sul male testimoniamo il tuo vangelo di riconciliazione e di pace ».
Prima Lettura: Lv 19, 1-2.17-18.
Dio, per bocca di Mosè, dice al suo popolo di essere santo come lui è santo e, quindi, tutti coloro che appartengono al suo popolo non devono covare nel proprio cuore odio verso i fratelli, né vendicarsi, né serbare rancore verso i figli del proprio popolo, e, se è necessario, bisogna rimproverare apertamente il prossimo, per non caricarsi di un peccato per lui. Ma « amerai il tuo prossimo come te stesso ». Sono già principi evangelici, norme di comportamento per il cristiano. Ma sappiamo che non sono facili da mettere in pratica. L’Eucaristia ce ne dà la forza, perché in essa è presente la carità di Cristo per tutti gli uomini.
Seconda Lettura : 1 Cor 3,16-23.
Paolo ricorda ai Corinzi che, essendo tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in loro, non devono distruggersi vicendevolmente, perché il tempio che essi costituiscono è santo. Li esorta a non illudersi pensando di credersi sapienti con la mentalità del mondo e, poiché Dio reputa stoltezza la sapienza del mondo, si facciano «stolti» per questo mondo, per diventare «sapienti » davanti a Dio. Sta scritto infatti: « Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia » e ancora « Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani ». Li esorta infine a non porre il loro vanto negli uomini, perché, sia Paolo, che Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente e il futuro è di loro ed essi sono di Cristo e Cristo è di Dio.
Nella teologia di Paolo è importante ritenere che nei credenti, che hanno lo Spirito di Cristo, che sono tempio di Dio, vi abita Dio. Il peccato è quindi una profanazione del tempio vivente che siamo noi. Ancora. Non dobbiamo vantarci della nostra sapienza, ma riporre in Dio tutti i motivi del nostro vanto. A Dio appartiene tutto e lui solo dobbiamo servire. Non gli deve essere preferita nessuna persona e nessuna cosa. Così come nulla deve intralciare il nostro rapporto con lui. Noi apparteniamo a Cristo e Cristo appartiene a Dio. Su questo si fonda la nostra libertà. Siamo solo servi di Dio.
Vangelo: Mt 5,38-48.
Gesù, parlando ai suoi discepoli, mette in confronto quello che era la mentalità corrente, come: “ Occhio per occhio e dente per dente “,e ciò che egli vuole dai suoi discepoli: di non opporsi al malvagio, di porgere l’altra guancia a colui che dà uno schiaffo, di dare anche il mantello a chi vuole portare in tribunale, a fare due miglia con colui che vuole costringere a farne uno, a non voltare le spalle a chi chiede o desidera un prestito.
Se è stato detto: “ Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Gesù dice di amare i nemici e pregare per quelli che perseguitano, così da essere figli del Padre celeste che fa sorgere il sole sia sui giusti che sugli ingiusti. Se si “ amano quelli che ci amano “ quale ricompensa si potrebbe avere? Fanno la stessa cosa anche i pubblicani. E se si “dà il saluto soltanto ai propri fratelli “, che si fa di straordinario?. Lo fanno anche i pagani.
Esorta infine tutti ad essere perfetti come è perfetto il Padre nostro celeste.
Gesù quindi va oltre ciò che già era affermato nel Vecchio Testamento a proposito dell’amore al prossimo. Bisogna amare anche i propri nemici e questo comportamento distingue i suoi discepoli da chi non vuole esserlo. Si tratta di imitare la benevolenza che il Padre celeste ha per i giusti e gli ingiusti, per poter passare sopra tante cose e non ragionare con puntigliosa giustizia, perché diversamente non si potrebbe avere quella carità che ci fa avvicinare all’amore di Dio e il troppo rigore, che non tollera nulla, ci fa tradire le istanze profonde e divine del Vangelo rendendoci infedeli.
Essere discepoli di Gesù significa “ seguirlo, divenendo capaci come lui di saper perdonare anche ai propri nemici ” e di considerare fratelli da amare tutti coloro che incontriamo nel nostro cammino. La nostra vita non può prescindere dal realizzare l’amore al nostro prossimo come quello che dobbiamo avere per noi. Un appello concreto che ci interpella ogni giorno.
Tendere alla perfezione, per quanto sia possibile all’uomo con la forza dello Spirito di Dio, è un impegno che Gesù chiede a chi vuole essere suo discepolo.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:54)
La giustizia di Dio e l'amore al prossimo.
16 FEBBRAIO - VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(A)
La giustizia di Dio e l’amore al prossimo.
La Domenica, facendo memoria della Pasqua del Signore, che ci dona con il suo Spirito il suo Corpo e il suo Sangue, esprimiamo il nostro amore per lui.
Divenuti allora con lui una sola cosa, fondati su di lui «pietra angolare» per formare un solo «tempio », con cuore retto e sincero, dobbiamo anche ascoltare la sua Parola e scegliere di vivere liberamente, per una adesione di amore, mettendoci, fedeli alla sua volontà, a servizio del suo progetto.
La carità che, come ci insegna Gesù, ci fa superare l’osservanza formale della legge, richiede un’adesione interiore.
Nella Colletta della Messa di oggi preghiamo: « O Dio, che riveli la pienezza della legge nella giustizia nuova fondata sull’amore, fa’ che il popolo cristiano radunato per offrirti il sacrificio perfetto, sia coerente con le esigenze del Vangelo, e diventi per ogni uomo segno di riconciliazione e di pace ».
Prima Lettura: Sir 15,15-20.
Il Siracide invita tutti, con una scelta di libertà, ad osservare i comandamenti del Signore, i quali custodiranno chi ha fiducia nel Signore, che pone davanti agli uomini « la vita e la morte, il bene e il male ed ad ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà ». Il Signore, « forte e potente », vede ogni cosa e, conosce ogni opera degli uomini: « i suoi occhi sono su coloro che lo temono. A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare ».
L’uomo, che Dio ha dotato di libertà, ha la capacità di scegliere ed essere responsabile delle proprie azioni e può, purtroppo, usare male questa meravigliosa facoltà usandola in modo sbagliato. L’uomo con l’aiuto della grazia di Cristo, dono del suo Spirito, è corroborato a scegliere il bene. Ogni scelta sbagliata, allora, più che esaltare la nostra libertà la rende più debole e, pur vedendo il male che dovremmo evitare, siamo spinti a compierlo. Se anche l’ambiente, la società, le situazioni, su cui scarichiamo le nostre responsabilità, influenzano le nostre scelte e di queste siamo, per la nostra parte, responsabili.
Seconda Lettura: 1 Cor 2,6-10.
San Paolo, scrivendo ai Corinti, esorta coloro che vogliono essere perfetti in Cristo a ricercare la sapienza divina, che non è quella di questo mondo né dei dominatori di questo mondo. Il cristiano deve ricercare e parlare del mistero della sapienza di Dio, che è rimasta nascosta, ma stabilita prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla, perché altrimenti non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ancora, Paolo, citando le Scritture, dice che ciò che occhio non ha visto, né orecchio ha udito e che mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Continua infine dicendo che Dio, agli apostoli e a lui, « le ha rivelate per mezzo lo Spirito », che conosce « bene ogni cosa, anche le profondità di Dio».
Dio ha manifestato la sua sapienza attraverso la croce del suo Figlio, il quale, per la sua obbedienza al Padre, ha reso vana la sapienza del mondo e il potere dei dominatori di questo mondo. Ma per conoscere e accogliere la sapienza della croce e lo stile di Dio bisogna essere attratti dal Signore crocifisso come ha detto Gesù: « Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me »(Gv 12,32) e « Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me » ( Gv 14,6 ). L’umiltà e l’obbedienza a Dio, che ci fanno imitare Gesù, sono il segreto che hanno vissuto i santi, i quali, già nella gloria del Signore, godono di «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo », perché non si possono descrivere e rappresentare con discorsi o immagini terrene e sono cose di là da qualsiasi esperienza di quaggiù.
Vangelo: Mt 5,17-37.
Nel lungo discorso della montagna del Vangelo di Matteo Gesù dice di non essere venuto per abolire la Legge o i profeti, ma a dare compimento e che nessuna parte, anche minuscola di esse passerà. Ancora: Chi avrà trasgredito o insegnato qualcosa di diverso sarà considerato minimo nel regno dei cieli, mentre chi li avrà osservato e insegnato sarà grande nel regno dei cieli. Esorta a praticare la giustizia, che non bisogna vivere in modo farisaico e esteriore, ma dovrà superare quella degli scribi e dei farisei, se si vuole entrare nel regno dei cieli. Specificatamente dice che se è stato detto di non uccidere, egli aggiunge che anche chiunque si adira con il proprio fratello o chi gli dice “Stupido” si sarà sottoposto al giudizio e se gli dice anche semplicemente “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Esorta a riconciliarsi con il fratello con cui si ha qualche dissidio prima di offrire il proprio dono all’altare, a mettersi d’accordo con il proprio avversario prima di arrivare davanti al giudice e rischiare di essere messo in prigione, a non commettere adulterio, perché anche solo a guardare una donna e desiderarla si commette adulterio nel proprio cuore.
Ancora: a cavarsi un occhio o tagliarsi una mano se queste membra dovessero essere occasione di scandalo, perché conviene perdere un membro del proprio corpo che finire integri nella Geènna. A non ripudiare la propria moglie, se non in caso di unione illegittima, per non esporla all’adulterio o a non sposare una ripudiata per non commettere adulterio.
In ultimo dice che se è stato detto di non giurare il falso, ma ad adempiere i propri giuramenti al Signore, egli dice:« Non giurate affatto, né per il cielo, che è il trono di Dio, né per la terra, che è sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurate neppure per la vostra testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno ».
La nostra vita non può prescindere dal realizzare l’amore al nostro prossimo come quello che dobbiamo avere per noi. Un appello concreto che ci interpella ogni giorno.
Ci potremmo chiedere: « Ma Gesù ha sempre realizzato quello che ha insegnato? ». Certo è che quando veniva schiaffeggiato e percosso il Vangelo di Matteo non ci riferisce alcuna reazione. In Giovanni è scritto che Gesù non reagisce alla violenza con la violenza, ma solo chiede ragione del perché viene schiaffeggiato e percosso.
Davanti alla “ legge del taglione ” che, secondo il codice di Hammurabi, recepito dal V.T., consentiva all’offeso, per limitare l’istinto di vendetta moderandolo, di poter applicare un principio di reciprocità come rivalsa per l’offesa, così da applicare una pena proporzionata alla colpa, Gesù richiede un atteggiamento ulteriore con il suo « Ma io vi dico …». Egli indica la via della non violenza e della non resistenza ai malvagi, non per coprire le cattiverie altrui, ma per rendere consapevole il malvagio del suo errore e invogliarlo ad un percorso di conversione e di riconciliazione.
La specificità, allora, della vita cristiana, rispetto alla logica del mondo e alla prassi del taglione, è l’amore anche per i propri nemici. Gesù non abolisce la Torah, ma la interpreta ponendo il comandamento dell’amore come principio di comprensione e di completamento di essa. L’amore illimitato e incondizionato deve diventare prassi della vita dei suoi discepoli, così come agisce il Padre celeste, che « fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti ».
L’ « Amerai il prossimo come te stesso », Gesù lo pone alla stregua dell’amore a Dio e a se stessi, come dice al giovane ricco. Come anche l’« odierai il tuo nemico », che non è testo biblico, ma interpretazione tradizionale, Gesù intende correggerlo e purificarlo. Il giudaismo però si chiedeva, come fece lo scriba con Gesù, chi bisognava considerare come prossimo e Gesù, con la parabola del buon Samaritano, chiarisce chi deve essere considerato come prossimo, anche il proprio nemico. Nel discorso della montagna, d’altra parte, Gesù aveva già incluso nella categoria di prossimo, anche il nemico.
Spesso ci chiediamo: “ Come possiamo amare colui che pone delle ostilità nei nostri confronti? ”. L’amore che, contrariamente a quanto si ritiene, è cosa naturale se amiamo quelli che ci amano, se lo intendiamo come fa Gesù, non è naturale. Esso deve essere innanzitutto frutto di autoeducazione e richiede, come prima cosa, un processo di conversione intellettuale, per cui non bisogna rappresentarsi come nemico colui che ci è ostile o avversario fin che non pone gesti oggettivi di inimicizia ; poi bisogna far seguire la conversione spirituale, che è una scelta fondamentale per il cristiano radicata sulla misericordia di Dio, poiché, essendo tutti peccatori, siamo nemici di Dio e, come Dio ci ha perdonato, dobbiamo fare anche noi con i nostri debitori. Dall’esperienza dell’amore di Dio per noi, donatoci gratuitamente, dobbiamo imparare a vivere le nostre relazioni con i fratelli e con ogni uomo.
Ancora. Da Gesù, che ci esorta a « pregare per quelli chi ci perseguitano », impariamo a vedere con gli occhi di Dio coloro che ci perseguitano, andando così oltre le situazioni di conflitto e realizzando nella nostra prassi la misericordia divina, per cui imitiamo il Padre celeste se vogliamo essere perfetti come è lui. Questo è il di più che Gesù ci chiede se vogliamo essere figli di Dio, operatori di pace e suoi discepoli .
Se questo non avviene la Parola risuona invano: la voce dello Spirito si ferma sulla soglia della nostra vita fin che non entra a rinnovare le nostre scelte. E facciamo attenzione che la voce dello Spirito richiede silenzio interiore, raccoglimento, orazione, contro il rischio di parlare troppo noi. Dio non è mai chiassoso.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:53)
Cristo, luce del mondo, ci illumina e chiede di essere luce.
9 FEBBRAIO -V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(A)
Cristo, luce del mondo, ci illumina e chiede di essere luce.
Nello spirito delle Beatitudini, che sono la via più viva e credibile dell’annunzio del Vangelo, la Chiesa non è chiamata ad essere potente, ad avere successo, ma a seguire la logica di Dio e, poiché i criteri del mondo non sono quelli del Regno di Dio, può essere osteggiata e anche perseguitata. Certo, la marginalità, l’essere osteggiati, perseguitati può mettere in crisi la fede e la speranza, ma le parole di Gesù del vangelo di oggi vogliono essere di incoraggiamento a non venir meno nell’impegno di essere sale e luce nel mondo.
Identità e missione.
Gesù, rivolgendosi a coloro che vogliono seguirlo, dice: « Voi siete il sale della terra… siete la luce del mondo…» e chiede che l’ “ identità ” che devono avere non esprime tanto un desiderio o osservare un precetto morale. Questa identità è però frutto della grazia, che opera per la potenza dello Spirito Santo nel nostro cuore.
Nella Colletta iniziale dell’Eucaristia di oggi preghiamo dicendo: « O Dio, che nella follia della croce manifesti quanto è distante la tua sapienza dalla logica del mondo, donaci il vero spirito del Vangelo, perché ardenti nella fede e instancabili nella carità diveniamo luce e sale della terra ».
Prima Lettura: Is 58, 7-10.
La vita religiosa, che il cristiano deve vivere, non può essere, secondo l’insegnamento che viene dal brano di Isaia che la liturgia oggi ci fa a- scoltare e che Gesù fortemente richiama, una pratica cultuale sganciata da una vita di « fede ardente e da una instancabile carità » Si rende culto a Dio non attraverso delle pratiche solo esteriori, come digiuni, preghiere o altro, per assolvere ad un precetto. Chi divide il pane con il prossimo che ha fame, chi veste l’ignudo senza trascurare i propri cari, chi ha spirito di comprensione e di perdono, trova il Signore, incontra la sua misericordia, « la tua luce sorgerà come l’aurora, davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà ». Allora quando si invocherà il Signore e si implorerà il suo aiuto egli dirà: « Eccomi ! ». Il profeta ancora continua esortando : « Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio…, se sazierai l’afflitto di cuore » si avrà il cuore illuminato dalla luce divina e le proprie tenebre si diraderanno. La preghiera che salga da un animo duro, aspro, impietoso non è ascoltata da Dio. La domenica è anche il giorno della carità fraterna. Se no, non è nemmeno il giorno del Signore.
Seconda Lettura: 1 Cor 2, 1-5.
Paolo dice ai Corinti che la sua predicazione è stato Gesù Cristo crocifisso e non mostrare loro la sua bravura nel parlare, la sua sapienza. Egli si è presentato a loro « nella debolezza e con molto timore e trepidazione» Egli sostiene che chi ha prodotto la conversione del loro cuore è stato la mani- festazione dello Spirito Santo e la potenza di Dio, perché su questa fosse fondata la loro fede. E’ sempre così: non le belle prediche, ma la grazia apre il cuore. La preghiera per la conversine degli uomini è certamente necessari- a per impetrare da Dio che sia lui ad aprire il cuore all’accoglienza del messaggio della salvezza. Possiamo meritare per noi e per gli uomini la conversione se ci stacchiamo dalle belle parole che accontentano l’orecchio ma non cambiano la nostra vita.
Vangelo: Mt 5, 13-16.
I discepoli di Gesù, uomini come tutti gli altri, vivono e operano in mezzo al mondo; eppure ciò che li distingue dagli altri è la loro fede e la loro carità, che li rendono sale e luce del mondo. Questa, se da una parte è una identità nuova, è anche la nostra missione, poiché Dio agisce nella storia attraverso le nostre scelte quotidiane. Il sale dà sapore, rende gradevole il cibo. Così deve essere un cristiano: capace di conferire il vero sapore della sapienza, dono dello Spirito di Dio. Testimoniare questa sapienza è la missione che il Signore ci affida, anche quando essa è osteggiata ed estranea alla logica del mondo. Dio, come dice Gesù, ci dona la sua forza e quando siamo sfiduciati, demotivati e stanchi, rivolgiamoci a lui per avere nuova gioia e nuova forza.
Gesù, ancora, attraverso la metafora della luce, si proclama Luce del mondo, che rivela le cose nella luce di Dio e indica all’uomo il cammino da seguire, illuminato dalla giusta luce divina. Anche il popolo di Israele, vivendo la vera fede, avrebbe dovuto essere luce, così come noi che, vivendo le Beatitudini, siamo luce se e nella misura in cui partecipiamo della luce di Cristo, da cui deriva la nostra missione profetica, affidata a tutti i credenti in lui, di illuminare tutta l’umanità.
Richiamando anche la necessità del buon esempio delle opere con l’immagine della luce, si noti, che Gesù parla della glorificazione del Padre. Esse infatti sono come il segno della presenza di Dio in mezzo agli uomini e, nella loro storia, non devono essere solo espressione di religiosità sterile e ipocrita. Chi fa il bene rende presente Dio e conduce a lui.
Identità cristiana: incarnazione della Parola e missione.
Il sale della sapienza evangelica e la luce che deve risplendere devono esprimere l’identità cristiana per continuare il mandato profetico che Gesù assegna ai suoi discepoli e alla sua Chiesa. La Parola di Dio, efficace nella testimonianza dell’apostolo e nel cuore di chi riceve l’annuncio, ha la priorità. Essa, seminata da Dio nel cuore degli uomini, se da una parte deve essere contemplata e testimoniata da chi l’annunzia, dall’altra deve portare alla missione, cosicché venga incarnata non come mera propaganda ma come realizzazione del regno di Dio anche in chi l’accoglie.
Paolo, nel riconoscere la propria debolezza, fa affidamento alla potenza della Parola e assume la logica della croce, ritenendo di « non sapere altro in mezzo ai Corinzi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso » (1 Cor 2,2).
La missione, animata dalla contemplazione, rende testimoni e si diventa credibili se si vive nella propria esperienza di vita, con le parole e le opere, ciò che si è visto e si annunzia, per cui sant’ Ignazio d’Antiochia diceva scrivendo agli Efesini: « E’ meglio essere cristiano senza dirlo, che professarlo senza esserlo ».
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:50)
PRESENTAZIONE AL TEMPIO DI GESU': PROCLAMATO LUCE DELLE NAZIONI.
2 FEBBRAIO – FESTA DELLA PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO.
In questa domenica, in cui ricorre la Presentazione di Gesù al tempio, celebriamo la Festa delle luci, che ebbe origine in Oriente con il nome di « Ipapante », cioè « Incontro ». Nel sec. VI si estese in Occidente con sviluppi originali: a Roma con carattere più penitenziale e in Gallia, con la solenne benedizione e processione delle candele, popolarmente nota come « Candelora ». Nell’ingresso solenne e suggestivo del simbolismo della luce bisogna cogliere il senso profondo e il radicamento biblico, il significato cristologico di tale gesto: accogliere Cristo, luce del mondo.
Come ci viene raccontato nel Vangelo, Gesù, secondo la prescrizione della legge di Mosè, viene presentato e offerto al tempio, come ogni primogenito: egli sarà particolarmente dedicato e consacrato a Dio.
Si realizza quello che il profeta Malachia preanunziava del Messia, che cioè: Colui che sarebbe stato il salvatore del mondo e avrebbe liberato dalla schiavitù del maligno e dalla morte, espiando i peccati degli uomini, e offrendosi al Padre, entra nel tempio. Ma anche viene simboleggiato l'ingresso di Gesù, che risorge da morte dopo essersi offerto, nel santuario del cielo, quello eterno, come dice l'apostolo Giovanni nell'Apocalisse.
« Con quel rito, dice la preghiera iniziale, il Signore si assoggettava alle prescrizioni della legge antica, ma in realtà veniva incontro al suo popolo, che l’attendeva nella fede ». Così, con il venire incontro di Dio all’uomo si rinnova la relazione dell’uomo con Dio nel rapporto di comunione iniziale.
Se i figli sono dono del Signore e i genitori ne sono i custodi ed educatori finché sono sotto la patria potestà, anche Maria e Giuseppe, consapevoli di tale realtà, compiendo il gesto della presentazione di Gesù, riconoscono che Gesù, per essere ciò che è, deve essere riconsegnato al Signore per adempiere alla propria missione. Il gesto di obbedienza alla legge, e la consacrazione di Gesù al Signore, visti in funzione della Pasqua, in cui Gesù si renderà obbediente al Padre, assumono un significato redentivo e anche Maria e Giuseppe si rendono collaboratori di Dio nell’opera di salvezza.
Gesù luce.
La sua Presentazione soddisfa l’attesa dei giusti dell’Antico Testamento, significati da Simeone, “ uomo e pio che aspettava la consolazione di Israele ”. Simeone profetizza che quel bambino è « luce per illuminare le genti » (Lc 2,32). Cristo, che rivela la fedeltà di Dio, viene incontro al suo popolo, che l’attende nella fede. Egli porta a compimento la speranza e le promesse del Dio dei padri, perché è la luce che ormai riverbera e si fa guida a tutti i popoli, che fa uscire dalle tenebre del peccato tutti gli uomini con la sua opera di salvezza e, con la sua risurrezione, fa irrompere nelle tenebre della morte la luce della vita.
Più che un bambino, allora, è Dio stesso che viene incontro all’uomo per salvarlo.
Dietro Simeone, anche Anna, dopo aver visto il bambino, parla di lui « a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme ».
Tra Natale e Pasqua.
La Presentazione del Signore, a quaranta giorni dal Natale, chiude le celebrazioni natalizie e, con l’offerta della Vergine Madre e la profezia di Simeone, apre il cammino verso la Pasqua. Le candele che si accendono richiamano il cero che viene acceso nella Veglia Pasquale. Nelle parole di Simeone a Maria si preannunziano i misteri pasquali: « una spada ti trafiggerà l’anima ». Essa, così, partecipa alle sofferenze del Figlio, cooperando alla redenzione degli uomini, perché « Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori ».
Anche noi andiamo incontro al Signore.
Se celebriamo la festa in cui Dio viene incontro a noi nel suo Figlio, andiamo anche noi incontro a Dio, come dice ancora la preghiera iniziale: « Anche noi qui riuniti dallo Spirito Santo andiamo incontro al Cristo che viene ». Seguiamo anche noi Cristo, luce che ci precede, per rinnovare insieme a lui l’incontro con il Padre, affidandoci alla fedeltà di Dio che non delude. Imploriamo di averlo sempre come conduttore , per poter « giungere felicemente alla pienezza della gloria », poiché tutta la nostra vita deve essere un andare incontro a Dio, che ci vuole in comunione con Lui.
Gesù ci esorta, come suoi discepoli, ad essere « luce del mondo », per cui, illuminati dalla sua luce, dedicati al Padre, diventiamo portatori della sua missione nel mondo con « lo splendore della santi-tà». Allora, sì, che la processione con le candele dietro a Cristo diviene un simbolo efficace della vita.
Prima Lettura: Ml 3,1-4.
Il « giorno » del Signore è giorno di purificazione e di giudizio di condanna del male. A prepararlo Dio promette l’invio di un profeta che converta i cuori.
Seconda Lettura: Eb 2, 14-18.
In questo brano è illuminato lo stretto legame fra il l’evento che stiamo celebrando e il mistero pasquale e vi si esprime la stretta solidarietà di Gesù con il Padre e con l’uomo, con cui condivide il « sangue e la carne » ( Eb 2,14), in un legame reale e integrale.
Intimamente unito agli uomini, come fratelli, Gesù è diventato « un sommo sacerdote misericordioso ». Fedele nel servizio a Dio, Gesù, espiando i nostri peccati, ci ha liberato dal potere del demonio e della morte. La sua sofferenza è diventata capacità di soccorso nelle nostre prove, essendo lui stesso stato provato.
Vangelo: Lc 2, 22-40.
Gesù è consacrato a Dio. Sulla croce lui stesso si offrirà e si dedicherà al Padre, dopo tutta una vita di appartenenza a Lui. Al suo ingresso nel tempio si dà appuntamento l’Antico Testamento, di cui compie l’attesa.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 16:49)