UOMO CHE VUOI RISORGERE
UOMO CHE VUOI RISORGERE
Uomo che scruti il cielo,
le stelle e il firmamento,
perseguir tu sempre puoi,
in ogni tuo momento,
la virtù e la conoscenza
lungo tutti i tuoi dì.
Oggi tu sei alla prova
con questa calamità,
che, se fragile ti rende
nella tua umanità,
vincere tu la potrai
con buona volontà.
In questa sfida pertanto,
che in questi dì tu affronti,
persevera e resisti
con tutto ciò che appronti,
così debellerai
la pandemia fatal.
Non perdere la speranza
nel rimedio trovare
e nella ricerca puoi
con tutti collaborare:
lo spirito d'unione
buoni frutti darà.
Sentito ringraziamento
al mondo sanitario,
alle forze dell'ordine
e ad ogni volontario,
e a chi in ogni modo
prodigar si vorrà.
La Pasqua di questo anno,
che celebriam dimessa,
ci ispiri sentimenti
di rinascita promessa,
che Cristo Redentore
a tutti donerà.
Leonforte, 5 Aprile 2020.
don Nino Lo Grasso.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 17:22)
ALLELUIA! CRISTO E' RISORTO E HA VINTO LA MORTE.
11 APRILE – VEGLIA DI PASQUA
« Notte di grazia »: così chiamiamo questa notte di veglia pasquale.
Una veglia di ascolto, di orazione, di riti: una veglia che ci associa ai fratelli e che ci induce nell’intimo della coscienza e del rapporto personale con Dio.
Per prima cosa questa veglia sarà illuminata dal Cero pasquale, intorno al quale sentiremo il preconio o l’elogio fatto ai grandi interventi di Dio nell’umanità, che ora si compiono pienamente in Gesù Cristo. Giungiamo a dire: « Felice colpa, che meritò di avere un cos’ grande redentore! ».
Seguono diverse letture bibliche: grandi pagine a memoria e a testimonianza della salvezza. La loro proclamazione suscita la risposta del canto e della nostra preghiera, che domanda di ricevere la grazia dell’evento commemorato.
Con la certezza che Cristo è risorto celebriamo l’Eucaristia, dove è inserito il rito del Battesimo, Cresima ed Eucaristia. I tre sacramenti dell’iniziazione cristiana – Battesimo, Cresima, Eucaristia che rendono presente il mistero pasquale e ce ne fanno partecipi.
Via via che i riti sacramentali si svolgono, il primo sentimento è quello della gratitudine per il dono che già abbiamo da tanti anni ricevuto. Ne comprendiamo il significato e ne assumiamo nuovamente gli impegni, non raramente disattesi. Ma propria la Santa Settimana che sta culminando ci ha ricondotti a viverli più coerentemente, e forse a riavere la grazia perduta.
Partiamo dalla Veglia saziati « con i sacramento pasquali ». Dopo aver celebrato la carità di Dio resta da attestarla con la nostra fraternità in una comunità cristiana, a cui portare la « la gioia del Signore risorto ».
12 APRILE – PASQUA DI RISURREZIONE DEL SIGNORE
Il « Giorno dopo il Sabato », primo giorno della settimana, Gesù risorge da morte, perché con questo evento inizia una nuova creazione, che irrompe nella storia. Ma la fede dei protagonisti dell'evento è incapace di vedere la luce che brilla per l'umanità per la risurrezione del Cristo.
Tutti corrono al sepolcro, compiendo un percorso di fede, attratti dalla notizia, data da Maria di Magdala che si è recata al sepolcro, spinta dal suo amore per il maestro, desiderosa di compiere un gesto di pietà per il suo corpo: ma il cadavere di Gesù non è più dove l'avevano deposto.
Avendo visto la pietra ribaltata, corre dai discepoli portando un annunzio di tristezza: « Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! » Ella pensa ad un furto. Pietro e Giovanni, vanno di corsa, ma senza la gioia di ciò che l'annunzio voleva dare, la risurrezione del maestro. Entrambi, arrivati, vedono i teli posati là in disparte, ma costatano solo segni di morte. Tutto sembra dire che la morte ha avuto il sopravvento. Forse anche noi abbiamo lo stesso senso di morte quando vediamo immigrati sommersi nel mare, malati che cercano pace e trovano violenza, popoli che cercano cibo e acqua e si scontrano contro leggi dell'economia che sono solo a favori degli interessi di pochi. In noi regnano spessi segni di morte, anche se siamo vivi biologicamente. I segni che i due osservano sono muti, ma Giovanni, con due soli verbi, « vide e credette », esprime l'inizio della sua fede, perché « non avevano ancora capito la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti ». I segni, che la fede ci propone, sono muti, se non sono letti alla luce della Scrittura, letta e ascoltata a partire dall'esperienza dell'amore di Dio, come lo fu per Giovanni che, aprendosi alla relazione d'amore con Dio, comprese l'eloquenza di quei segni, che così diventano segni del trionfo della vita del Risorto. E' al risurrezione che vince la morte
Il significato della Pasqua è tracciato in sintesi dal gioioso prefazio di questa santa messa: è il canto dell’umanità all’ « Agnello che ha tolto i peccati del mondo », che « morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato la vita ». Non sono termini vuoti, se abbiamo passato questi giorni nell’accoglienza della Parola di Dio, nella conversione che ha cambiato il cuore, nell’esperienza del perdono.
A giudizio esterno, non illuminato dalla fede e quindi superficiale, tutto sembrerebbe come prima, come sempre. Non è così per il cristiano, il quale giudica secondo la valutazione di Dio e di Gesù Cristo. Portiamo ciascuno nel cuore e nell’esistenza la certezza: « Cristo, mia speranza, è risorto ». Ma se è così, cambia tutto.
Prima Lettura: At 10,34.37-43.
Pietro riassume la vicenda di Gesù di Nazaret: non una vicenda qualsiasi ma l’esito fedele dell’annunzio dei profeti. Iniziata sotto il segno dello Spirito, svolta nell’esercizio della bontà e della potenza risanatrice e liberante, finita nella crocifissione, la vita di Gesù si è conclusa nella risurrezione. Gesù di Nazaret è costituito il Giudice universale. Adesso si tratta di aderire a lui con la fede, poiché da lui proviene la remissione dei peccati. Tutti gli uomini sono coinvolti negli avvenimenti di Gesù che la celebrazione pasquale della Chiesa ha ripreso e riproclamato solennemente, risentendo la testimonianza di Pietro e degli altri, che hanno vissuto il contatto con il Cristo terreno e con il Cristo risorto.
Quindi non si tratta di avvenimenti superati, appartenenti alla cronaca o alla storia del passato. La vita di Gesù e la sua esistenza ci interpellano adesso, dalla nostra risposta dipende la nostra salvezza.
Seconda Lettura: Col 3,1-4.
Per san Paolo un cristiano è uno già risuscitato con Cristo. Infatti un cristiano è tale perché riceve lo Spirito Santo, che porta nel nostro cuore Gesù risorto da morte. Ma se questo è vero, dice l’apostolo, il desiderio del cristiano aspira a Gesù, glorioso alla destra del Padre. Un vincolo reale lo lega al Signore, lo nasconde in lui.
Si direbbe che la vita del cristiano ha due livelli: quello che si vede, e che non è il più vero e il più consistente, e quello che non si vede, e che invece è il più autentico ed è costituito dalla sua relazione con Gesù Cristo.
Seconda Lettura: 1Cor 5,6-8.
Il credente è una creatura tutta nuova: nessun legame, nessun lievito, dice san Paolo, deve implicarlo con la vita di prima. Il lievito significa la malizia, l’insincerità, la menzogna: in una parola, tutto quanto non costituisce la vita redenta, ma quella ancora che sta sotto la forma, il segno e la forza del peccato.
Vangelo: Gv 20,1-9.
Davanti alle prove, alle tracce che Cristo è risorto, e nonostante la parola stessa di Gesù che l’aveva preannunziato, gli apostoli fanno fatica a credere che egli è risorto da morte. Per Maria di Magdala l’hanno portato via. Se Pietro entra nel sepolcro e constata soltanto, nel discepolo che Gesù amava subito si accende la certezza della fede: dinanzi a quei segni non si limita a vedere, crede, Sarà laboriosa a nascere e a imporsi a loro la fede nella risurrezione. Poi diventerà l’irresistibile convinzione, che darà senso a tutta la missione e a tutta la vita degli apostoli, testimoni del Risorto.
E’ RISORTO
Alba nuova è il giorno
in cui Cristo è risorto,
nel tacito silenzio
un tempo nuovo è sorto.
Gesù lascia il sepolcro
senza squilli di tromba,
mentre tutto intorno
gran rumore rimbomba.
L’alleluia di Pasqua
ti risuoni nel cuore,
perché, oggi, è risorto
il Cristo Signore.
Rintoccan le campane
oggi con suon sommesso,
ma la gioia nel cuore
ridonda lo stesso.
L’angelo annunzia
a Maria Maddalena
che la morte è sconfitta
per vita più piena.
Il Maestro la chiama
col suo nome: “Maria!”.
La voce le ridona,
al cuor, armonia.
Prostrata ai suoi piedi
la solleva e comanda
d’andar dai discepoli
ai quali li manda
a dir che è risorto,
come aveva predetto,
che ha vinto la morte
a cui fu soggetto.
Sorpresi all’annunzio,
dal luogo dove stanno,
correndo, i discepoli
al sepolcro vanno.
Lo trovano vuoto,
col lenzuolo piegato
e pur anche il sudario
vicino è posato.
La sera loro appare,
nel Cenacol riuniti,
e augurando la pace
son d’essa riempiti.
Manca solo Tommaso
che all’annunzio non crede,
se il costato e le piaghe
non tocca e non vede.
All’ottava, apparendo,
al risorto, col cuore,
Tommaso gli dice:
“Mio Dio e mio Signore”.
Alla cena di Emmaus
ai due si manifesta
e dagli altri essi tornan
col cuore in festa.
Il Risorto, oggi, dice
anche a noi che crediamo
che beati saremo
se pur non vediamo.
Auguriamoci allora
di risorger con Cristo,
per essere un giorno
nello stesso posto.
Leonforte, 12 Aprile 2020 don A. Lo Grasso
Auguri per una Santa Pasqua
di risurrezione e di vita nuova
nel Signore.
Un affettuoso e cordiale abbraccio
a tutti.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 17:12)
LOTTA AL CORONAVIRUS
LOTTA AL CORONAVIRUS
Grande calamità sperimentiamo
in questo nostro bel creato mondo,
che abbiamo certo reso poco "mondo",
perché le leggi sue non rispettiamo.
Siamo tutti afflitti grandemente
perché vediamo molti contagiati,
nei piccoli o grandi agglomerati,
sentendoci coinvolti fortemente.
Molti tra noi saranno falciati
da questa epidemia dilagante:
ma se lo sforzo uman sarà costante
a vincere sarem facilitati.
Occorre un grande sforzo generale,
di medici, infermieri e volontari,
politici, civili e militari,
per vincere questo mal micidiale.
Se illuminati ed esperti scienziati,
nella ricerca sapranno investire,
in breve tempo potranno scoprire
il vaccin che guarisce i contagiati.
Anche questa tempesta inaudita,
che travolge le più fragili vite,
se faremo scelte concrete e ardite,
sarà dalla nostra terra bandita.
Se grande è allora il nostro impegno
nell'affidarci al nostro umano ingegno,
dobbiamo avere sempre umil contegno
e chiedere al buon Dio il suo sostegno.
Perciò siam fiduciosi a tutte l'ore,
se con gran fede ed anima contrita
cambieremo sinceramente vita,
uniti alla Pasqua del Signore.
Leonforte, 1 Aprile 2020
don Nino Lo Grasso.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 17:09)
CONTEMPLIAMO CRISTO CROCIFISSO MORTO PER LA NOSTRA SALVEZZA.
10 APRILE – VENERDI’ SANTO: « In PASSIONE DOMINI»
Commemoriamo nel Venerdì Santo la morte del Signore. Lo vediamo come il Servo; su di lui pesano le nostre colpe, ma dalla sua umiliazione viene il nostro riscatto. Dalle piaghe di Gesù sono risanati gli uomini.
Oggi è il giorno dell’immensa fiducia: Cristo ha conosciuto la sofferenza, da lui riceviamo misericordia e in lui troviamo grazia. E la imploriamo per tutti gli uomini nella preghiera universale.
Oggi è il giorno della solenne adorazione della croce: lo strumento del patibolo è diventato il termine dell’adorazione da che vi fu appeso il Salvatore del mondo.
Siamo sempre sotto la croce. Non c’è momento, non c’è situazione dove non entri la croce a liberare e a salvare. Infatti essa si manifesta in noi ogni giorno, se siamo discepoli fedeli del Signore. Non chiediamogli tanto di discendere dalla croce, quanto di avere la forza di restarci con lui, nella speranza della risurrezione.
Prima Lettura: Is 52,13-53.12.
Dal « Servo di Dio «, « schiacciato per le nostre iniquità », e dalla sua intercessione per i peccatori, ci viene la liberazione e il perdono. Questo servo misterioso porta già in sé i segni e le vicende della passione e del dolore di Cristo, per mezzo del quale sarà compiuta « la volontà del Signore », cioè il piano di redenzione del genere umano.
Seconda Lettura: Eb 4,14-16; 5,7-9.
Non dobbiamo trascurare l’aspetto doloroso della nostra redenzione, cioè la sofferenza e il sacrificio del Figlio di Dio sulla croce, la sua consegna al Padre, la sua obbedienza e preghiera che Dio ha ascoltato, richiamandolo dalla morte con la risurrezione. Per questa obbedienza, che ce lo ha reso intimamente socio e partecipe della nostra umanità, il suo sacrificio è stato gradito e noi siamo stati salvati. Dobbiamo essere in comunione con l’obbedienza di Gesù: questo vuol dire fare la volontà di Dio.
L’intercessione di Cristo continua, ed è garanzia della sua fedeltà a noi, ed è aiuto per la nostra risposta a lui.
Vangelo: Gv 18,1-19.42.
Gesù compie la sua passione nell’affidamento totale al Padre, nella piena libertà del suo dono. E’ lasciato solo, tradito, rinnegato: è « l’uomo solo » che muore « per il popolo ». E tuttavia appare nella sua regalità. I segni di essa, presi per irrisione dai soldati e dagli altri, ne sono l’indice profetico e misterioso. Ma per capirlo bisogna essere dalla parte della Verità, bisogna entrare nel disegno di Dio.
« Io sono re » dice Gesù « Chiunque è dalla Verità, ascolta la mia voce ». Noi incontriamo Cristo e ne siamo redenti a questa condizione. Pilato con la sua cieca e pavida viltà non si trova da questa parte e lo consegna. Lo consegniamo ogni volta che pecchiamo, che preferiamo la menzogna.
Emerge nella passione la lucidità, la determinazione di Cristo. Egli non è uno offuscato e spezzato. In quel momento è tutta la Scrittura che si compie in lui, ed egli è consapevole. Ascoltiamo le sua parole, e accogliamo il suo testamento. Ci lascia la Madre sua, Maria; e proclama la sua sete: è la sete che ha dell’amore del Padre e degli uomini.
E’ l’agnello vero pasquale; la fonte dell’acqua e del sangue, dello Spirito che disseta, e del sacrifico che redime. E’ il trafitto che attrae lo sguardo e il desiderio dei popoli. Sul Calvario avvengono le vicende in Gesù che interessano la storia di tutto il mondo, di ogni tempo: la storia della nostra comunità che sta celebrando la Pasqua, della nostra anima che una volta ancora riceve la grazia di questa contemplazione e dei suoi frutti. L’avvenimento è passato, ma il suo segno, la sua grazia, la sua efficacia, rimangono.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 17:08)
L'ultima Cena di Gesù e l'istituzione dell'Eucarisrtia.
9 APRILE - GIOVEDI’ SANTO
Nel Triduo pasquale, in cui celebriamo il mistero della morte e risurrezione, il primo grande incontro di questo evento del mistero pasquale è l’ultima Cena, l’istituzione dell’Eucaristia.
L’Eucaristia è il sacramento della passione e della morte di Gesù, che egli lascia ai discepoli prima di consegnarsi ai suoi carnefici, per rendere la sua presenza nel tempo della sua assenza. La celebrazione della Cena è un dono che ancora oggi accompagna la vita della Chiesa ed è un impegno di vita per coloro che si pongono alla sua sequela. Nel banchetto del pane e del vino i discepoli faranno memoria del Signore ed entreranno in comunione con il suo Corpo e con il suo Sangue.
Nell’Eucaristia Gesù rende presente e disponibile la sua carità, il suo consegnarsi per noi. In essa egli ha affidato « alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore ». Quello che egli fa è all’opposto di ciò che compie Giuda. Questi lo vende, come fosse una cosa; Gesù invece si offre, come « vittima di salvezza ». Restiamo stupefatti e partecipi di questa umiltà di Cristo, che ci purifica dalle colpe, che si mette ai nostri piedi, che continua a lavarci la coscienza, che ci insegna a prendere l’ultimo posto, che genera ala nostra fraternità. Soprattutto questa sera sentiamo di formare, « qui riuniti, un solo corpo », perché Cristo ci ha raccolti. « Via le lotte maligne, via le liti, e regni in mezzo a noi Cristo Dio ».
Prima Lettura: Es 12,1-8.11-14.
Nello sfondo della Pasqua ebraica, in cui Israele deve mangiare l’agnello e con il sangue, a protezione, tingere gli stupiti delle case, segno e memoriale del passaggio di Dio e della liberazione, si colloca la celebrazione dell’Ultima Cena di Gesù. Intuiamo immediatamente che si tratta di un simbolo dell’Agnello di Dio, Gesù, che, immolato, toglie i peccati del mondo e muore sulla croce come l’agnello pasquale vero, nel cui sangue siamo liberati dal peccato. Ogni volta che riceviamo l’Eucaristia rinnoviamo la Pasqua, la manducazione del vero agnello immolato sulla croce.
Seconda Lettura: 1 Cor 11,23-26.
La Chiesa di Corinto aveva perso il senso dell’Eucaristia. Paolo allora rintraccia l’immagine originale del banchetto cristiano. Esso è la Cena del Signore, risale all’iniziativa e all’invenzione di Cristo, che all’Ultima Cena nel segno del pane e del vino consegna il suo Corpo e il suo Sangue, cioè il sacrificio di se stesso. Non vi si può prendere parte in qualche modo, ma con il proposito di entrare in comunione viva con la passione e la morte di Gesù per risorgere con lui.
Vangelo: Gv 13,1-15.
Per l’evangelista Giovanni, nella celebrazione della « Festa di Pasqua », Gesù vuole celebrare una Pasqua diversa da quella ebraica « sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre », accogliendo liberamente la volontà del Padre e offrendo, nella sua passione e morte, la vita per amore degli uomini. Nel contesto della sua Passione, che ha per contraltare l’istituzione dell’Eucaristia, raccontata dai Sinottici a questo punto della vita di Gesù, è la chiave per comprendere il gesto che Giovanni, nel vangelo di oggi, racconta: l’umile gesto della lavanda dei piedi che Gesù fa ai discepoli. Egli « avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine »: e il segno di questo amore estremo, illimitato, è il dono che egli fa di se stesso. E’ la sua vita resa usufruibile per i suoi. La lavanda dei piedi è come il simbolo di questa donazione: Gesù è venuto per servire. L’amore non è vero se non serve. Gesù sa di essere « il Signore e il Maestro », ma non per questo eserciterà la potenza ma porterà al massimo l’amore.
C’è un richiamo all’interno del vangelo di Giovanni: sulla croce, morendo Gesù dice: « Tutto è compiuto ». Usa la stessa parola che, posta in questi due momenti dell’ultima Cena e della croce, dice la qualità dell’amore. Questo estremo amore si esprime con il gesto del deporre le vesti e cingersi il panno. Del gesto Gesù dice due cose: « Se non ti laverò i piedi non avrai parte »; e : « Vi ho dato un esempio, infatti, perché come ho fatto io, facciate anche voi ». Il gesto di Gesù ci interroga. L’estremo limite dell’amore dice povertà radicale, umiltà, servizio. Povertà ben espressa dall’Eucaristia. Dietro quella povera forma, la gloria del Risorto. Il sacramento più caro alla Chiesa, così estremamente debole.
Resistenze all’amore; amore divinizzante.
Il povero gesto di Gesù, così denso di significato, non è compreso neppure da Pietro. Un amore così radicale, che cerca la comunione muove subito delle resistenze. Pietro, come noi, è resistente alla radicalità di una tale gratuità. Vi possono essere diverse cause di resistenza. Per accettare un tale amore bisogna riconoscersi peccatori salvati, allontanando ogni presunzione di auto salvarsi. Bisogna abbandonarsi alla salvezza offerta gratuitamente da Dio che cerca la comunione con noi. Ecco che l’Eucaristia è sacramento della presenza di Cristo nella sua Chiesa e della comunione di chi crede in lui. Il gesto ancora ci convoca a fare come Gesù, ad autoconsegnarci ai nostri fratelli e al mondo. L’esempio di Gesù allora più che dare un imperativo morale vuole fare di noi, nel nostro amore radicale, altri Cristo. E’ un gesto allora divinizzante, perché dove « c’è carità e amore, qui c’è Dio ».
Questa sera – nel « memoriale », nel « rito perenne », di cui ci parla la prima lettura dell’Esodo, e che per noi è ormai l’Eucaristia – possiamo più intensamente misurare la carità che ci ha redento e che dobbiamo attestare.
Il rito della lavanda dei piedi è ricco di significato profetico: è la norma della vita interiore della Chiesa ( la carità), una testimonianza di fede. E’ rendere presente Dio, è la nostra beatitudine. Ci riporta al gesto umile di Gesù, che proclama il primato di chi serve il prossimo, non di chi lo domina. In questo gesto Gesù prefigura la sua passione, che è un servire e un dare la vita per la redenzione degli uomini. Gesù che lava i piedi ai discepoli richiama anche l’Eucaristia, dove prosegue il servizio di amore; richiama insieme la purezza di cuore per prendervi parte, e infine il sacramento del Battesimo, che lava e rende commensali di Cristo.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 17:07)