Gli insulti di chi combatte Dio ricadono sul suo profeta.
21 GIUGNO - XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Nella memoria della Pasqua del Signore celebriamo il suo sacrificio di espiazione in cui Gesù si è offerto per riconciliare l’umanità con il Padre celeste. L’Eucaristia ci rende partecipi di questa riparazione, poiché la nostra vita, segnata dal peccato, ha continuo bisogno di riconciliazione e di riparazione, in quanto molte cose, come la ricerca del successo, la nostra superbia ed esaltazione, i cedimenti davanti alle esigenze del Vangelo, sono realtà che esigono purificazione. Nell’Eucaristia oltre a questa espiazione e alla fedeltà per confessare la nostra fede, troviamo e sono condivise anche la lode innalzata da Gesù che si immola sulla croce, l’adorazione e il ringraziamento al Padre celeste.
Nel giorno del Signore la nostra lode deve sgorgare dal cuore in maniera più intensa e prolungata, alimentata dalla Parola di Dio per renderla presente nella nostra storia, come con i due discepoli di Emmaus.
Nella preghiera iniziale della Colletta preghiamo dicendo: « O Dio che affidi alla nostra debolezza l’annunzio profetico della tua parola, sostienici con la forza del tuo Spirito, perché non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con tutta franchezza il tuo nome davanti agli uomini, per essere riconosciuti da te nel giorno della tua venuta ».
Prima Lettura: Ger 20,10-13.
L’annunzio che il profeta fa nel nome di Dio non è facilmente accettato dal popolo e da coloro che lo ostacolano. Anche i suoi amici spiano la sua caduta e pensano che si lascerà trarre in inganno, così da potere prevalere su di lui. Ma il profeta non è sfiduciato perché il Signore, come un prode valoroso è al suo fianco, per cui i suoi persecutori non potranno prevalere e saranno confusi perché non riusciranno, anzi ne avranno una vergogna eterna. Chiede al Signore, che prova il giusto e ne scruta il cuore e la mente, di potere vedere la vendetta su di essi, essendosi affidato a lui. Eleva quindi inni di lode a Dio per averlo liberato dalle mani dei suoi malfattori.
Seconda Lettura: Rm 5,12-15.
San Paolo ai Romani scrive dicendo che Adamo per il suo peccato ha portato al peccato e alla morte tutti gli uomini vissuti prima che Dio avesse dato la legge a Mosè. E se anche non si può parlare di peccato non essendoci ancora la legge, la morte regnò ugualmente da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo. Questì sarebbe la figura di Colui che deve venire, cioè Gesù Cristo, per il quale, con la sua obbedienza e il suo sacrificio, la grazia di Dio e il dono concessi si sarebbero riversati in abbondanza su tutti gli uomini.
Vangelo: Mt 10,26-33.
Gesù esorta i suoi discepoli ad annunziare quello che egli dice nelle tenebre nella luce e quello che ascoltano all’orecchio predicarlo a tutti. E non devono aver paura se anche possono essere uccisi nel corpo, perché non possono uccidere l’anima. Ma dice di temere coloro che possono far perire l’anima e il corpo nella Geenna, con una perdizione eterna.
Esorta i suoi discepoli ad aver fiducia nella provvidenza del Padre celeste, perché, né i passeri possono cadere senza che Dio Padre lo voglia, né alcun capello cadere dalla loro testa, essendo tutti contati, poiché essi valgono più di molti passeri.
Chiede, infine, che lo testimonino e lo riconoscano davanti agli uomini perché egli li riconoscerà davanti al Padre celeste, e sarà rinnegato colui che lo rinnegherà davanti agli uomini.
SOLENNITA' DEL CORPO E SANGUE DEL SIGNORE.
14 GIUGNO – SOLENNITA’ DEL CORPO E SANGUE DI GESU’
Nella sua fedeltà il Signore, dopo aver liberato il popolo d’ Israele dall'Egitto, averlo condotto lungo il deserto, accudito, nutrito, non è venuto meno alla volontà salvifica a favore dell’uomo, pienamente manifestata in Gesù Cristo che, con il suo Corpo e il suo Sangue, nutre i credenti, realizzando un tangibile legame d’amore tra questi e il Padre.
La Chiesa del Signore è una comunità con dimensione comunitaria. In essa si vive e si celebra la fede: è soprattutto l’ Eucaristia, « memoriale della Pasqua » del Signore Gesù, morto e risorto, che realizza la dimensione comunitaria dei discepoli del Signore. Il Memoriale che essi celebrano, per espresso comando di Gesù, non vuol dire un semplice ricordo ma una presenza reale del Corpo e del Sangue del Signore, realizzata dalla potenza dello Spirito Santo. Nell’Eucaristia noi offriamo il sacrificio della nuova alleanza, in cui è ripresentata l’immolazione della croce, dove Gesù, Agnello senza macchia, s’è offerto. Ma l’altare è anche la mensa della cena celebrata da Gesù, in cui attingiamo il cibo per il « viaggio della nostra vita », in attesa di partecipare al convito eterno del cielo, perché il Corpo che mangiamo e il Sangue che beviamo sono pegno della gloria futura. .
Riconoscendoci fratelli, riuniti in « assemblea festosa » rendiamo grazie a Dio che, nel sangue di Cristo, ci ha costituiti come suo popolo, che celebra la medesima fede ed è unito, in unità e carità, nell’ unico pane e nell’ unico calice. Nell’ Eucaristia riceviamo lo Spirito che scaturisce dal Corpo di Cristo e la purificazione da ogni colpa. La comunità non può costituirsi in termini e funzioni psicologici, o ridursi come gruppo aggregato con dimensione solo affettiva o emotiva, sì da colmare situazioni di compensazione alle proprie fragilità: la comunità rischierebbe di non far progredire i vari membri nella maturità della fede. Né può percepirsi la comunità in termini sociologici, perché il Concilio, definendo la Chiesa, come « popolo di Dio », ha voluto definirla in maniera teologica non sociologica, cioè costituita con votazioni o referendum: esso è l’insieme di coloro che credono, celebrano e praticano la fede cristiana, pur con le loro fragilità.
Un ultimo rischio, in cui possono cadere i cristiani, è quello di considerare la Comunità come aggregazione per eventi o iniziative che vengono organizzati, in cui può registrarsi scarsa e superficiale intensità di comunione spirituale.
Si può parlare di comunità quando vige la « comunione », tra i membri, come relazione spirituale e di amore fraterno, per cui sia i presenti come anche coloro che per motivi svariati non possono essere presenti, si sentono partecipi. La comunione ha il suo fondamento nella relazione che ognuno ha con Cristo, e solo questo fa la comunità cristiana. Vi sono infatti tante forme di comunità, ma solo l’unione con Cristo e tra i vari membri è la prerogativa che realizza una « comunità cristiana ».
L’Eucaristia che rimane dopo la celebrazione della Messa è presenza reale di Cristo, che avvera la promessa di Gesù di non lasciare più la sua Chiesa. Al Cristo del tabernacolo va la nostra adorazione e il nostro culto.
Prima Lettura: Dt 8,2-3. 14-16.
Nell’ arduo cammino del deserto, al popolo, umiliato e provato dalla fame, Dio non ha lasciato mancare il nutrimento, poiché lo ha sostenuto con un cibo singolare, la manna, segno della provvidenza e dell’ amore di Dio.
Anche l’acqua, sgorgata dalla roccia arida e dura, fu un segno straordinario dell’intervento potente di Dio, che non abbandona mai nessun uomo, fosse il più umile e piccolo. In particolare Dio si è reso vicino alla sua Chiesa, nuovo popolo costituito dal sacrificio del suo Figlio, che si è dato come cibo e bevanda di vita eterna.
Seconda Lettura: 1 Cor 10,16-17.
Quando prendiamo parte al calice, dice san Paolo, noi entriamo in comunione con il Sangue di Cristo; e spezzando e mangiando il pane eucaristico ci nutriamo del Corpo reale di Gesù. Pane e vino non sono puri simboli, che possono significare Gesù: « L’Eucaristia è il Signore, che dona la sua vita per noi; in essa noi lo riceviamo veramente ». Come conseguenza, dice l’apostolo Paolo, ne deriva che se unico è il pane che spezziamo, cioè l’unico Corpo di Cristo, allora noi siamo intimamente uniti, gli uni agli altri.
Pur essendo molti: ognuno con la propria personalità, fisionomia esteriore e interiore, con storie diverse e diverso temperamento, formiamo tuttavia un solo corpo. L’Eucaristia, ricevuta degnamente ci rende intimamente uniti. Per questo ci dobbiamo amare. E’ il frutto e l’impegno dell’Eucaristia.
Vangelo: Gv 6,51-58.
La comunità del Signore si caratterizza per la comunione che i credenti in lui pongono attorno alla sua presenza, reale e non simbolica, nell’Eucaristia. Le sue parole, come leggiamo nel Vangelo di questa solennità: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui », ci dicono che l’assimilazione della carne e del sangue di Cristo, rendono presente Gesù nel credente e viceversa. Certo le parole “mangiare ” e “ bere ” non sono da intendersi in senso naturalistico, ma vanno intese in senso sacramentale, in quanto mangiare il pane e bere il vino, che per la potenza dello Spirito di Dio, sono trasformati nel Corpo e Sangue di Cristo, rendono presente in noi il Cristo-Dio, e sono “ segni efficaci ”, che compiono ciò che dicono. La partecipazione a questi segni sacramentali è partecipazione da parte nostra agli effetti della passione e al dono della pienezza della vita che Gesù ci comunica.
Adesso il pane che ci nutre, come credenti e come figli di Dio, è la carne, quindi la persona, di Cristo, il quale si offre per noi. Entriamo infatti in profonda comunione con il Corpo e il Sangue di Gesù. Solo così abbiamo la vita, quella vera, che non si logora e che non è destinata ad esaurirsi e a spegnersi. L’Eucaristia ci dona la vita stessa del Padre e del Figlio, Gesù. Grazie all’ Eucaristia e alla vita che in essa riceviamo, a differenza degli antichi ebrei, saremo sottratti all’ esperienza della morte, perché, sostenuti da questo nutrimento lungo il cammino terreno, possiamo giungere alla “ terra promessa ” del Regno celeste. Nell’ Eucaristia già riceviamo il germe della risurrezione e conformazione al Signore che ha vinto la morte. Concludendo, solo dalla comunione con Cristo viene la vera comunione nella comunità che le permette di essere, nell’ oggi, profezia e annunzio del Regno futuro. Tutto il resto può rendere visibile la comunione nella comunità, ma se manca il centro, cioè Cristo, la Chiesa fallisce lo scopo per cui il Signore l’ha posto nel mondo.
Quest’anno non potendo celebrare pubblicamente la SOLENNITA' del CORPUS DOMINI le SANTE MESSE che sono celebrate alle ore : 19.00 SABATO
10.30 DOMNICA
19.00 DOMENICA
Dopo la santa Messa delle ore 10.30 e quella della sera , verrà esposto in SANTISSIMO PER L’ADORAZIONE EUCARISTICA.
LUNEDI’, giorno del Corpus Domini della Parrocchia celebriamo la Santa Messa alle ore 19.00 e dopo sarà fatta l’Adorazione Eucaristica.
Un solo Dio, nella Trinità delle Persone divine.
7 GIUGNO - SOLENNITA’ DELLA SANTISSIMA TRINITA’
Quello della SS. Trinità è il primo mistero principale della fede cristiana, rivelatoci da Dio. Noi professiamo la fede in un Dio, uno e unico, in Tre Persone, uguali e distinte, ma non separate. La Teologia cristiana, accogliendo la rivelazione che Dio ha fatto, ha cercato lungo i secoli di indagarne il mistero, usando le categorie epistemologiche-conoscitive di ogni epoca, pur sapendo, ( come scrive san Agostino nel libro "De Trinitate", il quale immagina di vedere, sulla spiaggia del mare di Tegaste, un bambino che con un cucchiaio tenta di svuotare tutto il mare trasportandone l’acqua in una buca), che un mistero così grande non può essere pienamente compreso da una mente umana finita e limitata, quale è quella dell’uomo, nel senso di una limitatezza come coscienza delle proprie possibilità e impossibilità.
Alla Santissima Trinità – al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo – rivolgiamo sempre la nostra preghiera di adorazione, di lode, di onore e il nostro rendimento di grazie. A questo mistero, che non deve essere creduto come verità astratta e lontana, i cristiani vi dedichiamo una festa tutta partico- lare, proprio perché questo mistero si è fatto vicino a noi e conclude il periodo dell’anno liturgico del mistero di salvezza che viviamo nella Liturgia dall’Avvento alla Pentecoste. E’ un mistero di relazione, di amore, comunione e intimità fra le tre Persone. La SS. Trinità è un Dio che costantemente si dona all’ uomo rendendolo partecipe di questa relazione, fino al punto di comunicarsi a lui. Il mistero di Dio ci è stato rivelato pienamente, quando ci è stato inviato come nostro redentore Gesù, il Figlio stesso di Dio, che ci ha riconciliati con la sua morte e risurrezione e quando ci è stato inviato « lo Spirito Santo d’amore », che ci ha santificato. Così ci è stato rivelato « il mistero della vita di Dio », che è Trinità Santissima, anche se la sua comprensione ci sfugge. Tuttavia l’ inabitazione in noi delle tre Persone divine, è un’esperienza, anche se ancora pur velata, verso cui siamo incamminati « nella pazienza e nella speranza », e tesi verso la « piena conoscenza » di Dio « amore e vita ».
Nella Colletta dell’Eucaristia preghiamo dicendo: « Padre, fedele e misericordioso, che ci hai rivelato il mistero della tua vita donandoci il Figlio unigenito e lo Spirito d’amore, sostieni la nostra fede e ispiraci sentimenti di pace e di speranza, perché riuniti nella comunione della tua Chiesa benediciamo il tuo nome santo e glorioso ».
Prima Lettura: Es 34,4-6.8-9
Il nostro Dio è un Dio per noi, per la nostra salvezza, Dio di misericordia, « ricco di amore ». Nella rivelazione che Dio fa di sé per la seconda volta a Mosè ridona le tavole della Legge, poiché una prima volta il popolo aveva deviato dalla fedeltà agli impegni dell’alleanza. Infatti, essendosi dato all’ idolatria e prostratosi in adorazione davanti al vitello d’oro, fatto da Aronne, aveva attribuito ad esso l’opera della liberazione dall’ Egitto. Nonostante questa infedeltà, Dio, per intercessione di Mosè, perdona al suo popolo perché è « il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ ira e ricco di amore e di fedeltà ».Ma Mosè sente Dio vicino e pieno di grazia, perché è un Dio che cammina in mezzo al suo popolo, che perdona le sue colpe,« anche se è di dura cervice ». Mosè davanti a Dio riconosce il peccato di tutto il popolo e chiede che lo scelga e lo tratti come suo possesso. La presenza di Dio sarà pienamente realizzata quando a camminare in mezzo a noi sarà lo stesso Figlio di Dio e, dal Padre e dal Figlio, lo Spirito Santo sarà inviato come dono. Allora potremo comprendere maggiormente la vicinanza di Dio: Trinità Santissima, rivelata e comunicata agli uomini.
Seconda Lettura: 2 Cor 13,11-13
Nel saluto che Paolo solitamente rivolge ai cristiani nelle sue Lettere sono proclamate le Tre Persone divine della Santissima Trinità. Paolo augura che l’amore di Dio Padre, la grazia del Signore Gesù e la comunione dello Spirito Santo sia con loro. Ma questo saluto non è una astratta enunciazione del mistero trinitario: del Padre è sottolineato l’amore,del Figlio Gesù la grazia che ha meritato per gli uomini e dello Spirito Santo la comunione che crea tra essi. Il mistero della Santissima Trinità ci è stato rivelato dal Figlio, che ci ha redenti mediante la sua morte e resurrezione, e con il dono dello Spirito ce ne ha dato una più profonda conoscenza. Più che riflettere, allora, per capire, siamo chiamati ad accoglierlo e a realizzare un rapporto di amore con la Trinità tutta, dal momento che le Tre Persone divine sono in viva relazione con noi, come ci ha detto Gesù, perché lo Spirito fa dimorare il Padre e il Figlio nel cuore di chi è in grazia.
Vangelo: Gv 3,16-18.
Del dono di Dio all’ uomo ci parla Gesù nel suo colloquio con Nicodemo a cui svela il progetto di salvezza del Padre, che per sua iniziativa d’amore sovrabbondante, generoso e oblativo, manda il suo Figlio, consegnato per la salvezza del mondo. Questo mondo a volte si oppone a Dio, lo contrasta e rifiuta il suo amore, mentre altre volte, riconoscendo l’uomo il proprio stato di prostrazione, lo ricerca e si rivolge a lui. Nell’ insegnamento e nella rivelazione che Gesù fa di Dio il mondo, cioè l’umanità tutta, è oggetto dell’amore di Dio che, avendola creata, la cerca e la attira al suo amore.
Così abbiamo saputo del Padre quando Gesù ha detto a Nicodemo che Dio Padre, per amore degli uomini, ha mandato il suo Figlio Unigenito per la salvezza del mondo e per dare loro, credendo in Dio, la vita eterna.
Il Padre, per sua libera iniziativa, ha affidato la missione della salvezza al Figlio, che venuto tra noi ha assunto e condiviso, perché potessimo avere la vita di Dio in noi. A questa iniziativa di Dio deve corrispondere, da parte nostra,nella fede, l’accoglienza di questo Dono del Padre, nel quale ricevia- mo la salvezza, se nella fede accogliamo le parole, le opere e i gesti di Gesù. La fede, come affidamento a Dio e al suo progetto di salvezza realizzato in Cristo, è a fondamento della conoscenza del mistero di comunione a cui Dio ci ha chiamati. Il mistero del Padre e del Figlio appare così non come verità difficile ad accogliersi, ma come partecipazione nostra alla vita di Dio, vita divina, meritataci dal Figlio, morto e risorto per noi, ma che ci viene data grazie allo Spirito Santo: infatti noi nasciamo di nuovo, dall’ alto, per virtù dello Spirito e alimentiamo questa vita attraverso i sacramenti che sono realizzati dalla terza Persona della Santissima Trinità.
Ultimo aggiornamento (Sabato 06 Giugno 2020 17:38)