DIO PRENDE DIMORA TRA GLI UMILI: MARIA ACCOGLIE IL VERBO DELLA VITA.
24 DICEMBRE – IV DOMENICA D’AVVENTO. (Anno B)
Dio mantiene la promessa della salvezza dell’umanità e la realizza.
In questa Domenica, solo nell’ascolto della Parola di Dio, nell’obbedienza della fede e nell’adesione alla volontà di Dio, possiamo ricevere e vivere la grazia del Natale del Signore. Maria che concepisce nel suo grembo, per opera dello Spirito Santo, il Figlio dell’Altissimo, il quale così assume la nostra carne mortale, diventa il nostro modello per concepire anche noi, nello Spirito e nella fede, il Cristo, che si rende presente con i suoi sentimenti. Tutta quanta la Chiesa è chiamata a portare in tutto il mondo il Signore e a donarlo a tutti con la testimonianza delle opere. Il Signore sceglie tra gli umili i suoi « servi per portare a compimento il disegno della salvezza ».
Nella Colletta di questa Domenica preghiamo il Signore dicendo:« Dio grande e misericordioso, che tra gli umili scegli la tua dimora, concedi alla tua Chiesa la fecondità dello Spirito, perché sull’esempio di Maria, accolga il Verbo della vita e, come madre gioiosa, lo consegni all’attesa delle genti. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: 2 Sam 7,1-5.8-12.14-16.
A Davide, che vuole costruire una casa al Signore, il quale gli ha dato riposo da tanti suoi nemici all’intorno, Dio per mezzo del profeta Natan fa sapere che non sarà tanto lui a fargli una casa, quanto sarà Dio stesso a dargli un regno, rendendo stabile la sua casa, dopo averlo preso dai pascoli, per farlo capo del suo popolo Israele. Dopo aver ricordato che il Signore è stato presente dovunque e in qualunque cosa Davide si sia messo, distruggendo i suoi nemici, il Signore gli promette di rendere il suo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra, di stabilire e piantare il suo popolo Israele in un luogo perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come per il passato …. di dargli riposo da tutti i suoi nemici. Infine promette che, quando egli si sarà addormentato con i suoi padri, gli avrebbe suscitato un discendente dopo di lui, uscito dalle sue viscere, a cui avrebbe reso stabile il regno. Per questo germoglio di Davide Dio gli sarà padre ed egli gli sarà figlio.
Seconda Lettura: Rm 16,25-27.
San Paolo, scrivendo ai Romani, rende gloria a Dio, il solo sapiente, che ha il potere di confermarli « nel Vangelo che annunzia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunziato a tutte le genti perché giungano all’ obbedienza della fede ». Anche oggi sono attuali queste parole che suscitano in noi la gioiosa sorpresa: il Natale di Cristo è un mistero che, coinvolgendo l’ uomo nella obbedienza della fede a imitazione della fede di Maria, che con la sua adesione alle parole dell’angelo lo ha concepito e dato alla luce, deve essere portato a conoscenza di tutte le genti, perché Gesù sia concepito e nasca nei nostri cuori con i suoi sentimenti.
Vangelo: Lc 1,26-38
La Beata Vergine Maria, la sempre amata da Dio e per questo piena di grazia, all’ annunzio dell’arcangelo Gabriele, che le manifesta la volontà di Dio a divenire la madre del Figlio dell’Altissimo, rimasta turbata perché non conosce ancora uomo ma confortata dall’opera dello Spirito Santo, che l’avrebbe adombrata, risponde con il suo “sì”, professandosi la “serva del Signore”, l’ancella della Parola. Dice sant’ Agostino che Maria, per la sua fede, concepisce verginalmente il Figlio di Dio e di conseguenza nel suo seno, ponendosi così come nuova Eva, in antitesi con colei che ci ha coinvolti nella disobbedienza antica. Così in Cristo, che si incarna nella nostra storia per la salvezza degli uomini, Dio porta a compimento la promessa antica, reiterata nelle parole dei profeti dell’Antico Testamento, che la “stirpe della donna”, il Messia, figlio di Davide, l’atteso d’Israele, avrebbe sconfitto, con la sua morte e la sua risurrezione, Satana, spirito del male, che aveva indotto gli uomini alla disobbedienza.
In Gesù, allora, Dio realizza la manifestazione di sé all’ uomo e una maggiore conoscenza del Signore da parte dell’uomo. La nostra storia diventa il luogo dove Dio intreccia di nuovo il rapporto reciproco d’amore tra Lui e l’umanità per la salvezza dell’uomo, realizzando così la promessa antica: tutto questo avviene per mezzo del suo Figlio mandato tra noi: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio non per condannare il mondo ma per salvarlo », come dice Gesù a Nicodemo.
CON CRISTO VIENE A NOI LA GIOIA DI DIO.
17 DICEMBRE – IIIa DOMENICA D’AVVENTO (Anno B)
Il Signore è la nostra gioia.
Il Natale, che ci apprestiamo a celebrare, non è solo il ricordo del « mistero della salvezza », che inizia nella nostra storia, ma è, anche, nella fede, realtà da vivere e realizzare nella nostra vita quotidiana. La grazia di questo evento ci viene rinnovata a seconda della nostra disposizione interiore ad accettare la liberazione dai peccati, perché Gesù si fa uno di noi e realizza un meraviglioso scambio: assume la nostra natura umana per arricchirla ed elevarci alla dignità divina. Il Natale dobbiamo, quindi, viverlo con fede e accogliere il Signore che viene nella vigilanza e nella preghiera, con il cuore pronto e aperto alla generosità.
Ecco perché questa Domenica è detta:« Gaudete », perché la nascita del Signore tra noi è portatrice di gioia.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo: « O Dio, che chiami tutti gli umili e i poveri a entrare nel tuo regno di pace, fa germogliare tra noi la giustizia, perché viviamo nella gioia l’attesa del Salvatore che viene. Egli è Dio, e vive e regna con te… ».
Prima Lettura: Is 61.1-2.10-11.
Il profeta Isaia preannunzia l'opera del Messia, consacrato dallo Spirito con l’unzione, e che è mandato « a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a promulgare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore ». Questo programma, che il profeta annunzia, anticipa ed è immagine di quella che sarà l’opera del Messia, dell’Unto del Signore, cioè del Cristo. Giovanni, mandato come testimone della luce a preparare la via alla venuta del Cristo, ai sacerdoti e leviti, inviati dai Giudei, che gli chiedono chi egli sia, risponde di non essere lui il Cristo, né Elia, né il profeta. Gesù invece a Nazaret, dopo il Battesimo al Giordano, in cui il Padre lo rivela come il Figlio unigenito, leggendo la profezia di Isaia, conclude la lettura dicendo che quelle Scritture si adempivano, in quel momento, agli orecchi degli ascoltatori.
Con la sua venuta, allora, Gesù, che noi ricordiamo nella sua nascita nella nostra storia, incomincia pienamente e definitivamente l’ « anno di grazia del Signore ». La gioia e l’esultanza del profeta in Dio, le vesti della salvezza di cui è rivestito, il mantello della giustizia di Dio di cui è avvolto, il diadema regale dello sposo e i gioielli di cui si adorna la sposa, sarebbero segni di questa realtà che il Messia avrebbe portato all’umanità. Il Signore avrebbe fatto germogliare sulla terra la sua giustizia, che sarebbe stata la nostra per suo dono, e la sua lode davanti a tutte le genti.
Seconda Lettura: 1 Ts 5, 16-24.
Paolo esorta i Tessalonicesi a essere lieti e a pregare ininterrottamente Dio rendendogli grazie, essendo questa la volontà di Dio in Cristo Gesù per loro. Li invoglia, inoltre, a non spegnere lo Spirito, a non disprezzare le profezie, a vagliare ogni cosa, a tenere ciò che è buono e ad astenersi da qualunque male e dal peccato: tutto questo deve distinguere il cristiano. Paolo, inoltre, augura che il Dio della pace li santifichi in tutte le loro persone e li renda irreprensibili nella loro attesa, per la celebrazione della venuta di Gesù nel Natale e per la sua venuta finale nel giorno del giudizio.
Vangelo: Gv 1, 6-8.19-28.À
Giovanni, a coloro che gli chiedono chi egli sia, risponde di non essere lui il Cristo, né Elia e nessuno degli altri profeti. Dice solo di essere un messaggero che grida nel deserto: « Preparate le vie del Signore ». La sua voce non si è spenta ancora, perché in questo Avvento essa risuona ancora ai nostri orecchi e ci esorta, ammonendoci, a disporre i nostri cuori, perché Gesù, che nascerà a Betlemme, sia accolto e la sua luce li inondi. Ascoltare Giovanni vuol dire rinnovare la nostra adesione di fede al Cristo, che come luce del mondo, nel nome del Padre, viene ad illuminare le nostre tenebre. Nel deserto del cuore degli uomini, avvolti sì da gesti di volontariato e di espressione di solidarietà umana, ma anche di molto egoismo, di atteggiamenti e comportamenti in cui i sentimenti di amore, benevolenza, fraternità, giustizia, rispetto, collaborazione, di perdono sono aridi o spenti, Gesù, nel suo natale, espressione del suo voler condividere la nostra umanità, ci chiede di far posto alla sua venuta nei nostri cuori e di farli risplendere della sua gioia, del suo amore, di vita divina e del suo dono di eternità.
OGGI INIZIA LA NOVENA DEL SANTO NATALE E SARÀ CELEBRATA ALLE ORE 18.30.
PREPARIAMO, DEGNAMENTE, IL NOSTRO CUORE AL SIGNORE CHE VIENE. CHE VIENE
10 DICEMBRE - IIa DOMENICA D’AVVENTO.(Anno B)
L’uomo, dopo la colpa originale, non è stato abbandonato a se stesso, nella propria condizione di peccato, ma l’amore di Dio ha ridato all’ uomo la vita divina. Nel Natale noi ricordiamo e rinnoviamo la memoria della nascita di Gesù, che ci ha riportato nella condizione di essere in comunione con il Padre celeste. L’evento che ci apprestiamo a celebrare deve invogliarci a pu- rificare il cuore e imparare a vivere con la « la sapienza che viene dall’ alto ».
Se manca questa disponibilità interiore, la festa del Natale sarebbe ancora una volta una occasione sprecata dietro la ricerca di situazioni più o meno estranee al vero senso del nostro coinvolgimento al mistero del Cristo, che si fa uomo per fare un meraviglioso scambio tra la nostra natura assunta da lui e la sua vita divina ridonata a noi.
Il Natale, allora, deve porci nella ricerca dei beni celesti. E Gesù, che nasce tra noi è il più grande bene che può venirci dall’ alto: è Dio che si fa piccolo per noi.
Nella preghiera della Colletta preghiamo dicendo:« O Dio, Padre di ogni consolazione, che all’umanità pellegrina nel tempo hai promesso cieli nuovi e terra nuovi, parla oggi al cuore del tuo popolo, perché, in purezza di fede e santità di vita, possa camminare verso il giorno in cui ti manifesterai pienamente e ogni uomo vedrà la tua salvezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Is 40, 1-5.9-11.
Al popolo in esilio a Babilonia Dio annunzia per bocca del profeta che la tribolazione che lo affligge è compiuta, la sua pena è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati, la liberazione e il ritorno alla patria sono prossimi. Ma deve essere preparata nel deserto la via per la venuta del Signore, ogni ostacolo deve essere eliminato : « Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini la vedranno ». Con forza il profeta deve annunziare in Sion e alle città di Giuda la lieta notizia: « Ecco il vostro Dio! Ecco il Signore Dio viene con potenza … Ecco egli ha con sé il premio e la ricompensa lo precede. Come un pastore fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna, porta gli agnelli sul petto e conduce dolcemente le pecore madri ». Anche noi siamo in esilio e in schiavitù per i nostri peccati e la sua venuta per gli uomini è motivo di gioia, perché da lui siamo liberati e radunati come un gregge attorno al Cristo. Il Natale ripete allora la grande gioia che l’ angelo augurò ai pastori: « vi annunzio una grande gioia, oggi è nato per voi un Salvatore: Cristo Signore ». Ma se rimaniamo nei peccati questo lieto annunzio non trova risonanza nei nostri cuori.
Seconda Lettura: 2 Pt 3,8-14.
L’apostolo Pietro esorta i cristiani, ricordando che il Signore verrà e non ritarda a compiere la sua promessa e, nella sua magnanimità, non vuole che nessuno si perda ma che tutti abbiano modo di pentirsi, a vivere « la propria vita nella santità della condotta e nelle preghiere, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno del Signore … noi infatti, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, nell’attesa di questi eventi, fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia ».
Gli anni della nostra vita, per quanto possano sembrare molti, sono davanti a Dio come un soffio. Quasi non ce ne accorgiamo quando tutto è sereno mentre, nei momenti delle tribolazioni, invece, sembra che non passino mai. Per Dio, che è l’eterno presente, la sua venuta per noi è d’improvviso, come ci dice Gesù. Non lasciamo passare invano i giorni che egli ci concede nella sua magnanimità e pazienza, perché vuol darci il modo di pentirci e di non perderci. Non leghiamo troppo il nostro cuore, come se fossero eterne, alle cose terrene passeggere e che si consumano in un istante alla fine della nostra esistenza terrena. Dio ci prepara una stabile dimora nei cieli e che noi dobbiamo aspettare, vivendo, come ci dice san Pietro, nella santità della condotta e secondo la giustizia di Dio, senza colpa e senza macchia.
Vangelo: Mc 1,1-8.
Giovanni il Battista, profeta e precursore, annunzia la prossima venuta di Gesù nel deserto della Giudea e invita, con il suo esempio e la parola, i giudei a preparare il loro cuore per accoglierlo. In questo tempo di Avvento anche per noi risuona la sua voce che invita a « Preparare la via del Signore e raddrizzare i suoi sentieri », a cambiare la nostra mentalità, perché Gesù in questo Natale nasca nei nostri cuori. Se la nostra condotta di vita sarà più conforme a quella di Gesù, umile e povero, a quella di Giovanni testimone penitente, più caritatevole verso i fratelli, in cui Gesù si identifica, più dedita alla preghiera e scevra da egoismi e da superbia, allora il Natale sarà veramente una tappa della nostra vita in cui la pace che Gesù, principe della pace, ci porta, sarà l’esperienza più bella che potremo vivere nella nostra esistenza. Lasciamoci coinvolgere dallo spirito di Cristo e il mondo allora avrà cieli nuovi e terra nuova fin da questa terra.
GIORNO 16 INIZIERÀ LA NOVENA DEL SANTO NATALE.
CELEBRAZIONE DELLA NOVENA ALLE ORE 18.30.
MARIA IMMACOLATA SEGNO E ANTICIPAZIONE PER NOI CHE SIAMO CHIAMATI A ESSERE SANTI E IMMACOLATI.
8 DICEMBRE – SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA.
Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
MARIA IMMACOLATA SEGNO E ANTICIPAZIONE PER NOI CHE SIAMO CHIAMATI A ESSERE SANTI E IMMACOLATI.
Fin dai primi secoli la Chiesa ha formulato, tenendo conto di ciò che dicono i Vangeli, che Maria è la « piena di grazia », « la Madre del Salvatore », e che la si invoca, nella preghiera della Santa Maria, Madre di Dio: questa è l’essenza della sua fede intorno alla Madre di Gesù, espressa solennemente nel concilio di Efeso del 431. Già San Ireneo, salutando la vergine Maria come la « nuova Eva », ne aveva sostenuto l’immacolata concezione. Ma solo nel secolo XV la Chiesa l’ha dichiarata formalmente nelle liturgia, finché il papa Pio IX la definì come dogma di fede cattolica nel 1854.
Siamo scelti da Dio per essere santi e immacolati.
Nel nostro mondo, segnato dal male, dall’egoismo, dalla superbia, respiriamo una tara ereditaria, cominciata con il peccato originale, che ci predispone a compiere il male.
L’opera della salvezza in Maria e in noi..
« Dio, dice San Paolo, ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi mediante Gesù Cristo » ( Ef.). Così possiamo sperare di vincere il male, essendo inseriti con il Battesimo in una nuova solidarietà, realizzata dal Cristo morto e risorto, che ha vinto il male per noi. Per Cristo, allora, è possibile sconfiggere il male e la morte da parte di tutti.
Fin dal principio del suo esserci in questo mondo, Maria è stata preservata, per singolare privilegio, in previsione della morte redentrice di Cristo e della sua vittoria sulla morte, da ogni macchia di peccato, sia originale che di ogni altra forma.. Il sacrificio della croce, che agisce in noi, soggetti al peccato originale, per mezzo del Battesimo, ha agito in lei fin dal momento del concepimento come dono sovrabbondante e singolare di grazia, poiché è piena di grazia, ripiena « della potenza dell’Altissimo ». L’immacolata concezione proclama la bontà di Dio e precede ogni merito.
Ogni grazia è così: anche quella per la quale siamo rinati nel Battesimo. Con Maria l’umanità ritrova la strada del cammino di santità. Maria, quindi, ha raggiunto la salvezza fin dal primo momento del suo concepimento, poi ha acconsentito all’elezione di Dio con il suo “sì”, umile e disponibile, vivendo la grazia della Maternità divina, con la propria donazione al disegno di Dio, per cui Lei non poteva contenere ombra di peccato: Dio, essendo santo, rende santo tutto ciò che lo contiene.
Maria, adombrata dallo Spirito Santo, inizia, i tempi nuovi. Con il suo privilegio è la prima, ma non la sola, perché tutti siamo chiamati ad essere santi e immacolati davanti al Padre celeste. Lei è stata scelta non perché rimanesse da sola a contemplare il favore divino: ma perché questo favore si estendesse a tutto il genere umano, come diciamo nella preghiera iniziale della celebrazione: « O Padre, tu che hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio e l’hai preservata da ogni peccato, concedi anche a noi di venire incontro a te in santità e purezza di spirito »
Maria, quindi, non è per questo privilegio distaccata dalla Chiesa. Al contrario in lei Dio ha « segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza ». Ella è, quindi, per tutti noi segno di speranza di potere raggiungere la salvezza. Mentre Maria, generando nella carne il Figlio di Dio, è stata privilegiata fin dalla sua immacolata concezione, noi nell’incontro di fede e di amore con Cristo, nei sentimenti e nella vita, possiamo imitare il suo esempio e raggiungere una pienezza di grazia, quando il peccato non avrà più nessun potere su di noi.
Prima Lettura: Gn 3,9-15.20
Una inimicizia radicale oppone il serpente, simbolo del male, e la donna con la sua discendenza: “ La sua stirpe ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. Dio lo promette, annunziando così la salvezza per l’umanità peccatrice. Essa si compirà quando il Figlio della donna, Gesù, nella sua Pasqua, vincerà il demonio. Ma questa vittoria incomincia con la concezione di Maria, la Madre di Dio, nella quale già si riflette la grazia della redenzione.
Seconda Lettura: Ef 1,3-6.11-12.
Fin dall’eternità Dio ci ha predestinati a essere suoi figli, a immagine e per opera del Figlio suo Gesù Cristo, cioè ci ha scelti per essere santi ed eredi con lui. Non è nostro merito ma una pura grazia. Così come è pura grazia la concezione immacolata di Maria., epifania dell’amore misericordioso che progetta l’uomo per l’intimità con Dio.
Vangelo: Lc 1.26-38.
Da sempre Maria è stata da Dio immensamente amata; per questo è piena di « piena di grazia ». All’annunzio dell’angelo non si ritrae, non diffida. Ascolta il piano divino e si affida alla potenza e alla forza del suo Spirito.
30 DICEMBRE
ATTENDIAMO IL SIGNORE CHE VIENE
3 DICEMBRE – PRIMA DOMENICA d’AVVENTO. (Anno B)
L’attesa del Signore che viene è segno e sacramento di salvezza.
Con l’Avvento inizia per la Chiesa il nuovo anno liturgico. I cristiani riprendono a meditare i misteri della fede: i gesti della vita del Signore, dall’attesa alla nascita, alla vita pubblica, alla passione, morte e risurrezione e, inoltre, a meditare il tempo della Chiesa dalla Pentecoste alla fine dei tempi (Parusia).
Questi misteri del Signore non sono lontani nel tempo, sepolti nel passato. Quello che il Signore ha compiuto, il suo valore, la grazia della salvezza rimangono ancora. Nella celebrazione liturgica dei misteri del Signore deve crescere in noi la nostra conformità a Cristo, Signore del tempo, il quale non tramonta e, soprattutto nel sacramento dell’Eucaristia, celebrata di domenica in domenica, vi attingiamo la grazia della salvezza per vivere secondo il progetto che il Padre ha realizzato per mezzo del suo Figlio.
L’Avvento è il tempo dell’attesa del Signore che viene nel Natale, per cui dobbiamo prepararci spiritualmente alla sua venuta nei nostri cuori. Nell’ascolto della parola dei profeti, che ci preannunziano questa venuta, riviviamo la speranza dei giusti; riviviamo la fede di coloro che hanno accolto l’invito del Battista a preparare il cuore ad accogliere colui che sarebbe stato più grande di lui, il Messia, di cui era precursore; ci uniamo a Maria e Giuseppe, chiamati da Dio Padre ad accogliere il suo Figlio, mandato, nel suo immenso amore per gli uomini, a redimerci da peccato, rendendoci suoi figli e donandoci con la grazia la vita divina: bisogna, allora, liberare i nostri cuori dagli ostacoli che si frappongono alla sua venuta.
Il Signore, nato umile e povero a Betlemme, viene in noi continuamente tutte le volte che apriamo il nostro cuore al suo amore, alla sua Parola, ai suoi gesti sacramentali. Ma in questo tempo dell’Avvento rendiamoci più attenti, vigilanti, per non lasciar passare invano questo tempo in cui il Signore bussa alla porta dei nostri cuori e ci invita a rimanere con lui. Nella preghiera più intensa, vigile e attenta saremo più pronti ad accogliere il Signore che viene e ci offre la sua amicizia.
In queste prime domeniche, la liturgia ancora ci fa ripensare alla venuta di Gesù come giudice, che varrà alla fine dei tempi, quando la storia sarà conclusa, il cammino della Chiesa giungerà alla meta e la speranza del premio eterno cesserà. Ma poiché per ognuno di noi l’incontro con Cristo avviene nel momento della nostra morte, viviamo in questo nostro tempo non praticando scelte sbagliate. Scuotiamoci dal nostro torpore, accogliamo l’invito dell’Apostolo Paolo a svegliarci dal sonno, a riprendere il cammino di fedeltà, con le lampade della fede, della speranza e della carità accese e con il vivo desiderio di incontrarlo, così da non farci sorprendere impreparati.
In questa prima Domenica, nella Colletta iniziale dell’Eucaristia preghiamo dicendo: « O Dio, nostro Padre, nella tua fedeltà ricordati di noi, opera delle tue mani, e donaci l’aiuto della tua grazia, perché resi forti nello spirito, attendiamo vigilanti la gloriosa venuta di Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te… ».
Prima Lettura: Is 63,16-17.19; 64,2-7.
Il profeta Isaia rivolge al Signore l’implorazione affinché Egli, che è Padre e si chiama Redentore del suo popolo, scenda, squarci i cieli e non lo lasci più vagare lontano dalle sue vie né che si indurisca il suo cuore. Il profeta rievoca ancora le gesta compiute dal Signore per il suo popolo, ma soprattutto che egli abbia fatto tanto per chi confida in lui, che vada incontro a coloro che praticano con gioia la giustizia e si ricordano delle sue vie. Riconosce che il Signore è adirato per le colpe commesse, per essere stati ribelli, per essere divenuti come cosa impura, non avendo praticato la giustizia e non avere invocato il suo nome. A questa supplica accorata, Dio, che ha nascosto il suo volto e messo il popolo in balia delle sue iniquità, risponde con il sorprendente dono del suo Figlio, che si fa uomo. E tutto ciò fa Dio non per i nostri meriti ma, essendo nostro Padre e noi, “argilla”, opera delle sue mani, per un dono d’amore e di grazia, riconciliandoci con sé e riportandoci a vivere in comunione con lui.
Seconda Lettura: 1 Cor 1, 3-9.
San Paolo scrivendo ai Corinzi, dopo aver augurato pace e grazia da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo, ringrazia Dio perché li ha « arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e della conoscenza ». Ed essendo stati stabili e saldi nella testimonianza della fede e ad essi non manca nessun carisma fino alla manifestazione del Signore, chiede a Dio che li renda fino alla fine irreprensibili.
Poiché il Padre ci ha donato tutto in Cristo, tutti dobbiamo vivere e conservare fedelmente l’amore e i doni da lui elargiti, mettendo in pratica il Vangelo, così da essere trovati irreprensibili nel giorno in cui il Signore verrà a giudicarci.
Vangelo: Mc 13,33-37.
Gesù esorta tutti coloro che vogliono essere suoi discepoli ad essere fedeli e operosi, come i servi che il padrone di casa ha lasciato, affidando ad ognuno un compito da assolvere con diligenza e impegno e al portiere quello di vegliare fino al suo ritorno. Non sapendo i servi né il giorno e né l’ora in cui il padrone improvvisamente ritornerà, essi devono vegliare per non essere trovati addormentati. Dalle parole del Signore, che affida od ognuno dei compiti per la realizzazione del Regno di Dio, dobbiamo accogliere il suo pressante monito con cui si conclude la parabola odierna: « Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate! », ovvero: « Tenetevi pronti! ».