





DIO, PER MEZZO DEL FIGLIO VUOLE RIPORTARE L'UOMO ALLA LIBERTÀ FILIALE.
3 MARZO – IIIa DOMENICA DI QUARESIMA. (Anno B)
DIO, PER MEZZO DEL FIGLIO VUOLE RIPORTARE L'UOMO ALLA LIBERTÀ FILIALE.
Pur essendo peccatori, Dio non ci abbandona nelle nostre colpe: a tutti offre la sua misericordia, perché ha mandato il suo Figlio unigenito affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Nella preghiera iniziale di questa Domenica chiediamo: « Signore nostro Dio, che riconduci i cuori dei tuoi fedeli all’accoglienza di tutte le tue parole, donaci la sapienza della croce, perché in Cristo tuo Figlio diventiamo tempio vivo del tuo amore. Egli è Dio, e vive e regna con te::: ».
Prima Lettura: Es 20,1-17.
nostri bisogni.
Ancora. Vivere nell’ alleanza significa osservarli e rendere grazie a Dio per la creazione e per ogni dono che viene da lui, riconoscendo in lui l’origine di ogni cosa: della vita, dell’amore nella famiglia, la partecipazione ai beni, la fiducia nella verità e la carità verso i fratelli. Nei comandamenti che riguardano i rapporti con gli altri viene contrastata ogni forma di ingiustizia, di I comandamenti, dati da Dio ad Israele, sono segno del suo amore e della sua alleanza con lui e il popolo vi deve corrispondere con impegno e fedeltà. Essi più che sentirli come un peso sono un segno di liberazione, la condizione per poter vivere in comunione con Dio e nella fraternità tra gli uomini. Per esempio, la santificazione del Sabato, come rispetto del riposo per tutti, afferma il primato della dignità del lavoratore rispetto al sistema economico e produttivo. La loro osservanza significa vivere, dopo la schiavitù d’Egitto, come popolo libero, senza idoli e al servizio di Dio in un rapporto di comunione, di adorazione e senza voler tentare di ridurre Dio piegandolo ad atti di prevaricazione e di violenza e disarmonia. Anche se i comandamenti sono normativi della vita del popolo, se sono vissuti in un contesto di amore profondo, sono un codice di libertà e non di oppressione.
Seconda Lettura: 1 Cor 1,22-25.
San Paolo ai Corinzi ricorda che la croce del Signore più che essere insipienza e debolezza, così come pensano gli uomini, è invece secondo il giudizio di Dio, (del tutto diverso da quello degli uomini), la vera sapienza, la quale non è quella secondo i canoni greci, né secondo quelli giudaici fondata sui segni. Con la Croce Dio ha ricostituito l’armonia della creazione che il peccato aveva sfigurato e, con Cristo risorto, vincitore dalla morte, l’ ha ritracciata di nuova bellezza divina. Attraverso la croce è stato vinto e sconfitto il male, mentre sembrava che ad essere sconfitto fosse stato Cristo, umiliato e oltraggiato nel fallimento di una morte che appariva scandalo agli occhi dei Giudei e stoltezza a quelli dei pagani. Per coloro che invece credono nel Cristo crocifisso, che Paolo e gli altri apostoli annunziano, sia per i Giudei che per i Greci, egli è potenza e sapienza di Dio: « Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini ».
Vangelo: Gv 2,13-25.
Tutta quanta la creazione, compreso l'uomo creato ad immagine di Dio con i valori posti dal creatore nella coscienza, sarebbe dovuta essere in tempio della lode a Dio, in un rapporto di amore con lui. Ma il peccato porta l'uomo a deturpare questa creazione con comportamenti che non sempre sono conformi ai voleri del creatore.
Dio, però, vuole sempre, in diversi modi, riprendere il dialogo con gli uomini e attraverso Abramo e la sua discendenza, costituita storicamente nel popolo di Israele, che libera dalla schiavitù dell'Egitto e gli dà i Comandamenti sul Sinai, riprende il dialogo di comunione con gli uomini. Ma quante volte anche Israele si dà all'idolatria e alla infedeltà a Dio, attraverso un culto esteriore, di onore manifestato solo con le labbra ma con il cuore lontano dal Signore.
Così il culto che viene vissuto nel tempio, come ci riporta il Vangelo di oggi, induce Gesù a non tollerare che la casa di preghiera sia ridotta ad un luogo di mercato e di traffici indecorosi, di commercio, di venalità e di esteriorità, per cui, preso dallo zelo per la casa del Padre, scaccia tutti fuori dal tempio e intima di portare via tutte quelle cose che rendevano il tempio non più luogo di adorazione e di lode a Dio. Gli stessi animali che servono per i sacrifici, come le pecore e gli agnelli, che prefigurano il popolo stesso della parabola del Buon Pastore e che vengono allontanati, esprimono il radicale cambiamento che vuole operare Cristo. Con questo gesto Gesù prefigura ciò che accadrà al tempio di pietre e alla ricostruzione di un nuovo tempio, di cui egli sarà pietra angolare e i credenti in lui pietre vive fondate su di lui.
Nel nuovo tempio come disse alla samaritana si sarebbe dovuto adorare Dio in spirito e verità. Nel suo corpo e nella sua persona, che sarebbero state distrutti dalla passione e nella morte, al terzo giorno, con la risurrezione, sarebbe sorta una nuova realtà spirituale. Così il culto antico, con il suo aspetto idolatrico e le sue distorsioni religiose schiavizzanti, si sgretola, perché invecchiato e logoro. Un cambiamento radicale, il superamento di una mentalità mercantilistica nel rapporto Dio-uomo viene sostituito con un nuovo ordine di cose: l’ordine dello Spirito e della verità di un nuovo tempio spirituale, in cui ricevere, tramite i sacramenti e la liturgia della Chiesa, non più cose materiali, ma i segni efficaci della grazia salvifica di Cristo.
SUL TABOR, IN GESÙ TRASFIGURATO, VEDIAMO LA LUCE E LA BELLEZZA DI DIO.
25 FEBBRAIO – IIa DOMENICA DI QUARESIMA(Anno B)
SUL TABOR, IN GESÙ TRASFIGURATO, VEDIAMO LA LUCE E LA BELLEZZA DI DIO.Ù
Oggi, il Signore, dopo aver annunziato di dover andare a Gerusalemme dove sarà condannato e messo a morte, sul monte Tabor si trasfigura e il Padre ci manifesta ancora una volta che Gesù è il Figlio amato ed è lui che dobbiamo ascoltare e seguire: la nostra vita deve essere conformata sulla sua parola.. Apparendo con Gesù Mosè ed Elia, la legge e i profeti, si conclude l’Antico Testamento. Seguire Gesù significa accogliere « nella nostra vita il suo mistero di croce », su cui egli è stato consegnato dal Padre perché potessimo avere la remissione dei peccati, essendosi egli addossato le nostre iniquità. Questo difficile cammino dobbiamo compierlo nella fede e nella speranza e, ripensando all’episodio della trasfigurazione, intravedia- mo, dopo il nostro pellegrinaggio terreno, la gloria del risorto e la nostra futura risurrezione.
Nella Colletta dell’Eucaristia preghiamo Dio dicendo: « O Dio, Padre buono, che hai tanto amato il mondo da dare il tuo Figlio, rendici saldi nella fede, perché, seguendo in tutto le sue orme, siamo con lui trasfigurati nello splendore della tua luce. Per il nostro Signore Gesù Cristo…».
Prima Lettura: Gn22,1-2.9.10-13.15-18.
Nell’episodio di Abramo, chiamato da Dio a sacrificargli quell’unico figlio della promessa, la fede del Patriarca è messa alla prova, perché deve distaccarsi dalle attese suscitate in lui dalle promesse di Dio. Egli che si è già allontanato dalla sua terra, dalla casa del padre e, ora, è chiamato, nella fede, a distaccarsi da quel figlio nato per l’intervento di Dio e a cui è legata la promessa di una lunga discendenza. Abramo è pronto a sacrificarlo e, nella fede, pur provando angoscia e morte per il gesto che Dio gli chiede, obbedisce.. Ma Dio, se libera Isacco da quella vocazione di morte, rinnova la benedizione ad Abramo che non si è rifiutato ad adempiere alla volontà di Dio: « Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare … Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce ».
Seconda Lettura: Rm 8,31-34.
San Paolo invita i cristiani a non temere nulla, nessun avvenimento e nessun uomo, perché Dio sta dalla nostra parte: « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui? ». Dio ci ha dimostrato il suo amore facendoci dono di quanto aveva di più caro: il suo stesso Figlio, che non lo ha risparmiato alla morte ma lo ha donato per noi e, facendolo risorgere, lo ha posto alla sua destra per intercedere per noi. Dio allora non ci condanna, come non ci condanna neanche Gesù che il Padre ha mandato, come dice Gesù a Nicodemo, non per condannare il mondo ma per salvarlo e lo ha posto come nostro intercessore presso di lui.
Vangelo: Mc 9,2-10.
Nella trasfigurazione sul Tabor Dio rivela l’identità del suo Figlio, come era avvenuto al Giordano: Gesù è il suo Figlio amato e inviato agli uomini perché lo ascoltino. Egli è la Parola e in lui trasfigurato abita la presenza del Padre. E’ lui il contenuto e il senso delle Scritture rappresentate da Mosè e la realizzazione delle profezie rappresentate da Elia. Con Gesù l’Antico Testamento riceve il suo pieno compimento. Gli apostoli rimangono atterriti, impauriti ma anche estasiati se, avvertendo la bellezza di quella visione, Pietro dice a Gesù: « Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia ». Ma, quella visione non può continuare, bisogna ritornare alla realtà e discendere dal monte per riprendere il cammino verso Gerusalemme. Quella del Tabor è un momento profetico che preannunzia la risurrezione, evento che si realizzerà dopo i giorni di passione e di morte. Gesù intima « loro di non dir niente ad alcuno di ciò che hanno visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti ».
GESÚ NEL DESERTO, VINCENDO LE TENTAZIONI, SI PREPARA AD ANNUNZIARE IL REGNO DI DIO.
18 FEBBRAIO – 1a DOMENICA DI QUARESIMA (Anno B)
La Quaresima è per la vita della Chiesa « segno sacramentale della nostra conversione », perché in questo periodo e con i riti che in esso si celebriamo veniamo pressantemente invitati dalla Parola di Dio, nel nostro impegno, a rivedere la nostra vita, in tutti suoi momenti, alla luce del Vangelo in tutte le sue esigenze.
Questo tempo di Quaresima, come ci ripete la liturgia è « tempo favorevole per la nostra salvezza »: e benché tutti i tempi sono portatori di grazia e quindi invito ad una continua conversione della vita, in Quaresima le esortazioni a convertire il cuore al Signore e rinnovare l’amore per lui, ad ascoltarlo per confermare la fede in lui, ad obbedirgli rinunciando al male e riprendendo il cammino nelle vie del bene, a rivestirci di lui e a trasformare la vita, diventano più pressanti e appassionate: la meditazione sulla nostra colpa si fa più prolungata. Inoltre la contemplazione del sacrificio della croce mediante la Via Crucis e l’ascolto più attento della Parola di Dio devono portarci a vivere i giorni della Pasqua di morte e risurrezione del Signore, culmine della storia della salvezza.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia preghiamo dicendo:« Dio paziente e misericordioso, che rinnovi la tua alleanza con tutte le generazioni, disponi i nostri cuori all’ascolto della tua parola, perché in questo tempo di grazia sia luce e guida verso la vera conversione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…»
Prima Lettura: Gn 9,8-15.
Il Diluvio, nel Vecchio Testamento, che la prima lettura ci narra, rappresenta la distruzione del male e la purificazione che Dio compie per rinnovare l’umanità, stabilendo così con questa una nuova alleanza, di cui ne è simbolo l’arcobaleno apparso tra le nubi: con Noè e la sua famiglia Dio rinnova l’alleanza e la comunione con gli uomini. Questa, come l’alleanza del Sinai rinnovata con il suo popolo Israele, preannunzia l’alleanza nuova e definitivamente suggellata da Cristo nel suo sangue, resa eterna come dice Gesù sul calice del vino durante l’Ultima Cena: è segno definitivo dell’amore di Dio per l’uomo riconciliato dalla colpa per mezzo del sacrificio del suo Figlio. Così Dio e l’uomo sono uniti per sempre. La comunità della Chiesa, posta come segno visibile di questa unione, è stata da Cristo unita a sé con vincolo sponsale.
Seconda Lettura: 1 Pt 3,18-22.
Il brano della lettera di San Pietro pone in evidenza il collegamento tra Noè che viene salvato dal diluvio con l’arca per la magnanimità di Dio e ciò che ha operato Cristo, morto nel corpo una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurre gli uomini a Dio. L’acqua del diluvio e l’arca, immagini del battesimo e della Chiesa, ora per la potenza del Spirito e in virtù della risurrezione di Cristo Gesù, salvano sia le « anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere » a cui Cristo nello spirito portò l’annunzio, sia tutti coloro che invocano da Dio la salvezza da parte di una buona coscienza. Così, invocando con fede la salvezza, gli uomini possiamo essere resi giusti da Dio e i nostri peccati ci vengono rimossi.. Nel mistero della passione e risurrezione di Cristo, che ora è alla destra del Padre ad intercedere per noi, possiamo ottenere perdono, salvezza e la vita eterna.
Vangelo : Mc 1, 12-15 Questo brevissimo brano del Vangelo di Marco, ci presenta Cristo che, sospinto dallo Spirito nel deserto per quaranta giorni, vivendo tra le bestie selvatiche e con gli angeli che lo servono, tentato da Satana, riporta su di lui la vittoria e non soccombe alle sue tentazioni, a differenza di quanto era avvenuto nel deserto per Israele, divenuto molte volte infedele a Dio. Ora anche noi, in questi quaranta giorni di Quaresima, siamo invitati a seguire il Signore, nella penitenza, nella preghiera, per essere in grado, come Lui, di vincere ogni forma di tentazione e così essere partecipi della sua vittoria sul Male. Così Gesù, rafforzato dallo Spirito, inizia la sua missione tra gli uomini proclamando il Vangelo di Dio e, poiché « Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino », invita gli uomini a « convertirsi e a credere nel Vangelo », per ricevere la grazia del perdono, che reca all’ uomo la vera gioia per essere assolto e liberato dalle colpe.Ù
IL SIGNORE CI RISANA NELLO SPIRITO E NEL CORPO
11 FEBBRAIO – VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO (B)
Nell’assemblea, che si raduna per celebrare ogni Domenica la Pasqua del Signore, è presente Dio che, per mezzo del suo Spirito, ci dona nel pane e nel vino il Corpo e Sangue di Cristo Gesù, suo Figlio. L’amore del Padre e la nostra risposta di figli a questo amore ci rende commensali a questo banchetto a cui siamo invitati e non estranei. Anche ognuno di noi è tempio dello Spirito dove Dio dimora, se con « cuore retto e sincero » custodiamo la Parola di Dio e viviamo nella fedeltà alla sua volontà. Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia chiediamo al Padre celeste:« Risanaci dal peccato che ci divide, e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all’ opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia ».
La carità, che è « pienezza della legge », e l’accoglienza di Cristo presente nei fratelli sofferenti, poveri, oppressi sono il segno visibile che l’amore di Dio abita in noi. Vivendo la misericordia, come compartecipazione alle sofferenze dei fratelli, diventiamo il segno dell’umanità rinnovata dall’ amore
Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia diciamo; « Padre, che nel tuo Figlio annulli ogni separazione e distanza, aiutaci a scorgere nel volto di chi soffre l’immagine stessa di Cristo, per testimoniare ai fratelli la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo... ».
Prima Lettura: Lv 33,1-2.45-46.
Chi era colpito nel corpo dalla lebbra, nella mentalità del Vecchio Testamento, doveva vivere segregato dalla comunità, portare vesti strappate e capo coperto, velato nel volto e, per evitare di contagiare altri, doveva gridare “ Impuro! Impuro!” . E tale doveva essere considerato e doveva starsene isolato finché durava il suo stato di malattia. Con la venuta di Cristo la guarigione dalla lebbra sarà uno dei miracoli che egli compirà a favore di chi ne era affetto. Chi ne veniva guarito doveva presentarsi al sacerdote per essere riammesso nella comunità dei fratelli.
Come la lebbra, nella sua materialità, rende il corpo di chi ne è colpito insensibile, specie negli arti, al caldo e al freddo, agli stimoli , così spiritualmente possiamo dire che il peccato rende insensibile lo spirito dell'uomo alle realtà spirituali. Gesù è venuto per rendere l’uomo, affetto dalla lebbra del peccato, per cui vive come segregato nel suo mondo di male, libero dalle insensibilità alle realtà divine e alle necessità dei fratelli, riportandolo nell’ ambito della comunità di fede.
Seconda Lettura: 1 Cor 10.31-11.1.
San Paolo, scrivendo ai Corinzi, raccomanda di fare tutto, sia che mangiano sia che bevano, per la gloria di Dio, perché « se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Rm 17,8) ». Vivendo bene tutta la nostra vita, anche il mangiare e il bere, come anche adempiendo alla opere buone, per cui gli uomini vedendole possano rendere gloria a Dio, Paolo interpreta così, in qualche modo, il detto di Gesù del Vangelo di Matteo ( Mt 5,16). Davanti a Dio quello che conta è lo spirito e il motivo per cui si agisce: tutte le nostre giornate e l’intera vita deve essere vissuta per la gloria di Dio.
Raccomanda ancora a non essere motivo di scandalo per nessuno, né per giudei o greci, né per la Chiesa di Dio, così da non essere di inciampo per i fratelli, siano essi credenti o non credenti.
Infine li esorta affinché ognuno non cerchi egoisticamente il proprio interesse ma quello di tutti, col prodigarsi per la salvezza di tutti. Certamente, per Paolo, questi tre aspetti della testimonianza dei credenti, molti impegnativi da raggiungere, sono possibili con la grazia di Cristo e avendolo come modello, come lo è lui imitatore del Signore.
Vangelo: Mc 1,40-43.
Davanti alla accorata supplica del lebbroso e la sua fede nella potenza del Signore, Gesù lo tocca e gli dice: « Lo voglio, sii purificato ». Gli intima, però, di non dire niente a nessuno, a mostrarsi al sacerdote e a fare l’offerta per la purificazione, come era prescritto dalla legge di Mosè. Il gesto di guarigione del lebbroso, secondo la profezia messianica di Isaia, è uno di quelli che rendevano presente il Regno di Dio tra gli uomini. Ma se la guarigione del lebbroso nel corpo era segno materiale di questa presenza del Messia, Gesù proibisce di divulgarlo, perché la vera liberazione “ dalla lebbra del peccato ”, non era ancora stata attuata, poiché solo con la sua morte e risurrezione l’uomo sarebbe stato totalmente rinnovato. Le guarigioni che Gesù compie nei corpi di coloro che si rivolgono a lui, come anche di coloro che lo cercano « venendo a lui da ogni parte », sono tutte segni e anticipazioni della guarigione spirituale e totale che il Cristo avrebbe compiuto per l’intera umanità.
GIORNO 14 FEBBRAIO, MERCOLEDI’ DELLE CENERI, INIZIA LA QUARESIMA,
LA CELEBRAZIONE DELL’IMPOSIZIONE DELLE CENERI INIZIERA’ ALLE ORE 18.30.
N.B. MERCOLEDI’ delle CENERI, è GIORNO DI DIGIUNO
(per coloro che hanno dai 18 ai 60 compiuti, non ne
sono moralmente obbligati chi avesse problemi di salute ) E
ASTINENZA DALLE CARNI (vale per coloro che hanno dai 14 anni in poi, ma anche i bambini possono abituarsi a compiere questi gesti di vita cristiana quaresimale).
« IL SIGNORE RISANA I CUORI AFFRANTI »
4 FEBBRAIO – V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO.(Anno B)
« IL SIGNORE RISANA I CUORI AFFRANTI »
«««L’esperienza di Giobbe, che la prima lettura della Parola di Dio oggi ci fa contemplare, è la stessa di quella che ognuno di noi fa ogni giorno: esperienza fuggevole, fatta di duro lavoro, come quella di uno schiavo che sospira l’ombra e del mercenario che aspetta il salario, con giorni pieni di illusioni e notti insonni, che scorrono più veloci di una spola e svaniscono senza speranza. In questo scenario velato di “duro pessimismo ”, la preghiera iniziale della Liturgia eucaristica di oggi ci fa chiedere a Dio: « O Padre, che con amorevole cura ti accosti all’umanità sofferente e alla Pasqua del suo Figlio, insegnaci a condividere con i fratelli il mistero del dolore per essere con loro partecipi della speranza del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Gb 7,1.4-6.
La vita dell’uomo è piena di tribolazioni e dolori, di fatica e di illusioni, senza speranza di un futuro. E’ come un soffio i cui anni passano veloci. Questa esperienza che tutti facciamo non ci deve scoraggiare né rattristarci, ma deve farci riflettere e renderci prudenti. Nella nostra fede cristiana siamo sorretti dalla speranza: quella della vita eterna che possiamo conseguire, dopo la morte, con Gesù, andato a prepararci un “ posto”, come ha detto ai discepoli, con la vita trasformata, nella comunione con il Padre. Se accogliamo il messaggio evangelico e l’esperienza del Cristo risorto, egli che ci ha infuso lo Spirito Santo, soffio di vita immortale, darà anche a noi di risorgere ed essere partecipi della sua immortalità.
Seconda Lettura: 1 Cor 9,16-19.22-23.
Paolo scrive ai Corinzi dicendo che il Vangelo che egli annunzia, dopo la sua conversione a Cristo Salvatore, è lo scopo di tutta la sua vita. Non è un vanto, ma una necessità. Un incarico che ha ricevuto e che deve svolgere nella fedeltà e gratuitamente. E’ di iniziativa divina quest’incarico affidatogli, non lo svolge di sua iniziativa e, perciò, non vuole usare del diritto che il Vangelo gli conferisce, cioè di essere sostentato dalla comunità.
Lavorando con le proprie mani non vuole essere di peso ad alcuno, ma che anzi essere al servizio di tutti « e pur essendo libero da tutti, mi son fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io ».
Anche per noi vale l’esperienza di Paolo: annunciare il Vangelo e evangelizzare i fratelli proclamando la Parola di Dio nei nostri ambienti di vita, con le parole e le opere, senza far prediche, ma con modestia e semplicità. Rendersi, inoltre, premurosi verso gli altri con semplicità, sincerità e discrezione.
Vangelo: Mc1,29-39.
All’ uomo, che fa l’esperienza del dolore, della sofferenza, della limitatezza, della caducità e finitezza della vita, il Vangelo di questa Domenica dice che Gesù porta conforto guarendo la suocera di Pietro, gli ammalati che gli portano dinnanzi e scacciando i demoni. Allora tutti cercano Gesù, come gli riferiscono gli apostoli dopo averlo trovato, mentre è ancora buio e sta pregando. Ma Gesù dice loro che non può fermarsi solo lì, è venuto perché predichi per tutta la Galilea e porti il Vangelo della salvezza a tutti. La vita pubblica di Gesù è protesa a beneficare questa umanità, afflitta da tante situazioni che fanno rinchiudere l’uomo in se stesso e in un orizzonte solamente terreno. Così egli compie miracoli, scaccia demoni, annunzia il Vangelo, prega. Con lui l’opera del Messia promesso e atteso, che avrebbe restaurato il Regno di Dio tra gli uomini, ridona speranza all’uomo e la grazia e l’amore di Dio irrompono in questo mondo che viene salvato dal peccato. Il cristiano è colui che prende parte e continua quest’opera del Cristo, nell’ascolto della Parola, nel lasciarsi liberare da lui nell’intimo del cuore, nell’operare a favore dei fratelli ridando loro la speranza che Gesù ha riacceso su questa terra per tutti.
Nel credente si ripetono anche i miracoli di Gesù nella misura in cui egli è santificato dalla presenza del Signore. La risurrezione futura dei corpi, di cui Gesù risorto costituisce la primizia, che preannunzia quella di coloro che credono in lui, trova il suo germe nella grazia che ce la anticipa. La preghiera, poi, per il credente, come è stato per Gesù, diventa contatto, nello spirito, con Colui nel quale gli uomini vivono, si muovono ed esistono, perché di lui noi siamo stirpe (cfr, At 18,28).