COME PROFETI SIAMO CHIAMATI AD ANNUNZIARE SENZA PAURA LA SALVEZZA.
25 GIUGNO - XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
COME PROFETI SIAMO CHIAMATI AD ANNUNZIARE SENZA PAURA LA SALVEZZA.
Nella memoria della Pasqua del Signore celebriamo il suo sacrificio di espiazione in cui Gesù si è offerto per riconciliare l’umanità con il Padre celeste. L’Eucaristia ci rende partecipi di questa riparazione, poiché la nostra vita, segnata dal peccato, ha continuo bisogno di riconciliazione e di riparazione, in quanto molte cose, come la ricerca del successo, la nostra superbia ed esaltazione, i cedimenti davanti alle esigenze del Vangelo, sono realtà che esigono purificazione. Nell’Eucaristia oltre a questa espiazione e alla fedeltà per confessare la nostra fede, troviamo e sono condivise anche la lode innalzata da Gesù che si immola sulla croce, l’adorazione e il ringraziamento al Padre celeste.
Nel giorno del Signore la nostra lode deve sgorgare dal cuore in maniera più intensa e prolungata, alimentata dalla Parola di Dio per renderla presente nella nostra storia, come con i due discepoli di Emmaus.
Nella preghiera iniziale della Colletta preghiamo dicendo: « O Dio che affidi alla nostra debolezza l’annunzio profetico della tua parola, liberaci da ogni paura, perché non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con franchezza il tuo nome davanti agli uomini. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».
Prima Lettura: Ger 20,10-13.
L’annunzio che il profeta fa nel nome di Dio non è facilmente accettato dal popolo e da coloro che lo ostacolano. Anche i suoi amici spiano la sua caduta e pensano che si lascerà trarre in inganno, così da potere prevalere su di lui. Ma il profeta non è sfiduciato perché il Signore, come un prode valoroso è al suo fianco, per cui i suoi persecutori non potranno prevalere e saranno confusi perché non riusciranno, anzi ne avranno una vergogna eterna. Chiede al Signore, che prova il giusto e ne scruta il cuore e la mente, di potere vedere la vendetta su di essi, essendosi affidato a lui. Eleva quindi inni di lode a Dio per averlo liberato dalle mani dei suoi malfattori.
Seconda Lettura: Rm 5,12-15.
San Paolo ai Romani scrive dicendo che Adamo per il suo peccato ha portato al peccato e alla morte tutti gli uomini vissuti prima che Dio avesse dato la legge a Mosè. E se anche non si può parlare di peccato non essendoci ancora la legge, la morte regnò ugualmente da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo. Questo sarebbe la figura di Colui che deve venire, cioè Gesù Cristo, per il quale, con la sua obbedienza e il suo sacrificio, la grazia di Dio e il dono concessi si sarebbero riversati in abbondanza su tutti gli uomini.
Vangelo: Mt 10,26-33.
Gesù esorta i suoi discepoli ad annunziare quello che egli dice nelle tenebre nella luce e quello che ascoltano all’orecchio predicarlo a tutti. E non devono aver paura se anche possono essere uccisi nel corpo, perché non possono uccidere l’anima. Ma dice di temere coloro che possono far perire l’anima e il corpo nella Geenna, con una perdizione eterna.
Esorta i suoi discepoli ad aver fiducia nella provvidenza del Padre celeste, perché, né i passeri possono cadere senza che Dio Padre lo voglia, né alcun capello cadere dalla loro testa, essendo tutti contati, poiché essi valgono più di molti passeri.
Chiede, infine, che lo testimonino e lo riconoscano davanti agli uomini perché egli li riconoscerà davanti al Padre celeste, e sarà rinnegato colui che lo rinnegherà davanti agli uomini.
Gesù annuncia il Regno di Dio e la conversione a lui.
18 GIUGNO – XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Gesù annuncia il Regno di Dio e la conversione a lui.
Il Signore Gesù, mandato dal Padre, è venuto a ristabilire la regalità di Dio tra gli uomini poiché lungo la storia dell’umanità il rapporto con Dio è stato vissuto con alterne vicende.
La Scrittura ci dice che gli uomini con la loro disobbedienza iniziale non hanno riconosciuto Dio come colui che avendoli creati e posti nella creazione avrebbero dovuto riconoscerlo come il creatore e Signore. Invece hanno voluto “usurpare” il posto di Dio, cedendo alla tentazione di voler diventare come Dio e disobbedendo a Lui.
Questa disobbedienza ha portato i mali che sperimentiamo giorno per giorno: Caino per invidia uccide il fratello Abele, con la torre di Babele, ecc. Solo Noè è trovato giusto da Dio, mentre l’umanità perisce nel diluvio.
Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia ci rivolgiamo al Padre celeste,dicendo: « O Padre, che hai fatto di noi un regno di sacerdoti e una nazione santa, donaci di ascoltare la tua voce e di custodire la tua alleanza, per annunciare con le parole e con la vita che il tuo regno è vicino ».
Es 19,2-6.
Dio non dimentica l’umanità e riannoda con gli uomini l’alleanza come dopo il diluvio, chiamando Abramo, che con la sua obbedienza a Dio sarà padre di una moltitudine di popoli e conclude con il popolo derivante da lui, , dopo averlo liberato dalla schiavitù dell’Egitto, un’alleanza che gli ebrei avrebbero dovuto “ custodire “ nella fedeltà e « “ascoltare “ la sua voce per essere una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra » .
Israele sarebbe stato “un regno di sacerdoti e nazione santa”, poiché come è santo Dio, avrebbe dovuto esserlo anche il suo popolo.
Rm 5,6-11
Paolo ai Romano scrive che nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi, dimostrando così l’amore che Dio ha per noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
Giustificati allora per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo e salvati per opera di lui, siamo riconciliati con Dio per la morte del Figlio suo. Paolo esorta a gloriarci in Dio per mezzo del Signore Gesù Cristo, perché per mezzo di lui abbiamo avuto la riconciliazione. Così in Cristo noi, mediante il battesimo, siamo un popolo santo, un popolo sacerdotale, regale e profetico
Mt 9, 36-10,8.
Gesù chiama i dodici apostoli perché continuino a svolgere con l’annunzio del Vangelo a tutti i popoli, la conversione al Regno di Dio, che lui ha iniziato e realizzato nella sua stessa persona. Inizialmente li invia alle pecore perdute della casa di Israele, realizzando quelle opere che lui stesso ha fatto: guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni, dicendo che il regno dei cieli è vicino.
Tutti coloro che accolgono il regno di Dio, ( che noi dobbiamo chiedere al Padre celeste perché esso venga, come ha insegnato Gesù), dobbiamo farlo cresce in noi, attuando la regalità di Dio in tutti i gesti della nostra vita di figli di Dio e di discepoli di Cristo e testimoniando davanti al mondo con parole e opere ciò che Gesù ci ha detto di fare.
Il regno di Dio è come il piccolo seme che cresce per la forza che viene da Dio, come il lievito che fermenta tutta la massa della farina, e chiede la nostra collaborazione affinché esso venga nel cuore di tutti gli uomini.
Ultimo aggiornamento (Domenica 18 Giugno 2023 08:36)
SOLENNITÀ DEL CORPO E SANGUE DI GESÙ
11 GIUGNO – SOLENNITÀ DEL CORPO E SANGUE DI GESÙ
Nella sua fedeltà il Signore, dopo aver liberato il popolo d’ Israele dall'Egitto, averlo condotto lungo il deserto, accudito, nutrito, non è venuto meno alla volontà salvifica a favore dell’uomo, pienamente manifestata in Gesù Cristo che, con il suo Corpo e il suo Sangue, nutre i credenti, realizzando un tangibile legame d’amore tra questi e il Padre.
La Chiesa del Signore è una comunità con dimensione comunitaria. In essa si vive e si celebra la fede: è soprattutto l’ Eucaristia, « memoriale della Pasqua » del Signore Gesù, morto e risorto, che realizza la dimensione comunitaria dei discepoli del Signore. Il Memoriale che essi celebrano, per espresso comando di Gesù, non vuol dire un semplice ricordo ma una presenza reale del Corpo e del Sangue del Signore, realizzata dalla potenza dello Spirito Santo. Nell’Eucaristia noi offriamo il sacrificio della nuova alleanza, in cui è ripresentata l’immolazione della croce, dove Gesù, Agnello senza macchia, s’è offerto. Ma l’altare è anche la mensa della cena celebrata da Gesù, in cui attingiamo il cibo per il « viaggio della nostra vita », in attesa di partecipare al convito eterno del cielo, perché il Corpo che mangiamo e il Sangue che beviamo sono pegno della gloria futura. .
Riconoscendoci fratelli, riuniti in « assemblea festosa » rendiamo grazie a Dio, che nel sangue di Cristo ci ha costituiti come suo popolo, che celebra la medesima fede ed è unito, in unità e carità, nell’ unico pane e nell’ unico calice. Nell’ Eucaristia riceviamo lo Spirito che scaturisce dal Corpo di Cristo e la purificazione di ogni colpa. La comunità non può costituirsi in termini funzioni psicologici, o ridursi come gruppo aggregato con dimensione solo affettiva o emotiva, sì da colmare situazioni di compensazione alle proprie fragilità: la comunità rischierebbe di non far progredire i vari membri nella maturità della fede. Né può percepirsi la comunità in termini sociologici, perché il Concilio, definendo la Chiesa, come « popolo di Dio », ha voluto definirla in maniera teologica non sociologica, cioè costituita con votazioni o referendum: esso è l’insieme di coloro che credono, celebrano e praticano la fede cristiana, pur con le loro fragilità.
Un ultimo rischio, in cui possono cadere i cristiani, è quello di considerare la Comunità come aggregazione per eventi o iniziative che vengono organizzati, in cui può registrarsi scarsa e superficiale intensità di comunione spirituale.
Si può parlare di comunità quando vige la « comunione », tra i membri, come relazione spirituale e di amore fraterno, per cui sia i presenti come anche coloro che per motivi svariati non possono essere presenti, si sentono partecipi. La comunione ha il suo fondamento nella relazione che ognuno ha con Cristo, e solo questo fa la comunità cristiana. Vi sono infatti tante forme di comunità, ma solo l’unione con Cristo e tra i vari membri è la prerogativa che realizza una « comunità cristiana ».
L’Eucaristia che rimane dopo la celebrazione della Messa presenza reale di Cristo, che avvera la promessa di Gesù di non lasciare più la sua Chiesa. Al Cristo del tabernacolo va la nostra adorazione e il nostro culto.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia di domani preghiamo dicendo:« Dio fedele, che nutri il tuo popolo con amore di Padre, saziaci alla mensa della Parola e del Corpo e Sangue di Cristo, perché nella comunione con te e con i fratelli camminiamo verso il convito del tuo regno ».
Prima Lettura: Dt 8,2-3. 14-16.
Nell’ arduo cammino del deserto, al popolo, umiliato e provato dalla fame, Dio non ha lasciato mancare il nutrimento, poiché lo ha sostenuto con un cibo singolare, la manna, segno della provvidenza e dell’ amore di Dio.
Anche l’acqua, sgorgata dalla roccia arida e dura, fu un segno straordinario dell’intervento potente di Dio, che non abbandona mai nessun uomo, fosse il più umile e piccolo. In particolare Dio si è reso vicino alla sua Chiesa, nuovo popolo costituito dal sacrificio del suo Figlio, che si è dato come cibo e bevanda di vita eterna.
Seconda Lettura: 1 Cor 10,16-17.
Quando prendiamo parte al calice, dice san Paolo, noi entriamo in comunione con il Sangue di Cristo; e spezzando e mangiando il pane eucaristico ci nutriamo del Corpo reale di Gesù. Pane e vino non sono puri simboli, che possono significare Gesù: « L’Eucaristia è il Signore, che dona la sua vita per noi; in essa noi lo riceviamo veramente ». Come conseguenza, dice l’apostolo Paolo, ne deriva che se unico è il pane che spezziamo, cioè l’unico Corpo di Cristo, allora noi siamo intimamente uniti, gli uni agli altri.
Pur essendo molti: ognuno con la propria personalità, fisionomia esteriore e interiore, con storie diverse e diverso temperamento, formiamo tuttavia un solo corpo. L’Eucaristia, ricevuta degnamente ci rende intimamente uniti. Per questo ci dobbiamo amare. E’ il frutto e l’impegno dell’Eucaristia.
Vangelo: Gv 6,51-58.
La comunità del Signore si caratterizza per la comunione che i credenti in lui pongono attorno alla sua presenza, reale e non simbolica, nell’Eucaristia. Le sue parole, come leggiamo nel Vangelo di questa solennità: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui », ci dicono che l’assimilazione della carne e del sangue di Cristo, rendono presente Gesù nel credente e viceversa. Certo le parole “mangiare ” e “ bere ” non sono da intendersi in senso naturalistico, ma vanno intese in senso sacramentale, in quanto mangiare il pane e bere il vino, che per la potenza dello Spirito di Dio, sono trasformati nel Corpo e Sangue di Cristo, rendono presente in noi il Cristo-Dio, e sono “ segni efficaci ”, che compiono ciò che dicono. La partecipazione a questi segni sacramentali è partecipazione da parte nostra agli effetti della passione e al dono della pienezza della vita che Gesù ci comunica.
Adesso il pane che ci nutre, come credenti e come figli di Dio, è la carne, quindi la persona, di Cristo, il quale si offre per noi. Entriamo infatti in profonda comunione con il Corpo e il Sangue di Gesù. Solo così abbiamo la vita, quella vera, che non si logora e che non è destinata ad esaurirsi e a spegnersi. L’Eucaristia ci dona la vita stessa del Padre e del Figlio, Gesù. Grazie all’ Eucaristia e alla vita che in essa riceviamo, a differenza degli antichi ebrei, saremo sottratti all’ esperienza della morte, perché, sostenuti da questo nutrimento lungo il cammino terreno, possiamo giungere alla “ terra promessa ” del Regno celeste. Nell’ Eucaristia già riceviamo il germe della risurrezione e conformazione al Signore che ha vinto la morte. Concludendo, solo dalla comunione con Cristo viene la vera comunione nella comunità che le permette di essere, nell’ oggi, profezia e annunzio del Regno futuro. Tutto il resto può rendere visibile la comunione nella comunità, ma se manca il centro, cioè Cristo, la Chiesa fallisce lo scopo per cui il Signore l’ha posto nel mondo.
LUNEDI’ 12 GIUGNO, ALLE ORE 18.30 SARA’ CELEBRATA
LA SANTA MESSA
PER CELEBRARE LA FESTADEL CORPO E SANGUE DEL SIGNORE
Presso le vie G.BAJA e S.RINDONE
DOPO INIZIERA’ LA PROCESSIONE CON GESÙ EUCARISTIA ATTRAVERSO
Via G. Bja, Via Paranà, Via Pio La Torre, Via Paranà, Via S. Quasimodo, Via Leopardi, Corso Umberto, Supermercato, Via Torretta, Fontana del 2000, Chiesa della Catena.
SIAMO FIGLI DI DIO, MISERICORDIOSO E PIETOSO.
4 GIUGNO - SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Quello della SS. Trinità è il primo mistero principale della fede cristiana, rivelatoci da Dio. Noi professiamo la fede in un Dio, uno e unico, in Tre Persone, uguali e distinte, ma non separate. La Teologia cristiana, accogliendo la rivelazione che Dio ha fatto, ha cercato lungo i secoli di indagarne il mistero, usando le categorie epistemologiche-conoscitive di ogni epoca, pur sapendo, ( come scrive san Agostino nel libro "De Trinitate", il quale immagina di vedere, sulla spiaggia del mare di Tegaste, un bambino che con un cucchiaio tenta di svuotare tutto il mare trasportandone l’ac- qua in una buca), che un mistero così grande non può essere pienamente compreso da una mente umana finita e limitata, quale è quella dell’uomo, nel senso di una limitatezza come coscienza delle proprie possibilità e impossibilità.
Alla Santissima Trinità – al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo – rivolgiamo sempre la nostra preghiera di adorazione, di lode, di onore e il nostro rendimento di grazie. A questo mistero, che non deve essere creduto come verità astratta e lontana, i cristiani vi dedichiamo una festa tutta partico- lare, proprio perché questo mistero si è fatto vicino a noi e conclude il periodo dell’anno liturgico del mistero di salvezza che viviamo nella Liturgia dall’Avvento alla Pentecoste. E’ un mistero di relazione, di amore, comunione e intimità fra le tre Persone. La SS. Trinità è un Dio che costantemente si dona all’ uomo rendendolo partecipe di questa relazione, fino al punto di comunicarsi a lui. Il mistero di Dio ci è stato rivelato pienamente, quando ci è stato inviato come nostro redentore Gesù, il Figlio stesso di Dio, che ci ha riconciliati con la sua morte e risurrezione e quando ci è stato inviato « lo Spirito Santo d’amore », che ci ha santificato. Così ci è stato rivelato « il mistero della vita di Dio », che è Trinità Santissima, anche se la sua comprensione ci sfugge. Tuttavia l’inabitazione in noi delle tre Persone divine, è un’esperienza, anche se ancora pur velata, verso cui siamo incamminati « nella pazienza e nella speranza », e tesi verso la « piena conoscenza » di Dio « amore e vita ».
Nella Colletta dell’Eucaristia preghiamo dicendo: « Padre, fedele e misericordioso, che ci hai rivelato il mistero della tua vita donandoci il Figlio unigenito e lo Spirito d’amore, sostieni la nostra fede e ispiraci sentimenti di pace e di speranza, perché, amandoci come fratelli, rendiamo gloria al tuo santo nome ».
Prima Lettura: Es 34,4-6.8-9
Il nostro Dio è un Dio per noi, per la nostra salvezza, Dio di misericordia, « ricco di amore ». Nella rivelazione che Dio fa di sé per la seconda volta a Mosè ridona le tavole della Legge, poiché una prima volta il popolo aveva deviato dalla fedeltà agli impegni dell’alleanza. Infatti, essendosi dato all’ idolatria e prostratosi in adorazione davanti al vitello d’oro, fatto da Aronne, aveva attribuito ad esso l’opera della liberazione dall’ Egitto. Nonostante questa infedeltà, Dio, per intercessione di Mosè, perdona al suo popolo perché è « il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ ira e ricco di amore e di fedeltà ».Ma Mosè sente Dio vicino e pieno di grazia, perché è un Dio che cammina in mezzo al suo popolo, che perdona le sue colpe,« anche se è di dura cervice ». Mosè davanti a Dio riconosce il peccato di tutto il popolo e chiede che lo scelga e lo tratti come suo possesso. La presenza di Dio sarà pienamente realizzata quando a camminare in mezzo a noi sarà lo stesso Figlio di Dio e, dal Padre e dal Figlio, lo Spirito Santo sarà inviato come dono. Allora potremo Trinità Santissima, rivelata e comunicata agli uomini.
Seconda Lettura: 2 Cor 13,11-13
Nel saluto che Paolo solitamente rivolge ai cristiani nelle sue Lettere sono proclamate le Tre Persone divine della Santissima Trinità. Paolo augura che l’amore di Dio Padre, la grazia del Signore Gesù e la comunione dello Spirito Santo sia con loro. Ma questo saluto non è una astratta enunciazione del mistero trinitario: del Padre è sottolineato l’amore,del Figlio Gesù la grazia che ha meritato per gli uomini e dello Spirito Santo la comunione che crea tra essi. Il mistero della Santissima Trinità ci è stato rivelato dal Figlio, che ci ha redenti mediante la sua morte e resurrezione, e con il dono dello Spirito ce ne ha dato una più profonda conoscenza. Più che riflettere, allora, per capire, siamo chiamati ad accoglierlo e a realizzare un rapporto di amore con la Trinità tutta, dal momento che le Tre Persone divine sono in viva relazione con noi, come ci ha detto Gesù, perché lo Spirito fa dimorare il Padre e il Figlio nel cuore di chi è in grazia.
Vangelo: Gv 3,16-18.
Del dono di Dio all’ uomo ci parla Gesù nel suo colloquio con Nicodemo a cui svela il progetto di salvezza del Padre, che per sua iniziativa d’amore sovrabbondante, generoso e oblativo, manda il suo Figlio, consegnato per la salvezza del mondo. Questo mondo a volte si oppone a Dio, lo contrasta e rifiuta il suo amore, mentre altre volte, riconoscendo l’uomo il proprio stato di prostrazione, lo ricerca e si rivolge a lui. Nell’ insegnamento e nella rivelazione che Gesù fa di Dio il mondo, cioè l’umanità tutta, è oggetto dell’amore di Dio che, avendola creata, la cerca e la attira al suo amore.
Così abbiamo saputo del Padre quando Gesù ha detto a Nicodemo che Dio Padre, per amore degli uomini, ha mandato il suo Figlio Unigenito per la salvezza del mondo e per dare loro, credendo in Dio, la vita eterna.
Il Padre, per sua libera iniziativa, ha affidato la missione della salvezza al Figlio, che venuto tra noi ha assunto e condiviso, perché potessimo avere la vita di Dio in noi. A questa iniziativa di Dio deve corrispondere, da parte nostra,nella fede, l’accoglienza di questo Dono del Padre, nel quale ricevia- mo la salvezza, se nella fede accogliamo le parole, le opere e i gesti di Gesù. La fede, come affidamento a Dio e al suo progetto di salvezza realizzato in Cristo, è a fondamento della conoscenza del mistero di comunione a cui Dio ci ha chiamati. Il mistero del Padre e del Figlio appare così non come verità difficile ad accogliersi, ma come partecipazione nostra alla vita di Dio, vita divina, meritataci dal Figlio, morto e risorto per noi, ma che ci viene data grazie allo Spirito Santo: infatti noi nasciamo di nuovo, dall’ alto, per virtù dello Spirito e alimentiamo questa vita attraverso i sacramenti che sono realizzati dalla terza Persona della Santissima Trinità.
OGGI È RIVELATO A TUTTI I POPOLI IL MISTERO NASCOSTO NEI SECOLI.
28 MAGGIO – SOLENNITÀ di PENTECOSTE.(Anno A).
OGGI È RIVELATO A TUTTI I POPOLI IL MISTERO NASCOSTO NEI SECOLI.
Lo Spirito vi renderà miei testimoni.
In questa solennità, che porta a compimento il mistero pasquale, per i credenti e per tutti coloro che lo accolgono, si realizza ciò che Gesù promise nell’ultima Cena, assicurandoci che non ci avrebbe lasciati soli, ma che avrebbe, salito al Padre, inviato Il Consolatore, lo Spirito di verità. Lo Spirito, in questa liturgia, ci invita a vedere l’opera di Dio nel mondo e ci illumina, esorta e ci dà la forza di corrispondere al suo amore, portando ad una maggiore pienezza il cammino di fede. Questo giorno ricorda e attualizza, in ogni tempo e latitudine, la Pentecoste, il tempo nuovo della Chiesa, che accoglie lo Spirito e i suoi benefici effetti nella sua vita.
La Chiesa, corpo di Cristo, sostenuta dallo Spirito, meritato da Gesù in croce e inviato da lui risorto nel giorno di Pentecoste, cresce e si espande nel mondo. Nella comunità della nuova alleanza, costituita dallo Spirito, è presente il Signore e ad essa possono aggregarsi tutti i popoli che accolgono l’annunzio della salvezza, realizzando così il mistero pasquale, come afferma il prefazio: « Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo ». In ogni sacramento agisce lo Spirito Santo. Lo Spirito inabita dentro di noi come alito di vita e, con le sue illuminazioni, ci suggerisce e dà impulso alle nostre azioni.
Accesi dal fuoco di questo Spirito, si alimenta in noi la comunione col Corpo e Sangue del Signore, comunione che si attua nella « carità ardente », di cui parla l’orazione sulle offerte della Messa vespertina della vigilia. Così lo Spirito, rinnovando il prodigio dell’unità, raccoglie gli uomini dispersi e, trasformando qualitativamente le nostre azioni, ci fa agire secondo la volontà di Dio e ci dona la consolazione nell’intimo, anche nei momenti difficili della testimonianza della fede.
La vita « spirituale » che ha come maestro e come suggeritore lo Spirito Santo, è quella che ci fa vivere da risorti a vita nuova nel tempo e permetterà di ridestarci, con i nostri corpi, nella risurrezione finale. Lasciarsi guidare dallo Spirito del Signore non è cosa eccezionale e, se ci affidiamo a lui, sarà un fatto semplice e sereno – pur se straordinario – di ogni giorno.
Ancora. L’evento della Pentecoste è significato nella colletta della Messa:« O Dio , che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo, e rinnova anche oggi, nel cuore dei credenti i prodigi che nella tua bontà hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo ». Lo Spirito Santo, che anima la comunità cristiana, porta per mezzo di essa il Vangelo di Gesù Cristo, ci introduce nella conoscenza del suo mistero e lo rende efficace. Lo Spirito, ancora, ci fa crescere nelle opere di giustizia , che compiamo per sua ispirazione ed energia, essendo stati da lui rinnovati nel cuore e resi giusti. La solennità della Pentecoste, concludendo il lungo e meraviglioso tempo pasquale che ci ha fatto meditare ed approfondire il mistero della morte e risurrezione del Signore, ci introduce nel tempo della Chiesa. Si realizza così in noi, in ogni giorno dell’anno liturgico, con la presenza dello Spirito Santo, il mistero di morte e risurrezione del Signore, per cui conducendo la vita nuova di risorti, diveniamo sempre più conformi a Lui.
Prima Lettura: At 2,1-11.
I discepoli, obbedendo al comando di Gesù. hanno atteso lo Spirito Santo promesso, che si manifesta nel segno del fuoco : « apparvero lingue come di fuoco ». e della parola, perché, con la venuta dello Spirito, ha inizio l’evangelizzazione, l'annunzio delle « grandi opere di Dio », che si riassumono nell’avvenimento della morte e della risurrezione di Gesù. Sorprende che ognuno di coloro che si sono riuniti, dopo aver sentito« All’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, che riempì tutta la casa dove stavano », pur essendo di diverse nazionalità, sentì la gioiosa proclamazione nella propria lingua nativa del messaggio degli apostoli, pur essendo dei Galilei a parlare. La pretesa degli uomini che tentarono di scalare il cielo nella costruzione della torre di Babele e il castigo della confusione sono vinti con la proclamazione del Vangelo. La fede, annunziata a popoli, lingue, tradizioni diverse, crea l’unità, perché tutti sono chiamati a diventare figli di Dio, come proclama la liturgia del prefazio: « la confusione che la superbia aveva portato tra gli uomini è ricomposta in unità dallo Spirito Santo ». Siamo, oggi, chiamati a essere cooperatori di unità, ad allontanare ogni atteggiamento che alimenta la discordia e, se rompiamo il cerchio che ci chiude in noi stessi, sapremo uscire verso gli altri e creeremo comunione.
Seconda Lettura: 1 Cor 12,3-7.12-13.
San Paolo, in questo brano 1a Corinti, descrive quali sono le funzioni dello Spirito Santo. La prima e fondamentale, è che, sotto la sua azione, nessuno può dire: « Gesù è Signore » , il Figlio di Dio risorto e glorioso, se non sotto l’azione dello Spirito Santo, che ci disvela l’intimo mistero di Cristo. Dall’unico Spirito poi derivano nella Chiesa i vari carismi e i diversi doni, che, pur essendo diversi come espressione, tutti hanno la stessa origine, dallo Spirito che li dona e l’identico fine: quello di edificare la comunità cristiana. L’apostolo quindi offre alla Chiesa i criteri per riconoscerli in ogni situazione: nessuno li possiede tutti, ma ciascuno ne possiede qualcuno. Il criterio più importante per discernerli è che sono doni dati non perché servano alla nostra vanagloria, ma al « bene comune »: se edificano e fanno crescere la comunità sono dallo Spirito, come avviene delle diverse membra del corpo, le quali, con le varie funzioni, sono tutte destinate al benessere del corpo; se invece dividono, frazionano, creano partiti e gruppi di pressione, se smembrano la comunità, non sono dallo Spirito. Essi ci vengono dati nel Battesimo dall’identico e unico Spirito. Non bisogna farsi affascinare troppo dai carismi più evidenti, perché possono esserci carismi grandi e importanti nell’ordinarietà della vita e che spesso vengono sottovalutati. San Paolo, con le sue considerazioni, ci spinge a collaborare con generosità e con gratuità nella comunità cui apparteniamo, non guardando agli interessi o al ricavo personale come unico scopo del nostro lavoro; a mettere volentieri in comune i doni che Dio ci ha fatto; e a far contenti gli altri. Vari sono allora i modi con cui possiamo vivere la dimensione comunitaria della fede e della esperienza cristiana.
Vangelo: Gv 20,19-23.
Secondo Giovanni la stessa sera di Pasqua Gesù risorto effonde sui discepoli lo Spirito Santo. Ormai Gesù era stato glorificato, e quindi aveva il potere di effondere il Dono di Dio per eccellenza, il « primo Dono » ai credenti.
Questa effusione pasquale dello Spirito sugli apostoli e il racconto della Pentecoste, pur essendo episodi diversi, realizzano la promessa fatta da Gesù nella Cena: di non lasciarli orfani e di inviare lo Spirito. E se l’episodio pasquale, a porte chiese, vuole, con il dono dello Spirito, far allontanare dagli apostoli la paura e l’incredulità, assicurando loro la presenza costante di Gesù nella loro vita e in quella della comunità, la Pentecoste, rende presente il Dono per tutti gli uomini, che così potranno essere radunati da ogni parte del mondo in unità, esprimendo la molteplicità dei linguaggi con cui sarebbe stato annunciato e testimoniato il Vangelo della salvezza universale, operata da Gesù e attuata, per il ministero della Chiesa, dallo Spirito del Signore.
Gesù, con il dono della pace pasquale augurata ai discepoli mostrando le sue piaghe, vuole mostrare che la via della passione, assunzione del male che affligge l’uomo, e della risurrezione, sconfitta totale e definitiva di esso, è il percorso che deve essere seguito per conseguire la pace vera, quella che solo lui può dare e non come la dà il mondo.
Augurando per la seconda volta la pace ed effondendo lo Spirito, Gesù vuole consegnare alla Chiesa il principio per la remissione dei peccati: come conseguenza della sua vittoria sul male; donare la pienezza di ogni benedizione divina e il potere di perdonare i peccati, perché il male, i conflitti e le tribolazioni non possono rendere inefficace la salvezza, che è dono, e nella quale riposa la speranza cristiana. La Chiesa, quindi, è a servizio dello Spirito per il perdono. Potrà anche non rimettere i peccati quando manchi la conversione del cuore, senza della quale la porta allo Spirito rimane chiusa.
Gesù, soffiando lo Spirito e richiamando l’azione creativa di Dio della Genesi, instaura nei discepoli e nel mondo una nuova creazione, inaugurata dalla sua risurrezione, di cui godono e fanno parte per grazia tutti coloro che credono. Con lo Spirito donato inizia, come continuazione della sua, anche la missione della Chiesa, che si esplica nell’annunzio del perdono di cui ha fatto esperienza. Questa missione inizia con la Pentecoste, nuova effusione dello Spirito, quando gli apostoli parlano varie lingue e tutti i presenti odono e comprendono il messaggio da loro annunziato: messaggio unico e uguale nei secoli ma esprimibile in modo che possano comprenderlo, perché destinato a tutti, anche se ognuno dovrà sentirselo dire in modo a lui comprensibile. Spetta poi agli evangelizzatori essere creativi ed esprimerlo con modi e formule adeguate ai tempi.
Molti sono i modi con cui possiamo invocare e ricevere lo Spirito del Signore, ma dall’Eucaristia – sacramento del Corpo di Cristo – continua in particolare a esserci dato lo Spirito di Gesù. Nell’orazione dopo la comunione chiederemo:« la partecipazione alla tua mensa, o Padre, ci comunichi il fervore dello Spirito ». Del resto è lo Spirito Santo che rende presente Gesù Cristo nell’Eucaristia.