





SECONDA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A.
15 GENNAIO – 2° DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO.(Anno A)
Ci raccogliamo nel giorno del Signore per celebrare « il memoriale del Sacrificio » di Cristo. Non si tratta di un ricordo vago, di un simbolo, che tocchi e impressioni solo il nostro animo. E’ detto nell’orazione sulle offerte che alla celebrazione del memoriale « si compie l’opera della nostra redenzione ». Essa non è tramontata ma è presente nella verità del Corpo e del Sangue di Cristo, che divengono convito della Chiesa, il popolo della nuova alleanza. Particolarmente di domenica incontriamo Cristo nella liturgia e nei fratelli, e così è confermata la grazia del Battesimo, col dono dello Spirito, e riascoltata con cuore disponibile la Parola di Dio. Per questo si riaccende la nostra carità reciproca. Dopo la comunione chiediamo al Signore che « nutriti con l’unico pane di vita, formiamo un cuor solo e un’anima sola ».
Nella Colletta iniziale ci rivolgiamo a Dio dicendo:« O Padre, che in Cristo , agnello pasquale e luce delle genti, chiami tutti gli uomini a formare il popolo della nuova alleanza, conferma in noi con la grazia del Battesimo con la forza del tuo Spirito, perché tutta la nostra vita proclami il lieto annunzio del Vange-lo ».
Dio ci chiama ad essere testimoni.
Giovanni il Battista con la sua predicazione e il suo ministero ci invita a vivere la testimonianza del Signore: dobbiamo lasciare spazio a Cristo e non fare di noi l’oggetto del nostro testimoniare. Gesù è nato, ora spetta a noi che egli si incarni e cresca nella nostra vita.
Oggi siamo introdotti, ponendo l’attenzione su Giovanni, nella esperienza della fede, poiché egli, più che il Battista, è il testimone che annuncia il Messia, già presente tra gli uomini, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, il Figlio di Dio su cui ha visto discendere e rimanere lo Spirito di Dio, Colui che avrebbe battezzato nello Spirito Santo: così egli indirizza chi ascolta la sua predicazione a Gesù. Giovanni, oggi, ci offre la sua testimonianza cristologica, invitando anche noi a fare il nostro cammino di fede.
L’indicazione di Gesù come l’ « Agnello di Dio » , ci rimanda all’agnello pasquale dell’Esodo e all’agnello del profeta Isaia del cantico dedicato al Servo del Signore. Gesù, offrendo se stesso, nella Pasqua definitiva della sua passione, morte e risurrezione, realizza la salvezza per tutti gli uomini, liberandoli dalla schiavitù del peccato: Cristo ha assunto su di sé la pena del peccato e ne ha vinto anche le conseguenze, cioè la morte. Gesù è venuto a liberarci, oltre che dai nostri concreti peccati, soprattutto dalla condizione di peccaminosità, dal rifiuto e ostilità del mondo verso Dio: questo è il peccato principale, origine degli altri peccati, cioè la non-fede.
Giovanni, ancora, proclamando Gesù « Figlio di Dio », esprime il vertice più alto della sua testimonianza riguardo alla identità, alla comunione e all’intimità del Cristo con il Padre, che nel battesimo lo ha manifestato come « il Figlio amato, in cui ha posto il suo compiacimento ».
Relazione tra Giovanni e Gesù.
Giovanni, come precursore, precede Gesù nel tempo, ma è cosciente che dopo di lui deve venire uno che è avanti a lui, perché è prima di lui. E mentre il battesimo di Giovanni annunzia la salvezza, solo quello che darà Gesù, nell’acqua e nello Spirito, la realizza, perché rimette i peccati e opera la santificazione, trasformando l’uomo nel profondo.
Prima Lettura: Is 49,3.5-6.
Isaia preannunzia che su Israele, servo del Signore, plasmato fin dal seno materno si manifesterà la sua gloria, per ricondurre Giacobbe e riunire Israele e ancora, oltre che restaurare le tribù di Giacobbe lo avrebbe costituito « luce delle nazioni » per portare la salvezza divina fino all’estremità della terra. Quando Gesù verrà realizzerà perfettamente questa realtà, poiché egli brillerà come « Luce vera », splendore che illumina le genti e sarà di redenzione per tutti gli uomini. Sarà, come dice Simeone, avendo tra le braccia il bambino Gesù: « luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele ».
Seconda Lettura: 1 Cor 1,1-3.
Alla Chiesa di Corinto, comunità di coloro che, redenti e credenti in Cristo, sono santificati dal Battesimo e che sono « santi per chiamata, insieme a tutti quelli che invocano il nome del Signore Gesù », Paolo augura grazia e pace da parte di Dio Padre e di Gesù.
Quanta stima dimostra san Paolo per i fedeli delle sue Chiese! Li chiama santi, perché santificati da Gesù, purificati dalla colpa e ricolmati di Spirito Santo. Bisogna essere coerenti verso questo dono che Dio fa a chi si lascia coinvolgere nel mistero della salvezza attraverso un comportamento degno della santità ricevuta, facendo crescere così in sé la potenza di questo dono di grazia.
Dall’apostolo impariamo, inoltre, un’altra cosa: siamo chiamati a rispettare e venerare i nostri fratelli e tutti quelli che fanno parte della comunità della Chiesa e della nostra famiglia ecclesiale per il dono di grazia che il Signore ha loro donato.
Vangelo: Gv 1, 29-34.
Giovanni, mentre battezza nel Giordano, vedendo venire verso di lui Gesù, su cui aveva contemplato lo Spirito di Dio discendere e rimanere in lui, lo indica agli astanti come l’« Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo ». Già in queste parole di Giovanni viene preannunziata l’immolazione del Signore, nuovo e vero Agnello pasquale, che laverà le colpe degli uomini nel suo sangue. Così Giovanni riconosce in Gesù colui di cui aveva detto: « Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me », rendendolo manifesto a Israele. Egli, avendo « contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui » testimonia che Gesù è il Figlio di Dio e non solo uomo, indicato, da chi lo aveva inviato a battezzare con l’acqua e che gli aveva detto: « Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo ». Se gli uomini fossero: « solo lavati con l’acqua, o anche se solo ci fosse un pentimento nostro, ciò non basterebbe per essere purificati dal peccato ed essere figli di Dio a nostra volta. Invece nell’acqua riceviamo veramente lo Spirito Santo che inibita in noi » ( Mess. Di ogni giorno. Ed. Citta Nuova, Vatic., Jaca Book.)
Nel Battesimo di Gesù al Giordano, il Padre lo manifesta come suo Figlio amato.
8 GENNAIO – BATTESIMO DI GESU’ – Anno A
Tra i misteri della vita di Cristo il Battesimo riveste un’importanza singolare e per questo la liturgia lo commemora con solennità.
Con questa celebrazione si conclude il tempo del Natale pur meditandosi un momento della vita adulta di Gesù. E se da una parte continuiamo a riflettere sul mistero dell’incarnazione, dall’altra iniziamo a ripensare la vita adulta di Gesù e la sua missione.
Nel Battesimo la voce del Padre manifesta, in una nuova epifania, e riconosce in Gesù il Figlio amato, il Messia inviato ai poveri e, con lo Spirito che si posa su di lui, lo consacra sacerdote, profeta e re.
Un tempo la liturgia celebrava in un unico momento l’adorazione dei Magi, il miracolo di Cana e il Battesimo al Giordano, avendo questi tre eventi, in vario modo, come contenuto la manifestazione di Gesù.
In questa manifestazione che il Padre fa del Figlio, Gesù manifesta la sua solidarietà, iniziata con l’incarnazione, con l’umanità.
Siano così introdotti nel mistero di Gesù: vero uomo, che porta su di sé i peccati del mondo e venuto per salvarci, vero Dio, che ci libera dalla colpa, dandoci lo Spirito e rendendoci figli di Dio, rigenerati nel lavacro e « interiormente rinnovati a sua immagine ». Dono dello Spirito Santo e figliolanza divina: sono i doni del Battesimo cristiano, che oggi particolarmente richiamiamo alla memoria.
Nella colletta iniziale preghiamo dicendo: « Padre onnipotente ed eterno, che dopo il battesimo nel fiume Giordano proclamasti il Cristo tuo diletto Figlio, mentre discendeva su di lui lo Spirito Santo, concedi ai tuoi figli, rinati dall’acqua e dallo Spirito, di vivere sempre nel tuo amore ».
Prima Lettura: Is 42,1-4.6-7.
Il Messia, « Servo di Dio », sarà mediatore di salvezza con la sua obbedienza e umiltà, e con le sue opere di misericordia realizzerà gesti come aprire gli occhi ai ciechi, liberare i carcerati, sarà « luce delle nazioni » e « alleanza del popolo ». Già dopo il suo Battesimo, Gesù invera la profezia di questo « Servo di Dio », dichiarando nella sinagoga si Nazaret, dopo aver letto la profezia di Isaia, che questa Scrittura si stava adempiendo: il Battesimo al Giordano è atto di docilità, di umiltà e di compassione per noi
Seconda Lettura: At 10,34-38.
Nel suo Battesimo Gesù inizia il suo cammino di salvezza per tutti gli uomini: « Dio non fa preferenze di persone » - predica san Pietro - : Gesù Cristo è il « Signore di tutti ». E infatti a tutti gli uomini è destinata la buona novella della « pace », e perciò il Vangelo e i sacramenti, di cui il primo è il Battesimo. Può essere un proposito in consonanza con la festa di oggi quello di voler bene a tutti, senza preferenze che ledono la carità, che turbano lo stare insieme.
Vangelo : Mt 3,13-17.
Giovanni, predicando un battesimo di penitenza e di conversione, preparava l’avvento de Messia, indicato come colui che doveva venire. Così Gesù, il giusto, unendosi con gli ingiusti, si reca al Giordano dove c’è Giovanni che battezza. Questi, al vederlo, si ribella alla domanda di Gesù di voler ricevere da lui il Battesimo, perché, riconoscendo in Gesù colui che « è più forte di lui », di cui non era « degno di sciogliergli il legaccio dei sandali » e a cui aveva dedicato tutta la sua opera di preparazione, implicitamente afferma che la salvezza da lui annunziata e che ha atteso, lui non è in grado di realizzarla.
Ma Gesù risponde : « Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia ». Giovanni, davanti al mistero dell’umiltà di Gesù, del suo servizio, della sua azione che purifica ogni peccato dell’uomo, acconsente a compiere il gesto. Dopo il battesimo, Giovanni, che ha visto lo Spirito scen-dere su Gesù e ha udito la voce del Padre, che lo manifestava il Figlio prediletto, vedendolo venirgli incontro, lo addita come l’ « agnello di Dio che toglie i peccati del mondo », venuto per realizzare la giustizia di Dio, attraverso, come testimonieranno gli apostoli, la sua morte e la risurrezione, poiché « Chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo sangue » (At 10,43).
Così, con la celebrazione del Battesimo del Signore, termina il tempo della preparazione e inizia il tempo della missione di salvezza di Gesù.
Quello di Gesù è dunque un esempio che si contrappone alle nostre pretese sovente orgogliose dettate dalla superbia. Gesù si mette all’ultimo posto, gravato anche dai nostri peccati.
L'Epifania del Signore Gesù alle genti tutte.
6 Gennaio – Epifania del Signore alle genti.
Mentre nel Natale abbiamo contemplato, come dice Isaia, Cristo, luce che risplende nelle tenebre, in cui è immersa l’umanità, dalla quale Gesù assume la carne umana, con tutta la sua fragilità e debolezza, eccetto il peccato; nell’Epifania, festa di luce, che traspare e guida a Gesù, Dio continua a rivelarsi, sempre nella debolezza e nella fragilità di bambino, nato nel nascondimento, e con lo splendore di una stella attrae a Betlemme genti lontane. Così san Paolo esprime il significato dell’Epifania : « Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa ». I Magi, guidati dalla stella e desiderosi di vedere ciò che essa preannunciava, messi in cammino, giungono a Gerusalemme e chiedono, lì dove pensano possa essere nato un re, ad Erode: « Dove è nato il re dei Giudei? ». A Gerusalemme, dove avrebbe dovuto essere maggiormente viva l'attesa del "Messia", i sommi sacerdoti e gli scribi, radunati da Erode, ricordando le profezie, indicano che da Betlemme, piccolo capoluogo della Giudea, doveva « uscire un capo che sarebbe stato il pastore del popolo Israele ».
Così i Magi vengono indirizzati a Betlemme. Usciti da Gerusalemme, dove la stella che li precedeva non era vista, riappare loro e si ferma sul luogo dove « entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono e gli offrirono i doni: oro, incenso e mirra » (Mt 2,11), riconoscendolo come Re, Dio e Redentore.
Alla fine del loro viaggio, nella ricerca della verità, desiderosi di conoscere l'evento indicato dalla stella, incontrano il Signore nella debolezza della carne: l'umanità nella sua dimensione di fragilità, nella sua vulnerabilità alla sofferenza e al dolore. Essi riconoscono Dio nella carne, perché è in questo che Dio condivide la povertà umana, che si rivela e nasconde la sua divinità: questo è il mistero dell'incarnazione di Dio.
I Magi modello della Chiesa
I MAGI sono le primizie della Chiesa, formata da uomini di tutti i popoli, sono il simbolo di tutti gli uomini, che vanno a trovare il Signore, Cristo Gesù, il Salvatore, guidati dalla luce della fede e lo adorano.
Essi, che hanno affrontato le fatiche e i pericoli di un lungo viaggio, sia fisico che interiore di ricerca della verità divina, esprimono così il percorso paradigmatico della fede di ogni uomo. La stella, verità dell’uomo, è un segno che va ricercato e obbedito, e pone l’uomo nella fatica della ricerca della verità.
La fede non è ancora la visione delle realtà che crediamo. I nostri occhi ancora sono come velati; ma la fede è già una luce che illumina l’anima. L’incredulo si trova ancora nelle tenebre.
Gesù che nasce tra noi provoca sentimenti opposti, azioni antitetiche. Infatti alcuni dei prossimi al Messia non lo riconoscono. La sua nascita produce anche turbamento, come in Erode, il nuovo persecutore, come lo fu il faraone, che opprimeva Israele nei suoi primogeniti.
Oggi preghiamo perché la fede divenga sempre più ferma e luminosa, perché non ci accada mai la sventura di perderla; perché tutti gli uomini l’abbiano in dono, così da accogliere il mistero della salvezza, che è lo stesso Figlio di Dio, in tutto solidale con noi, annunziato a tutte le genti.
Prima Lettura: Is 60, 1-6.
La gloria del Signore brilla in Gerusalemme: il profeta la vede come il luogo verso cui tutti i popoli convergono per lodare Dio e offrirgli « oro e incenso ». La venuta dei Magi porta a compimento la visione esaltante di Isaia, poiché essi, e con loro le nazioni della terra, riconoscono in Gesù il loro Re.
Seconda Lettura: Ef 3,2-3.5-6.
Paolo ricorda agli Efesini che nella carne condivisa da Dio in Gesù si attua e manifesta il mistero e il piano della salvezza di Dio rivelatisi, nello Spirito, per mezzo dei santi apostoli e profeti. Per mezzo del mistero dell'incarnazione tutti gli uomini sono chiamati a far parte della Chiesa, per formare un unico corpo, essere partecipi della stessa eredità del Figlio e partecipi della stessa promessa del Vangelo di salvezza.
Sia gli Ebrei, eletti per primi, sia i pagani, venuti dopo, sono chiamati alla fede in Cristo e alla condivisione dell’eredità eterna con lui. La salvezza è universale: e infatti la Chiesa è detta « una e cattolica ». In essa non c’è distinzione di razza: il Vangelo è predicato a tutte le genti, perché formino una medesima Chiesa. Questo ci porta a due considerazioni: la prima, che dobbiamo sentire la vocazione missionaria e, anche se personalmente non siamo in missione: il nostro aiuto è dato dalla preghiera, dai sacrifici, dalla collaborazione, fatta anche di offerte in questo giorno in cui celebriamo la Giornata della Santa Infanzia e i missionari sono là a rappresentarci. La seconda considerazione è questa: dobbiamo evitare le divisioni, in contrasti tra noi, visto che siamo partecipi della stessa grazia e della stessa promessa di Cristo. Facciamoci nel nostro ambiente missionari di concordia.
Vangelo: Mt 2,1-12.
Quale contrasto tra l’indifferenza e l’ignoranza somma dei sommi sacerdoti e degli scribi, tra la sospettosa ostilità di Erode e l’ardente e gioiosa domanda dei Magi: « Dov’ è colui che è nato, il re dei Giudei ? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo!». Vengono i lontani , e i vicini non si accorgono che è nato il Salvatore. Ai primi è data la felicità di incontrarlo e di adorarlo; i secondi o non sono toccati dall’avvenimento o, peggio, cercano di soffocarlo. Dobbiamo pensare che abbiamo vicino il Signore, quasi a due passi, vicino alle nostre case, nella Eucaristia, e il cuore rimane freddo, pigro, senza interesse. La vera fede dà gioia, fervore e desiderio di incontrare il Signore, come i Magi, capaci di affrontare qualche sacrificio per lui.
IL NATALE DEL sIGNORE è IL NATALE DELLA PACE
(Disc. 6 per il Natale 2-3. 5; PL 54, 213-216)
Il natale del Signore è il natale della pace
FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA e MARIA MADRE DI DIO.
30 DICEMBRE – FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA di GESU’, MARIA E GIUSEPPE.
La Chiesa celebra oggi la santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe, a cui la famiglia cristiana guarda, per realizzare lo stesso stile di vita.
La famiglia di Gesù, pur nella sua singolarità, è presentata dalla Chiesa come « vero modello di vita » per imitarne le virtù e realizzare lo stesso rapporto che essa ebbe verso Dio e verso gli uomini. Le famiglie cristiane, oggi, sono chiamate a vivere nell’amicizia e nella pace con Dio e i genitori cristiani devono sentirsi partecipi della « fecondità dell’amore divino », mentre i figli devono « crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini » come Gesù. Pur tra le prove della vita, le incomprensioni e le varie situazioni a cui si va incontro: sofferenza, angosce e tribolazioni, le famiglie cristiane sanno che, come nella Famiglia di Nazareth, essi possono attingere da essa esempio di vita e da Dio la grazia e la forza per vivere nella fedeltà gli impegni e i compiti a cui il Egli li chiama. L’Eucaristia, mensa che ci nutre tutti come figli di Dio, come noi crediamo rinvigorisce la nostra fede.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, pietà e grazia, rendendo lode al tuo santo nome ».
1 GENNAIO- MARIA SS. MADRE DI DIO
Giornata Mondiale della Pace.
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordio-so », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto della collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C.
Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’Incarnazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo. « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Cristo Signore ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta, facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè, chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E Tutto questo, come dono di Dio si realizza in Gesù. La Chiesa in questa benedizione ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno e noi, con altrettanta verità all’ augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un «buon anno».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7.
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli. Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, in cui abita la pienezza di tutta la natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene data in Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre, perché siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24).
Così San Paolo esclude ogni auto-salvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questo avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere la salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo: Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre davanti al presepio. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia, ritornando alla nostre occupazioni e condizioni abituali, non dimentichiamo quella nascita, quell’ innocenza e quell’ amore che ci hanno attratti in questi giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria.
Ultimo aggiornamento (Sabato 31 Dicembre 2016 11:17)
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