FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA e MARIA MADRE DI DIO.
30 DICEMBRE – FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA di GESU’, MARIA E GIUSEPPE.
La Chiesa celebra oggi la santa Famiglia di Nazareth, Gesù, Maria e Giuseppe, a cui la famiglia cristiana guarda, per realizzare lo stesso stile di vita.
La famiglia di Gesù, pur nella sua singolarità, è presentata dalla Chiesa come « vero modello di vita » per imitarne le virtù e realizzare lo stesso rapporto che essa ebbe verso Dio e verso gli uomini. Le famiglie cristiane, oggi, sono chiamate a vivere nell’amicizia e nella pace con Dio e i genitori cristiani devono sentirsi partecipi della « fecondità dell’amore divino », mentre i figli devono « crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini » come Gesù. Pur tra le prove della vita, le incomprensioni e le varie situazioni a cui si va incontro: sofferenza, angosce e tribolazioni, le famiglie cristiane sanno che, come nella Famiglia di Nazareth, essi possono attingere da essa esempio di vita e da Dio la grazia e la forza per vivere nella fedeltà gli impegni e i compiti a cui il Egli li chiama. L’Eucaristia, mensa che ci nutre tutti come figli di Dio, come noi crediamo rinvigorisce la nostra fede.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Dio, nostro creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse membro dell’umana famiglia; ravviva in noi la venerazione per il dono e il mistero della vita, perché i genitori si sentano partecipi della fecondità del tuo amore, e i figli crescano in sapienza, pietà e grazia, rendendo lode al tuo santo nome ».
1 GENNAIO- MARIA SS. MADRE DI DIO
Giornata Mondiale della Pace.
La redenzione è incominciata dalla Vergine Maria. Partono da lei « le primizie dell’amore misericordio-so », dal suo « sì » alla parola del Signore, dal suo consenso a divenire la madre del Figlio di Dio.
Gesù passa anzitutto attraverso la fede di Maria, che accoglie il progetto divino e vi si rende totalmente disponibile, come « l’ancella del Signore », tutta dedita alla sua volontà. Ella è il punto più alto della collaborazione dell’uomo con Dio per realizzare l’economia della salvezza. Maria concepisce l’Autore della vita per opera dello Spirito Santo: la potenza divina rende feconda e lascia intatta la sua « gloria verginale ». Gesù infatti non è meritato dall’uomo, ma puro dono dello Spirito, cioè dono della grazia.
La Vergine Maria « Madre del Cristo e della Chiesa », rimane modello sommo di santità per ogni cristiano: anche noi siamo chiamati a dare il nostro assenso a Dio e, oggi, Ella ci insegna a vivere la fede e l’offerta di tutta la vita al disegno del Padre.
Nella preghiera della Santa Maria, che recitiamo con frequenza, proclamiamo Maria « Madre di Dio » e forse non percepiamo la profondità teologica che il titolo ha. Nel Concilio di Efeso del 431 d.C.
Maria, dai vescovi riuniti, venne proclamata « Madre di Dio ». Questo titolo, nelle discussioni che precedettero e seguirono al Concilio era di estrema importanza in sé e nelle sue conseguenze: se Maria è la Madre di Dio, si affermava di conseguenza che Gesù è Dio. In Cristo, nato da donna, sotto la Legge, vi è l’unione della natura umana e divina, come insegna il Concilio di Calcedonia.
In questa festa, all’ottavo giorno del Natale del Signore, la Chiesa celebra il mistero dell’Incarnazione guardando a Maria. Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia diciamo. « O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, perché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’Autore della vita, Cristo Signore ».
Prima Lettura: Nm 6,22-27.
« Ti benedica il Signore e ti custodisca. Faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia »: è l’augurio che ci fa la Chiesa, oggi, e che noi, a nostra volta, facciamo ai nostri fratelli e vicini. Né si tratta di un augurio superficiale e convenzionale. La benedizione di Dio implica la sua azione favorevole nei confronti della comunità. In essa vi sono espressi i sentimenti di compassione e di benevolenza del Signore, che si specificano nella « custodia » che viene invocata da Dio, perché ci preservi da ogni forma di male, ci conceda il bene, ci faccia grazia, ci sia propizio e infine ci conceda la pace. Cioè, chiediamo a Dio che elargisca la pienezza dell’esistenza. E Tutto questo, come dono di Dio si realizza in Gesù. La Chiesa in questa benedizione ci consegna veramente la grazia di Dio per tutti i giorni del nuovo anno e noi, con altrettanta verità all’ augurio, dovremo far seguire una presenza e una manifestazione di Dio, specialmente con le opere di carità verso il prossimo per il quale auspichiamo un «buon anno».
Seconda Lettura: Gal 4,4-7.
Paolo, in poche battute, condensa il mistero di Cristo: Gesù, nato da donna, è venuto a riscattarci dalla Legge e per ricevere l’adozione a figli. Il tempo che ha preceduto la venuta di Cristo era tutto teso verso il Natale: quando il Figlio di Dio appare, lunghi anni dell’aspettativa trovano soddisfazione e il tempo viene come riempito.
Paolo afferma che Gesù è l’inviato di Dio, in cui abita la pienezza di tutta la natura divina, venuto per riscattarci dalla Legge, che notifica e imputa all’uomo il peccato, ma che non realizza la salvezza: questa ci viene data in Gesù, il Salvatore, che ci rende figli adottivi del Padre, perché siamo « giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù » (Rm 3,24).
Così San Paolo esclude ogni auto-salvezza, che oggi si pretenderebbe raggiungere in tutte quelle vie di ricerca della salvezza rimanendo nell’orizzonte delle risorse umane e della propria autorealizzazione.
Non è esclusa certamente nel Cristianesimo la realizzazione della propria umanità, ma questo avviene in una visione di trascendenza. Viene valorizzato l’umano nella sua fragilità, ma l’uomo, nella sua interezza, è salvato solo da Dio.
Senza la carne, assunta dal Figlio eterno con l’incarnazione, non avremmo potuto avere la salvezza. La Liturgia, facendoci contemplare il Natale del Signore, ci dice che in questo evento è avvenuto « un mirabile scambio » di doni: Egli ha assunto la nostra natura e noi abbiamo ottenuto la salvezza.
Dal di dentro di questa umanità è stato vinto il Male e la morte. Di conseguenza, senza Gesù, che inaugura una nuova era, la storia, con i suoi millenni, sarebbe inesorabilmente e assolutamente vuota, senza senso. Anche la nostra vita, con i suoi giorni e anni, trascorrerebbe priva di significato se mancasse la presenza di Gesù. Egli sarà il compagno di tutte le ore che verranno: riempirà la nostra solitudine e sarà motivo di un’incrollabile speranza. Non lamentiamoci troppo di essere soli, abbiamo l’amicizia di Gesù Cristo, che ci rende figli di Dio.
Vangelo: Lc 2,16-21.
I pastori tornano dalla grotta e lodano il Signore. La loro vita certamente non è quella di prima. Anche noi non restiamo sempre davanti al presepio. Tra non molto verrà « disfatto » e ricomposto per il prossimo anno. E tuttavia, ritornando alla nostre occupazioni e condizioni abituali, non dimentichiamo quella nascita, quell’ innocenza e quell’ amore che ci hanno attratti in questi giorni. Come la Vergine Maria conserveremo nel cuore quegli avvenimenti di Betlemme per riviverli.
I fatti della vita di Gesù devono essere il soggetto più ricorrente e più dolce della nostra memoria.
Ultimo aggiornamento (Sabato 31 Dicembre 2016 11:17)
Accogliamo il Signore nell'obbedienza della fede.
18 DICEMBRE - 4a DOMENICA DI AVVENTO. Anno A
Attendiamo Gesù con Maria e Giuseppe.
Ancora pochi giorni e sarà Natale. Tutti ci prepariamo adeguatamente a celebrarlo con lo spirito di una fede genuina? Abbiamo preparato il presepe, l’albero, ci affrettiamo a fare gli ultimi acquisti di regali, abbiamo programmato vacanze e pranzi, ecc. Ma riduciamo solo a questo l’evento che, più di ogni altro, ha cambiato la storia del mondo?
Maria ci ha fatto un regalo, il più bello, il più prezioso e più grande: ci ha dato il suo Figlio, il Figlio di Dio, che ha ricevuto dallo Spirito Santo con il suo “ sì ”.
Ricevendo un regalo siamo contenti e, col dono, apprezziamo l’amore di colui che ce l’ha donato. Ma davanti ad un dono inaspettato la gioia è più grande. Nel Natale il dono che Dio fa del suo Figlio, nato tra noi, è un dono completamente gratuito, non è frutto della nostra azione, ma della liberalità del Padre celeste che in Gesù ci ha donato il Salvatore.
Nella nostra storia, intrisa di dolore, di morte, di disgrazie e calamità, di ingiustizie, di guerre, di odi tra popoli, Dio ha mandato il suo Figlio, il Principe della pace, alla cui nascita gli angeli hanno cantato: « Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace agli uomini che il Signore ama ». Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi, uomo come noi, eccetto il peccato, viene a liberare l’uomo da tutte quelle realtà che lo affliggono e a dargli la speranza che, cambiando il mondo fin da ora, secondo il modo di pensare e operare di Gesù, potrà dare inizio a quel regno di amore, di giustizia, di pace, di fraternità che avrà il pieno compimento nell’eternità di Dio.
Nel Natale Dio interviene nella nostra storia non con segni di potenza, ma nella semplicità, nella povertà più estrema, in totale nascondimento che solo nella fede è possibile percepire. Il comunicare di Dio con gli uomini, nel Natale, avviene con linguaggio e segni, sì preannunziati, ma realizzati in modo misterioso. Viene da una donna, che pur essendo vergine, diviene mamma e partorisce un bambino, come recitava la profezia di Isaia, ma che in Maria, vergine che non conosce uomo, il Figlio dell'Altissimo prende la nostra natura umana..
Solo la rivelazione dall’ alto ci fa comprendere l’evento, come avvenne per i pastori che, accogliendo la notizia dall’angelo, corsero a vedere colui che era stato annunziato loro come “ il Salvatore ”.
In questa quarta domenica di Avvento, nell’attesa del Signore, la liturgia ci presenta le figure di Maria e Giuseppe che, come modelli di fede, nelle loro vicende umane degli eventi vissuti, si fidano di Dio e, confortati dalle parole degli angeli, scorgono la sua volontà, la quale, nel realizzarsi, non esclude la collaborazione dell’uomo: Maria che, con il suo “ sì ”, si proclama l’umile serva del Signore, Giuseppe, « uomo giusto », che non ha paura di superare la giustizia legale, di affrontare i pregiudizi degli uomini, di accettare una simile paternità adottiva del bambino, dandogli il nome, conferendogli tutti i diritti legali e inserendolo nella discendenza della famiglia di Davide, come era stato promesso da Dio.
L’umile ascolto della Parola di Dio, l’ obbedienza della fede, l’adesione perfetta alla volontà di Dio: ecco le condizioni per ricevere e rivivere la grazia del Natale. Il grande modello è la Vergine Maria, nel cui grembo purissimo il Verbo di Dio si riveste di carne mortale per virtù dello Spirito Santo. E’ lo Spirito che agisce nella Chiesa, chiamata a portare nel mondo lo stesso Signore. Anche in noi, grazie alla fede, diviene presente il Verbo di Dio: le nostre opere lo attestano e lo donano agli altri.
Per ricevere la grazia e entrare nel mistero del Natale sono quindi necessarie quelle tre condizioni.
Nella preghiera della Colletta diciamo: « O Dio, Padre buono, tu hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore, scegliendo il grembo purissimo della Vergine Maria per rivestire di carne mortale il Verbo della vita: concedi anche a noi di accoglierlo e generalo nello spirito con l’ascolto della tua parola, nell’obbedienza della fede ».
Prima Lettura: Is 7,10-14
Isaia riferendo ciò che Dio dice al re Acaz, di chiedergli un segno dal profondo degli inferi oppure dall’alto, il re non vuole tentare il Signore. Isaia allora profetizza alla casa di Davide dicendo: « Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio ? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che si chiamerà Emmanuele ». Di fronte alla resistenza di Acaz che non vuole chiedere un segno come il profeta aveva riferito per volere di Dio, il Signore, non perdendo la pazienza, promette lui il segno: il suo potente intervento e il suo amore faranno sì che la promessa si realizzerà in Maria, che vergine, per opera dello Spirito Santo, concepirà un figlio, l’Emmanuele, il Dio con noi, che non è un uomo qualsiasi, vicino a Dio e investito della presenza di Dio: il Natale è sì il ricordo storico di quell’evento, ma, nel mistero, il Figlio di Dio si rende presente per opera dello Spirito in tutti coloro che lo accolgono con fede e amore.
Seconda Lettura: Rm 1,1-7.
Paolo, che si ritiene servo di Gesù Cristo, apostolo per chiamata dello stesso Signore per annunziare il Vangelo, esprime all’inizio della sua lettera indirizzata ai Romani, la professione di fede in Cristo Gesù, che « promesso nelle Sacre Scritture è nato dal seme di Davide secondo la carne, ma costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dai morti ». Egli, per mezzo di Cristo, ha ricevuto la grazia di essere apostolo per suscitare in tutte le genti l’obbedienza della fede a gloria del suo nome e, quindi, anche in loro, a cui augura, essendo amati da Dio e santi per chiamata, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.
Paolo e tutti i cristiani, quindi, siamo chiamati per annunziare il Vangelo, cioè il messaggio di gioia che è il Signore Gesù, venuto a realizzare, nascendo tra noi, le promesse di salvezza che Dio ha fatto all’umanità lungo i secoli. Viviamo allora intensamente l’attesa del Salvatore Gesù. Ringraziamo Dio per averci chiamato ad essere tutti apostoli e ministri, nell’obbedienza della fede e nell’adesione fiduciosa e piena alla Parola di Dio, a vantaggio di tutta la Chiesa e del mondo.
Vangelo: Mt 1,18-24.
Il Vangelo ci racconta di alcuni avvenimenti inerenti alla generazione di Gesù da parte di Maria, sua Madre, che promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, per opera dello Spirito Santo si trovò incinta. Se Giuseppe, uomo giusto, per tale circostanza, avrebbe potuto accusarla pubbli- camente, pensò, invece, per non esporla all’infamia, di ripudiarla in segreto. Ma, mentre considerava queste cose, un angelo del Signore, apparendogli in sogno, lo rassicurava dicendogli:« Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati ».
Così si compiva ciò che il Signore aveva preannunziato per mezzo della profezia: che una vergine avrebbe concepito e dato alla luce un figlio, a cui sarebbe stato dato il nome di Emmanuele, il Dio con noi. Giuseppe, allora, destatosi dal sonno, fece secondo l’ordine dell’angelo e prese con sé Maria come sua sposa.
Davanti all' evento straordinario del concepimento del Figlio dell’Altissimo, puro dono della grazia nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, Giuseppe più che assecondare la scelta di una legalità di giustizia mosaica e pensando di distaccarsi da Maria in segreto, confortato dall’angelo, che gli annunzia la volontà di Dio, sceglie di adempierla, adeguandosi per fede alla giustizia divina. Così assume Maria come sposa, farà da padre a Gesù dandogli la paternità legale, lo educherà nella sua famiglia e gli imporrà il nome Gesù, come gli ha detto l’angelo. L’obbedienza docile e pronta di Giuseppe nella fede fa di lui il modello di ogni credente, cioè di colui che pone la vita a servizio del progetto di Dio, per sé e per i fratelli.
Ultimo aggiornamento (Sabato 17 Dicembre 2016 23:40)
Rallegrarsi nel Signore per la sua prossima venuta.
11 DICEMBRE - III DOMENICA DI AVVENTO - « GAUDETE ». Anno A
A Natale il mistero della salvezza viene ricordato e vissuto realmente, perché nella fede il Cristo nasce nei nostri cuori e lo concepiamo spiritualmente. a grazia della sua venuta si rinnova per noi: a seconda della disponibilità interiore a farci coinvolgere da Cristo, il salvatore venuto a liberarci dal peccato.
Ogni Natale deve essere segno della seconda venuta del Signore nella gloria, quando dobbiamo accoglierlo vigilanti e con cuore puro e generoso.
Nella Colletta preghiamo dicendo: « Sostieni, o Padre, con la forza del tuo amore il nostro cammino incontro a colui che viene e fa’ che, perseverando nella pazienza, maturiamo in noi il frutto della fede e accogliamo con rendimento di grazie il vangelo della gioia ».
Prima Lettura: Is 35,1-6.8.10.
Il profeta esorta e si augura che il deserto e la terra arida si rallegrino e la steppa fiorisca, si canti con gioia e con giubilo perché essi vedranno la gloria del Signore e la magnificenza di Dio. Esorta che le mani fiacche si irrobustiscano e le ginocchia vacillanti si rinsaldino; gli smarriti di cuore prendano coraggio e non temano, perché viene il Signore a salvare e porta la ricompensa divina. Ancora. Gli occhi dei ciechi si apriranno e gli orecchi dei sordi si schiuderanno; lo zoppo salterà come il cervo e la lingua del muto griderà di gioia. Annunzia, inoltre, che ci sarà un sentiero e una strada che si chiamerà via santa, su cui ritorneranno i riscattati dal Signore e con giubilo verranno in Sion. Felicità e gioia perenni saranno sul loro capo e non ci saranno più tristezza e pianto. Se il ritorno del popolo dalla schiavitù in patria inonderà di gioia e felicità e apporterà effetti benefici in tutti, più grande sarà la liberazione che porterà il Cristo, il Figlio di Dio che viene a salvarci e a liberarci dal male. Più che assistere allora alla festa del Natale bisogna viverla con la gioia nel cuore perché il Cristo viene per liberarci dalle colpe e, illuminati dalla Parola di Dio e sorretti da una volontà pronta, possiamo praticare i comandamenti e dedicarci alla lode del Signore.
Seconda Lettura: Gc 5,7-10.
L’Apostolo Giacomo paragona i cristiani che attendono con costanza la venuta del Signore all’attesa dell’agricoltore che attende e aspetta che la terra gli dia il frutto della semina e del suo lavoro. Esorta alla costanza, a rinfrancare i cuori perché la venuta del Signore è vicina, a non lamentarsi gli uni gli al-, tri per non essere giudicati da colui che viene a giudicare. A prendere come modello di sopportazione la costanza dei profeti che hanno parlato nel nome del Signore. Mantenere viva l'attesa del Signore in ogni momento di vita e senza scoraggiarsi davanti alle difficoltà, sperare che l'incontro con il Signore sarà portatore di effetti benefici perché egli adempie sempre le sue promesse, significa celebrare la sua venuta con la consapevolezza che la sua nascita porterà, in noi e negli uomini che l’accolgono, la gioia e la forza, l’amore e la misericordia del Padre, la pace e la fraternità che lo Spirito rinsalderà nei nostri cuori.
Vangelo: Mt 11, 2-11.
Matteo, nel brano evangelico di oggi, ci racconta come Giovanni, dal carcere in cui era rinchiuso per ordine di Erode, avendo sentito dalla folla le opere compiute da Cristo, gli manda i suoi discepoli a chiedergli: « Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro ?». Gesù gli rimanda i discepoli a dirgli:« Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziato il Vangelo e beato è colui che non trova in me motivo di scandalo».
Allontanatisi quelli, Gesù inizia a parlare di Giovanni, ponendo alle folle delle domande su chi sono andati a vedere nel deserto, se una canna sbattuta dal vento o un uomo vestito con abiti di lusso, come quelli che stanno nei palazzi dei re, oppure un profeta. E continua: « Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “ Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli pre-parerà la tua via ” ». E solennemente afferma che tra i nati di donna non è mai sorto alcuno più grande di Giovanni; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande lui.
Gesù, riprendendo dalla profezia di Isaia le opere che il Messia avrebbe compiuto nella sua venuta e che egli compiva applicandole a sé, conferma a Giovanni, suo messaggero, la sua identità di Messia, di essere il Cristo, l’atteso, di cui ne aveva preparato la venuta nel cuore delle folle.
E’ giunto così il momento di passare dal Vecchio Testamento, dal tempo dell’attesa, alla realizzazione delle promesse di salvezza che i profeti e Isaia aveva preannunziato e che in Gesù trovavano compimento.
Tutti, come Maria, siamo chiamati ad essere santi e immacolati.
8 DICEMBRE - SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DI MARIA.
MARIA, CASA COSTRUITA SULLA ROCCIA.
Fin dai primi secoli la Chiesa ha formulato, tenendo conto di ciò che dicono i Vangeli di Maria che è « la piena di grazia », « la Madre del Salvatore », e che, la si invoca, nella preghiera della Sanata Maria, Madre di Dio, l’essenza della sua fede intorno a Madre di Gesù, espressa solennemente nel Concilio di Efeso del 341. Già sant’Ireneo, salutando la Vergine Maria come la « nuova Eva » ne aveva sostenuto l’immacolata concezione. Ma solo nel secolo XV la Chiesa l’ha dichiarata formalmente nella liturgia, finché il papa Pio IX la definì come dogma di fede cattolica nel 1854.
Siamo scelti da Dio per essere santi e immacolati.
Nel nostro mondo, segnato dal male, dall’egoismo, dalla superbia, respiriamo una tara ereditaria, cominciata con il peccato originale e propagata a tutto il genere umano, che ci predispone a compiere il male, perché la superbia ci allontana da Dio.
L'opera della salvezza in Maria e in noi.
« Dio, ci dice san Paolo, ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi mediante Gesù Cristo » (Ef ), così possiamo sperare di vincere il male, essendo inseriti con il Battesimo in una nuova solidarietà, realizzata dal Cristo morto e risorto, che con la sua obbedienza ha vinto il male per noi. Per Cristo, allora, è possibile sconfiggere il male e la morte da parte di tutti.
Fin dal principio del suo esserci in questo mondo, Maria, redenta da Cristo, per la sua vittoria sul male, è, quindi, senza macchia di peccato. Il sacrificio della croce, che agisce in noi per mezzo del Battesimo, già agisce in lei fin dal momento del suo concepimento come dono e privilegio sovrabbondante e sin-golare di grazia, poiché è piena di grazia, ripiena « della potenza dell’Altissimo ». L’immacolata concezione proclama la bontà di Dio che precede ogni merito.
Ogni grazia è così: anche per la quale per la quale siamo rinati nel Battesimo. Con Maria l’umanità ritrova la strada del cammino di santità. Maria, quindi, ha raggiunto la salvezza fin dal primo momento del suo concepimento, ha poi acconsentito all’elezione fattale da Dio con il suo « sì », umile e disponibile, vivendo la grazia della Maternità divina, con la propria donazione al disegno di Dio, per cui Lei non poteva contenere ombra di peccato: essendo Dio santo rende santo tutto ciò che lo contiene.
Maria, adombrata dallo Spirito Santo, inizia i tempi nuovi. Con il suo privilegio è la prima, ma non la sola, perché tutti siamo chiamati ad essere santi e immacolati davanti al Padre celeste. Lei è stata scelta non perché rimanesse da sola a contemplare il favore divino: ma perché questo favore si esten-desse a tutto il genere umano, come diciamo nella preghiera iniziale della celebrazione: « O Padre, tu che hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio e l’hai preservata da ogni peccato, concedi anche a noi di venire incontro a te in santità e purezza di spirito ».
Maria, quindi, non è per questo privilegio distaccata dalla Chiesa. Al contrario in lei Dio ha « ha segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza ». Ella è, quindi, per tutti noi segno di speranza di potere raggiungere la salvezza. Mentre Maria, generando nella carne il Figlio di Dio, è stata privilegiata fin dalla sua immacolata concezione, noi, nell’incontro di fede e di amore con Cristo nel Battesimo, nei sentimenti e nella vita, possiamo imitare il suo esempio e raggiungere la pienezza della grazia, quando il peccato non avrà più nessun potere su di noi.
Prima Lettura: Gn 3,9-15.20
Una inimicizia radicale oppone il serpente, simbolo del male, e la donna con la sua discendenza. Dio lo promette, annunziando così la salvezza per l’umanità peccatrice. Essa si compirà quando il Figlio della donna, Gesù, nella sua Pasqua, vincerà il demonio. Ma questa vittoria incomincia con la concezione di Maria, la Madre di Dio, nella quale già si riflette la grazia della redenzione.
Seconda Lettura: Ef 1,3-6.11-12.
Fin dall’eternità Dio ci ha predestinati ad essere suoi figli, a immagine e per opera del Figlio suo Gesù Cristo, cioè ci ha scelti per essere santi ed eredi con lui. Non è nostro merito ma una pura sua grazia. Così come è pura grazia la concezione immacolata di Maria, epifania dell’amore misericordioso che progetta l’uomo per l’intimità con Dio.
Vangelo: Lc 1,26-38.
Da sempre Maria è stata da Dio immensamente amata: per questo è « piena di grazia ». All’annunzio dell’angelo non si ritrae, non diffida. Ascolta il piano divino e si affida alla potenza e alla forza dello Spirito Santo.
L'Avvento: tempo di attesa e di purificazione dal male, per accogliere il Signore degnamente.
4 DICEMBRE - 2a DOMENCA DI AVVENTO
Il Natale, che ci apprestiamo a celebrare, è l’attuazione della promessa antica fatta da Dio, dopo il peccato originale, all’uomo: la promessa di un liberatore, nato dalla stirpe della donna che avrebbe vinto il tentatore e ridato in dono la vita divina. Non dobbiamo, allora, ridurre la preparazione che facciamo in questo Avvento o la celebrazione del Natale a semplice ricordo, impegnati ad attività solo esteriori, a volte frenetiche, distrattive o peggio mondane e senza una attenta riflessione sul significato che esso ha, per purificare il cuore e accogliere la « sapienza che viene dal cielo », e così immergerci nel mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio che si fa uomo. Ricercare i beni celesti, divini, doni che vengono dall’alto: come pace, accogliendo il Principe della Pace, l’Emanuele, il Dio con noi, il divino che viene a noi per elevarci alla dignità della figliolanza divina, il Giusto che farà germogliare la giustizia di Dio sulla terra.
Nella Colletta preghiamo il Padre celeste dicendo: « Dio dei viventi, suscita in noi il desiderio di una vera conversione, perché rinnovati dal tuo Santo Spirito sappiamo attuare in ogni rapporto umano la giustizia, la mitezza e la pace, che l’incarnazione del tuo Verbo ha fatto germogliare sulla terra ».
Prima Lettura: Is 11,1-10.
Isaia, nel brano che la liturgia oggi ci fa ascoltare, ci preannunzia gli effetti benefici che avrà la terra e gli uomini, con l’avvento di un « virgulto che germoglierà dal tronco di Iesse », su cui si poserà lo Spirito del Signore. Egli si compiacerà del timore del Signore, « non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire: ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della bocca, con il soffio del sue labbra ucciderà l’empio »; la giustizia e la fedeltà saranno attorno ai suoi lombi. Gli uomini, con le immagini degli animali presentate dal profeta, vivranno in fraternità: il lupo con l’agnello, il leopardo e il capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme, come anche la mucca e l’orsa; il leone ci ciberà di paglia come il bue, il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide. Poiché la conoscenza del Signore riempirà la terra non si agirà più iniquamente né si saccheggerà sul santo monte del Signore. Allora la radice di Iesse si eleverà a vessillo e le nazioni la ricercheranno.
Il Messia che viene preannunziato, ripieno dei doni dello Spirito, porterà la pace e darà anche ai credenti lo stesso Spirito attraverso i sacramenti, perché li riempia dell’amore che elimina dai rapporti umani ogni astio, risentimento e li rende capaci di perdonare.
Seconda Lettura: Rm 15,4-9
Esorta san Paolo i Romani a tenere viva la speranza mediante le virtù della perseveranza e della consolazione, come insegnano le Scritture, affinché il Dio della consolazione e della perseveranza conceda loro di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti di Gesù Cristo, per rendere lode a Dio, Padre di Gesù, con « un solo animo e una sola voce rendere gloria a Dio ». Conceda, inoltre, che siano accoglienti gli uni verso gli altri come Dio accoglie loro, perché mentre Cristo, divenendo servitore dei circoncisi, ha mostrato la fedeltà di Dio nel compiere le promesse fatte ai padri, così le genti tutte glorifichino Dio per la sua misericordia usata loro, come sta scritto: « Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al tuo nome ». Così anche noi, uniti nel glorificare Dio con gli stessi sentimenti di Gesù che è venuto nel mondo spinto dall’amore per accoglierci come fratelli, ci porremo al servizio gli uni gli altri.
Vangelo: Mt 3,1-12.
Oggi il Vangelo ci fa giungere la voce di Giovanni il Battista che predicava nel deserto della Giudea chiedendo a chi accorreva di convertirsi perché il regno dei cieli era vicino. Egli era colui che Isaia aveva profetizzato: « Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!». Da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona del Giordano, tutti accorrevano a lui, che nel deserto viveva vestito di peli cammello con una cintura di pelle ai fianchi e mangiava cavallette e miele, per farsi battezzare confessando i peccati. Rivolgendosi a farisei e sadducei che, apostrofandoli come “razza di vipere”, credevano di poter sfuggire all’ira imminente di Dio, li invitava a dare frutti di conversione, perché un albero che non porta buoni frutti viene tagliato e bruciato e a non credere di potersi salvare dicendo di avere Abramo per padre, perché Dio avrebbe potuto far sorgere figli ad Abramo anche dalle pietre. Diceva ancora che, se egli battezzava con acqua, verrà uno dopo di lui più forte, a cui non era degno neppure di portagli in sandali e li avrebbe battezzati in Spirito Santo e fuoco. E, come il contadino nell’aia pulisce il frumento per conservarlo nel granaio e brucia la paglia con il fuoco, così avrebbe fatto lui con coloro che non accettano di convertirsi. Fare penitenza, come dice anche a noi Giovanni il Battista, in questo tempo di avvento, significa preparare il nostro cuore ad accogliere colui che è venuto, come “ Agnello di Dio ”, a togliere i peccati degli uomini e a rinnovare la vita di questa umanità. Questo avviene attraverso un lavacro nuovo, il battesimo che, per l’opera dello Spirito Santo, ci lava dalle colpe e ci rigenera nella grazia e nell’amore di Dio. Davanti al giudizio di Dio non possiamo, certo, misconoscere le nostre colpe. né possiamo sottrarci alla condanna, qualora rifiutassimo di convertirci. Viviamo allora questo nuovo Natale del Signore, rinnovando la nostra vita, i nostri sentimenti e conformandoli a quelli di Cristo Gesù, che vuole nascere nel nostro cuore.
Ultimo aggiornamento (Sabato 03 Dicembre 2016 18:08)