2a Domenica di Quaresima: Gesù si trasfigura sul Tabor.
1 Marzo – IIa DOMENICA DI QUARESIMA
Oggi, il Signore, dopo aver annunziato di dover andare a Gerusalemme dove sarà condannato e messo a morte, sul monte Tabor si trasfigura e il Padre ci manifesta ancora una volta che Gesù è il Figlio amato ed è a lui che dobbiamo aderire: sulla sua parola la nostra esistenza deve essere programmata. Apparendo con Gesù Mosè ed Elia, la legge e i profeti, si conclude l’Antico Testamento. Seguire Gesù significherà d’ora in avanti assumere « nella nostra vita il suo mistero di croce », su cui egli è stato consegnato per potere noi avere la remissione dei peccati, poiché egli si è addossato le nostre iniquità. Questo cammino difficile bisogna compierlo nella fede e nella speranza e l’episodio della trasfigurazione ci fa intravedere, dopo il nostro pellegrinaggio terreno, la gloria del risorto e della nostra futura risurrezione.
Prima Lettura: Gn22,1-2.9.10-13.15-18.
Nell’episodio di Abramo, chiamato da Dio a sacrificargli quell’unico figlio della promessa, la fede del Patriarca è messa alla prova, perché deve distaccarsi dalle attese suscitate in lui dalle promesse di Dio. Si è già separato dalla sua terra e dalla casa del padre e, ora, è chiamato, nella fede, a distaccarsi da quel figlio nato per l’intervento di Dio e a cui è legata la promessa di una lunga discendenza. Abramo è pronto a sacrificarlo e, nella fede, prova angoscia e morte per il gesto che Dio gli chiede. Ma Dio, se libera Isacco da quella vocazione di morte, rinnova la benedizione ad Abramo che non si è rifiutato, con una obbedienza angosciante e misteriosa, ad adempiere alla volontà di Dio: « Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu fai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare … Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce ».
Seconda Lettura: Rm 8,31-34.
San Paolo invita i cristiani a non temere nulla, nessun avvenimento e nessun uomo, perché Dio sta dalla nostra parte: « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui? ». Dio ci ama e ci ha dimostrato questo amore facendoci dono di quanto aveva di più caro: il suo stesso Figlio, che non lo ha risparmiato alla morte ma lo ha fatto risorgere, ponendolo alla sua destra per intercedere per noi. Dio allora non ci condanna, come non ci condanna neanche Gesù che il Padre ha mandato, come dice Gesù a Nicodemo, non per condannare il mondo ma per salvarlo e lo ha posto come nostro intercesso-re presso di lui.
Vangelo: Mc 9,2-10.
Nella trasfigurazione sul Tabor Dio rivela l’identità del suo Figlio, come era avvenuto al Giordano: Gesù è il suo Figlio amato e inviato agli uomini perché lo ascoltino. Egli è la Parola e in lui trasfigurato inabita la presenza del Padre. E’ lui il contenuto e il senso delle Scritture rappresentate da Mosè e la realiz-zazione delle profezie rappresentate da Elia. Con Gesù l’Antico Testamento scompare perché egli ne è il compimento. Gli apostoli rimangono atterriti, impauriti ma anche estasiati se, avvertendo la bellezza di quella visione, Pietro dice a Gesù: « Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia ». Ma, quella visione non può continuare, bisogna ritornare alla realtà e discendere dal monte per riprendere il cammino verso Gerusalemme. Quella del Tabor è un momen-to profetico che preannunzia la risurrezione, evento che si realizzerà dopo i giorni di passione e di morte. Gesù intima « loro di non dir niente ad alcuno di ciò che hanno visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti ».
Nel sangue di Cristo si fonda la nuova ed eterna alleanza.
9 Marzo – Prima Domenica di Quaresima.
La Quaresima è per la vita della Chiesa « segno sacramentale della nostra conversione », perché i giorni che passano e i riti che in essi celebriamo ci richiamano, nel nostro impegno, a rivedere la vita alla luce del Vangelo e giudicarla in base alle sue esigenze.
Il tempo della Quaresima è « tempo favorevole per la nostra salvezza »: e benché tutti i tempi sono portatori di grazia e quindi invito alla redenzione della vita, in Quaresima le esortazioni a convertire il cuore al Signore e rinnovare l’amore per lui, ad ascoltarlo per confermare la fede in lui, ad obbedirgli rinunciando al male e riprendendo il cammino nelle vie del bene, a rivestirci di lui e a trasformare la vita, diventano più pressanti e appassionate: la meditazione sulla nostra colpa si fa più prolungata; il sacrificio della croce viene più intensamente contemplato dalla Chiesa e i nostri cuori più attentamente sono in ascolto della Parola di Dio. Tutti questi giorni sono culmine della storia della salvezza.
Prima Lettura: Gn 9,8-15.
Il Diluvio, nel Vecchio Testamento, rappresenta la distruzione del male e la Purificazione che Dio compie per rinnovare l’umanità. Con Noè e la sua famiglia Egli rinnova l’alleanza e la comunione con gli uomini. L’arcobaleno apparso nel cielo viene posto come simbolo di questa alleanza che unisce suggestivamente il cielo e la terra. Questa preannunzia l’alleanza nuova e definitivamente suggellata da Cristo nel suo sangue, resa eterna e infrangibile: è segno definitivo dell’amore di Dio per l’uomo riconciliato dalla colpa per mezzo del sacrificio del suo Figlio. Così Dio e l’uomo sono uniti per sempre. La comunità della Chiesa, posta come segno visibile di questa unione, è stata da Cristo unita a sé con vincolo sponsale.
Seconda Lettura: 1 Pt 3,18-22.
Il brano della lettera di San Pietro pone in evidenza il collegamento tra Noè che viene salvato dal diluvio con l’arca per la magnanimità di Dio e ciò che ha operato Cristo, morto nel corpo una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti per ricondurre gli uomini a Dio. L’acqua del diluvio e l’arca, immagini del battesimo e della Chiesa, ora per la potenza del Spirito e in virtù della risurrezione di Cristo Gesù, salvano sia le « anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere » a cui Cristo nello spirito portò l’annunzio, sia tutti coloro che invocano da Dio la salvezza da parte di una buona coscienza. Così, invocando con fede la salvezza, gli uomini possiamo diventiamo giusti e ci vengono rimossi i peccati. Nel mistero della passione e risurrezione di Cristo, che ora è alla destra del Padre ad intercedere per noi, possiamo ottenere perdono, salvezza e la vita eterna.
Vangelo : Mc 1, 12-15.
Questo brevissimo brano del Vangelo di Marco, ci presenta Cristo che, sospinto dallo Spirito nel deserto per quaranta giorni, vivendo tra le bestie selvatiche e con gli angeli che lo servono, tentato da Satana riporta su di lui la vittoria e non soccombe alle sue tentazioni, a differenza di quanto era avvenuto nel deserto per Israele, divenuto molte volte infedele a Dio. Ora anche noi, in questi quaranta giorni di Quaresima, siamo invitati a seguire il Signore, nella penitenza, nella preghiera, per essere in grado, come Lui, di vincere ogni forma di tentazione e così essere partecipi della sua vittoria sul Male. Così Gesù, rafforzato dallo Spirito, inizia la sua missione tra gli uomini proclamando il Vangelo di Dio e, poiché « Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino », invita gli uomini a « convertirsi e a credere nel Vangelo », per ricevere la grazia del perdono, che reca all’ uomo la vera gioia per essere assolto e liberato dalle colpe.
TEMPO FAVOREVOLE DI SALVEZZA
TEMPO DI QUARESIMA
Le sei settimane di Quaresima preparano alla Pasqua, che è cuore di tutto l’anno liturgico e la sintesi di tutti i misteri della salvezza.
Chi ancora non ha ricevuto i Sacramenti della iniziazione cristiana – il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia – vi si dispone in questo tempo, e li riceverà durante la grande Veglia Pasquale.
Chi invece è già inserito nel mistero di Cristo e della Chiesa trascorre la Quaresima riprendendo i propri impegni e accogliendo una grazia rinnovata.
Questi quaranta giorni sono segnati anzitutto dal ricordo dei quaranta giorni di Gesù nel deserto, dalla sua lotta con il demonio, dalla sua vittoria sul tentatore. Nel deserto Gesù viene nutrito dalla Parola di Dio, e così supera ogni suggestione diabolica, scegliendo decisamente il cammino segnatogli dal Padre: la redenzione mediante l’umiltà della croce. Durante questo tempo, con ascolto più attento e volenteroso, ci accosteremo anche noi alla Parola di Dio, per attingervi la forza di seguire Gesù Cristo sulla sua strada. In particolare questa Parola vivente ci nutrirà nell’Eucaristia, Pane vivo che ci sosterrà lungo il nostro cammino. L’immagine del cammino ci richiama il viaggio del popolo ebraico lungo il deserto, la liberazione e l’uscita di Israele dalla schiavitù. Fu un tempo di miracoli per l’antico popolo di Dio, miracoli che si avverano ancora di più per noi. Su di essi ritorna la nostra meditazione quaresimale: la manna per noi è l’Eucaristia; l’acqua viva dalla roccia è il dono dello Spirito, la luce luminosa che ci guida è Cristo, Verità e Luce, la legge è il Vangelo.
Nei quaranta giorni ripasseremo queste vicende bibliche, non solo per risuscitare il ricordo, ma soprattutto per constatare la loro continuazione e il loro compimento nella Chiesa.
Di fronte alla bontà divina diverrà più acuta la consapevolezza del nostro peccato: più che la fedeltà di Gesù, abbiamo imitato – stiamo imitando – la durezza di cuore dell’antico popolo di Dio.
Considereremo con amarezza quanto la nostra carne è debole, quanto siamo feriti. Ma alla coscienza della nostra condizione di peccatori non seguirà l’avvilimento di chi si dispera; al contrario, si rinnoverà la fiducia in un amore misericordioso che ci attende per il perdono.
La Quaresima è tutto un commosso e riconoscente elogio della bontà di Dio che nel Signore crocifisso chiama a sé l’uomo che ha peccato.
Quaresima, quindi, è tempo di ritorno, e perciò di mutamento dalla tristezza e dal rimorso alla gioia della vita nella grazia.
Così si riprende la grazia del Battesimo e di tutta la nostra iniziazione cristiana: diventeranno attuali per noi gli incontri con Gesù ( come quello con la Samaritana ), rievocati nelle grandi pagine del Vangelo di Giovanni, o i miracoli ( sul cieco nato e su Lazzaro ) riferiti dallo stesso evangelista, e che sono come la prefigurazione e il simbolo dei prodigi avvenuti nel nostro Battesimo.
I sacramenti vanno come rivissuti e così diviene presente la vita del Signore. Preghiera e Penitenza: ecco il programma di questi che potremmo chiamare « esercizi spirituali » di tutta la Chiesa.
Senza una volontà seria la Pasqua si avvicina nel tempo, ma la sua grazia non sarebbe colta. Chi invece si dispone a passare la Quaresima con la Chiesa, sotto la guida della sua liturgia, si accorgerà che qualche cosa di nuovo avviene in lui; che si trasformano i pensieri, si purificano i desideri, migliorano le azioni. Vuol dire che il mistero della Pasqua agisce e che insieme con Cristo l’anima risorge a nuova vita.
Del resto non si tratterà di fare imprese eccezionali e appariscenti. Basta vivere ogni giorno in comunione con la passione di Gesù – da qui l’importanza della Via Crucis in Quaresima - , perché già la sua risurrezione incominci silenziosamente a spuntare nella nostra esistenza.
Mercoledì delle Ceneri
Purificare la vita per amare il Signore e il prossimo.
Con l’imposizione delle Ceneri Incomincia il cammino della Quaresima, che ha per metà la Pasqua, in cui si rinnova la grazia della passione, della morte e della resurrezione del Signore. E’ un tempo di austerità, di penitenza, che vuol dire conversione, cambiamento « contro lo spirito del male»; un tempo di liberazione dal peccato, origine della morte, così che la nostra vita sia « rinnovata a immagine del Signore risorto ».
Il modello della Quaresima è Gesù Cristo nel deserto: la sua decisione nel rigettare le insidie dell’antico tentatore, il suo ascolto fedele della Parola di Dio e, per noi, la preghiera insieme all’elemosina e al digiuno sono l’espressione di questo cambiamento di vita nell’imitare il Signore in questo tempo sacro.
L’esperienza del digiuno non è una attenzione narcisistica di cura dimagrante che la società moderna propone, ma un’imitazione del Signore che nel deserto ha pregato e digiunato e ci ha insegnato a vivere con tutto il nostro essere, spirito e carne, nella ricerca e nell’amore di Dio, nell’avere fame di lui. La vita cristiana senza l’ascesi sarebbe solo fatto ideologico, costellato magari di buone intenzioni, ma senza coinvolgimento dell’intera persona. L’ascesi diventa palestra che vuol farci giungere a conoscere e amare Dio e a vivere, nella carità di Dio, liberandoci dall’egoismo, dal dominio incondizionato delle passioni, dal desiderio di possesso, l’amore al prossimo, per realizzare una comunione di condivisione e di fraternità con tutti coloro che sono nelle necessità spirituali e materiali.
Prima Lettura: Gl 2,12-18.
La quaresima è il tempo della conversione e del perdono. Certo tutti i giorni contengono l’invito e l’impegno per il ritorno al Signore « con tutto il cuore, con digiuni, con pianti ». Così come ogni tempo è ricco della misericordia e della benignità divina. Ma a partire da questo mercoledì , la Parola di Dio che « si muove a compassione » risuonerà più insistente, e anche salirà più fervida a Dio l’orazione, che è gemito e implorazione dei « sacerdoti , ministri del Signore » e di tutta la Chiesa con loro.
Seconda Lettura: 2 Cor 5,20-6,2.
Paolo si considera ambasciatore di Cristo e collaboratore di Dio nel proclamare che è giunto, ed è presente adesso, il tempo della salvezza, cioè della riconciliazione con Dio. E’ la riconciliazione compiuta da Gesù stesso, l’innocente che Dio ha trattato da « peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio »: noi riceviamo la grazia della « giustizia di Dio », per i meriti del Signore.
Vangelo: Mt 6,1-6,16-18.
Le nostre opere di carità, le nostre preghiere, la nostra penitenza non devono essere proclamate all’esterno, perché siano ammirate e diventino morivo di lode per noi. Deve invece importare lo sguardo di Dio, che vede nel segreto, e la ricompensa che viene da lui. Diversamente, potremmo anche lavorare e impegnarci molto, ma sarebbe uno sciupio di tempo e di energie. In ogni azione buona, che compiamo non per vanità, ma per amore di Dio, c’è una dimensione di eternità, che non andrà mai perduta.
Il tempo di Quaresima comincia con il Mercoledì delle Ceneri e termina prima della Messa « in Cena Domini » al Giovedì santo.
Le domeniche di questo tempo hanno sempre la precedenza anche sulle feste del Signore e su tutte le solennità. Le solennità che coincidono con queste domeniche si anticipano al sabato.
La sesta domenica, con la quale si comincia la Settimana santa, viene chiamata Domenica delle Palme,della passione del Signore.
Il Mercoledì delle Ceneri e il VENERDI’ SANTO sono giorni di digiuno e astinenza: digiuno per coloro che sono compresi tra i 18 e i 60 anni compiuti, ( si è dispensati per motivi di salute);astinenza dalle carni, per coloro che sono dai 14 in sù ( si è dispensati per motivi di salute). Anche i bambini possono essere abituati ad astenersi dalle carni in questo Tempo di Quaresima.
Tutti i VENERDI’ di Quaresima, si osservi l’astinenza dalle carni.
Si consiglia di meditare nei Venerdì di Quaresima la Passione di Gesù o eventualmente in altri giorni a seconda della propria disponibilità di tempo.
Gesù salva l'uomo guarendolo nel corpo e nello spirito.
15 FEBBRAIO – VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO
Nell’assemblea, che si raduna per celebrare ogni Domenica la Pasqua del Signore, è presente Dio che, per mezzo del suo Spirito, ci dona nel pane e nel vino il Corpo e Sangue di Cristo Gesù, suo Figlio. L’amore del Padre e la nostra risposta di figli a questo amore ci rende commensali a questo banchetto a cui siamo invitati e non estranei. Anche ognuno di noi è tempio dello Spirito dove Dio dimora, se con « cuore retto e sincero » custodiamo la Parola di Dio e viviamo nella fedeltà alla sua volontà. Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia chiediamo al Padre celeste:« Risanaci dal peccato che ci divide, e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all’ opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia ».
La carità, che è « pienezza della legge », e l’accoglienza di Cristo presente nei fratelli sofferenti, poveri, oppressi sono il segno visibile che l’amore di Dio abita in noi. Vivendo la misericordia, come compartecipazione alle sofferenze dei fratelli, diventiamo il segno dell’umanità rinnovata dall’ amore.
Prima Lettura: Lv 33,1-2.45-46.
Chi era colpito nel corpo dalla lebbra, nella mentalità del Vecchio Testamento, doveva vivere segregato dalla comunità, portare vesti strappate e capo coperto, velato nel volto e, per evitare di contagiare altri, doveva gridare “ Impuro! Impuro!” . E tale doveva essere considerato e doveva starsene isolato finché durava il suo stato di malattia. Con la venuta di Cristo la guarigione dalla lebbra sarà uno dei miracoli che egli compirà a favore di chi ne era affetto. Chi ne veniva guarito doveva presentarsi al sacerdote per essere riammesso nella comunità dei fratelli.
Come la lebbra, nella sua materialità, rende il corpo di chi ne è colpito insensibile, specie negli arti, al caldo e al freddo, agli stimoli , così spiritualmente possiamo dire che il peccato rende insensibile lo spirito dell'uomo alle realtà spirituali. Gesù è venuto per rendere l’uomo, affetto dalla lebbra del peccato, per cui vive come segregato nel suo mondo di male, libero dalle insensibilità alle realtà divine e alle necessità dei fratelli, riportandolo nell’ ambito della comunità di fede.
Seconda Lettura: 1 Cor 10.31-11.1.
San Paolo, scrivendo ai Corinzi, raccomanda di fare tutto, sia che mangiano sia che bevano, per la gloria di Dio, perché « se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Rm 17,8) ». Vivendo bene tutta la nostra vita, anche il mangiare e il bere, come anche adempiendo alla opere buone, per cui gli uomini vedendole possano rendere gloria a Dio, Paolo interpreta così, in qualche modo, il detto di Gesù del Vangelo di Matteo ( Mt 5,16). Davanti a Dio quello che conta è lo spirito e il motivo per cui si agisce: tutte le nostre giornate e l’intera vita deve essere vissuta per la gloria di Dio.
Raccomanda ancora a non essere motivo di scandalo per nessuno, né per giudei o greci, né per la Chiesa di Dio, così da non essere di inciampo per i fratelli, siano essi credenti o non credenti.
Infine li esorta affinché ognuno non cerchi egoisticamente il proprio interesse ma quello di tutti, col prodigarsi per la salvezza di tutti. Certamente, per Paolo, questi tre aspetti della testimonianza dei credenti, molti impegnativi da raggiungere, sono possibili con la grazia di Cristo e avendolo come modello, come lo è lui imitatore del Signore.
Vangelo: Mc 1,40-43.
Davanti alla accorata supplica del lebbroso e la sua fede nella potenza del Signore, Gesù lo tocca e gli dice: « Lo voglio, sii purificato ». Gli intima, però, di non dire niente a nessuno, a mostrarsi al sacerdote e a fare l’offerta per la purificazione, come era prescritto dalla legge di Mosè. Il gesto di guarigione del lebbroso, secondo la profezia messianica di Isaia, è uno di quelli che rendevano presente il Regno di Dio tra gli uomini. Ma se la guarigione del lebbroso nel corpo era segno materiale di questa presenza del Messia, Gesù proibisce di divulgarlo, perché la vera liberazione “ dalla lebbra del peccato ”, non era ancora stata attuata, poiché solo con la sua morte e risurrezione l’uomo sarebbe stato totalmente rinnovato. Le guarigioni che Gesù compie nei corpi di coloro che si rivolgono a lui, come anche di coloro che lo cercano « venendo a lui da ogni parte », sono tutte segni e anticipazioni della guarigione spirituale e totale che il Cristo avrebbe compiuto per l’intera umanità.
Gesù salva l'uomo guarendolo nel corpo e nello spirito.
15 FEBBRAIO – VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO
Nell’assemblea, che si raduna per celebrare ogni Domenica la Pasqua del Signore, è presente Dio che, per mezzo del suo Spirito, ci dona nel pane e nel vino il Corpo e Sangue di Cristo Gesù, suo Figlio. L’amore del Padre e la nostra risposta di figli a questo amore ci rende commensali a questo banchetto a cui siamo invitati e non estranei. Anche ognuno di noi è tempio dello Spirito dove Dio dimora, se con « cuore retto e sincero » custodiamo la Parola di Dio e viviamo nella fedeltà alla sua volontà. Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia chiediamo al Padre celeste:« Risanaci dal peccato che ci divide, e dalle discriminazioni che ci avviliscono; aiutaci a scorgere anche nel volto del lebbroso l’immagine del Cristo sanguinante sulla croce, per collaborare all’ opera della redenzione e narrare ai fratelli la tua misericordia ».
La carità, che è « pienezza della legge », e l’accoglienza di Cristo presente nei fratelli sofferenti, poveri, oppressi sono il segno visibile che l’amore di Dio abita in noi. Vivendo la misericordia, come compartecipazione alle sofferenze dei fratelli, diventiamo il segno dell’umanità rinnovata dall’ amore.
Prima Lettura: Lv 33,1-2.45-46.
Chi era colpito nel corpo dalla lebbra, nella mentalità del Vecchio Testamento, doveva vivere segregato dalla comunità, portare vesti strappate e capo coperto, velato nel volto e, per evitare di contagiare altri, doveva gridare “ Impuro! Impuro!” . E tale doveva essere considerato e doveva starsene isolato finché durava il suo stato di malattia. Con la venuta di Cristo la guarigione dalla lebbra sarà uno dei miracoli che egli compirà a favore di chi ne era affetto. Chi ne veniva guarito doveva presentarsi al sacerdote per essere riammesso nella comunità dei fratelli.
Come la lebbra, nella sua materialità, rende il corpo di chi ne è colpito insensibile, specie negli arti, al caldo e al freddo, agli stimoli , così spiritualmente possiamo dire che il peccato rende insensibile lo spirito dell'uomo alle realtà spirituali. Gesù è venuto per rendere l’uomo, affetto dalla lebbra del peccato, per cui vive come segregato nel suo mondo di male, libero dalle insensibilità alle realtà divine e alle necessità dei fratelli, riportandolo nell’ ambito della comunità di fede.
Seconda Lettura: 1 Cor 10.31-11.1.
San Paolo, scrivendo ai Corinzi, raccomanda di fare tutto, sia che mangiano sia che bevano, per la gloria di Dio, perché « se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Rm 17,8) ». Vivendo bene tutta la nostra vita, anche il mangiare e il bere, come anche adempiendo alla opere buone, per cui gli uomini vedendole possano rendere gloria a Dio, Paolo interpreta così, in qualche modo, il detto di Gesù del Vangelo di Matteo ( Mt 5,16). Davanti a Dio quello che conta è lo spirito e il motivo per cui si agisce: tutte le nostre giornate e l’intera vita deve essere vissuta per la gloria di Dio.
Raccomanda ancora a non essere motivo di scandalo per nessuno, né per giudei o greci, né per la Chiesa di Dio, così da non essere di inciampo per i fratelli, siano essi credenti o non credenti.
Infine li esorta affinché ognuno non cerchi egoisticamente il proprio interesse ma quello di tutti, col prodigarsi per la salvezza di tutti. Certamente, per Paolo, questi tre aspetti della testimonianza dei credenti, molti impegnativi da raggiungere, sono possibili con la grazia di Cristo e avendolo come modello, come lo è lui imitatore del Signore.
Vangelo: Mc 1,40-43.
Davanti alla accorata supplica del lebbroso e la sua fede nella potenza del Signore, Gesù lo tocca e gli dice: « Lo voglio, sii purificato ». Gli intima, però, di non dire niente a nessuno, a mostrarsi al sacerdote e a fare l’offerta per la purificazione, come era prescritto dalla legge di Mosè. Il gesto di guarigione del lebbroso, secondo la profezia messianica di Isaia, è uno di quelli che rendevano presente il Regno di Dio tra gli uomini. Ma se la guarigione del lebbroso nel corpo era segno materiale di questa presenza del Messia, Gesù proibisce di divulgarlo, perché la vera liberazione “ dalla lebbra del peccato ”, non era ancora stata attuata, poiché solo con la sua morte e risurrezione l’uomo sarebbe stato totalmente rinnovato. Le guarigioni che Gesù compie nei corpi di coloro che si rivolgono a lui, come anche di coloro che lo cercano « venendo a lui da ogni parte », sono tutte segni e anticipazioni della guarigione spirituale e totale che il Cristo avrebbe compiuto per l’intera umanità.