E' L'AMORE IL RESPIRO DI CHI VIVE "IN DIO".
25 OTTOBRE – XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
In tutte le Chiese di Sicilia si celebra la
DEDICAZIONE DELLA PROPRIA CHIESA
Dal Lezionario dei Santi :
Prima lettura: Is 56,1.6-7: Il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli.
Salmo: 83: Nella tua casa, Signore, esultiamo di gioia.
Seconda Lettura: Eb 12, 18-19..22-24: Vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente.
Vangelo: Gv 2,13-22: Parlava del tempio del suo corpo.
L’amore per Dio e l’amore per il prossimo.
Nell’ Eucaristia, banchetto eucaristico, con la fede noi crediamo che Cristo Gesù, nel pane e nel vino, si rende presente con il Corpo e Sangue: con l’effusione dello Spirito Santo invocato da parte del Padre e le parole di Gesù ci danno fondamento e assicurazione che nei segni eucaristici egli ci ha dato tutto se stesso realmente, Corpo, Sangue, anima e divinità. e non solo significativamente.
Gesù, sacerdote, che si dà come cibo e si offre sacrificando la sua vita per noi, ci manifesta la tenerezza dell’amore del Padre e il dono gratuito dell’amore che dobbiamo, a nostra volta, vivere secondo lo spirito del Signore.
Nell’Eucaristia, ancora, con la fede, possiamo sperimentare la misericordia del Padre che, nel suo Figlio Gesù, ci dona il perdono, ci riaccoglie con il figlio e alimenta così la nostra vita divina. Se non viviamo con questa fede la celebrazione domenicale sarebbe per noi senza efficacia e monotona, fatta di soli nostri gesti, e non attingeremmo al dono che il Padre celeste ci fa: quello di essere trasformati nel suo Figlio.
Nella Colletta iniziale di questa domenica preghiamo il Padre celeste, dicendo: «O Padre, che fai ogni cosa per amore e sei la più sicura difesa dei deboli e dei poveri, donaci un cuore libero da tutti gli idoli, per servire te solo e amare i fratelli, secondo lo Spirito del tuo Figlio, facendo del tuo comandamento nuovo l’unica legge della vita». Nella concretezza deve essere amato Dio e, allontanandoci dai vari idoli che ci forgiamo lungo la nostra vita, servire solo lui e il prossimo, a cui, come ci dice il libro dell’Esodo nella prima lettura, dobbiamo manifestare l’amore con azioni concrete, con scelte e predilezioni che siano espressioni di fraternità e di condivisione.
Prima Lettura: Es 22,20-26.
Il Signore al suo popolo chiede di avere verso il forestiero, la vedova, l’orfano, l’ indigente atteggiamenti ispirati alla pietà e all’ aiuto verso il prossimo, verso cui non bisogna esercitare né oppressione di vario genere o maltrattamenti riducendo in schiavitù qualcuno, essendo tutti forestieri in questo mondo, né usura, imponendo interessi per un prestito o trattenendo pegni, come il mantello di un povero, poiché esso è l’unica coperta che usa per coprirsi la notte. Il Signore ascolta ogni grido che queste persone rivolgono a Lui. Bontà, attenzione verso i più deboli, guardarsi dallo sfruttare i più poveri e diseredati non approfittando di essi e della loro indigenza, difendere la loro dignità violata denunciando ogni forma di criminalità, è ciò che Dio desidera dal suo popolo e dai suoi figli.
Seconda Lettura: 1 Ts 1,5-10.
San Paolo, ricordando ai Tessalonicesi come egli si è comportato tra loro per il loro bene, li loda perché hanno cercato di imitarlo e, seguendo il suo esempio e quello del Signore: avendo ascoltato e accolto la Parola, pur tra tante prove, con la gioia dello Spirito Santo, sono diventati modello per i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Per la loro fede e per loro mezzo, ricorda ancora ai Tessalonicesi, « la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e nell’Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne ». Infatti i nuovi credenti della Macedonia e dell’Acaia raccontano, scrive ancora Paolo,« come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere la venuta del suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall’ira che viene ».
Essi, così, convertendosi, hanno cambiato la loro vita e, credendo in Dio e alla sua Parola, servendolo e nutrendo la speranza di incontrare il Signore risorto, sono diventati modello e testimoni del Vangelo. Accogliere la Parola di Dio con gioia, anche in mezzo alle tribolazioni, ed esserne testimoni gioiosi non è sempre facile; allontanarsi dai tanti idoli, che ci andiamo costruendo (divertimenti ossessivi, attività e hobbies di vario genere…), per servire il Dio vivo e vero è certamente segno di una vera conversione al Signore.
Vangelo: Mt 22, 34-40.
Gesù, rispondendo ai farisei e ai dottori della legge mosaica, che gli chiedono quale è il più grande comandamento, risponde : « “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”» e vi aggiunge un secondo comandamento uguale al primo: « “ Amerai il prossimo tuo come te stesso” ». L’amore, dunque, per Gesù è la sintesi della Scrittura e tutta la legge e i profeti sono compendiati nell’ amore. L’amore a Dio, innanzitutto, e l’amore al prossimo sono come due binari su cui dobbiamo far muovere tutta la nostra vita. Dall’amore a Dio, se lo si vive veramente, deriva l’amore al prossimo, includendo ogni rapporto di amore e benevolenza non solo a livello coniugale, familiare e parentale, ma anche a livello sociale, aprendo il nostro cuore verso tutti, vicini e lontani, manifestando loro una carità concreta che si dimostra attraverso opere di fraternità e di aiuto. Gesù per primo ha realizzato questa duplice direzione dell’amore: nel sacrificio della croce, infatti, troviamo l’espressione più alta del suo amore al Padre compiendone la volontà e realizzando il progetto di salvezza degli uomini, avendo messo per loro tutta la sua vita come dono di salvezza e redenzione.
Il cristiano umanizza mirabilmente se stesso nel realizzare l’esempio di Gesù. Un unico amore viene realizzato sia che sia rivolto a Dio sia che sia rivolto al prossimo. San Vincenzo de’ Paoli era solito dire che "sospendere la preghiera che si sta facendo per soccorrere il prossimo è ugualmente servire Dio". Se l’amore è pur un comandamento, un precetto morale deve essere accolto e vissuto liberamente, perché l’uomo, credente o meno, lo avverte nella profondità del suo essere e, praticandolo, realizza autenticamente la sua umanità. Il comandamento a Dio e al prossimo è nuovo, come lo ha dato Gesù ai suoi discepoli, se lo si vive alla maniera di Gesù, animati dallo Spirito del Padre e del Figlio.
CELEBRAZIONE DELLA SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI
Le Sante Messe in Parrocchia saranno celebrate alle ore
Sabato 31 alle ore 18.30
Domenica 1 Novembre alle ore 8.15 – 10.30 – 18.00
2 NOVEMBRE: COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI:
AL CIMITERO LE SANTE MESSE SARANNO CELEBRATE
ALLE ORE 10.00 E ALLE ORE 11.00
Date a Dio quello che è di Dio e date a Cesare quello che è di Cesare.
18 OTTOBRE – XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO.(A)
Date a Dio quello che è di Dio e date a Cesare quello che è di Cesare
OGNI AUTORITA' PUO' SERVIRE AL BENE DI TUTTI.
Nella storia dell’uomo il rapporto tra la sua libertà e la signoria di Dio è un problema che attraversa tutte le generazioni e varie sono state le posizioni che ha assunto, perché se, da una parte, l’uomo, avendolo Dio dotato della libertà, può fare scelte contrarie al progetto di comunione con Lui, dall’altra, il cristiano, guardando a Cristo, non può esiliare Dio dalla storia. Dio, fonte di ogni bene, a tutti gli uomini chiede di realizzare l’attuazione del bene e ne dà anche la forza, ma ad essi spetta di aderirvi accogliendolo liberamente. L’attuazione del progetto salvifico di Dio può subire interruzioni, progredire o regredire drammaticamente a seconda delle scelte che l’uomo liberamente pone in riferimento a tale attuazione. Il peccato dell’uomo, che consiste nel rifiuto più o meno consapevole di collaborare con questo progetto, è ciò che ritarda la realizzazione della signoria di Dio nella storia.
L’obbedienza a Dio delle libere volontà degli uomini, anche quelle di coloro che svolgono il ruolo dell’autorità, deve condurre gli uomini ad agire in funzione del bene di tutti, secondo lo Spirito del Figlio di Dio, per cui, la liturgia, oggi, nella colletta, ci fa pregare: « tutta l’umanità intera riconosca Lui solo come unico vero Dio » . Il modello, quindi, che l’uomo dovrebbe seguire è l’obbedienza a Dio secondo lo Spirito di Gesù, suo Figlio che, sacrificando la sua vita sulla croce, ha fatto la volontà del Padre e, in questa sua obbedienza, ha racchiuso tutti noi, se vogliamo partecipare della salvezza.
L’Eucaristia che celebriamo, oltre che attuare per noi, tutte le volte che ne facciamo memoria, quel sacrificio, ci è data come cibo e sostegno per imitare l’obbedienza del Figlio e così acconsentire al disegno di Dio in tutta la nostra vita, anche quando il cammino si fa arduo, faticoso ed esigente. Allora l’Eucaristia diventa vita.
Essa è alimento alla nostra vita di figli di Dio. Da essa scaturisce anche l’impegno ad operare a favore dei fratelli, come Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito o dominare, ma per donarsi ai fratelli.
Nella colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Padre a te obbedisce ogni creatura nel misterioso intrecciarsi delle libere volontà degli uomini; fa’ che nessuno di noi abusi del tuo potere, ma ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo Spirito e la parola del tuo Figlio, e l’umanità intera riconosca te solo come unico Dio».
Prima Lettura: Is 45,1.4-6.
Nell’ oracolo di Isaia viene riaffermata dal profeta la supremazia di Dio: « Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio ». E’ Dio che ha eletto Ciro, prendendolo per la sua destra, chiamandolo per nome, dandogli un titolo, rendendolo pronto all’ azione e liberatore , benché questi non lo conosca, per realizzare la sua volontà verso Giacobbe, suo servo, e Israele suo eletto, e far conoscere la sua potenza dall’ oriente all’ occidente, poiché « non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, e non ce n’è altri ». Ciro, che con il suo editto ridarà la libertà all’ esule Israele, sarà lo strumento a servizio nelle mani di Dio per compiere il disegno divino. Da ciò deve derivare la fiducia dell’uomo in Dio e noi, nonostante tutte le apparenze e le difficoltà in cui versiamo e ci dibattiamo, non dobbiamo perdere la fiducia nel Dio vivo: nessun proposito di uomini o necessità può rendere vana o compromettere l’opera di Dio, poiché è in suo potere realizzare la sua volontà e come dice il detto di Bossuet:" Dio scrive dritto anche sopra le righe storte degli uomini".
Seconda Lettura: I Ts 1,1-5b.
Paolo, scrivendo ai Tessalonicesi insieme ai suoi collaboratori, augura loro la pace e, ricordandoli nella preghiera, rende grazie a Dio « per l’operosità della loro fede, la fatica della loro carità e la fermezza e costanza della loro speranza nel Signore Gesù ». Tutto questo Paolo lo ritiene non tanto opera sua quanto della potenza di Dio e della forza dello Spirito Santo, che suscita nel cuore degli uomini l’agire e l’operare e l’adesione di ognuno alla sua volontà, perché tutte le forze e le componenti che costituiscono la comunità operino a beneficio di questa, per un servizio generoso ai fratelli, secondo il volere di Dio.
Vangelo: Mt 22,15-21.
Gesù, nel dialogo con i farisei che gli chiedono astutamente se « è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare », non vuole tanto elaborare una teoria politica o economica e, rispondendo con la solita franchezza, riesce a sorprendere gli interlocutori e a schivare la loro insidia di coglierlo in fallo.
Dopo essersi fatto mostrare la moneta che riporta l’ immagine di Cesare, egli non risponde né con un “sì ”, che l’avrebbe fatto apparire nemico del popolo oppresso, né con un “no ”, che l’avrebbe reso un sovversivo verso l’autorità imperante. Gesù dichiara, pur riconoscendo il debito da dare a Cesare, il quale con il tributo richiesto ottiene quanto gli compete per realizzare un governo, pur sempre limitato e desacralizzato, a beneficio di tutti, che va dato a Dio quello che è di Dio, a cui tutto appartiene. Così Gesù, se depoliticizza l’immagine di Dio, che non può essere usato come strumento di potere, chiede agli uomini di accogliere il Vangelo che egli proclama e, poiché spetta solo a Dio il giudizio sull’ agire di chi esercita il potere, essi devono adeguare il loro comportamento in tutto il resto. Se il cristiano, da una parte, è cittadino di questa terra, per cui non può non contribuire, con ciò che chiede l’autorità che deve perseguire il bene di tutti, e non partecipare alla vita sociale e politica degli uomini, dall’ altra, concependo la storia come un cammino verso il Regno dei cieli, deve impegnarsi per realizzare il progetto di Dio che, dall'insegnamento e dalla vicenda di Gesù, è diventato un impegno pregnante per i suoi discepoli. Nelle situazioni di conflitto tra l’autorità di Cesare e le esigenze del Vangelo deve subentrare la mediazione della coscienza, che ci fa assumere la responsabilità personale delle proprie scelte. Pur non essendovi in questione la laicità dello stato, per il cristiano si pone la tensione costante del “come ” egli deve porsi, da credente, all' interno delle istituzioni, dando a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare, limitando questi se pretende di sostituirsi a Dio e limitando coloro che in nome di Dio volessero porsi al posto dell’autorità di Cesare.
SIAMO RIVESTITI DI CRISTO.
11 OTTOBRE - XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Ricevendo il Corpo e il Sangue di Gesù, nell’Eucaristia, noi comunichiamo con la sua vita divina. Questa non è una partecipazione simbolica ma reale alla vita del Signore, perché il pane e il vino, per la potenza dello Spirito Santo, sono trasformati nel suo Corpo e Sangue, che Gesù ha lasciato come nutrimento del nostro spirito. La nostra partecipazione al convito eucaristico dobbiamo viverla con la disposizione interiore di coloro che, animati dall’amore e dalla grazia di Dio, indossano la veste bianca dell’abito nuziale.
Dio che scruta i nostri sentimenti e i nostri pensieri desidera che noi abbandoniamo le nostre umane sicurezze e ricchezze per essere liberi e poveri, e poterci saziare di lui.
Nella Colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l’abito nuziale ».
Is 25,6-10.
Il Signore degli eserciti,per mezzo del profeta Isaia,preannunzia che per tutti i popoli preparerà « un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi raffinati… toglierà il velo che co- priva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni ».
Inoltre avrebbe eliminato la morte e asciugato le lacrime su ogni volto, tolto l’ignominia del suo popolo da tutta la terra. Coloro che avranno sperato nel Signore sperimenteranno la sua salvezza, per cui bisogna rallegrarsi ed esultare,perché la mano del Signore si poserà sul monte. Affidarsi al Signore, sperare in lui, che è il Signore della storia, significa partecipare a ciò che egli preparerà. E per noi cristiani queste realtà, preannunziate dal profeta, hanno avuto inizio con Cristo, che ci ha lasciato il convito dell’Eucaristia, certezza della vittoria sulla morte e della risurrezione, in attesa di realizzarsi perfettamente nel regno dei cieli.
Fil 4,12-14.19-20.
Paolo scrive ai Filippesi dicendo che egli può tutto in colui che gli dà forza: vivere in povertà o nell’abbondanza; è allenato a tutto, alla sazietà e alla fame. Riconosce loro, ringraziandoli, di aver fatto bene per aver preso parte alle sue tribolazioni, e augura loro che il suo Dio colmerà ogni loro bisogno, con magnificenza, secondo la sua ricchezza, in Cristo Gesù. Come Paolo, che è capace di vivere e sopportare ogni evento, ogni cristiano dovrebbe affrontare ogni situazione con la stessa serenità, confidando solamente in colui che può dare la forza e prendendo parte alle necessità dei fratelli bisognosi secondo le proprie disponibilità.
Vangelo Mt 22,1-14.
Gesù, nella parabola del Vangelo di oggi, paragona il banchetto messianico del regno dei cieli alla festa che un re ha preparato per le nozze del suo figlio. Il re, avendo fatto degli inviti, mandò i suoi servi a chiamare gli invitati, ma questi non vollero andare. Mandò, allora, altri servi, dando ordine di dire agli invitati: « Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze! ». Ma essi di nuovo non si curarono di andare, adducendo varie ragioni; anzi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Indignatosi, il re mandò le sue truppe e fece uccidere quegli assassini. Mandò quindi i suoi servi, poiché gli invitati non ne erano stati degni, ad andare nei crocicchi delle strade e invitare tutti quelli che avrebbero trovato, cattivi e buoni, e così la sala si riempì.
Il re, essendo entro nella sala del banchetto per vedere i commensali, ne scorse uno che non indossava l’abito nuziale e gli disse: “ Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Allora ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. E Gesù concluse dicendo che molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti.
Ciò che Isaia aveva preannunziato, Dio lo ha preparato per mezzo del suo Figlio. Attraverso la parabola Gesù ci dice che tutti gli uomini sono chiamati ad accogliere l’invito del Padre celeste a partecipare al banchetto messianico preparato per l’umanità e ad entrare nel progetto di salvezza realizzato dal sacrificio di Cristo. Ma la partecipazione comporta l’indossare un abito di festa, che è la comunione di grazia con Dio. Non tutti però accettano di parteciparvi e con varie scuse ci si esime dall’accogliere l’invito di Dio. E se nei primi invitati si allude al rifiuto di Israele di parteciparvi, anche tra gli altri invitati, poiché l’invito è rivolto a tutti gli uomini, è necessario indossare l’abito nuziale della festa, cioè prepararsi, nella fedeltà e con la coerenza della vita, a vivere in comunione con Dio.
Il vivere in conformità alla vita divina della grazia, ricevuta nel sacramento del battesimo, per la quale siamo nella Chiesa e possiamo partecipare al banchetto dell’Eucaristia, è la condizione necessaria per vivere in anticipo quella realtà che sarà pienamente realizzata nel convito messianico del regno dei cieli.
COLTIVARE LA SANTITA', IMITANDO, DIO, CREATORE E SIGNORE.
4 OTTOBRE – XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. (Anno A)
Il Signore si prende cura della sua “vigna”.
Nella preghiera iniziale della Eucaristia di questa domenica ci rivolgiamo al Padre celeste perché « vegli incessantemente sulla Chiesa, che non abbandoni la vigna che egli ha piantato e che la coltivi e la arricchisca di scelti germogli, perché innestata in Cristo » che è la vera vite, cosicché porti abbondanti frutti di vita eterna. Così Dio nella sua misericordia non solo perdona agli uomini le loro colpe ma anche li arricchisce delle sue grazie e dei suoi doni. Dio esaudisce le nostre suppliche al di là di ogni nostro desiderio, di ogni merito e ogni aspettativa. Bisogna, allora, pregare con fede che, pur se piccola, è molto efficace.
Prima Lettura: Is 5,1-7.
Il popolo d’ Israele rappresenta la vigna del Signore. Egli la cura con amore, la protegge, la dissoda e vi pianta viti pregiate, la dota di una torre, di un tino e di tutto ciò che è necessario perché possa produrre buon vino. La risposta però a tanto amore da parte del suo popolo è una continua infedeltà all’alleanza, per cui invece della giustizia e della rettitudine crescono in essa « spargimento di sangue e oppressione dei poveri », cioè essa produce acini acerbi. Il Signore si attendeva che producesse uva dopo tutto quello che aveva fatto alla sua vigna. Anche da noi, popolo della nuova alleanza, innestati in Cristo, il Signore si attende frutti abbondanti, perché ci coltiva con la sua parola, che illumina il nostro operare, ci nutre con il Corpo e il Sangue del suo Figlio, ci sostiene con la forza del suo Spirito e ci colma di tutti i beni, doni e carismi, che servono perché possiamo portare molto frutto. Ma la nostra risposta non è, a volte, come quella di Israele? Come aveva Dio intenzione di fare con il suo popolo che, cioè, avrebbe tolto alla sua “vigna” ogni protezione, l’ avrebbe trasformata in pascolo, rendendola un deserto e luogo selvatico dove vi crescono rovi e pruni, non potrebbe fare lo stesso anche con noi? Il Signore non si aspetta, come era per il popolo d’Israele, dagli uomini di buona volontà, da ogni credente in Dio, e anche da noi, credenti nel Cristo, opere di giustizia e non di oppressione e diseguaglianze, di pace e non di divisioni e guerre fratricide, di benevolenza e non di odio? La storia potrebbe ripetersi: anche con noi, per il nostro modo di vivere opulento e infedele in contrasto con l’amore infinito da parte di Dio per noi, poiché, spesso, siamo ingrati e ribelli ai suoi insegnamenti, ai suoi comandamenti?
Seconda Lettura: Fil 4,6-9.
In questo brano, Paolo, come i Filippesi, esorta anche noi ad abbandonarci a Dio, senza angustie, angosce o agitazioni, a presentare a lui le nostre suppliche, le nostre richieste e i nostri ringraziamenti, con preghiera umile e filiale, fiduciosi che la pace di Dio ci custodirà, nell’intimo del cuore e della mente, al di là delle nostre aspettative, nel suo Figlio Gesù. Ma da parte nostra è necessario che ricerchiamo, nei nostri pensieri, non solo tutto ciò « che è vero, che è nobile, quello che è giusto, che è puro, quello che è amabile, quelle che è onorato, ciò che è virtù e merita lode », ma anche quelle opere che Il Signore ci fa conoscere, comprendere e vedere, testimoniate da coloro che gli sono fedeli, perché siano messe in pratica da tutti quelli che vogliono seguirlo nella fedeltà e nell’amore. E’ un programma quello che, oggi, l’apostolo ci propone, per essere la « vigna del Signore, che si aspetta frutti abbondanti di fedeltà, di giustizia e di amore ».
Vangelo: Mt 21, 33-43.
Nella parabola della vigna del Vangelo di oggi, Gesù riprende tutto quello che il profeta Isaia aveva cantato di Dio in riferimento al suo popolo, di come l’aveva curato e amato. La vigna, cioè Israele, era stata affidata alla cura di vignaioli, sacerdoti, profeti e suoi inviati, che però non l’hanno coltivato e nella loro infedeltà, rendendosi indegni dell’elezione divina, hanno fatto i loro interessi e non hanno dato i frutti che Dio, padrone della vigna, si attendeva.
Anzi, bastonando alcuni profeti e uccidendone altri, cioè coloro che Dio mandava, e infine uccidendo il suo stesso Figlio, di cui non hanno avuto riguardo, si sono resi indegni del regno loro promesso, il quale sarebbe stato loro tolto e dato ad un « nuovo popolo che lo farà fruttificare », dice Gesù. Questo popolo nuovo è quello che è costituito nella nuova alleanza che Dio stipula con l’umanità rinnovata dal sacrificio del Cristo e nel suo Sangue.
Quella del rapporto tra Dio e Israele, ma anche tra Dio e i credenti, è una storia di ribellione e di rigetto del progetto di Dio, di cui neanche noi siamo a volte indenni, poiché in questa nuova realtà, dopo essere stati innestati in Cristo, edificati in lui pietra angolare, ciascuno di noi dovrebbe ma, a volte, non porta effettivamente frutto secondo il desiderio e il volere di Dio.
Dio, con la sua misericordia, è vicino a chi lo cerca.
27 SETTEMBRE – XXVI DOMENICA TEMPO ORDINARIO.
Dio, con la sua misericordia, è vicino a chi lo cerca.
Se le vie di Dio non sono le nostre vie e la sua giustizia non corrisponde alla nostra giustizia, come ci diceva la Parola di Dio domenica scorsa, oggi, il Signore ci dice che egli tiene conto del nostro cammino di conversione, per vivere secondo la sua giustizia, camminare nelle sue vie e vivere secondo la sua volontà.
Tutte le volte che viviamo l’Eucaristia noi prendiamo parte al memoriale della passione, morte e risurrezione del Signore. In essa sperimentiamo la misericordia del Signore, che continua ad accogliere i peccatori pentiti nel cuore, promette « vita e salvezza a ogni uomo che desiste dall’ingiustizia », rende con il suo Spirito docili alla sua parola e dona gli stessi sentimenti del suo Figlio Gesù Cristo. Dall’ essere commensali alla stessa mensa non possiamo non condividere con i fratelli ciò che il Signore nella sua provvidenza ci dona, così non possiamo ammettere l’ingiustizia, il disprezzo dei fratelli che sono nelle necessità: dalla condivisione del pane eucaristico deve derivare l’impegno di aiutare i fratelli, affinché nessuno soffra la necessità, e conseguire i beni promessi della eredità eterna.
Nel nostro rapporto con Dio, anche noi, spesso, per le nostre debolezze, non ci poniamo in sintonia con la volontà di Dio. Ma il Signore nel Vangelo e il profeta Ezechiele ci dicono che colui che si allontana dal male commesso e si pente o chi, come il figlio della parabola, ripensando al suo rifiuto, si dispone a compiere la volontà di Dio e a lavorare per il suo regno, allora può sperare nella sua misericordia, che perdona e riaccoglie.
I farisei, a cui Gesù chiese chi avesse adempiuto alla volontà del padre, se colui che ha detto “ di non averne voglia ” ma " poi " l’ha adempiuta o l’altro che ha detto prima “sì” ma “poi” non l’ha fatta, risposero che il primo, pentendosi, si era adeguato al volere del Padre. Così Gesù, dice loro, che i peccatori, pubblicani e prostitute, sarebbero passati avanti nel Regno di Dio, perché questi hanno creduto nella via della giustizia predicata da Giovanni, loro invece no.
Per il Signore, infatti, c’è un “prima” e un “poi”, che fa la differenza, un tempo esistenziale di ripensamento, di ravvedimento, lungo o corto che sia, che può far cambiare dinanzi al Signore, la nostra prospettiva di vita, per il “nostro oggi” e per il “domani nel suo Regno”.
Nella colletta iniziale preghiamo dicendo: « O Padre, sempre pronto ad accogliere pubblicani e peccatori appena si dispongono a pentirsi di cuore, tu prometti vita e salvezza a ogni uomo che desiste dall’ ingiustizia: il tuo Spirito ci renda docili alla tua parola e ci doni gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù ».
Prima Lettura: Ez 18,25-28.
Ognuno è responsabile personalmente delle proprie azioni, del bene o del male che compie. Così, dice il profeta nel nome di Dio, « se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, e a causa di questo muore, egli muore per il male commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità … e compie ciò che è retto e giusto, fa vivere se stesso ». L’uomo, nella libertà di cui Dio lo ha dotato, può compiere azioni buone o azioni malvagie e, in base a queste, egli viene o condannato o fatto vivere. In base a questa possibilità di ritrarsi dal male il peccatore può allontanarsi dalle colpe commesse e vivere.
Seconda Lettura: Fil 2,1-11.
Il cristiano che è animato dalla carità, dal conforto di Dio, dalla comunione di spirito, da sentimenti di amore e compassione, deve vivere nella concordia e avere sentimenti unanimi, escludendo ogni forma di rivalità o vanagloria nel relazionarsi con gli altri e operare con « umiltà e senza cercare il proprio interesse ma quello degli altri ». In tutto questo si deve avere come modello Gesù Cristo, il quale pur essendo nella condizione di Dio, non « ritenne un privilegio essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo … umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. …. Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome …». Così, conclude Paolo, bisogna avere gli stessi sentimenti che hanno animato Cristo e di proseguire, nel suo spirito, il suo modello di realizzazione della nostra dignità di figli di Dio.
Vangelo: Mt 21,28-32.
Davanti a Dio non bastano le buone intenzioni, bisogna agire operando la volontà di Dio come ha fatto Gesù e fare come il figlio della parabola che pur avendo detto, in un primo momento, di “non averne voglia” di andare a lavorare nella vigna, poi, pentitosi, vi andò, a differenza del secondo che disse subito di “sì”, ma poi non andò. Così, dice Gesù, i pubblicani e i peccatori pentiti, con la loro fede e conversione, precedono nel Regno di Dio tutti quelli che, ritenendosi giusti, non compiono la volontà del Signore. Deve esserci sempre un ravvedimento, a cui deve seguire la presa di coscienza di essersi allontanati dalla dignità di figli di Dio, ritornando pentiti e convertiti a lui, come pure è detto della parabola del figlio prodigo che, “ritornò in sé” e “pentito”, ritornò all’abbraccio del padre, che lo attendeva. Anche nella vicenda di Zaccheo, avviene questo cambiamento stabile di vita, con il proposito di restituire ciò che aveva rubato. I peccatori, che avvertono la consapevolezza di essere nel male, sono più aperti e ricettivi di coloro che, appagati da una giustizia formale, non corrispondono a quella che Dio vuole da loro, non accolgono l’invito a convertirsi e si chiudono al dono della grazia di Dio. Chi allora non si pente e non accoglie nella sua vita la volontà di Dio, pur avendo visto e sperimentato tutto ciò che Dio ha fatto e detto, non può entrare nel suo Regno: chi, infatti presume di essere già giusto non ha orecchie per ascoltare il vangelo della misericordia che Dio ha rivelato nel suo Figlio, il quale è venuto perché il mondo sia riconciliato e salvato.
Da quello che il Vangelo, nelle varie situazioni in cui si trova l’uomo, ci ha mostrato, davanti a Dio non contano solo parole di risposta alla sua volontà, ma l’adempimento di essa, non eseguita solo formalmente, ma con la consapevolezza di fede e di amore che dobbiamo a Dio, ad imitazione di Gesù. Camminando nel nostro “oggi”, se per la nostra fragilità sperimentiamo il male, non dobbiamo disperare della misericordia che il Signore ha riversato sull’uomo. Bisogna pregare perché il Signore ci faccia conoscere le sue vie e ci guidi nella sua fedeltà. Che il Signore non ricordi i peccati e le nostre ribellioni, ma si ricordi di noi nella sua misericordia, che ci indichi la via e ci guidi, nella nostra povertà, secondo la sua giustizia.
PROGRAMMA DELLA FESTA DELLA MADONNA DELLA CATENA
Dal 2 al 10 Ottobre celebriamo la NOVENA IN ONORE della MADONNA DELLA CATENA
Ore 17.00 Santo Rosario – 17.30 Santa Messa
2 Ottobre, venerdì: Maria conduce i bambini a Gesù.
3 Ottobre, sabato: Maria modello di santità per i nostri giovani, che la onorano
come Madre.
4 Ottobre, Domenica : Maria, sposa di Giuseppe e Madre di Gesù: Gli sposi cristiani
attorno a Maria.
5 Ottobre, Lunedì : Maria” Prega per noi, ora e nell’ora della nostra morte"
Preghiera per i nostri defunti.
6 Ottobre, Martedì : Maria ci insegna a portare Cri sto al mondo: Celebrazione mis-
sionaria.
7 Ottobre, Mercoledì : Maria ci insegna ad amare Cristo nei fratelli: giornata dedica-
ta alla Carità.
8 Ottobre, Giovedì : Maria ci guida nel cammino: Benedizione delle Automobili.
9 Ottobre, Venerdì : Maria ci conforta nel momento della Croce:
Preghiera per i Malati.
10 Ottobre, Sabato : Maria ci insegna a Pregare: Santo Rosario meditato.
11 Ottobre, Domenica: FESTA IN ONORE DI MARIA DELLA CATENA.
Sante Messe : Ore 07.00 – 8.30 – 11.30
Ore 10.00 Messa Cantata.
Ore 18.00 Solenne Santa Messa Presieduta daS. E. Mons. S. MURATORE.
N. B. La partecipazione alle sante Messe, per la contingente pandemia, saranno con un
Numero limitato di fedeli, ( 80-85 massimo). E’ necessario essere muniti di mascherina, igienizzarsi le mani all’ingresso, rispettare il distanziamento anche se si potrà partecipare dall’esterno tramite altoparlanti e verrà rilevata, per chi prende posto all’interno, la temperatura.