





GESÙ É IL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO, CHE NUTRE LA VITA DIVINA DEL CREDENTE IN LUI.
1 AGOSTO – XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)
GESÙ É IL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO CHE NUTRE LA VITA DIVINA DEL CREDENTE IN LUI.
Nella celebrazione della Eucaristia non basta offrire al Padre il sacrificio della croce, Gesù, vittima gradita a Dio, è necessario che anche faccia parte di questa offerta la nostra vita, che viene trasformata insieme come offerta perenne. I segni del sacrificio del Cristo devono diventare anche i nostri segni, perché ogni aspetto della vita porti le impronte dell’amore di Cristo. Anche il lavoro e le attività quotidiane, se svolti con spirito di carità e di fraternità verso i poveri e i sofferenti, come ha fatto Cristo, esprimeranno il nostro servizio verso tutti gli uomini. Così ci rivolgiamo al Padre nella preghiera iniziale: «O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le risorse del creato, fa’ che non manchi il pane nella mensa dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola ».
Prima Lettura: Es 16, 2-4.12-15.
Lungo il cammino del deserto gli Israeliti davanti a Mosè rimpiangono la pentola della carne e il pane che mangiavano a sazietà, mentre nel deserto rischiano la morte per la mancanza del cibo. Ma il Signore dice a Mosè:« Sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge … parla loro così: “ Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio” ». Così la sera le quaglie coprono l’accampamento; al mattino c’è uno strato di rugiada che, svanendo, lascia sulla superficie del deserto una cosa fine e granulosa che, vedendola, gli Israeliti si dicono l’un l’altro: « Che cos ’è? ». Mosè dice loro: « E’ il pane che il Signore vi ha dato in cibo ». Al popolo che mormora sì contro Mosè, ma è verso il Signore che è rivolta la lamentela, Dio dà il pane e la carne a sazietà, dimostrando che non abbandona il suo popolo, perché Egli è il Signore, loro Dio, l’unico che salva e che conduce quel popolo secondo un suo progetto. Quel pane è la prefigurazione di quello che verrà dato più tardi, quando dal cielo Dio avrebbe inviato il suo Figlio, Pane vivo disceso dal cielo, come ebbe a dire Gesù stesso.
Seconda Lettura: Ef 4, 17.20-24.
Paolo esorta e scongiura gli Efesini a non tenere più comportamenti pagani, perché hanno imparato a conoscere Cristo, se veramente gli hanno dato ascolto e sono stati istruiti nella verità di Gesù. Ancora. Ad « abbandonare l’uomo vecchio con la sua condotta di prima che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli », a rinnovarsi nello spirito e a rivestirsi « dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità ».
Chi ha fatto l’esperienza di Gesù e, come cristiano ha creduto in lui e si è rinnovato attraverso il Battesimo e i sacramenti, deve rompere con i comportamenti precedenti, propri dell’uomo carnale, complice del peccato e delle passioni ingannatrici. Rinnovato nell’intimo del proprio essere deve imitare Gesù, rivestendosi di una nuova umanità e vivendo ad immagine e in conformità a Cristo, deve farsi guidare dal suo Spirito. Gesù chiama i suoi discepoli a rompere definitivamente con il passato e ad avere una nuova mentalità, quella che corrisponde alla volontà del Padre.
Vangelo: Gv, 6,24-35.
Gesù, alla folla che gli chiede dopo averlo trovato al di la del mare, nei pressi di Cafarnao, quando sia giunto in quel luogo, risponde dicendo:« In verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà, poiché il Padre Dio ha posto in lui il suo sigillo ». Avendo capito ciò che Gesù chiedeva loro gli dissero: « Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio ? ». E Gesù dice loro che l’opera di Dio è che essi credano in colui che il Padre ha mandato. Alla loro richiesta insistente: « Quali segni tu compi perché vediamo e crediamo? Quale opera fai? » e ricordando che i loro padri nel deserto avevano mangiato la manna, Gesù risponde: « In verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo ». Essi allora dicono: « Signore, dacci sempre questo pane ». Gesù risponde loro:« Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai !». Gesù afferma solennemente che Egli è il vero pane di Dio, e che quello di Mosè, la manna, lo prefigurava, perché ugualmente quelli che lo avevano mangiato erano morti. La persona di Gesù e non una cosa che si consuma è « Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo », il Figlio, che sacrifica se stesso per la salvezza del mondo. Il pane che Gesù dà, cioè tutto se stesso, Corpo e Sangue, è realtà che non perisce e preserva dal nostro deperimento e come Egli è vita eterna così anche chi mangia di lui ha la vita eterna. Solo colui che crede lo riceve e se ne appropria, per cui la fede è condizione indispensabile per realizzare questa comunione con Cristo, che alimenta la vita di Dio nell’ anima del credente in lui.
GESÙ É IL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO, CHE NUTRE LA VITA DIVINA DEL CREDENTE IN LUI.
1 AGOSTO – XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno B)
GESÙ É IL PANE VIVO DISCESO DAL CIELO CHE NUTRE LA VITA DIVINA DEL CREDENTE IN LUI.
Nella celebrazione della Eucaristia non basta offrire al Padre il sacrificio della croce, Gesù, vittima gradita a Dio, è necessario che anche faccia parte di questa offerta la nostra vita, che viene trasformata insieme come offerta perenne. I segni del sacrificio del Cristo devono diventare anche i nostri segni, perché ogni aspetto della vita porti le impronte dell’amore di Cristo. Anche il lavoro e le attività quotidiane, se svolti con spirito di carità e di fraternità verso i poveri e i sofferenti, come ha fatto Cristo, esprimeranno il nostro servizio verso tutti gli uomini. Così ci rivolgiamo al Padre nella preghiera iniziale: «O Dio, che affidi al lavoro dell’uomo le risorse del creato, fa’ che non manchi il pane nella mensa dei tuoi figli, e risveglia in noi il desiderio della tua parola ».
Prima Lettura: Es 16, 2-4.12-15.
Lungo il cammino del deserto gli Israeliti davanti a Mosè rimpiangono la pentola della carne e il pane che mangiavano a sazietà, mentre nel deserto rischiano la morte per la mancanza del cibo. Ma il Signore dice a Mosè:« Sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina o no secondo la mia legge … parla loro così: “ Al tramonto mangerete carne e alla mattina vi sazierete di pane; saprete che io sono il Signore, vostro Dio” ». Così la sera le quaglie coprono l’accampamento; al mattino c’è uno strato di rugiada che, svanendo, lascia sulla superficie del deserto una cosa fine e granulosa che, vedendola, gli Israeliti si dicono l’un l’altro: « Che cos ’è? ». Mosè dice loro: « E’ il pane che il Signore vi ha dato in cibo ». Al popolo che mormora sì contro Mosè, ma è verso il Signore che è rivolta la lamentela, Dio dà il pane e la carne a sazietà, dimostrando che non abbandona il suo popolo, perché Egli è il Signore, loro Dio, l’unico che salva e che conduce quel popolo secondo un suo progetto. Quel pane è la prefigurazione di quello che verrà dato più tardi, quando dal cielo Dio avrebbe inviato il suo Figlio, Pane vivo disceso dal cielo, come ebbe a dire Gesù stesso.
Seconda Lettura: Ef 4, 17.20-24.
Paolo esorta e scongiura gli Efesini a non tenere più comportamenti pagani, perché hanno imparato a conoscere Cristo, se veramente gli hanno dato ascolto e sono stati istruiti nella verità di Gesù. Ancora. Ad « abbandonare l’uomo vecchio con la sua condotta di prima che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli », a rinnovarsi nello spirito e a rivestirsi « dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità ».
Chi ha fatto l’esperienza di Gesù e, come cristiano ha creduto in lui e si è rinnovato attraverso il Battesimo e i sacramenti, deve rompere con i comportamenti precedenti, propri dell’uomo carnale, complice del peccato e delle passioni ingannatrici. Rinnovato nell’intimo del proprio essere deve imitare Gesù, rivestendosi di una nuova umanità e vivendo ad immagine e in conformità a Cristo, deve farsi guidare dal suo Spirito. Gesù chiama i suoi discepoli a rompere definitivamente con il passato e ad avere una nuova mentalità, quella che corrisponde alla volontà del Padre.
Vangelo: Gv, 6,24-35.
Gesù, alla folla che gli chiede dopo averlo trovato al di la del mare, nei pressi di Cafarnao, quando sia giunto in quel luogo, risponde dicendo:« In verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà, poiché il Padre Dio ha posto in lui il suo sigillo ». Avendo capito ciò che Gesù chiedeva loro gli dissero: « Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio ? ». E Gesù dice loro che l’opera di Dio è che essi credano in colui che il Padre ha mandato. Alla loro richiesta insistente: « Quali segni tu compi perché vediamo e crediamo? Quale opera fai? » e ricordando che i loro padri nel deserto avevano mangiato la manna, Gesù risponde: « In verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo ». Essi allora dicono: « Signore, dacci sempre questo pane ». Gesù risponde loro:« Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai !». Gesù afferma solennemente che Egli è il vero pane di Dio, e che quello di Mosè, la manna, lo prefigurava, perché ugualmente quelli che lo avevano mangiato erano morti. La persona di Gesù e non una cosa che si consuma è « Colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo », il Figlio, che sacrifica se stesso per la salvezza del mondo. Il pane che Gesù dà, cioè tutto se stesso, Corpo e Sangue, è realtà che non perisce e preserva dal nostro deperimento e come Egli è vita eterna così anche chi mangia di lui ha la vita eterna. Solo colui che crede lo riceve e se ne appropria, per cui la fede è condizione indispensabile per realizzare questa comunione con Cristo, che alimenta la vita di Dio nell’ anima del credente in lui.
AFFIDIAMO A DIO LA NOSTRA INADEGUATEZZA, CONFIDANDO NELLA SUA PROVVIDENZA.
25 LUGLIO – XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipare al sacrificio dell’Eucaristia vuol dire celebrare il memoriale della passione, morte e resurrezione del Signore che, in virtù dello Spirito Santo, attualizza nella vita del credente il suo mistero di salvezza. Lo Spirito, che trasforma il pane e il vino nella presenza reale di Cristo, ci dà la possibilità di « condividere il pane disceso dal cielo » alla mensa del Signore. L’accento, ancora una volta in questa Eucaristia, è posto sulla Pasqua domenicale e, nella preghiera iniziale, ci rivolgiamo a Dio dicendo: « O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché sia saziata ogni fame del corpo e dello Spirito ». Tutto ciò che è necessario alla vita quotidiana, davanti a questi doni, deve essere ricercato e usato saggiamente, senza che intralci la continua ricerca dei beni celesti. E qualora dovesse intralciare questa ricerca bisogna essere capaci di rinunziare a ciò che ci ostacola nel cammino verso il Regno.
Prima Lettura: 2 Re 4,42-44.
Nell’episodio narrato dal Libro dei Re, ad Eliseo fu portato dall’uomo venuto da Baal-Salisà, pane di primizie, « venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia ». Il profeta Eliseo disse al suo servitore di distribuirlo alla gente. Pur tuttavia davanti alla obiezione di questi che dice :« come posso mettere questo davanti a cento persone », la fede del profeta ottiene da Dio che i pani distribuiti bastino e ne avanzino. Eliseo si affida alla Parola del Signore e crede in lui: allora anche il poco pane si moltiplica e può sfamare tanta gente.
Seconda Lettura: Ef 4,1-6.
San Paolo esorta gli Efesini a comportarsi « in maniera degna della chiamata che hanno ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportando-si a vicenda nell’amore, avendo a cuore l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace ». Ancora. Li esorta ad essere un solo corpo e un solo spirito, poiché sono chiamati ad una sola speranza, a credere in un solo Signore, a credere una sola fede e in un solo battesimo. Ma al fondamento di tutto vi è un solo Dio, Padre di tutti, che sta al di sopra di tutti ed opera ed è presente in tutti. E’ facile constatare quando sia difficile, arduo, ma urgente realizzare comportamenti che imitino quelli del Signore, attorno a cui bisogna vivere un’intima unità che deriva dal solo Dio Padre, in cui si crede, dal solo Signore e dal solo Spirito, realizzando un’unità di fede e di Battesimo. Così i cristiani formano un solo corpo, escludendo ogni divisione che comprometterebbe l’unità della Chiesa e smentirebbe il mistero di amore che ci costituisce una sola cosa.
Vangelo: Gv 6,1-15.
La moltiplicazione dei pani operata da Gesù sul monte vicino al lago di Tiberiade, per sfamare la grande folla che lo seguiva, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi, preannunzia ciò che compirà nell’ultima cena, in cui darà un altro pane, il suo Corpo, per sfamare coloro che ricorrono a lui e sono affamati sia del suo insegnamento sia del suo Corpo, che è pane di vita eterna. Nella vicinanza della Pasqua, annota il Vangelo di oggi, Gesù compie questo gesto della moltiplicazione, mettendo alla prova i suoi discepoli e dicendo a Filippo: « Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare ? ». Alla risposta dell’apostolo che duecento denari di pane non sarebbero stati sufficienti neppure per darne un pezzetto a ciascuno e alla sconsolata constatazione di Andrea che dice : « C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente ?», Gesù ordina loro di far sedere quella folla di quasi cinquemila persone e, dopo aver reso grazie, prendendo i pani e i pesci li dà perché li distribuiscano alla folla. Dei pani e dei pesci non solo se ne saziano tutti, ma con i pezzi avanzati se ne riempiono dodici canestri. Alla vista del segno, la gente riconosce Gesù come « il vero profeta, colui che viene nel mondo ». Ma Gesù si ritira di nuovo sul monte, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re.
Davanti al numero di coloro che dovevano essere sfamati anche noi avremmo espresso lo stesso stupore dell’apostolo Filippo e avremmo detto come Andrea di aver poco da condividere. Oggi, davanti alla fame materiale e spirituale della moltitudine degli uomini, anche noi, come allora, constatiamo l’impossibilità di poter soddisfare, con i mezzi limitati che abbiamo, i bisogni di una così grande moltitudine e poco confidiamo nella potenza e nell’amore di Dio. Come nel deserto l’ intervento di Dio fu provvidenziale per sfamare, dopo l’esodo, il popolo con la manna ed Eliseo con venti pani d’orzo sfamò più di cento persone, così Gesù, guida del nuovo popolo che egli pasce nella traversata della nuova Pasqua, con il gesto della moltiplicazione prelude e prepara il pane vero disceso dal cielo. Viene preannunziata l’Eucaristia che Gesù avrebbe istituito nella cena pasquale, donando se stesso in cibo, in abbondanza, al nuovo popolo della Chiesa. E’ lui il nuovo Mosè, il nuovo Eliseo, « davvero il profeta, colui che viene nel mondo », riconosciuto dalla folla.
Ultimo aggiornamento (Sabato 24 Luglio 2021 09:37)
AFFIDIAMO A DIO LA NOSTRA INADEGUATEZZA E AFFIDIAMO ALLA SUA PROVVIDENZA.
25 LUGLIO – XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
Partecipare al sacrificio dell’Eucaristia vuol dire celebrare il memoriale della passione, morte e resurrezione del Signore che, in virtù dello Spirito Santo, attualizza nella vita del credente il suo mistero di salvezza. Lo Spirito, che trasforma il pane e il vino nella presenza reale di Cristo, ci dà la possibilità di « condividere il pane disceso dal cielo » alla mensa del Signore. L’accento, ancora una volta in questa Eucaristia, è posto sulla Pasqua domenicale e, nella preghiera iniziale, ci rivolgiamo a Dio dicendo: « O Padre, che nella Pasqua domenicale ci chiami a condividere il pane vivo disceso dal cielo, aiutaci a spezzare nella carità di Cristo anche il pane terreno, perché sia saziata ogni fame del corpo e dello Spirito ». Tutto ciò che è necessario alla vita quotidiana, davanti a questi doni, deve essere ricercato e usato saggiamente, senza che intralci la continua ricerca dei beni celesti. E qualora dovesse intralciare questa ricerca bisogna essere capaci di rinunziare a ciò che ci ostacola nel cammino verso il Regno.
Prima Lettura: 2 Re 4,42-44.
Nell’episodio narrato dal Libro dei Re, ad Eliseo fu portato dall’uomo venuto da Baal-Salisà, pane di primizie, « venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia ». Il profeta Eliseo disse al suo servitore di distribuirlo alla gente. Pur tuttavia davanti alla obiezione di questi che dice :« come posso mettere questo davanti a cento persone », la fede del profeta ottiene da Dio che i pani distribuiti bastino e ne avanzino. Eliseo si affida alla Parola del Signore e crede in lui: allora anche il poco pane si moltiplica e può sfamare tanta gente.
Seconda Lettura: Ef 4,1-6.
San Paolo esorta gli Efesini a comportarsi « in maniera degna della chiamata che hanno ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportando-si a vicenda nell’amore, avendo a cuore l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace ». Ancora. Li esorta ad essere un solo corpo e un solo spirito, poiché sono chiamati ad una sola speranza, a credere in un solo Signore, a credere una sola fede e in un solo battesimo. Ma al fondamento di tutto vi è un solo Dio, Padre di tutti, che sta al di sopra di tutti ed opera ed è presente in tutti. E’ facile constatare quando sia difficile, arduo, ma urgente realizzare comportamenti che imitino quelli del Signore, attorno a cui bisogna vivere un’intima unità che deriva dal solo Dio Padre, in cui si crede, dal solo Signore e dal solo Spirito, realizzando un’unità di fede e di Battesimo. Così i cristiani formano un solo corpo, escludendo ogni divisione che comprometterebbe l’unità della Chiesa e smentirebbe il mistero di amore che ci costituisce una sola cosa.
Vangelo: Gv 6,1-15.
La moltiplicazione dei pani operata da Gesù sul monte vicino al lago di Tiberiade, per sfamare la grande folla che lo seguiva, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi, preannunzia ciò che compirà nell’ultima cena, in cui darà un altro pane, il suo Corpo, per sfamare coloro che ricorrono a lui e sono affamati sia del suo insegnamento sia del suo Corpo, che è pane di vita eterna. Nella vicinanza della Pasqua, annota il Vangelo di oggi, Gesù compie questo gesto della moltiplicazione, mettendo alla prova i suoi discepoli e dicendo a Filippo: « Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare ? ». Alla risposta dell’apostolo che duecento denari di pane non sarebbero stati sufficienti neppure per darne un pezzetto a ciascuno e alla sconsolata constatazione di Andrea che dice : « C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente ?», Gesù ordina loro di far sedere quella folla di quasi cinquemila persone e, dopo aver reso grazie, prendendo i pani e i pesci li dà perché li distribuiscano alla folla. Dei pani e dei pesci non solo se ne saziano tutti, ma con i pezzi avanzati se ne riempiono dodici canestri. Alla vista del segno, la gente riconosce Gesù come « il vero profeta, colui che viene nel mondo ». Ma Gesù si ritira di nuovo sul monte, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re.
Davanti al numero di coloro che dovevano essere sfamati anche noi avremmo espresso lo stesso stupore dell’apostolo Filippo e avremmo detto come Andrea di aver poco da condividere. Oggi, davanti alla fame materiale e spirituale della moltitudine degli uomini, anche noi, come allora, constatiamo l’impossibilità di poter soddisfare, con i mezzi limitati che abbiamo, i bisogni di una così grande moltitudine e poco confidiamo nella potenza e nell’amore di Dio. Come nel deserto l’ intervento di Dio fu provvidenziale per sfamare, dopo l’esodo, il popolo con la manna ed Eliseo con venti pani d’orzo sfamò più di cento persone, così Gesù, guida del nuovo popolo che egli pasce nella traversata della nuova Pasqua, con il gesto della moltiplicazione prelude e prepara il pane vero disceso dal cielo. Viene preannunziata l’Eucaristia che Gesù avrebbe istituito nella cena pasquale, donando se stesso in cibo, in abbondanza, al nuovo popolo della Chiesa. E’ lui il nuovo Mosè, il nuovo Eliseo, « davvero il profeta, colui che viene nel mondo », riconosciuto dalla folla.
GESÚ É IL BUON PASTORE CHE PROVA COMPASSIONE PER GLI UOMINI E LI RADUNA NELL'UNICO GREGGE DI DIO.
18 LUGLIO – XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. (Anno B)
GESÚ É IL BUON PASTORE CHE PROVA COMPASSIONE PER GLI UOMINI E LI RADUNA NELL'UNICO GREGGE DI DIO:
Nella celebrazione dell’Eucaristia la nostra modesta offerta del pane e del vino sono espressione del nostro lavoro ed espressione della nostra solidarietà con le necessità dei nostri fratelli. Essi sono doni di Dio, espressione di tutti i doni di grazia che Dio ci elargisce. Essi saranno trasformati dalla potenza dello Spirito nel Corpo e Sangue di Cristo, espressione del suo sacrificio compiuto per la nostra salvezza e che noi offriamo al Padre. In ogni Pasqua settimanale, nella nostra povertà, noi offriamo a Dio Gesù, pane della vita e calice della salvezza, che rinnova la sua immolazione sulla croce. La grazia della sua presenza in noi diventa visibile quando come il lievito o il seme cresce e ci trasforma.
Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia preghiamo e diciamo: « O Padre, che nella parola e nel pane di vita offri alla tua Chiesa la costante presenza del Signore risorto, donaci di riconoscere in lui il vero re e pastore, che rivela agli uomini la tua compassione e reca il dono della riconciliazione e della pace ».
Prima Lettura: Ger 23,1-6.
In questo brano Dio, per bocca del profeta Geremia, annunzia una dura invettiva contro i pastori del suo popolo che disperdono il suo gregge, scacciano le sue pecore e non si preoccupano per esse. Perciò Dio li punirà per questa loro malvagità. Ma il Signore radunerà il resto delle sue pecore da dove furono disperse e le ricondurrà ai loro pascoli ed esse ritorneranno ad essere feconde e a moltiplicarsi.
Ancora. Il Signore costituirà « sopra di esse pastori che le faranno pascolare, così che non dovranno temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una ». Il Signore susciterà, come annunzia l’oracolo di Geremia, « a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome: Signore-nostra-giustizia ».
Dio stesso, dunque, si fa pastore del suo popolo di fronte alle infedeltà di coloro a cui l’aveva affidato, i capi e i re, che più che guidarlo lo hanno disperso in esilio.
Nella promessa di un vero e saggio re, preannunzio della venuta di Gesù, che si proclamerà Pastore, a cui il Padre affida le sue pecore e che darà la sua vita per le pecore, si compirà l’unità di un solo gregge, che sotto la guida di un solo pastore, riunirà i figli di Dio dispersi. Gesù è la sola guida dei fedeli e nessuno potrà prendere il suo posto. Lo si potrà rappresentare e imitarlo nel servizio al suo gregge, che è e rimane solo suo e del Padre che glielo ha dato.
Seconda Lettura: Ef 2,13-18.
San Paolo scrive agli Efesini annunziando loro che, nel sangue di Cristo, che è la nostra pace e per mezzo del quale possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito, è stato abbattuto il muro di separazione che divideva gli uomini che non appartenevano all’alleanza dal popolo d’Israele: è stata tolta l’inimicizia che li divideva per mezzo della sua carne e ha riconciliato tutti e due, i lontani e i vicini, con Dio in un solo corpo, per mezzo della sua croce. Abolendo la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, ha creato in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo. Così in Cristo tutti gli steccati tra gli uomini vengono a cadere, ogni divisione tra ebrei e gentili viene abolita e nel sangue di Cristo viene stabilita una nuova ed eterna alleanza di tutti gli uomini con Dio che, nella sua benevolenza, ci ha riconciliati con sé. Tutti gli uomini possono diventare un solo corpo, che è la Chiesa, l’assemblea di Dio, che nasce dalla croce del Signore Gesù: la croce è diventata strumento e segno che ha distrutto ogni inimicizia tra gli uomini e Dio e tra loro. In Cristo, che dona la sua vita per noi in sacrificio, tutti gli uomini possono ritrovarsi figli di Dio, uniti da un solo Spirito, il quale ci fa figli adottivi ed eredi della stessa eredità del Cristo.
Vangelo: Mc 6,30-34.
Gesù porta gli apostoli, che ritornano dalla missione a cui egli li ha inviati e gli raccontano quello che avevano fatto e avevano insegnato, in disparte, da soli, in un luogo deserto perché si riposino. Poiché molti li videro partire con la barca, da tutte le città accorsero a piedi là dove essi si diressero e li precedettero. Gesù allora « sceso dalla barca e, vedendo una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose ». Dopo la fatica affrontata, gli apostoli si ritirano con Gesù in un luogo solitario. Anche oggi dopo la fatica dell’apostolato, condotta con particolare intensità, si avverte il bisogno di una pausa, pur breve, per non lasciarsi consumare e per riattingere lo spirito evangelico genuino e così ritornare ad un servizio premuroso verso i fratelli, per esprimere nel nostro tempo, nel nome di Gesù, quella compassione che egli sentì vedendo quella numerosa folla: anche oggi gli uomini possono essere come pecore senza pastore. Condividere la compassione e la dedizione di Gesù, che non si risparmia per egoismo, dovrebbe rendere sempre disponibile il discepolo per dedicarsi alla Parola, per santificare con i sacramenti i fratelli e sostenere ogni uomo attraverso le opere di carità e di giustizia.