CRISTO GESÚ É LA PAROLA AUTOREVOLE, EFFICACE E LIBERANTE DEL PADRE
31 GENNAIO – IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(B)
CRISTO GESÚ É LA PAROLA AUTOREVOLE, EFFICACE E LIBERANTE DEL PADRE
Nella preghiera iniziale di questa Domenica chiediamo al Padre:« che ci ha dato nel Cristo suo Figlio, l’unico maestro di sapienza e il liberatore dalle potenze del male, di renderci forti nella professione della fede, perché in parole e le opere proclamiamo la verità e testimoniamo la beatitudine di coloro che si affidano a Lui ». Aderire, allora, con fede salda a Dio e a Cristo significa essere fedeli a Dio, affidarsi completamente a lui, nell’intimo del nostro cuore e con tutta l’anima, e testimoniare questa fedeltà non solo con le parole ma soprattutto con le opere. Tutto questo è possibile se siamo illuminati dalla sua Parola e rafforzati con la sua grazia, che nell’Eucaristia ci viene data accostandoci alla mensa del Corpo e del Sangue e di Cristo. A questa mensa troviamo tutto il suo amore, perché si è donato a noi, e da essa abbiamo la forza di testimoniare questa fede.
Prima Lettura: Dt 18,15-20.
Per bocca di Mosè, Dio promette di inviare un profeta che possa essere il suo portavoce fedele presso il popolo, così che questi non oda la voce di Dio e non veda il suo fuoco, da cui era stato spaventato e atterrito . Compito del profeta deve essere quello di riferire esattamente al popolo quella che è la volontà del Signore, ciò che il Signore gli comanda di dire.
La voce del profeta come quella di Dio è efficace e creatrice e la sua realizzazione è espressione e criterio della autenticità della missione del profeta. Egli supera le coordinate politiche-religiose e dipende da Dio che lo ha suscitato. Del rifiuto del profeta e della sua parola che non viene ascoltata da coloro a cui è inviato ne viene chiesto loro conto, mentre il presunto profeta che dicesse cose che Dio non ha comandato di dire sarà messo a morte.
Cristo Gesù, la Parola del Padre, fattasi carne , sarebbe stato l’unico Mediatore autentico e perfetto, poiché divenuto uno di noi e nostro fratello, ci avrebbe portato la salvezza, cioè la liberazione dal male del peccato e ristabilito la comunione con Dio, che nel suo Figlio ci ha riconciliato a sé, attraendoci al suo amore.
Cristo Gesù, poiché per gli uomini le cose che Egli diceva e faceva non potevano essere, nella loro convinzione, state comandate da Dio, venne messo a morte. Coloro che sono posti nella Chiesa nel nome di Dio nella missione di predicare il Vangelo più che sostituirsi a Gesù, devono rivelare al mondo e agli uomini la vicinanza di Dio Padre agli uomini, per comprendere attraverso i legami di bontà, di amore e misericordia come corrispondere a Lui che li attira a sé. Gesù è venuto a rivelarci questo volto profondamente umano del Padre con i gesti, le parole e il suo insegnamento, senza manifestazioni terrificanti della potenza di Dio, come avveniva nel Vecchio Testamento.
Seconda Lettura: 1 Cor 7,32-35.
Paolo, scrivendo ai Corinzi, non intende disprezzare il matrimonio, ma per vivere questa realtà, tipicamente umana, darà come modello, per la sua realizzazione, l’unione di Cristo con la Chiesa, per la quale egli ha dato la sua vita per renderla santa e immacolata al suo cospetto nell’amore. In questo brano l’apostolo vuol mettere in risalto la verginità, come atteggiamento libero di consacrazione al Signore, come piena e totale donazione per il regno dei cieli e dei fratelli.
Matrimonio e Verginità sono mezzi idonei , a livelli diversi, per camminare nella santità, ognuno nel proprio stato di vita verso la vita celeste. Mentre chi è sposato, continua Paolo, si preoccupa delle cose del mondo e come possa piacere alla moglie e questa al marito, così colui o colei che non sposa o chi sceglie la verginità, può preoccuparsi delle cose del Signore e come possa piacergli. In entrambi i casi Paolo vuole esortare tutti a vivere e comportarsi degnamente e restare fedeli al Signore, senza deviazioni. Anche la verginità è, dunque, un grande dono di Dio alla Chiesa, perché rende chi la sceglie libera/o nel cuore, disponibile ad amare tutti al di là dei legami familiari naturali e coniugali . La verginità deve essere vissuta unitamente alla carità e può concorre nella Chiesa a santificarla, così come il matrimonio, vissuto nella realtà sacramentale e nel rispetto della dignità dei suoi membri, concorre alla santificazione della Chiesa.
Vangelo: Mc 1,21 -28.
Cristo Gesù, la santità personificata, come riconoscono le folle, insegna con novità e autorità e non come gli scribi e inoltre, di sabato, guarisce uno che nella sinagoga era posseduto da uno spirito impuro che, riconoscendo Gesù, grida: « Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio !». All’ intimazione di Gesù lo spirito impuro uscì da quell’ uomo gridando forte. Gesù che , venuto per ripristinare nel mondo la signoria di Dio, nel deserto ha vinto Satana e lo ha spodestato dal suo dominio sull’ uomo, continua, come ci dice il brano evangelico di oggi, a liberare tutti coloro che sono sotto il suo dominio. Satana reagisce a questa opera , ma il Cristo non lo teme, perché è venuto proprio per vincerlo al posto nostro e per insegnarci a respingerlo a nostra volta quando ci tenta.
Quando assecondiamo le sue tentazioni e pecchiamo, facciamo spazio a Satana, ma possiamo rialzarci, consapevoli che Gesù lo ha definitivamente sconfitto nell’ ora della sua passione, morte e risurrezione. Uniti a Cristo abbiamo la sua stessa forza per vincere lo Spirito del Male. Se siamo distaccati da Cristo, nella nostra fragilità, possiamo ricadere di nuovo nel peccato.
Ultimo aggiornamento (Sabato 30 Gennaio 2021 10:32)
CHIAMATI ALLA CONVERSIONE SEGUIAMO IL SIGNORE NELL'AMORE..
24 GENNAIO - III DOMENICA -TEMPO ORDINARIO. ( B)
Nella Domenica, la Chiesa, sposa di Cristo, è invitata a vivere nella gioia l’incontro con il suo Signore che, come «sorgente inesauribile di vita nuova », si dona ad essa con tutto se stesso, con la sua Parola, con il suo Corpo e il suo Sangue. La Chiesa, con il pane e il vino, doni della Provvidenza divina, presenta la sua offerta che, trasformata dalla potenza dello Spirito Santo, nel dono eucaristico « sacramento di salvezza », ci viene ridonata dal Padre celeste come Corpo e Sangue di Gesù. La gioia del Signore diventa perfetta quando partecipiamo al convito eucaristico in tutta la sua pienezza: ricevuto il sacramento dobbiamo testimoniarlo con la vita, rendendolo, nella esistenza quotidiana, segno di salvezza e di speranza per noi e per gli altri.
Attuiamo così « l’urgenza di convertici a lui e di aderire con tutta l’anima al vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l’unico Salvatore, Gesù Cristo », come diciamo nella Colletta iniziale dell’Eucaristia.
Prima Lettura: Gio 3,1-5.10.
Giona, anche se malvolentieri, dopo le peripezie a cui è sopravvissuto, si reca a Ninive per adempiere alla missione a cui Dio lo mandava: egli predica, percorrendo la città per tre giorni e annunziando il castigo di Dio, la conversione ai Niniviti, i quali ascoltano l’invito a cambiare la loro esistenza. All’annunzio di Giona la risposta dei « non credenti » è esemplare e i « cittadini di Ninive cedettero in Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dallo loro condotta malvagia e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare e non lo fece ». Così il castigo preannunziato si trasforma in misericordia, perché Dio « non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva »(Ez 18,23).
La predicazione di Giona preannunzia la missione universale di Gesù, estesa al mondo intero che, fino ad allora, per la mentalità ebraica, era considerato sotto il segno della maledizione. Il Signore è disposto a fare con noi allo stesso modo, a darci il suo perdono se ci ravvediamo del male fatto e, se sinceramente pentiti, ci disponiamo con cuore contrito a cambiare la nostra vita, non per paura del suo castigo, ma per ricambiare il suo amore di Padre che, nel suo Figlio, ci ha donato il suo perdono e la dignità di figli adottivi.
Seconda Lettura: 1 Cor 7,29-31.
San Paolo esorta i Corinzi a vivere le realtà del mondo non con lo spirito del mondo, ma secondo la mentalità di Cristo « d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscano, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la scena di questo mondo ».
Da ciò comprendiamo che non dobbiamo vivere sfaccendati in questo mondo, né disprezzare le realtà che Dio ha creato nella loro bontà. Solo, dice Paolo, è necessario vivere distaccati da tutto, valutando tutto nella prospettiva di ciò che non passa mai e considerando la mutevolezza di tutto ciò che è transitorio. Ciò che resiste al tempo e alla transitorietà è l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Le gioie e i piaceri della terra sono transitori; il cuore con i suoi affetti deve essere rivolto al Signore e vivere la vita, anche nelle situazioni difficili e avverse, secondo la mentalità di Dio, che in Cristo Gesù si è resa manifesta. La luce della Pasqua illumina la vicenda umana fatta di gioie e di dolori. Tutto deve acquistare un valore nuovo agli occhi di chi accoglie il messaggio di Cristo, la cui mentalità fa saltare certa scala di valori che si rifà alla mentalità del mondo. Poiché il tempo della nostra esistenza è breve teniamo fissi i « nostri sguardi alle cose di lassù », ci dice ancora san Paolo.
Vangelo: Mc 1,14-20.
La missione di Gesù inizia con la proclamazione solenne del Vangelo di Dio: « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo ». Aderire al progetto salvifico di Dio, nella storia dell’uomo, significa accettare il Cristo, mutando radicalmente la nostra esistenza, divenendo suoi discepoli, come lo sono diventati coloro che Gesù ha chiamato a seguirlo, passando lungo il mare di Galilea: Simone, suo fratello Andrea, i fratelli Giacomo e Giovanni e tutti gli altri, che lasciando le loro reti, poiché erano pescatori o le loro attività, lo seguirono con prontezza e si legarono con profonda amicizia a Gesù. Tutti i cristiani, non tanto a parole ma accogliendo l’invito di Gesù che chiama, dovremmo seguirlo praticamente, determinando un’inversione di rotta alla nostra vita , seguendo il modo di agire e giudicare di Gesù, che è tutto diverso da quello di chi non crede. La sequela di Gesù comporta un cambiamento radicale della nostra condotta, perché non si può essere veri suoi discepoli se non ci si è veramente convertiti a lui e creduto alla sua buona notizia: accogliere il perdono di Dio, che ci ha riconciliati al suo amore di Padre attraverso l’amore manifestatoci da Cristo, morto donando la sua vita per noi, e attuare il suo esempio, « poiché non c’è amore più grande di quello di chi dona la vita per la persona amata ».
SRGUIRE GESU' PER ANDARE AI FRATELLI.
17 GENNAIO – II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO( ANNO B)
Attorno al Signore celebriamo il memoriale del suo sacrificio, ricordo e attuazione per noi, nel nostro tempo, dell’opera della nostra redenzione, come diciamo nella preghiera sulle offerte. Essa è resa presente, per opera dello Spirito Santo, nella verità del Corpo e Sangue di Cristo, che divengono convito della Chiesa, popolo della nuova alleanza, come dicono le parole della consacrazione.
Nel giorno del Signore incontriamo Cristo nella Liturgia e nei fratelli e, con il dono dello Spirito, ci viene confermata la grazia del Battesimo. Con cuore disponibile ascoltiamo la Parola di Dio, che illumina i misteri che celebriamo. Così la nostra carità reciproca si riaccende. Nella orazione iniziale chiediamo a Dio, che nella liturgia e nei fratelli « Non lasciamo cadere a vuoto nessuna sua parola, per riconoscere il suo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del suo regno ». Chiediamo, ancora, al Signore dopo la comunione che, nutriti con l’unico pane di vita, formiamo un cuor solo e un’anima sola.
Prima Lettura: 1 Sam 3,3-10.19.
Il giovane Samuele, mentre dorme nel tempio, sente, nella notte, una voce che lo chiama: « Samuele! ». Credendo che sia il sacerdote Eli a chiamarlo, Samuele va da lui., Alla terza volta, Eli, comprendendo che è il Signore a chiamarlo, dice al giovane che, qualora di nuovo sentirà la vece , dovrà dire: « Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta ». Così il giovane Samuele si pone in atteggiamento di ascolto e di disponibilità a fare la volontà del Signore. Il Signore chiama tutti ad essere suoi servi e di ciò non dobbiamo vergognarci, perché tutta la nostra dignità sta nell’ascoltare e assecondare la volontà del Signore.
Ciò non significa che veniamo menomati quando facciamo la sua volontà, ma che anzi esercitiamo la nostra vera libertà. Solo gli uomini ci possono rendere schiavi: Dio ci tratta da figli e con un amore di Padre.
Seconda Lettura: 1 Cor 6,13-15.17-20.
San Paolo dice ai Corinzi e, anche a noi , divenuti nel Signore Tempio dello Spirito Santo mediante il Battesimo, legati a Cristo come membra di un corpo, che dobbiamo rispettare il nostro corpo perché è stato santificato dalla presenza di Dio in noi. Non possiamo, allora, usarlo a nostro piacimento, come strumento di peccato e di impurità, perché ci ricorda, ancora Paolo, che “ qualsiasi peccato l’uomo commetta , è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro presso: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” ( 1Cor 6,18-20). Il corpo, essendo noi stati salvati integralmente, non è estraneo alla salvezza, per cui bisogna trattarlo secondo il progetto e il disegno di Dio: corpo e anima risorgeranno per la vita eterna.
Anche nel Matrimonio il cristiano glorifica il suo corpo facendolo asservire al disegno di Dio: attraverso di esso si esprime l’amore sponsale indissolubile, fecondo, e donandosi al coniuge, nel rispetto della totalità della persona, diventa segno visibile dell’amore spirituale. Per questo, per i cristiani, l’uso di esso deve essere vissuto nella castità coniugale, lontano da ogni forma di infedeltà e nel rispetto dell’altro.
Vangelo: Gv 1,35-42.
Giovanni, dopo aver battezzato Gesù al Giordano, aver visto posarsi su di lui lo Spirito Santo e aver sentito le parole del Padre, che rivela il suo Figlio come l’Unigenito in cui si compiace, vedendolo passare, qualche giorno dopo, lo addita a due dei suoi discepoli dicendo: « Ecco l’agnello di Dio », ed essi, lasciato Giovanni, seguono Gesù. I due vanno , vedono dove abita e rimangono con lui. E’ un incontro decisivo che cambia la loro vita e si mettono alla sua sequela di Gesù. Anche altri seguiranno Gesù, come Simone Pietro, a cui, il fratello Andrea comunica la gioia di aver incontrato il Messia e lo conduce da Gesù. Il Maestro, vedendolo, gli dice: « Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa ». Da quelle chiamate altre ne sono seguite e, fino alla nostra chiamata, ogni cristiano è chiamato a seguire il Signore, fare come discepoli l’esperienza di lui e del suo amore. Da ciò deriva l’esigenza di essergli fedele non solo con le buone intenzioni ma anche e soprattutto con la propria vita.
NEL BATTESIMO AL GIORDANO, GESU' E' RIVELATO DAL PADRE FIGLIO OBBEDIENTE.
10 GENNAIO - NEL BATTESIMO AL GIORDANO, GESÙ È RIVELATO DAL PADRE COME SUO FIGLIO OBBEDIENTE.Ù
Tra i misteri della vita di Cristo, la festa del Battesimo di Gesù, riveste una un’ importanza singolare, perché conclude il Tempo del Natale e dà inizio al Tempo Ordinario. Nella Liturgia commemoriamo questo evento della vita del Signore con solennità. Se si continua a riflettere sul mistero dell’in-carnazione di Cristo da una parte, dall’ altra si inizia a ripensare la vita adulta di Gesù che, dopo il Battesimo al Giordano, dà inizio alla sua missione.
Nel Battesimo il Padre rivela e manifesta, in una nuova epifania, che in Gesù riconosce il Figlio amato, il Cristo, il Messia inviato ai poveri e con lo Spirito che si posa in lui, in forma corporea di colomba, Gesù viene consacrato sacerdote, profeta e re.
Gesù è la Parola, che il profeta Isaia annunzia. Parola che, uscita dalla bocca del Padre celeste, feconda la terra e, dopo aver realizzato l’opera per cui è stato mandato, cioè portare la salvezza a tutti gli uomini, ritornerà a Lui.
Un tempo la liturgia celebrava l’adorazione dei Magi, il miracolo a Cana e il Battesimo in un'unica celebrazione, avendo questi tre eventi, in vario modo, come contenuto la manifestazione di Gesù.
Nella manifestazione che il Padre fa del Figlio, Gesù manifesta da parte sua la solidarietà con gli uomini, iniziata con l’incarnazione.
Così siamo introdotti, in questa celebrazione nel mistero di Cristo, vero uomo che, portando su di sé i peccati degli uomini, viene a salvarci; e in quanto vero Dio, ci libera dalla colpa, ci dona lo Spirito, rendendoci figli di Dio, rigenerati nel lavacro del Battesimo e « rinnovati interiormente a sua immagine».
Il dono dello Spirito Santo e il nostro divenire Figli di Dio sono i doni del Battesimo cristiano, di cui oggi facciamo memoria.
Prima Lettura: Is 55,1-11.
Attraverso l’immagine del vino, dell’acqua, del latte, del pane e dei cibi, il profeta vuol farci capire che Dio, per sua grazia, elargisce tutti questi beni al suo popolo. Tutto questo non deve essere comprato, ma sono doni della completa gratuità di Dio. Il Signore ci ha redenti e abbiamo ricevuto gratuitamente lo Spirito, che è il bene più grande e incommensurabile fattoci da Dio. Questi doni sono per tutti, anche per gli empi che, però, sono invitati ad abbandonare le loro vie di peccato e a ritornare al Signore, che largamente perdona. Il Profeta così ci dice che i pensieri del Signore non sono i nostri pensieri e le sue vie sono diverse dalle nostre. Non c’è peccato, per quanto grande, che possa trattenere l’amore di Dio, ma è necessario che si abbandonino le vie del male.
Ascoltando l’uomo la Parola di Dio, che è paragonata alla pioggia che cade dal cielo e vi ritorna dopo aver fecondato la terra, dato il seme e il pane, così questa parola uscita dalla sua bocca, non ritornerà a Dio senza effetto, senza aver operato ciò per cui è stata mandata: la salvezza universale.
Seconda Lettura: 1 Gv 5,1-9.
San Giovanni, nella sua lettera, oggi vuol dirci che “Se non amiamo i fratelli che nascono da Dio, vuol dire che non amiamo Dio”. Questo amore non può consistere in sole buone intenzioni, ma deve nutrirsi dell’osservanza dei comandamenti che, amando veramente, si possono osservare più facilmente.
Ancora ci viene insegnato che la fede, avendo la quale si è in grado di vincere il mondo come male, come incredulità e peccato, deve fondarsi nel credere in Gesù Cristo. Infine san Giovanni ci dice che Gesù è presente in mezzo a noi con il sangue del suo sacrificio, la croce e l’Eucaristia, che per opera del suo Spirito rendono operante l’azione salvifica di Dio.
Vangelo: Mc 1, 7-11.
Il Battesimo di Giovanni era importante perché chiedeva, come condizione, la contrizione del cuore e così preparare a ricevere il lavacro, vero ed efficace, che sarebbe venuto con il dono dello Spirito, che solo Gesù avrebbe dato. Il battesimo che deriva da Cristo è in acqua e in Spirito Santo, non nella sola acqua: è lo Spirito di Dio che infonde in noi la vita divina e ci rende figli di Dio. Di conseguenza tutte le nostre azioni devono dimostrare che siamo figli di Dio e che siamo stati lavati nell’anima, nello spirito. Divenuti, allora, figli adottivi di Dio, il nostro parlare, il nostro agire, il nostro pensare, devono, ad imitazione di Cristo, essere in conformità con la luce e la bontà del nostro Maestro e Signore.
Ultimo aggiornamento (Sabato 09 Gennaio 2021 11:36)
EPIFANIA DEL SIGNORE GESU': MANIFESTAZIONE DI DIO, NEL SUO FIGLIO, ALLE GENTI.
6 GENNAIO – EPIFANIA DEL SIGNORE GESU’ ALLE GENTI.
Mentre nel Natale abbiamo contemplato, come dice Isaia, Cristo, luce che risplende nelle tenebre, in cui è immersa l’umanità, dalla quale Gesù assume la carne umana, con tutta la sua fragilità e debolezza, eccetto il peccato; nell’Epifania, festa di luce, che traspare e guida a Gesù, Dio continua a rivelarsi, sempre nella debolezza e nella fragilità di bambino, nato nel nascondimento, e con lo splendore di una stella attrae a Betlemme genti lontane. Così san Paolo esprime il significato dell’Epifania : « Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa ». I Magi, guidati dalla stella e desiderosi di vedere ciò che essa preannunciava, messisi in cammino, giungono a Gerusalemme e chiedono, lì dove pensano possa essere nato un re, ad Erode: « Dove è nato il re dei Giudei? ». A Gerusalemme, dove avrebbe dovuto essere maggiormente viva l'attesa del "Messia", i sommi sacerdoti e gli scribi, radunati da Erode, ricordando le profezie, indicano che da Betlemme, piccolo capoluogo della Giudea, doveva « uscire un capo che sarebbe stato il pastore del popolo Israele ».
Così i Magi vengono indirizzati a Betlemme. Usciti da Gerusalemme, dove la stella che li precedeva non era vista, riappare loro e si ferma sul luogo dove « entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono e gli offrirono i doni: oro, incenso e mirra » (Mt 2,11), riconoscendolo come Re, Dio e Redentore.
Alla fine del loro viaggio, nella ricerca della verità, desiderosi di conoscere l'evento indicato dalla stella, incontrano il Signore nella debolezza della carne: l'umanità nella sua dimensione di fragilità, nella sua vulnerabilità alla sofferenza e al dolore. Essi riconoscono Dio nella carne, perché è in questo che Dio condivide la povertà umana, che si rivela e nasconde la sua divinità: questo è il mistero dell'incarnazione di Dio.
I Magi modello della Chiesa
Mentre i PASTORI, gente povera e umile, quasi lo scarto della società di allora, hanno ricevuto per primi dagli angeli l’ annunzio della nascita del Salvatore, I MAGI sono le primizie della Chiesa, formata da uomini di tutti i popoli, sono il simbolo di tutti gli uomini, che vanno a trovare il Signore, Cristo Gesù, il Salvatore, guidati dalla luce della fede e lo adorano.
Essi, che hanno affrontato le fatiche e i pericoli di un lungo viaggio, sia fisico che interiore di ricerca della verità divina, esprimono così il percorso paradigmatico della fede di ogni uomo. La stella, verità dell’uomo, è un segno che va ricercato e obbedito, e pone l’uomo nella fatica della ricerca della verità.
La fede non è ancora la visione delle realtà che crediamo. I nostri occhi ancora sono come velati; ma la fede è già una luce che illumina l’anima. L’incredulo si trova ancora nelle tenebre.
Gesù che nasce tra noi provoca sentimenti opposti, azioni antitetiche. Infatti alcuni dei prossimi al Messia non lo riconoscono. La sua nascita produce anche turbamento, come in Erode, il nuovo persecutore, come lo fu il faraone, che opprimeva Israele nei suoi primogeniti.
Oggi preghiamo perché la fede divenga sempre più ferma e luminosa, perché non ci accada mai la sventura di perderla; perché tutti gli uomini l’abbiano in dono, così da accogliere il mistero della salvezza, che è lo stesso Figlio di Dio, in tutto solidale con noi, annunziato a tutte le genti.
Prima Lettura: Is 60, 1-6.
La gloria del Signore brilla in Gerusalemme: il profeta la vede come il luogo verso cui tutti i popoli convergono per lodare Dio e offrirgli « oro e incenso ». La venuta dei Magi porta a compimento la visione esaltante di Isaia, poiché essi, e con loro le nazioni della terra, riconoscono in Gesù il loro Re.
Seconda Lettura: Ef 3,2-3.5-6.
Paolo ricorda agli Efesini che nella carne condivisa da Dio in Gesù si attua e manifesta il suo piano di salvezza. Per mezzo del mistero dell'incarnazione tutti gli uomini sono chiamati a far parte della Chiesa nella fede e ad essere partecipi della salvezza.
Sia gli Ebrei, eletti per primi, sia i pagani, venuti dopo, sono chiamati alla fede in Cristo e alla condivisione dell’eredità eterna con lui. La salvezza è universale: e infatti la Chiesa è detta « una e cattolica ». In essa non c’è distinzione di razza: il Vangelo è predicato a tutte le genti, perché formino una medesima Chiesa. Questo ci porta a due considerazioni: la prima, che dobbiamo sentire la vocazione missionaria e, anche se personalmente non siamo in missione. il nostro aiuto è dato dalla preghiera, dai sacrifici, dalla collaborazione, fatta anche di offerte, in questa giornata della SANTA INFANZIA MISSIONARIA, con la sensibilizzazione dei bambini della nostre comunità e con i missionari che in terra di missione ci rappresentano.. La seconda considerazione è questa: dobbiamo evitare le divisioni, i contrasti tra noi, visto che siamo partecipi della stessa grazia e della stessa promessa di Cristo. Facciamoci nel nostro ambiente missionari di concordia.
Vangelo: Mt 2,1-12.
Quale contrasto tra l’indifferenza e l’ignoranza somma dei sommi sacerdoti e degli scribi, tra la sospettosa ostilità di Erode e l’ardente e gioiosa domanda dei Magi: « Dov’ è colui che è nato, il re dei Giudei ? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo!». Vengono i lontani , e i vicini non si accorgono che è nato il Salvatore. Ai primi è data la felicità di incontrarlo e di adorarlo; i secondi o non sono toccati dall’avvenimento o, peggio, cercano di soffocarlo. Dobbiamo pensare che abbiamo vicino il Signore, quasi a due passi, vicino alle nostre case, nella Eucaristia, e il cuore rimane freddo, pigro, senza interesse. La vera fede dà gioia, fervore e desiderio di incontrare il Signore, come i Magi, capaci di affrontare qualche sacrificio per lui.