





Maria assunta in cielo nella gloria di Dio
Dalla Costituzione Apostolica »Munificentissimus Deus» di Pio XII, papa
(AAS 42 [1950], 760-762. 767-769)
Santità, splendore e gloria: il corpo della Vergine!
I santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell'Assunzione della Madre di Dio come di una dottrina già viva nella coscienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne apprendevano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano particolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo Gesù.
San Giovanni Damasceno, che si distingue fra tutti come teste esimio di questa tradizione, considerando l'Assunzione corporea della grande Madre di Dio nella luce degli altri suoi privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: «Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divini. Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dal dolore, quando lo diede alla luce, fu trapassata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio».
San Germano di Costantinopoli pensava che l'incorruzione e l'assunzione al cielo del corpo della Vergine Madre di Dio non solo convenivano alla sua divina maternità, ma anche alla speciale santità del suo corpo verginale: «Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto tempio di Dio. Per questo non poteva conoscere il disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, doveva trasfigurarsi in luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione e della vita perfetta».
Un altro scrittore antico afferma: «Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e dell'immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l'aveva generato, uguale a se stesso nell'incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota».
Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci presenta la santa Madre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e compartecipe della sua condizione.
Per quanto riguarda la Tradizione, poi, non va dimenticato che fin dal secondo secolo la Vergine Maria vene presentata dai santi padri come la novella Eva, intimamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta. Madre e Figlio appaiono sempre associati nella lotta contro il nemico infernale; lotta che, come era stato preannunziato nel protovangelo (cfr. Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, su quei nemici, cioè, che l'Apostolo delle genti presenta sempre congiunti (cfr. Rm capp. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26; 54-57). Come dunque la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria, così anche per Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo verginale, secondo le affermazioni dell'Apostolo: «Quando questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria» (1 Cor 15; 54; cfr. Os 13, 14).
In tal modo l'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità «con uno stesso decreto» di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla morte, alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli.
IL REGNO: UN SEME CHE CRESCE
17 GIUGNO – 11° DOMENICA TEMPO ORDIN.
IL REGNO : UN SEME CHE CRESCE
Il Regno di Dio è opera divina, non umana. L’inadeguatezza e l’irri-levanza degli strumenti che il Signore usa per realizzarlo, e nei quali si rivela presente, lo dimostrano. Lo stile di Dio mostra che la sua iniziativa è completamente gratuita. Al cristiano resta di manifestare lo stupore per le meraviglie operate dal Signore, la riconoscenza per i doni gratuiti e la gioia di poterli vivere.
La Parola odierna parte da un interrogativo : a cosa si può paragonare il Regno di Dio? Gesù stesso pone la domanda e dà la sua risposta. Illumina così il cammino di ogni cristiano, sollecitato dalla sua Parola a diventare sempre più un suo autentico discepolo.
Il mistero del Regno e lo stile di Dio vengono svelati dalle due parabole evangeliche: quella del seme, che cresce spontaneamente e quella del granello di senape.
LO STILE DI
Dio resiste ai superbi, ma fa grazia agli umili. L’impotenza e la povertà umana rendono più evidente l’onnipotenza divina. A un piccolo resto di Israele i profeti hanno annunciato promesse e speranze. Così Ezechiele parla di un piccolo ramoscello che diventa una pianta forte e robusta, capace di dare riparo a uccelli di ogni specie. Ricorda così l’oracolo di Isaia (11.1) che parla del Messia come di un virgulto che spunterà dal tronco di Iesse.
Dio lascia da parte le persone grandi e potenti e si serve di creature piccole e umili. Come è piccolo un seme gettato nel campo, un chicco di senape, un tenero virgulto… E’ lo stile di Dio, che Gesù è venuto ad annunciare. Di un Dio che non si impone per potenza o grandezza, ma che rimane nascosto e celato nei cuori umili che lo accolgono.
Ma c’è un’altra caratteristica dello stile di Dio, che Marco mette in rilievo: la pazienza. Se la realizzazione del Regno è opera di Dio, all'uomo è richiesta la pazienza dei tempi del Regno, che non sono quelli terreni. Il cristiano è chiamato ad operare, ma con una mentalità nuova. Mentre si riconosce povero e piccolo nelle mani del Padre, è cosciente che Dio agisce in lui senza legarsi al suo tempo e ai suoi desideri. Perché l’agire di Dio è motivato esclusivamente dalla logica dell’amore misericordioso che si dona.
LE PARABOLE E IL REGNO
Le due parabole evangeliche richiamano alla povertà, alla disponibilità, alla speranza. Richiamiamo la necessità del buon terreno della fede perché il seme deposto possa germogliare. Ricordiamo l’indispensabilità delle lacrime, della fatica e dell’attesa, perché il germoglio possa crescere e divenire un albero frondoso.
Il Regno di Dio, dice Gesù, è un evento. E’ un qualcosa che accade nel tempo e nella storia, nella vita del mondo e nell’esistenza di ogni cristiano. E’ l’evento con cui Dio si fa vicino all’uomo, lo accoglie nella propria realtà, lo fa oggetto del suo amore gratuito e lo salva. Il Regno di Dio, dice Gesù, non è una realtà lontana, ma è già presente nel quotidiano; attende solo di essere riconosciuto.
Il Regno di Dio è un mondo trasfigurato, bello, felice, in comunione con Dio e con i fratelli. Da quando Gesù è venuto sulla terra, è morto per la salvezza di ogni uomo, ed è risorto, il suo Regno è già presente nella storia. Ma al pari di qualcosa che è stato seminato, deve crescere: ha bisogno di tempo per diventare ciò che è destinato a diventare.
E l’uomo che cammina versa la felicità , verso la santità non realizza solo la sua vita, ma porta a compimento il progetto di Dio su di lui e sul mondo. Esso diverrà progressivamente, per opera di ogni cristiano, luogo in cui si manifesta e si realizza progressivamente il Regno dei cieli.
Se le parabole invitano a riflettere e a verificare la pazienza evangelica e la speranza fiduciosa, lo fanno per ricordare al credente che Dio non viene mai meno alle sue promesse, non abbandona il suo progetto di salvezza. Anche quando sembra tacere e lo si pensa assente. Lui opera e si fa presente nel modo misterioso che gli è proprio. Ciò che conta, è che ogni cristiano sia consapevole di questa presenza e viva nell’oggi della storia con un unico intento, come raccomanda Paolo ai Corinzi: di essere gradito al Signore.
PREGHIERA
Padre, Lui ha scelto 12 popolani:non
hai scelto un piccolo gruppo contavano niente per nessuno,
di pastori poveri e disprezzati e tu ne hai fatto gli annunciatori
e ne hai fatto il tuo popolo, dell’evento più grande della storia.
seme di speranza per le genti. Rendi oggi anche noi, cristiani,
Hai mandato tuo Figlio Gesù, piccoli e insignificanti per i grandi
povero, inerme, emarginato, perché cresca il seme del tuo
e lo hai reso Salvatore del Regno in questo povero mondo.
mondo e Signore dell’universo.
FESTA DEL CORPO E SANGUE DI GESU'.
10 GIUGNO – FESTA DEL SS.CORPO e SANGUE
di NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO
IL SANGUE DELL’ALLEANZA
La festa del Corpo e Sangue del Signore è entrata nel calendario li-turgico in un momento in cui i cristiani hanno ritenuto importante rinsal-dare la fede eucaristica. Tale celebrazione è un dono ai credenti: un’oc-casione per riaffermare il senso dell’Eucaristia nella loro vita e un invito a riscoprirne la grazia. La Parola del Signore aiuta a comprendere meglio il gioioso impegno nel voler tradurre ogni Eucaristia in vita.
La Pasqua che il popolo d’ Israele celebrava si apre sulla Pasqua di Ge-sù. Così nell’ultima Cena, le tenebre della morte sono già illuminate e vinte dalla risurrezione. E L’Eucaristia celebrata da Gesù alla vigilia della sua passione e morte diviene profezia del Regno.
IL CALICE DELLA SALVEZZA
Gesù incarica i discepoli di preparare la cena pasquale. Con loro, farà memoria della Pasqua, della salvezza di Dio nella storia d’ Israele, ma al contempo realizza, anticipandola, quella che deve venire, più vasta di quella legata al destino di un solo popolo: una salvezza universale. Come l’Alleanza che stipula nel suo Sangue: essa sarà eterna e per tutti gli uomini.
E in quell’ ultima Cena, il vino - frutto di acini schiacciati - e il pane - frutto di chicchi macinati – divengono segno del sacrificio che Gesù fa della sua vita, donata per salvare quella di ogni uomo. E quel vino, se-gno della vita fisica, che diviene il suo sangue, nella nuova ed eterna Alleanza diventa segno della vita stessa di Dio che viene comunicata allo uomo.
Durante la Cena, Cristo riprende le parole di Mosè pronunciate sul sangue versato al Sinai per applicarle al suo sangue che sarà versato sulla croce. Il calice che Gesù offre ai suoi è memoriale di ciò che deve ancora accadere e che cambierà la realtà delle cose. Lui lo sa., e annuncia che non berrà più del frutto della vite fino a quando berrà il vino nuovo nel regno di Dio.
In ogni Eucaristia, i gesti che rendono visibile il mistero celebrato, parlano più delle parole e arricchiscono il rito di significati molteplici. Così, alzare il calice nel rendimento di grazie, è riconoscere l’azione di Dio nell’innalzamento di Gesù sulla croce.E per ogni credente, è segno di riconoscenza a Cristo, che ha bevuto fino in fondo il calice della soffe-renza per la salvezza degli uomini.
BERE NELLO STESSO CALICE
Durante la cena Gesù offre ai Dodici il calice. Invitati, come gli Apostoli, bere allo stesso calice, i credenti sono chiamati a partecipare a una comunione offerta, a una Alleanza che è al contempo per tutti e per ognuno.
Bere al calice di Cristo significa aver parte alla sua passione per condi-videre la sua risurrezione e offrire, come lui e con lui, la vita per l’umani-tà. Perchè il sangue versato non è solo un segno di morte, ma di vita. Be-re a quel calice vuol dire accogliere ciò che Gesù stesso offre ai suoi in-vitati : una comunione di grazia e di vita.
LA PRESENZA REALE DI CRISTO
Il Pane. Dopo la consacrazione, il pane non è più alimento fisico, ma è Gesù Cristo che si rende attraverso l’Eucaristia nella comunità dei cre-denti. Ma come mai due simboli, quelle del pane e del vino, del Corpo e del Sangue? Perché ricevere la carne ed il sangue vuol dire comunicare alla totalità di Colui che si è donato per amore, è passare con lui dalla morte alla vita. E’ mangiando il Pane della vita e bevendo al Calice della Alleanza nuova e eterna che si diviene il Corpo del Signore.
Ogni credente è chiamato a tradurre nel quotidiano l’offerta di sé, per-chè tutta la vita diventi Eucaristia. E’ questo il senso profondo delle parole di Gesù: dell’invito a prendere e a mangiare, a ripetere il suo gesto in sua memoria. Cristo si dona ai suoi in virtù della sua offerta al Padre e insegna ai discepoli che il dono e l’accoglienza reciproca richiedo-no il sacrificio di se stessi. Nutrirsi dello stesso Pane, partecipare allostesso sacrificio del Cristo è formare un solo Corpo in lui: questa fu l’esperienza fortissima delle origini della Chiesa, che sapeva e sentiva di nascere intorno all’Eucaristia. La Parola convoca alla stessa mensa, ma è lo spezzare lo stesso Pane e il bere allo stesso Calice che riunisce i credenti in un solo Corpo.
PREGHIERA
Signore Gesù, « Io abito dentro di voi. Anche se
mi piacerebbe tanto vederti, non mi vedete, io ci sono e
starti vicino, ascoltare la tua divento vostro pane e vostro
voce, gioire del tuo sorriso, vino per unirvi a me e tra voi ».
temere il tuo rimprovero. Gesù, a volte faccio fatica,
Lo so, ti è dispiaciuto lasciare ma la comunione con te mi
i tuoi amici e loro non volevano riempie di gioia e fa crescere
vederti partire verso il Padre. l’attesa del giorno che ti vedrò.
Ma hai inventato l’Eucaristia.
LA SANTISSIMA TRINITA'
3 GIUGNO – SANTISSIMA TRINITA’
UN DIO COMUNIONE DI TRE PERSONE
I giorni della vita sono dati per scoprire il mistero dell’amore divino de-postato nel cuore di ogni uomo e nelle comunità umane, mentre tutti per-corrono il cammino che dal tempo va all’eternità. Battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, i redenti sono immersi nell’intimità amorosa di Dio.
Egli si è rivelato all’uomo come un solo Dio-comunione di tre Persone e nella pienezza dei tempi è venuto il Figlio per salvarlo dalla schiavitù del peccato. Nel tempo dello Spirito i credenti sono stati scelti per una missione di testimonianza per la fioritura della fede e dell’amore nel mondo.
Di quali cammini l’uomo dispone per avvicinarsi al Mistero divino, l’Assoluto che non si potrà mai rinchiudere in una formula definitivamente fissata? In verità, le parole umane sono imperfette e limitate. Il mistero rimane una realtà poco digeribile e per molti rappresenta un insulto alla ragione: non si accetta facilmente ciò che supera la comprensione umana.
IL MISTERO RIVELATO
L’uomo si sente a disagio di fronte al mistero non solo perché sfugge alla sua comprensione, ma anche perché scopre i limiti che egli non vuo-le accettare. I semplici, invece, che possiedono la sapienza del cuore, si avvicinano ad esso accogliendo con gioia il dono che viene dall’alto: per-chè il Mistero non si scopre, deve essere rivelato. E Dio si rivela all’uomo attraverso una storia che non ha il sapore dello straordinario, ma della quotidianità. Cammina con lui, ritma il suo passo con quello della creatu-ra, rispetta i suoi tempi, attende e si china su chi conosce sconfitte e ca-dute.
Il popolo d’ Israele ha intuito che fin dalle origini della sua storia c’era la presenza di Dio e la coglie come una ricchezza da vivere e da gustare. Ed è guardando l’uomo che i profeti hanno parlato di Dio. Per la Scrittu-ra, la persona è in primo luogo un essere interiore, un « cuore ». Il termine designa tutto ciò che è invisibile e nascosto: non solo i sentimenti, ma i pensieri, la volontà, i desideri. Ma l’uomo è anche espressione, comuni-cazione con il mondo che lo circonda, attraverso la parola e l’azione.
La Bibbia dice che anche Dio ha un cuore (cf. I Sam. 13,13), una parola e delle « mani »(cf Dt. 4,34). Evidentemente, per Dio, ciò non si riferisce ad elementi di carne e la sua Parola, paragonata alla nostra, fa giustamente scricchiolare i limiti del linguaggio umano. Ma usando l’antropomorfismo, il paragone vuol,e aiutare a far capire qualcosa di lui e su di lui.
L’UNICO DIO CHE COMUNICA CON L’UOMO
Il Dio-Trinità comunica con l’uomo che ha creato: comunica la vera natura delle relazioni, di cui sembra avere tanta fame e sete. Infatti, se l’uomo è creato a sua immagine, ciò che fa la felicità di Dio fa anche la felicità dell’uomo. E la felicità di Dio, secondo ciò che lui stesso ha rive-lato, è la comunione tra il Padre e il Figlio nello Spirito.
Non c’è espressione migliore del Nuovo Testamento con cui esprimere questa comunione, che la confidenza e l’abbandono reciproco del Padre nelle mani del Figlio. Il Padre ha rimesso tutto nelle mani del Figlio, e il Figlio è totalmente abbandonato alla volontà del Padre da giungere ad offrire liberamente se stesso sulla croce. In Cristo, il desiderio della co-munione con il Padre è tale da fargli dire che il suo cibo è fare la sua volontà (cf Gv. 4,34; 6,38).
Ma la relazione tra Padre e Figlio è totalmente piena d’amore che que-sto amore diviene Persona: è la persona che la rivelazione chiama Spirito Santo. E’ con il soffio dello Spirito - lo stesso che aleggiava sulle acque prima che il mondo fosse – che il Padre ha formato l’uomo perché sia per lui un figlio. E’ con il dono dello Spirito fatto ai profeti che Dio ha preparato un popolo che avrebbe dato i natali al Verbo, la Parola fatta carne, affinché tutti gli uomini diventassero suoi figli. Ed è nello Spirito che i discepoli del Cristo risorto, sono stati inviati a tutte le genti ad annunciare il Regno di Dio battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Il mistero della Trinità è un mistero inau-dito, donato ad una umanità ferità, per guarirla e rialzarla.
Il Dio-Mistero si rivela in Gesù. La sua umanità mostra l’unione inna-ta degli uomini con la divinità: l’uomo è chiamato a partecipare all’amore divino che non cessa di offrirsi a lui senza mai imporsi. « Abbà » è la parola familiare che, sull’esempio di Gesù, sgorga dal cuore guidato dallo Spirito per esprimere la prossimità e la fiducia totale che rifulge nel Cristo nei confronti del Padre.
La vita di Dio è la comunione totale tra oil Padre e il Figlio nello Spiri-to. Celebrare il Dio-Comunione è apprendere da lui la condivisione, l’a-pertura all’altro, il dono totale di sé. Ogni essere umano può donare un senso alla sua vita vivendo questi valori. Ma radicare questo cammino umano nella rivelazione di un Dio che è Comunione e celebrare la per-fezione della vita trinitaria, è aprirsi a possibilità sempre nuove.
PREGHIERA
Padre e Figlio e Spirito Santo E quando la libertà dei figli
fin dall’eternità siete Uno per cieca invidia ha scelto
nella comunione perfetta orgoglio ed egoismo, l’amore
di un amore scambiato vostro s’è fatto dolore.
in perenne danza di gioia. Padre, hai risuscitato il Figlio
Avete desiderato riversare e insieme donate lo Spirito:
la vostra stessa vita la Chiesa vive nel desiderio
in chi somigliasse a voi della comunione perfetta in voi.
nello scambio di amore.
Rinnovati dallo Spirito.
27 MAGGIO - DOMENICA DI PENTECOSTE
RINNOVATI DALLO SPIRITO
Nella Pentecoste si celebra il dono dello Spirito Santo, culmine e compi-mento della rivelazione cristiana. Uno è lo Spirito, uno è Dio. E questa u-nità divina giunge all’uomo attraverso le strade dei dono dello Spirito edei ministeri dati ai credenti per il bene della Chiesa e del mondo. Il Padre ha mandato il Figlio nel mondo, e a sua volta Cristo per mandare i discepoli a testimoniare a tutte le genti la sua risurrezione e il suo amore, dona loro la sua stessa forza e la sua luce: lo Spirito Santo. Nella vita di ogni giorno il cristiano è chiamato a riconoscere la presenza viva e attuale di Gesù nello Spirito Santo e a manifestarla.
Gesù è morto ed è risorto, ma la salvezza che ha donato ad ogni uomo lo raggiunge attraverso l’opera dello Spirito Santo.
QUEL VENTO IMPETUOSO, QUELLE LINGUE DI FUOCO…
Oggi la liturgia propone dei testi che aiutano i cristiani a conoscere dalla Parola di Dio l’identità dello Spirito Santo e la sua funzione essenziale per la loro vita.
Il libro degli Atti presenta i segni di un violento colpo di vento e di lingue di fuoco. Il vento soffia dove vuole, fa sentire la sua voce ma non si sa né da dove viene né dove va… Il fuoco rimanda a quel roveto arden-te che Mosè vide ardere intatto e alla teofania del Sinai. Così lo Spirito è reso presente con i simboli che esprimono meglio la presenza divina che si manifesta e porta alla piena conoscenza della verità. Di quella verità che è la sola a donare all’uomo la vera libertà dei figli di Dio. E’ciò che esprimono le prime righe del vangelo di Giovanni, in cui Gesù rassicura gli apostoli sul dono dello Spirito Santo. Dono del Padre, e sarà per loro Difensore e Maestro di Verità.
LA PRESENZA DI DIO NELLA VITA DEL CRISTIANO
Lo Spirito che il cristiano riceve nel battesimo, è ridonato oggi in pienezza come un fuoco e un vento che spinge a intraprendere nuovi cammini, nuove esperienze di comunione e di fede. Lo Spirito in cui l’Apostolo esorta a camminare, è Colui che permette di rileggere la storia e la propria vita alla luce del Vangelo, che guida alla verità e dona chiarezza nelle scelte personali e comunitarie.
Lo Spirito è Presenza di Dio che crea, che conduce i credenti sulle stra-de del Regno, che opera meraviglie, che rende fecondo ogni sforzo e im-pegno di bene. E’ Presenza di Gesù, il Figlio del Padre, che accompagna i suoi e li rende capaci di continuare la sua missione nel mondo, di vivere come « sacramento » e profeti di speranza fino alla fine dei tempi.
Nella Pentecoste il,dono dello Spirito Santo trasforma gli apostoli chiusi nel Cenacolo, carichi di paura, incapaci di proclamare la novità che han-no vissuto con Gesù, e li rende capaci di proclamare a tutti la speranza che ha abitato la storia dal momento in cui Cristo è risorto!
RINNOVATI DALLO SPIRITO
Lo Spirito ha reso la prima comunità una chiesa profetica, capace di annunciare con parole e gesti e in ogni lingua le meraviglie di Dio a tutti gli uomini. E in quella stessa forza la Chiesa è chiamata ogni giorno a progredire nell’eredità di salvezza e a lasciarsi rinnovare. Lo Spirito a Pentecoste compie una specifica azione divina, che si inserisce nella storia per ridare vitalità e vivacità alla vita di chi crede. E il cristiano può verificare la sua azione nella sua vita attraverso il suo «frutto», che nella seconda lettura Paolo concretizza come « amore ,gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé ». Con la testimonianza della vita , carica di quel « frutto », proprio dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nel battesimo, ogni cristiano è chiamato a gridare al mondo ciò che il Risorto ha operato. E a rinnovare il suo impegno a camminare nello e secondo quello Spirito che è energia di cambiamento e di conversione permanente. Questo Soffio, questo Fuoco che ha trasformato gli apostoli, dona a ogni battezzato il coraggio di percorrere , anche nelle notti della vita, sentieri impensati e di compiere gesti « impossibili» . Poiché vivere nello Spirito e camminare secondo lo Spirito è affermare, nonostante tutto, la bellezza della storia abitata da Dio che ha in sé il germe della vita nuova che, prima o poi, fiorirà e porterà frutti di vita eterna.
PREGHIERA
Spirito Santo, Li hai travolti nel turbine
per millenni sei rimasto e nel fuoco e subito, pieni
sconosciuto anche se fin di te, hanno proclamato
dall’inizio hai agito nella Messia e Signore il tuo Gesù.
Storia per diffondere amore. Travolgi anche noi, oggi, in
Hai accompagnato Gesù questo tempo bisognoso di
in ogni passo e lui ti ha amore, gioia, pace…, e rendici
presentato ai suoi amici, testimoni nelle strade del mondo.
che non potevano capire.