Abbiamo trovato il Messia, cioè il Cristo.
18 Gennaio – II Domenica del Tempo Ordinario.
Attorno al Signore celebriamo il memoriale del suo sacrificio, ricordo e attuazione per noi, nel nostro tempo, dell’opera della nostra redenzione, come diciamo nella preghiera sulle offerte. Essa è resa presente, per opera dello Spirito Santo, nella verità del Corpo e Sangue di Cristo, che divengono convito della Chiesa, popolo della nuova alleanza, come dicono le parole della consacrazione.
Nel giorno del Signore incontriamo Cristo nella Liturgia e nei fratelli e, con il dono dello Spirito, ci viene confermata la grazia del Battesimo. Con cuore disponibile ascoltiamo la Parola di Dio, che illumina i misteri che celebriamo. Così la nostra carità reciproca si riaccende. Nella orazione iniziale chiediamo a Dio, che nella liturgia e nei fratelli « Non lasciamo cadere a vuoto nessuna sua parola, per riconoscere il suo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del suo regno ». Chiediamo, ancora, al Signore dopo la comunione che, nutriti con l’unico pane di vita, formiamo un cuor solo e un’anima sola.
Prima Lettura: 1 Sam 3,3-10.19.
Il giovane Samuele, mentre dorme nel tempio, sente, nella notte, una voce che lo chiama: « Samue-le! ». Credendo che sia il sacerdote Eli a chiamarlo, Samuele va da lui., Alla terza volta, Eli, comprendendo che è il Signore a chiamarlo, dice al giovane che, qualora di nuovo sentirà la vece , dovrà dire: « Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta ». Così il giovane Samuele si pone in atteggiamento di ascolto e di disponibilità a fare la volontà del Signore. Il Signore chiama tutti ad essere suoi servi e di ciò non dobbiamo vergognarci, perché tutta la nostra dignità sta nell’ascoltare e assecondare la volontà del Signore.
Ciò non significa che veniamo menomati quando facciamo la sua volontà, ma che anzi esercitiamo la nostra vera libertà. Solo gli uomini ci possono rendere schiavi: Dio ci tratta da figli e con un amore di Padre.
Seconda Lettura: 1 Cor 6,13-15.17-20.
San Paolo dice ai Corinzi e, anche a noi che, divenuti nel Signore Tempio dello Spirito Santo mediante il Battesimo, che ci ha legati a Cristo come membra di un corpo, dobbiamo rispettare il nostro corpo perché è stato santificato dalla presenza di Dio in noi. Non possiamo, allora, usarlo a nostro piacimento, come strumento di peccato e di impurità, perché ci ricorda che “ qualsiasi peccato l’uomo commetta , è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro presso: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!” ( 1Cor 6,18-20). Il corpo, essendo noi stati salvati integralmente, non è estraneo alla salvezza, per cui bisogna trattarlo secondo il progetto e il disegno di Dio: corpo e anima risorgeranno per la vita eterna.
Anche nel Matrimonio il cristiano glorifica il suo corpo facendolo asservire al disegno di Dio: attraverso di esso si esprime l’amore sponsale indissolubile, fecondo, e donandosi al coniuge, nel rispetto della totalità della persona,diventa segno visibile dell’amore spirituale. Per questo, per i cristiani, l’uso di esso deve essere vissuto nella castità coniugale, lontano da ogni forma di infedeltà e nel rispetto dell’altro.
Vangelo: Gv 1,35-42.
Giovanni, dopo aver battezzato Gesù al Giordano, aver visto posarsi su di lui lo Spirito Santo e aver sentito le parole del Padre, che rivela il suo Figlio come l’Unigenito in cui si compiace, vedendolo passare, qualche giorno dopo, lo addita a
due dei suoi discepoli dicendo: « Ecco l’agnello di Dio », ed essi, lasciato Giovanni, seguono Gesù. I due vanno , vedono dove abita e rimangono con lui. E’ un incontro decisivo che cambia la loro vita e si mettono alla sua sequela di Gesù. Anche altri seguiranno Gesù, come Simone Pietro, a cui, il fratello Andrea comunica la gioia di aver incontrato il Messia e lo conduce da Gesù. Il Maestro, vedendolo, gli dice: « Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa ». Da quelle chiamate altre ne sono seguite e, fino alla nostra chiamata, ogni cristiano è chiamato a seguire il Signore, fare come discepoli l’esperienza di lui e del suo amore. Da ciò deriva l’esigenza di essergli fedele non solo con le buone intenzioni ma anche e soprattutto con la propria vita.