DALLA INDIFFERENZA ALLA CONDIVISIONE.
28 SETTEMBRE – XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.
La domenica siamo invitati da Dio, riuniti nel nome della Santa Trinità, a prendere parte al memoriale della passione del suo Figlio. Nella sua misericordia Dio manifesta la sua onnipotenza donandoci il suo perdono. Pur essendo noi peccatori, il Padre celeste ci accoglie e ci fa partecipi del banchetto eucaristico del Corpo e del Sangue del suo Figlio, che sono cibo e bevanda di vita eterna. Attorno a Cristo, assisi alla stessa mensa, non possiamo più ammettere l’ingiustizia, il disprezzo verso qualunque fratello. Non possiamo sentirci tranquilli restando nel nostro egoismo e non condividendo la provvidenza di Dio con chi è nel bisogno. L’Eucaristia ci fa aprire verso i beni dell’eredità eterna che godremo con Cristo nel cielo, ma che già pregustiamo in questo convito domenicale. Da questa sorgente deriva per la Chiesa ogni benedizione.
Nella Colletta iniziale dell’Eucaristia ci rivolgiamo al Padre celeste dicendo:
« O Dio, che conosci le necessità del povero e non abbandoni il debole nella solitudine, libera dalla schiavitù dell’egoismo coloro che sono sordi alla voce di chi invoca aiuto, e dona a tutti noi una fede salda nel Cristo risorto. Egli è Dio, e vice e regna con te… ».
Prima Lettura: Am6,1.4-7
Il profeta Amos denunzia il comportamento spensierato degli abitanti di Sion e di quelli di Samaria, minacciando guai per la loro mollezza di vita, perché comodamente sdraiati nelle mollezze e nei divertimenti «mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli cresciuti nella stalla ». Si divertono cantando e imitando Davide con improvvisati strumenti musicali, bevendo vino e ungendosi di profumi raffinati, mentre trascurano e non si curano della rovina di Giuseppe, cioè dei poveri del popolo del Signore. Preannunzia ad essi l’esilio e così si porrà fine all’orgia dei dissoluti. Il profeta denunzia con vigore le ingiustizie sociali, i divertimenti e i bagordi che offendono la povertà dei miseri del popolo, a cui Dio farà giustizia..
Seconda Lettura: 1Tm 6,11-16.
Paolo esorta Timoteo a praticare la giustizia, la pietà, la fede , la carità, la pazienza e la mitezza, cercando così di raggiungere la vita eterna a cui è chiamato e per la quale ha fatto la sua professione di fede.
Gli ordina ancora, davanti a Dio, creatore che dà la vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che davanti a Ponzio Pilato ha dato la sua bella testimonianza, a conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore Gesù, « che sarà a noi mostrata da Dio, il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità e abita una luce inaccessibile » e che nessuno tra gli uomini ha mai visto. Come guida della Comunità di fede, Timoteo deve, quindi, farsi modello con una condotta mite, caritatevole, ma battagliero nella propa- gazione e difesa della fede, dandone bella testimonianza e conservando integro e intatto il Vangelo, fino alla venuta del Signore, quando si manifesterà nella sua gloria.
Vangelo: 16,19-31.
La parabola del ricco epulone, raccontata da Gesù, pone una netta contrapposizione tra la vita di un « uomo ricco che indossa vestiti di porpora e bisso, ogni giorno banchetta lautamente » e del « povero Lazzaro che, stando davanti alla sua porta, coperto di piaghe, è bramoso di sfamarsi con quello che cade dalla tavola del ricco ». Morendo entrambi, il povero viene condotto dagli angeli accanto ad Abramo, mentre il ricco, sepolto, ritrovandosi « negli inferi fra i tormenti », alzando gli occhi, vede da lontano Abramo e Lazzaro insieme. Sentendosi la gola riarsa per la sete, invoca Abramo perché abbia pietà di lui e che mandi Lazzaro ad intingere il dito nell’acqua per bagnargli la lingua. Ma Abramo gli risponde che egli nella sua vita ha ricevuto molti beni mentre Lazzaro i suoi mali e che, ora, questi è consolato e lui si trova in mezzo ai tormenti; che, inoltre, è impossibile a Lazzaro, per il gran abisso che li separa, di poter andare da lui a compiere quello che desidera. Alla richiesta del ricco che insiste perché Lazzaro venga mandato dai suoi fratelli, i quali vivono come aveva fatto lui, per ammonirli severamente a cambiar vita, per non ritrovarsi anche essi negli stessi tormenti, Abramo risponde che hanno Mosè e i profeti e che ascoltino loro. Infine, poiché il ricco replica che i suoi fratelli, vedendo Lazzaro risorgere, si sarebbero convertiti e cambiato vita, Abramo risponde:« Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorge dai morti ». La parabola di Gesù, in sintonia con l’insegnamento di Amos, pone la sorte dei poveri rispetto ai ricchi, che banchettano e godono in questa vita e si danno spensierati ad ogni sorta di divertimento, in un contrappasso e in un rovesciamento di situazioni irreversibili. Ascoltando la parola del Signore che esorta a usare le ricchezze e i beni con distacco, avendo attenzione per i fratelli che sono in necessità e un cuore libero e aperto ai veri segni di Dio, anche il ricco può ritrovarsi nella gioia futura della vita ultraterrena.
La ricchezza è una continua tentazione che può spingere ad attaccarvi il cuore, farlo chiudere nell’egoismo e in una cecità che non fa più vedere le necessità in cui versano i fratelli più poveri, privi, spesso, anche dell’estremo necessario.
AVVISI PER LA VITA PARROCCHIALE
30 Settembre - Apertura dell’anno pastorale della Diocesi a Nicosia: Non sarà celebrata la Santa Messa Vespertina.
3 Ottobre - NOVENA DELLA MADONNA DELLA CATENA: Venerdì ore 17.00 - Recita del
Santo Rosario.
17.30 - Celebrazione della Santa Messa.
Il primo giorno è dedicato ai BAMBINI BATTEZZATI in questi anni e ai BAMBINI DELLE CLASSI DI CATECHISMO.
Il secondo giorno ai giovani.
Il terzo giorno alle coppie e famiglie.
Il Parroco.