23 LUGLIO – XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Accogliere Cristo  nella sua parola, nell’Eucaristia e nei fratelli.

Nella celebrazione dell’Eucaristia la nostra modesta offerta del pane e del vino sono espressione del nostro lavoro ed espressione della nostra solidarietà con le necessità dei nostri fratelli. Essi sono doni di Dio: espressione di tutti i doni di grazia che Dio ci elargisce. Essi saranno trasformati dalla potenza dello Spirito nel Corpo e Sangue di Cristo, espressione del suo sacrificio compiuto per la nostra salvezza e che noi offriamo al Padre. In ogni Pasqua settimanale, nella nostra povertà, noi offriamo a Dio Gesù, pane della vita e calice della salvezza, che rinnova la sua immolazione sulla croce. La grazia della sua presenza in noi diventa visibile quando come il lievito o il seme cresce e ci trasforma.

Nella Colletta di questa Eucaristia preghiamo dicendo: « Ci sostengano sempre, o Padre, la forza e la pazienza  del tuo amore; perché la tua parola, seme e lievito del regno, fruttifichi in noi  e  ravvivi la speranza di veder crescere l’umanità nuova ».

Prima Lettura:  Sap 12,13.16-19.

Il libro della Sapienza, oggi, ci dice che non c’è Dio fuori di lui che si prende cura delle cose create, perché debba difendersi dall’accusa di essere giudice ingiusto. Poiché Dio è padrone di tutte le cose ed è indulgente, la sua forza è principio della giustizia e la mostra « quando non si crede alla pienezza del suo potere »ed egli  rigetta « l’insolenza di coloro che pur la conoscono».

Poiché, ancora, può tutto, egli giudica con mitezza e ci governa con indulgenza. Così agendo, Dio insegna  «come il giusto deve amare gli uomini » e dà ai suoi figli « la buona speranza, che, dopo i peccati » concede il perdono.

Mentre tra gli uomini possiamo constatare la protervia del potere, unito alla violenza e al dominio, nei confronti degli altri uomini, Dio esercita la sua forza e potenza, in maniera diversa, con giustizia e pazienza, perché altrimenti chi potrebbe resistergli. Ma se Egli esercita, nei nostri confronti,  la sua infinita pazienza e misericordia, perché ci attende nonostante i nostri fallimenti, applica anche per ognuno di noi  la sua giustizia.

A questo modo di agire  si deve conformare il nostro comportamento, specie quando  vorremmo un intervento  più preciso e puntuale nel reprimere il male da parte di Dio o della giustizia degli uomini. Questa maniera di fare di Dio deve infonderci la speranza che Dio non abbandona le sue creature e ci assicura che « dopo i peccati » dà sempre la  possibilità di pentirsi. Occorre molta pazienza e fiducia, che accompagnano i nostri sentimenti e le nostre inquietudini. D’altra parte, non dimentichiamo che  è anche detto che Dio « rigetta l’insolenza ».

Seconda Lettura: Rm 8,26-27.

San Paolo, scrivendo ai Romani, li esorta ad avere sempre fiducia in Dio, poiché  lo Spirito del Signore ci soccorre nella nostre debolezze e, non sapendo pregare come si conviene, lo stesso Spirito intercede per noi con gemiti inesprimibili. Colui, poi, che scruta i cuori conosce cosa desidera lo Spirito, poiché « egli intercede per i santi secondo i disegni  di Dio ».

Se crediamo veramente che in noi abita lo Spirito Santo e ciò non è solo una certezza più o meno astratta, ma che realmente è in noi,  prega dentro di noi e ci suggerisce le intenzioni nella preghiera, dobbiamo solo  lasciarci guidare da lui, che ci conforma nella volontà  di Dio.

Vangelo: Mt 13,24-43.

La Parola del Vangelo della Liturgia di oggi ci presenta diverse parabole, che mettono in rapporto due realtà, il Regno di Dio, con al sua potenza e forza, e il male che vuole contrastare l’espandersi del bene e della realtà del Regno.

Nella campo del regno dei cieli  è seminato il buon seme della Parola di Dio ma, mentre i servi dormono, il nemico vi semina la zizzania. Lo spuntar di entrambi allarma  i servi del padrone che gli chiedono di estirpare la zizzania. Ma il padrone, constatando che un nemico aveva gettato la zizzania, dice loro: « “No, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece mettetelo nel mio granaio”».

Nel piccolo seme di senape, che seminato nel campo cresce e diventa arbusto e gli uccelli vi fanno il nido, Gesù esprime la capacità che ha il regno dei cieli che, da piccola realtà iniziale, diventa capace di accogliere tutti coloro che vogliono parteciparvi. Inoltre, come  il lievito, mescolato dalla donna  nella farina, la lievita e fermenta tutta, così il regno dei cieli permea e trasforma tutti coloro che lo accolgono.

Parlando Gesù in parabole attua la profezia che dice: « Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo ».

Gesù, spiegando la parabola della zizzania ai discepoli, dice che il  Figlio dell’uomo è il seminatore del buon grano e il seme buono sono i figli del Regno.  La zizzania sono i figli del Maligno e chi l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e gli angeli i mietitori, a cui verrà detto alla fine di raccogliere la zizzania e bruciarla, cioè di raccogliere dal regno « tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità che saranno gettati nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. I giusti risplenderanno, invece, come il sole nel Regno del Padre loro ». Conclude Gesù dicendo: « Chi ha orecchi, ascolti! ».

La zizzania.

Così, nei primordi dell’annunzio del Regno, molti pensarono che esso si sarebbe realizzato nell'’immediato, ma  il passare delle generazioni e  dei secoli hanno smorzato l’entusiasmo iniziale e ci è resi conto che lavorare per l’avvento del Regno di Dio non è facile, perché bisogna resistere nelle tentazione, tra le persecuzioni e gli scandali derivanti da comportamenti di infedeltà dei peccatori all’ interno della Chiesa stessa.

A parte il seme che cade lungo la strada ed è beccato, quello che cade in terreno sassoso e secca, tra il buon seme della sua Parola, seminato dal Signore nel suo campo, come nella parabola del Vangelo di oggi, spunta anche la zizzania.  Non è stato certo solo nella Chiesa delle origini che si è faticato per non perdere la tensione verso il Regno,  ma anche oggi i cristiani devono affrontare le varie resistenze che si oppongono alla realizzazione del Regno di Dio.

Ma tutto il tempo della storia è tempo di misericordia di Dio, perché gli uomini si convertano.  La libertà, di cui Dio ha dotato l’uomo, può trascinarlo nelle sue quotidiane scelte di vita, a tradurre gli ideali di bene e le sue capacità, le sue ispirazioni, la sua Parola, seminate nel suo cuore,  da buon grano in zizzania. Per ognuno la propria vita è tempo per imparare a discernere  il bene e il male, non quello di giudicare il buono e il malvagio. La parabola ci insegna che questo è il tempo della misericordia, della pazienza e del non peccare di presunzione,  volendo chiedere a Dio di affrettare il suo giudizio, per estirpare il male.

La parabola della zizzania ci invita, nel nostro oggi, a prendere posizione a favore del Regno di Dio, ad averlo nelle nostre scelte e  nei nostri desideri con l’ampio orizzonte di Dio, trovando in esso il senso del nostro agire.

Le altre parabole, quella del granellino di senape e del lievito, se fanno risaltare la sproporzione tra la piccolezza del seme e la grandezza del realizzarsi finale del Regno di Dio, devono anche farcelo concepire non come un avvenimento clamoroso, invadente, che subito s’imponga. Il Vangelo  cresce a poco a poco, con una forza interna, capace di permeare tutta la massa dell’umanità nelle varie epoche di vita degli uomini, qualora questi mostrassero la disponibilità ad accoglierlo nella propria vita. E’ perciò necessario che il seme muoia per poter  crescere rigoglioso. Si deve credere, quindi,  alla sua forza interna, simile – dice Gesù – a quella del granellino di senape, dagli inizi insignificanti: la croce di Cristo  e la sua morte umana, realtà piccole e deboli, hanno espresso la potenza di Dio per l’inizio e l’incremento del Regno.

Il lievito solo sciogliendosi e confondendosi con la farina può farla fermentare, non certo il restare separati e distinti.

La piccolezza del seme e la commistione tra lievito e farina, realtà piccole, producono un effetto grandioso: frutto di una operatività che sfugge all’uomo, che dovrebbe saper vivere realizzando il bene anche in mezzo alle resistenze, alle contraddizioni, alle difficoltà e alle incompiutezze.

La tentazione di accelerare i tempi per il giudizio, che certo ci sarà, ma che è nel tempo e nelle mani di Dio e non nostri, significa non voler accettare l’interiorizzazione delle leggi del Regno, che sono la piccolezza, la commistione di puro e impuro.

Tre insegnamenti dalla pagina del Vangelo che leggiamo.

-      Dio non interviene subito nella storia dell’uomo.

-      E’ paziente. Aspetta. Ma alla fine il male sarà strappato ed eliminato.

-      Non dobbiamo lasciarci sconvolgere dalla presenza  del male nel mondo; dobbiamo sopportarlo ed avere fiducia insieme nella giustizia e nella misericordia del Signore. « I figli del Maligno », «  quelli che commettono iniquità » non avranno riuscita. Occorre fare il bene con serenità e con la certezza che « i giusti splenderanno ».

Se nella vita degli uomini una medesima realtà può essere vissuta in maniera diversa a seconda delle capacità di ognuno, ma anche per le finalità che poniamo nel nostro agire, nel  pensare, sognare in grande e, di conseguenza, operare per partecipare ad un grande progetto non significa illudersi. Se i grandi orizzonti, anche un po’ visionari, danno un senso al nostro agire concreto, bisogna, però, mettere in conto le difficoltà che si incontreranno lungo il cammino: far fronte allo smarrimento che può essere causato dalla derisione della gente, affrontare il disincanto di coloro che non condividono il nostro orizzonte, l’assenza di risultati immediati, ecc. Si raggiungono le grandi mete imparando a superare le difficoltà, le deviazioni, le contraddizioni che si incontrano lungo il cammino: esse si raggiungono con fatica e un percorso accidentato può far facilmente scoraggiare.

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