25 GIUGNO -  XII DOMENICA DEL  TEMPO ORDINARIO.

COME PROFETI SIAMO CHIAMATI AD ANNUNZIARE SENZA PAURA LA SALVEZZA.

Nella memoria della Pasqua del Signore celebriamo il suo sacrificio di espiazione in cui Gesù si è offerto per riconciliare l’umanità con il Padre celeste. L’Eucaristia ci rende partecipi di questa riparazione, poiché la nostra vita, segnata dal peccato, ha continuo bisogno di riconciliazione e di riparazione, in quanto molte cose, come la ricerca del successo, la nostra superbia ed esaltazione, i cedimenti davanti alle esigenze del Vangelo, sono realtà che esigono purificazione. Nell’Eucaristia oltre a questa espiazione  e alla fedeltà  per confessare la nostra fede, troviamo e sono condivise anche la lode innalzata da Gesù che si immola sulla croce, l’adorazione e il ringraziamento al Padre celeste.

Nel giorno del Signore la nostra lode deve sgorgare dal cuore in maniera più intensa e prolungata, alimentata dalla Parola di Dio per   renderla presente nella nostra storia, come con i due discepoli di Emmaus.

Nella preghiera iniziale della Colletta preghiamo  dicendo: « O Dio che affidi alla nostra debolezza l’annunzio  profetico della tua parola, liberaci da ogni paura, perché non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con franchezza il tuo nome davanti  agli uomini. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».

Prima Lettura: Ger 20,10-13.

L’annunzio che il profeta fa nel nome di Dio non è facilmente accettato dal popolo e da coloro che lo ostacolano. Anche i suoi amici spiano la sua caduta e pensano che si lascerà trarre in inganno, così da potere prevalere su di lui. Ma il profeta non è sfiduciato perché il Signore, come un prode valoroso è al suo fianco, per cui i suoi persecutori non potranno prevalere e saranno  confusi perché non riusciranno, anzi ne avranno una vergogna eterna. Chiede al Signore, che prova il giusto e ne scruta il cuore e la mente, di potere vedere la vendetta  su di  essi, essendosi affidato a lui. Eleva quindi inni di lode a Dio per averlo liberato dalle mani dei suoi malfattori.

Seconda Lettura: Rm  5,12-15.

San Paolo ai Romani scrive dicendo che Adamo per il suo peccato  ha portato al peccato e alla morte tutti gli uomini vissuti prima che Dio avesse dato la legge a Mosè. E se anche non si può parlare di peccato non essendoci ancora la legge, la morte regnò ugualmente da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo. Questo  sarebbe la figura di Colui che deve venire, cioè Gesù Cristo, per il quale, con  la sua obbedienza e il suo sacrificio, la grazia di Dio e il dono concessi si sarebbero riversati in abbondanza su tutti gli uomini.

Vangelo: Mt 10,26-33.

Gesù esorta i suoi discepoli ad annunziare quello che egli dice nelle tenebre nella luce e quello che ascoltano all’orecchio  predicarlo a tutti. E non devono aver paura se anche possono essere uccisi nel corpo, perché non possono uccidere l’anima. Ma dice di temere coloro che possono far perire l’anima e il corpo nella Geenna, con una perdizione eterna.

Esorta i suoi discepoli ad aver fiducia nella provvidenza del Padre celeste, perché, né i passeri possono cadere senza che Dio Padre lo voglia, né alcun capello cadere dalla loro testa, essendo tutti contati, poiché essi valgono più di molti passeri.

Chiede, infine, che lo testimonino e lo riconoscano davanti agli uomini perché egli li riconoscerà davanti al Padre celeste, e sarà rinnegato colui che lo rinnegherà davanti agli uomini.