30 APRILE IV  DOMENICA DI  PASQUA.

Cristo Gesù che ci libera, ci conduce alla salvezza.

Gesù che si presenta come il buon pastore è, ancora oggi, colui che accudisce, guida e conduce il popolo di Dio. Egli dice che al di fuori di lui non c’è salvezza e senza la sua croce non c’è risurrezione.

La Chiesa, che ha come origine e punto di arrivo Cristo, è chiamata a mettersi a servizio dell’umanità e a rinnovarla con il suo sacrificio.

A volte, presi dal dubbio, più o meno doloroso, più o meno violento ci domandiamo: “E se Dio non esistesse?”.  Tale situazione di crisi può essere positiva per una fede più autentica. Infatti,  a seconda di come pensiamo Dio, assumiamo di conseguenza  atteggiamenti e realizziamo relazioni diverse con lui.

Ogni credente dovrebbe porsi la domanda: « Chi è Dio per me? »;« In chi ripongo la mia fiducia di salvezza? ». Il cristiano, come dice San Pietro, accoglie nella fede il messaggio che « Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che avete crocifisso ». Se fossimo stati anche noi lì, pur non implicati in solido per crocifissione materialmente del Signore, come gli undici, dovremmo convincerci che Gesù non è stato crocifisso solo per il peccato di quelli soli. La sua  morte ha una portata universale: è morto per tutti, di ogni tempo e di ogni luogo.

L’incredulità può essere vinta con l’atteggiamento di abbandono in Dio, come ha fatto Gesù nel momento della prova.

Gesù, attraverso la parabola del Buon Pastore, vuol farci comprendere che egli conosce, chiama, conduce, cammina davanti a tutti coloro che, come sue pecore, vogliono seguirlo,  ed essi riconoscono la sua voce e lo seguono. Con questa similitudine, che facilmente comprendevano gli uomini di allora, Gesù vuol dirci quale relazione  si pone tra lui e i suoi discepoli: una relazione di appartenenza « siamo sue pecore », di affezione « ci conosce uno ad uno e ama »,  di  guida « come il pastore che sta alla testa delle sue pecore » che lo seguono con fedeltà e amore. Il pastore conduce le pecore verso la libertà di « pascoli ubertosi ».

Con questa immagine del buon Pastore, che si prende cura delle sue  pecore con amore e sollecitudine, egli vuol dirci che dobbiamo avere una  diversa comprensione di Dio,  di cui non dobbiamo avere timore, ma che da parte nostra, sue pecore, dobbiamo vivere con lui una relazione esclusiva con il Pastore: relazione nuova che ci fa accogliere Cristo come porta d’ingresso nella salvezza: egli si presenta come rivelazione del Padre, mediazione unica fra Lui e l’umanità, unica guida alla vera libertà, che è dono gratuito, salvezza ricevuta, accettata e corrisposta con amore.

Nella colletta dell’Eucaristia di oggi preghiamo dicendo:« O Dio, nostro Padre, che hai inviato il tuo Figlio, porta della nostra salvezza, infondi in noi la sapienza dello Spirito, perché sappiamo riconoscere  la voce di Cristo, buon pastore, che ci dona la vita in abbondanza ».

La giustificazione che Dio ci dà, per la nostra adesione e il nostro abbandono fiducioso in lui,   è sempre un  dono gratuito. Dobbiamo allora seguire, se vogliamo essere suo “ umile gregge “, Cristo con sapienza e costanza,  riconoscerne la voce, e di lasciarci condurre da lui, mentre siamo « fra le insidie  del mondo ». Saremmo sprovveduti se chiudessimo gli occhi su queste insidie o se pensassimo di potercene preservare da soli. Come pastore, Cristo « ci guida alle sorgenti della vita»: Egli con la sua parola,  con i suoi sacramenti, che ci risanano e ci legano a lui, è la nostra vita.. L’immagine del gregge richiama quella dell’unità. Gesù « raduna gli uomini dispersi nell’unità di una sola famiglia ». L’unità dipende anche da ciascuno di noi, nella misura in cui supera e vince tutti i motivi di divisione, anche i più nascosti.

Prima Lettura: At 2,14.36-41.

Gesù di Nazaret, il Crocifisso, dice san Pietro, è stato costituito Signore e Messia: e questo annunzio suscita in quelli che hanno messo in croce il Cristo una trafittura del cuore e insieme il pentimento e la domanda di cosa devono fare. E l’apostolo li esorta a ricevere  il Battesimo che, accolto, porta in essi come frutti la remissione dei peccati, l’effusione dello Spirito Santo e l’appartenenza alla comunità dei cristiani. Anche in noi, che abbiamo ricevuto il battesimo è avvenuta: conversione, ci è stato dato il perdono, la grazia dello Spirito e siamo stati, per dono gratuito di Dio, inseriti nella Chiesa. Se la conversione non ha preceduto il nostro Battesimo, che abbiamo ricevuto da bambini, nella fede della Chiesa,  essa deve avvenire giorno per giorno; e  se anche non siamo stati partecipi materialmente  alla crocifissione di Gesù, i nostri peccati vi hanno gravato.

Seconda Lettura: 1Pt 2,20-25.

Gesù, scrive nella sua lettera ai cristiani san Pietro,  è modello, esempio di vita e artefice della salvezza che è frutto dell’obbedienza di Gesù al Padre e al progetto di salvezza che il Padre ha predisposti in lui. Così con il gesto del pastore che è disposto a dare la vita per le sue pecore, a difenderle davanti a chi vuole strappargliele e a guidarli verso i pascoli ubertosi della vita,  Gesù esprime la sua solidarietà con gli uomini che vengono costituiti suoi fratelli. Egli raduna “i figli di Dio che erano dispersi”, come il pastore raduna  le sue pecore, e custodisce le anime dei credenti nell’ « ovile del Padre ». Realizza così la figura biblica del Messia pastore.  Ma la  salvezza che egli porta passa attraverso il dolore del Servo sofferente, che come agnello viene portato alla croce (1Pt 2,24) che diventa strumento della nostra vita, perché Gesù dice di « essere venuto perché gli uomini abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore »(Gv 10,10-11).

Così per gli uomini, la sopportazione paziente della sofferenza ha un modello concreto: Cristo che, soffrendo per noi,  ha accettato con fiducia e la passione e la croce per liberarci dai nostri peccati.

Poiché anche per i  cristiani,  varie  situazioni sono oggetto di persecuzione, di ingiustizie, non può mancare in loro l‘atteggiamento fondamentale e decisivo, cioè  l’affidamento che rimette la nostra causa « a colui che giudica con giustizia », a Dio che tiene conto di tutto. Questa certezza induce anche al timore. Non illudiamoci: Dio ci giudicherà con giustizia e, se anche riusciamo ad ingannare gli uomini, non possiamo certamente Dio.

Vangelo: Gv 10,1-10.

Gesù ci viene presentato dal brano del Vangelo di Giovanni come il pastore ideale che guida i credenti in lui. Gesù, ci dice ancora  Giovanni, afferma solennemente che egli è la « porta delle pecore », attraverso la quale esse passano per entrare nell’ovile e per uscire al pascolo. Così con questa immagine  Gesù si presenta come  mediatore di salvezza: non ci sono altri spazi e altri passaggi di salvezza: « Se uno entra attraverso  di me, sarà salvato ». Gesù con la sua opera copre tutta l’area della salvezza. Da lui solo, venuto a dare la vita e a darla in abbondanza con il dono di se stesso, può aversi la salvezza. Cristo è così l’antitesi del ladro, dello sfruttatore. Il Signore risorto è il pastore della Chiesa: ed è solo lui che essa deve  ascoltare e  di lui seguirne  il cammino. Bisogna fare attenzione a  non seguire altre voci e altri capi: sono estranei tutti quelli che non passano da lui. Questo è un richiamo a quanti nella Chiesa hanno il ministero, perché rappresentino fedelmente Cristo; ed è un invito a rendere grazie perché nell’episcopato, in comunione con il Papa, siamo sicuri di trovare il segno visibile di Gesù pastore e porta.