12 – MARZO -  III  DOMENICA  DI  QUARESIMA

Cristo, fonte di acqua viva.

In un mondo pervaso dal peccato e dalle divisione Gesù annunzia la salvezza. Nella incapacità ad essere fedele a Dio e ai valori profondi dell’uomo, la nostra umanità è divisa da appartenenza etniche, religiose e siamo, nella nostra debolezza,  invasi dalla sfiducia. Cristo, davanti al peccato dell’uomo, che nella Samaritana ha  un prototipo, rivolge verso di lui in suo amore, per renderlo capace di amare Dio e di adorarlo in spirito e verità. Cristo, in questa Quaresima ci chiama a fare un cammino di conversione e non ci abbandona alla solitudine della nostra colpa. Ci offre la sua misericordia, come un giorno alla Samaritana ha offerto l’ acqua  che purifica e rigenera, cioè lo Spirito Santo, che sarebbe scaturito dal suo fianco aperto sulla croce.

L’acqua, come simbolo ambivalente,  nella Bibbia, se nel diluvio è stata simbolo apportatrice  di morte, solitamente è considerata come il simbolo della vita, della Parola di Dio, della Legge, dello Spirito Santo.

Gesù ancora adesso elargisce « all’umanità riarsa l’acqua viva della grazia », così noi diventiamo « tempio vivo » dell’amore di Dio. Il cammino della conversione, della ripresa interiore, della riparazione della colpa passa attraverso il digiuno, la preghiera e le opere della carità fraterna. Su questa strada – quando non si limita ad essere proclamata nella liturgia, ma diventa esperienza concreta di vita – viene vinto il nostro egoismo e infranta « la durezza della mente e del cuore ».

Nella Colletta di questa eucaristia domenicale preghiamo Dio dicendo: « O Dio, sorgente della vita, che  offri all’umanità l’acqua viva della tua grazia, concedi al tuo popolo di confessare che Gesù è il salvatore del mondo e di adorarti in spirito e verità ».

Prima Lettura: Es 17,3-7

Gli ebrei, di fronte ai  disagi del deserto, presi dalla sfiducia in Mosè,  mormorano  e  contestano Mosè, e di conseguenza   Dio stesso. Così più che riconoscere che l’esodo sia stato una grazia lo ritengono un gesto irresponsabile:« Perché ci ha fatti salire dall’Egitto  per farci morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame? ». Dio, davanti alle lamentele di Mosè che gridò al Signore dicendo: « Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno »,  placa la protesta e comanda a Mosè di passare davanti al popolo con alcuni anziani, e con il bastone in mano, come aveva percosso il Nilo, percuotere la roccia sull’Oreb. Così con l’acqua che scaturisce dalla roccia, segno della sua presenza  in mezzo al popolo liberato, soddisfa la loro sete..

Anche noi, in certi momenti bui e tristi della vita, ci sentiamo come gli ebrei, quando pare che Dio ci abbia abbandonato e non ci viene incontro nelle necessità.. Allora ricordandoci dell’esempio di Gesù nel deserto e della sua fiducia nella Parola di Dio, del suo consenso alla volontà del Padre, possiamo anche noi abbandonarci a Dio e certamente Egli ci verrà incontro.

Seconda Lettura : Rm 5,1-2.5-8.

San Paolo ci ricorda che, essendo per fede giustificati da Dio,  siamo in pace  con lui per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo e, avendo pure accesso alla sua grazia, siamo saldi nella speranza della gloria di Dio. Mentre, infatti, eravamo ancora deboli Cristo è morto per gli empi e, se « Ora, si trova a stento qualcuno disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona »,  Dio dimostra il suo amore per gli uomini, perché per mezzo di Gesù, suo Figlio che muore sulla croce per noi peccatori, ci ha riconciliati con sé e giustificati. Di fronte a un amore così grande, che  è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo non dobbiamo lasciare spazio ad alcun timore. In questo amore incondizionato di Dio per noi, la nostra speranza ha un fondamento incrollabile e non potrà andare incontro a delusione.

Questa è  la condizione del cristiano. Spesso, non ce ne rendiamo conto, e allora  conduciamo un’esistenza inquieta, insoddisfatta e superficiale.

Vangelo : Gv 4,5-42.

Gesù, in cammino verso la Samaria, stanco, sì per il viaggio, ma soprattutto per il lavoro apostolico,  si siede al pozzo di Giacobbe, dove attende la donna Samaritana, a cui chiede da bere. Egli, però, non  ha sete tanto di acqua, quanto  della  salvezza della donna, a cui promette di dare lui dell’acqua.

E così, via via che la donna samaritana si libera della sua diffidenza verso il Giudeo Gesù, le appare il mistero di Cristo, che non è più lo straniero e il nemico che chiede da bere, ma come colui che è   il « pozzo dell’acqua viva », che dona  lo Spirito. Essa, allora,  assetata, gli chiede: « Signore, dammi di quest’acqua, perché io non abbia più sete »( Gv 4,15). E Gesù, per la donna, a conclusione del colloquio, non è tanto un profeta che dice che Dio va  adorato in spirito e verità, ma è il Messia stesso, che le ha rivelato tutta la sua vita passata. E’ per la Samaritana  la scoperta,  che anche noi siamo chiamati a fare, del Cristo, « sorgente  dello Spirito che lava le colpe, soddisfa il cuore; Messia al quale ci associamo per dedicarci al Padre con un amore rinnovato dallo Spirito Santo »..La donna, dopo aver trovato la vera acqua, si fa missionaria verso i suoi concittadini: lascia l’anfora con cui attingeva l’acqua materiale,  per avere quella che Gesù le dà e che  le estingue la sete, e, andando a chiamare gli altri, desidera che anche questi  siano dissetati dalla medesima acqua.

Se inizialmente i samaritani vogliono conoscere Gesù per le parole della donna, a cui Gesù aveva detto il suo passato, quando incontrano Gesù anch’essi restano ammirati, lo invitano a restare con loro, e  le dicono: « Non è più per i tuoi discorsi  che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo ».

La ricerca spirituale di Dio porta con sé la scoperta della propria umanità nella sua fragilità, per cui solo così ci si può aprire ad accogliere la salvezza, che estingue la fame e  la sete di Dio, come scrive Isaia: « Non li colpirà più né la fame né  l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia  di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua »( Is 49-10)

Nel deserto dell’esistenza, in cui sperimentiamo la fame e la sete di gioia, di pienezza di vita, di valori perenni e di ricerca di Dio, se la testimonianza dei cristiani può stimolare altri ad andare a Lui, solo con l’esperienza diretta di Dio e sostando con   Gesù si può estinguere la sete di Lui, si può giungere alla professione di fede e dire come i samaritani: « E’ veramente il salvatore del mondo »

Anche Gesù ha sete,  causata dalla sua missione per la salvezza dell'umanità e  per cui assume la natura umana: così nel massimo della sua rivelazione, nell’ora della prova, della sofferenza e della croce, dirà ancora una volta: « Ho sete» (Gv 19,28).

Gesù prende su di sé la sete della Samaritana e di tutto l’uomo , la sua lontananza da Dio, il suo peccato e la stessa ricerca di Dio. Egli non è venuto per giudicare o condannare l’uomo, ma indica a tutti che la ricerca di Dio non può che passare attraverso il riconoscimento doloroso della propria fragilità e del proprio peccato.