5 MARZO – 2a  DOMENICA   DI  QUARESIMA

Oggi Gesù, nella trasfigurazione sul Tabor, viene  presentato dal Padre come il Figlio amato: ed è a lui che dobbiamo aderire e sulla sua parola fondare la nostra esistenza. Tutto l’Antico Testamento, con la sua legge e la sua profezia, ha in lui il suo compimento. Ma andare dietro a Cristo significa assumere « nella nostra vita il mistero della croce », poiché per mezzo di essa ci è stato consegnato, perché i nostri peccati fossero rimessi. Se questo itinerario, che compiamo nella fede e nella speranza, è difficile, intravediamo però nel nostro pellegrinaggio terreno, in Gesù che si trasfigura, i riverberi della gloria del Risorto.

Nella preghiera della Colletta di questa seconda Domenica diciamo: « O Dio, che hai chiamato alla fede i nostri padri e per mezzo del Vangelo hai fatto risplendere la vita,, aprici all’ascolto  del tuo Figlio, perché,  accogliendo in noi il mistero della croce, possiamo essere con lui trasfigurati nella luce ».

Prima Lettura: Gn 12,1-4

Dio, irrompendo  nella vita di Abramo, gli dice:« Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò ». Così gli dischiude orizzonti umanamente nuovi e gli promette che da lui  farà uscire una  grande nazione, lo benedirà e renderà grande il suo nome. Abramo, affidandosi a Lui, abbandona le proprie sicurezze, il paese, la  casa: è un passato che deve tramontare e deve incominciare  una nuova vita in una nuova terra,  con la promessa di un discendente, da cui uscirà un popolo che porta in sé la benedizione di Dio: « In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra ».  Da lui sarebbe sorto Gesù Cristo, che è l’apice della sua discendenza, il senso e il fine del beni promessi ad Abramo.

Abramo, quindi, lasciandosi guidare dalla parola di Dio,  obbedisce e  parte, con coraggio e fiducia in Lui, che lo chiama per realizzare un  futuro che lo attende. Dio chiede al Abramo, come ad ognuno di noi, un cammino di conversione al suo progetto: ecco il frutto della fede, che diviene operosa e che trasforma la vita. Scommettendo e investendo la propria vita su questa chiamata, il Signore chiede di mettere in crisi le nostre  certezze,  sorretti però dalla fede in Dio che, come afferma Paolo, « ci ha salvati secondo il suo progetto e la sua grazia », donandoci grazia e misericordia  in Cristo suo Figlio e inserendoci  nella sua  volontà salvifica.

Seconda Lettura: 2 Tm 1,8-10.

Non si può essere veri apostoli, veri discepoli di Cristo, se non si soffre per il Vangelo, come ha fatto Paolo che, invitando Timoteo a superare ogni avvili- mento e ad accettare questa sofferenza,  invita anche noi a fare altrettanto. Del resto, ci aiuta  la forza di Dio, « la sua grazia dataci in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma che è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù », il quale ha vinto la morte facendo risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo. Ricevere la grazia vuol dire entrare in comunione  con questa vita che risiede in Cristo. Ma a questa  forza forse  ci affidiamo troppo poco; eppure essa  è tale che nessun ostacolo la può piegare.

Vangelo: Mt 17,1-9.

Nel racconto della Trasfigurazione sul Tabor  di Matteo , Mosè ed Elia, la legge e i profeti convengono con Gesù, poiché ne sono stati la preparazione e l’attesa. Come Mosè, convocato da Dio, per ricevere la Legge è salito sul monte Sinai, dove « la gloria del Signore venne a dimorare e la nube lo coprì per sei giorni,…», così è ora: « Sei giorni dopo …», la professione di fede di Pietro, che lo riconosce come « il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16). Dopo l’annunzio della sua Passione, che scandalizzò gli apostoli (Mt 16 21) e le parole dette da Gesù che « il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo » Mt 16 27, sul Tabor, in Gesù trasfigurato, si rivela la gloria di Dio in tutto il suo splendore. Qui i tre apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, saliti con Gesù,  sono  spettatori e testimoni della rivelazione  della divinità di Gesù, finora celata dalla sua umanità. E se, da una parte, Gesù corregge le attese messianiche degli apostoli con l’annunzio della Passione, dall’altra preannunzia gli eventi pasquali con la trasfigurazione.

Anche la voce che proclama « Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo » (Mt 17,5), come era avvenuto nel Battesimo al Giordano, aiuta a comprendere la figura di Gesù come Figlio Messia del Salmo 2, l’ amato come Isacco, in cui si compiace, come del Servo Sofferente di Isaia.

Mosè ed Elia, rappresentanti dell’Antico Testamento, indicano che in esso tutto è preannuncio della figura e dell’opera di Gesù: la Legge, la Profezia, il sacrificio di Isacco, la sofferenza del Servo di Dio e, quindi, la fede in lui deve affrontare lo scandalo della passione.

Gli apostoli, davanti all’evento della trasfigurazione, rimangono estasiati e non vorrebbero allontanarsene, ma la voce dice loro che più che guardarlo trasfigurato deve essere da loro ascoltato..

Poi  Gesù, il Figlio di Dio, l’amato, colui nel quale abita e risuona la parola del Padre, resta solo e, insieme agli apostoli, scende dal monte per riportarli alla vita normale, quotidiana, luogo in cui bisogna ancora ascoltarlo e seguirlo, nell’obbedienza al Padre e nella sua sequela, affrontando  i giorni della passione, condizione  per giungere alla gloria.

I brevi momenti della trasfigurazione fanno comprendere un po’ il mistero di Gesù, abitualmente nascosto nella sua vita mortale e che la passione verrà ad oscurare ancora di più. Ma colui che vuole seguirlo non può vacillare davanti alla croce: è questo il servizio umile della sua morte con cui Gesù porterà a  compimento  il disegno di Dio, che lo ha mandato perché il mondo sia salvato. Questo tempo di Quaresima è, particolarmente, il « momento opportuno per lasciare che la Parola ci smuova, ci sfidi a scommettere la nostra vita in Dio e ci provochi ad avere fiducia nel futuro di salvezza , iniziato con la morte e la risurrezione di Cristo e che avrà il pieno compimento, anche per il credente, nella stessa gloria di Dio, preannunziata con la trasfigurazione di Gesù sul Tabor.