6 Gennaio – Epifania del Signore alle genti. ANNO A

Mentre nel Natale abbiamo contemplato, come dice Isaia, Cristo, luce che risplende nelle tenebre, in cui è immersa l’umanità, dalla quale Gesù assume  la carne umana, con tutta la sua fragilità e debolezza, eccetto il peccato; nell’Epifania, festa di luce,  che traspare e guida a Gesù, Dio continua a rivelarsi, sempre nella debolezza e nella fragilità di bambino, nato nel nascondimento, e con lo splendore di una stella attrae a Betlemme genti lontane. Così san Paolo esprime  il significato dell’Epifania : « Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa ». I Magi, guidati dalla stella e desiderosi di vedere ciò  che essa preannunciava, messi in cammino, giungono a Gerusalemme e chiedono, lì dove pensano possa essere nato un re, ad Erode: « Dove è nato il re dei Giudei? ». A Gerusalemme,  dove avrebbe dovuto essere maggiormente viva l'attesa del "Messia", i sommi sacerdoti e gli scribi, radunati da Erode,  ricordando le profezie, indicano che da Betlemme, piccolo capoluogo della Giudea, doveva « uscire un capo che sarebbe stato il pastore del popolo Israele ».

Così i Magi vengono indirizzati a Betlemme. Usciti da Gerusalemme, dove la stella che li precedeva non era vista, riappare loro e si ferma sul luogo dove  « entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre,  si prostrarono e lo adorarono  e gli offrirono i doni: oro, incenso e mirra » (Mt 2,11), riconoscendolo come Re, Dio e Redentore.

Alla fine del loro viaggio, nella ricerca della verità, desiderosi di conoscere l'evento indicato dalla stella, incontrano il Signore nella debolezza della carne: l'umanità nella sua dimensione di fragilità, nella sua vulnerabilità alla sofferenza e al dolore. Essi riconoscono Dio nella carne, perché  è in questo che Dio condivide la povertà umana,  che si rivela e nasconde la sua divinità: questo è il mistero dell'incarnazione di Dio.

I Magi modello della Chiesa

I MAGI sono le primizie della Chiesa, formata da uomini di tutti i popoli,  sono il simbolo di tutti gli uomini, che vanno a trovare il Signore, Cristo Gesù, il Salvatore, guidati dalla luce della fede e lo adorano.

Essi, che hanno affrontato le fatiche e i pericoli di un lungo viaggio, sia fisico che interiore di ricerca della verità divina, esprimono così il percorso paradigmatico della fede di ogni uomo. La stella, verità dell’uomo, è un segno che va ricercato e obbedito, e pone l’uomo nella fatica della ricerca della verità.

La fede non è ancora la visione delle realtà che crediamo. I nostri occhi ancora sono come velati; ma la  fede  è già una luce  che illumina l’anima. L’incredulo si trova ancora nelle tenebre.

Gesù che nasce tra noi provoca sentimenti  opposti, azioni antitetiche. Infatti alcuni dei prossimi al Messia  non lo riconoscono. La sua nascita produce anche turbamento, come in Erode, il nuovo persecutore, come lo fu il faraone, che opprimeva Israele nei  suoi primogeniti.

Oggi preghiamo perché la fede  divenga sempre più ferma e luminosa, perché non ci accada mai la sventura di perderla; perché tutti gli uomini l’abbiano in dono, così da accogliere  il mistero della salvezza, che è lo stesso Figlio di Dio, in tutto solidale con noi, annunziato a tutte le genti.

Prima Lettura: Is 60, 1-6.

La gloria del Signore brilla in Gerusalemme: il profeta la vede come il luogo verso cui tutti i popoli convergono per lodare Dio e offrirgli « oro e incenso ». La venuta dei Magi porta a compimento la visione esaltante  di Isaia, poiché essi,  e con loro le nazioni della terra, riconoscono in Gesù il loro Re.

Seconda Lettura: Ef 3,2-3.5-6.

Paolo ricorda agli Efesini che nella carne condivisa da Dio in Gesù si attua e manifesta il mistero e il piano della salvezza di Dio rivelatisi, nello Spirito, per mezzo dei santi apostoli e profeti. Per mezzo del mistero dell'incarnazione tutti gli uomini sono chiamati a far parte della Chiesa, per formare un unico corpo, essere partecipi della stessa eredità del Figlio e partecipi della stessa promessa del  Vangelo di salvezza.

Sia gli Ebrei, eletti per primi, sia i pagani, venuti dopo, sono chiamati alla fede in Cristo e alla condivisione dell’eredità  eterna con lui. La salvezza è universale: e infatti la Chiesa è detta « una  e cattolica ». In essa non c’è distinzione di razza: il Vangelo è predicato a tutte le genti, perché formino una medesima Chiesa. Questo ci porta a due considerazioni: la prima, che dobbiamo sentire la vocazione missionaria e,  anche se personalmente non siamo in missione: il nostro aiuto è dato dalla preghiera, dai sacrifici, dalla collaborazione, fatta anche di offerte in questo giorno in cui celebriamo la Giornata della Santa Infanzia e i missionari sono là a rappresentarci. La seconda considerazione è questa: dobbiamo evitare le divisioni, in  contrasti tra noi, visto che siamo partecipi della stessa  grazia e della stessa promessa di Cristo. Facciamoci nel nostro ambiente missionari di concordia.

Vangelo: Mt 2,1-12.

Quale contrasto tra l’indifferenza  e l’ignoranza somma dei sommi sacerdoti  e degli scribi, tra la sospettosa ostilità di Erode e l’ardente e gioiosa domanda dei Magi: « Dov’ è colui che è nato, il re dei Giudei ? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo!». Vengono i lontani , e i vicini non si accorgono che è nato il Salvatore. Ai primi è data la felicità di incontrarlo e di adorarlo; i secondi o   non sono toccati dall’avvenimento o, peggio, cercano di soffocarlo. Dobbiamo pensare che  abbiamo vicino il Signore, quasi a due passi, vicino alle nostre case, nella Eucaristia, e il cuore rimane freddo, pigro, senza interesse. La vera fede dà gioia, fervore e desiderio di incontrare il Signore, come i Magi, capaci di affrontare qualche sacrificio per lui.