18 DICEMBRE  - 4a DOMENICA DI AVVENTO. Anno A

Attendiamo Gesù con Maria e Giuseppe.

Ancora pochi giorni e sarà Natale. Tutti ci prepariamo adeguatamente a celebrarlo con lo spirito di una fede genuina? Abbiamo preparato il presepe, l’albero, ci affrettiamo a fare gli ultimi acquisti di regali, abbiamo programmato vacanze e pranzi, ecc. Ma riduciamo solo a questo l’evento che, più di ogni altro, ha cambiato la storia del mondo?

Maria ci ha fatto un  regalo, il più bello, il più prezioso e più grande: ci ha dato il suo Figlio, il Figlio di Dio, che ha ricevuto dallo Spirito Santo con il suo “ sì ”.

Ricevendo un regalo siamo contenti e, col dono, apprezziamo l’amore di colui che ce l’ha donato. Ma davanti ad un  dono inaspettato la gioia è più grande. Nel Natale il dono che Dio fa del suo Figlio, nato tra noi, è un dono completamente gratuito, non è frutto della nostra azione, ma della liberalità del Padre celeste che in  Gesù ci ha donato il Salvatore.

Nella nostra storia, intrisa di dolore, di morte, di disgrazie e calamità, di ingiustizie, di guerre, di odi tra popoli, Dio ha mandato il suo Figlio, il Principe della pace, alla cui nascita gli angeli hanno cantato: « Gloria a Dio nell’ alto dei cieli e pace agli uomini che il Signore ama ». Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi, uomo come noi, eccetto il peccato, viene a liberare l’uomo da tutte quelle realtà che lo affliggono e a dargli la speranza che, cambiando il mondo fin da ora, secondo il  modo di pensare e operare di Gesù,  potrà dare inizio a quel regno di amore, di giustizia, di pace, di fraternità che avrà il pieno compimento nell’ eternità di Dio.

Nel Natale Dio interviene nella nostra storia non con segni di potenza, ma nella semplicità, nella povertà più estrema, in un tale nascondimento  che solo nella fede è possibile cogliere. Il comunicare di Dio con gli uomini, nel Natale, avviene con linguaggio e con  segni, sì preannunziati, ma realizzati in modo misterioso. Viene da una donna,  che pur essendo vergine, diviene mamma e partorisce un bambino.

Solo la rivelazione dall’ alto ci fa comprendere l’evento, come avvenne per i pastori che, accogliendo la notizia dall’ angelo, corsero a vedere colui che era stato annunziato loro come “ il Salvatore ”.

In questa quarta domenica di Avvento, nell’ attesa del Signore, la liturgia ci presenta le figure di Maria e Giuseppe che, come modelli di fede, nelle loro vicende umane degli eventi vissuti, si fidano di Dio e, confortati dalle parole degli angeli, scorgono la sua volontà, la quale, nel realizzarsi, non esclude la collaborazione dell’uomo: Maria che, con il suo “ sì ”, si proclama l’umile serva del Signore, Giuseppe,  « uomo giusto », che non ha paura di superare la giustizia  legale, di affrontare i pregiudizi degli uomini, di accettare una simile paternità adottiva del bambino, dandogli il nome, conferendogli tutti i diritti legali e inserendolo nella discendenza della famiglia di Davide, come era stato promesso da Dio.

L’umile ascolto della Parola di Dio, l’ obbedienza della fede, l’adesione perfetta alla volontà di Dio: ecco le condizioni per ricevere e rivivere la grazia del Natale. Il grande modello è la Vergine Maria, nel cui grembo purissimo il Verbo di Dio si riveste di carne mortale per virtù dello Spirito Santo. E’ lo Spirito che agisce nella Chiesa, chiamata a portare nel mondo lo stesso Signore. Anche in noi, grazie alla fede, diviene presente il Verbo di Dio: le nostre opere lo attestano e lo donano agli altri.

Per ricevere la grazia e entrare nel mistero del Natale sono quindi necessarie quelle tre condizioni.

Nella preghiera della Colletta  diciamo: « O Dio, Padre buono, che hai rivelato la gratuità e la potenza del tuo amore nel silenzioso farsi carne del Verbo  nel grembo  di Maria, donaci di accoglierlo con fede  nell’ ascolto obbediente della tua parola della tua parola ».

Prima Lettura:  Is 7,10-14

Isaia riferendo  che Dio dice al re Acaz  di chiedergli un segno dal profondo degli inferi oppure dall’ alto, il re non vuole tentare il Signore. Isaia allora profetizza alla casa di Davide dicendo: « Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio ? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che si chiamerà Emmanuele ».Il Signore, di fronte alla resistenza di Acaz che non vuole chiedere un segno come il profeta aveva riferito per volere di Dio,  non perdendo la pazienza,  promette lui il segno: il suo  potente intervento e il suo amore faranno sì la promessa si realizzerà in Maria, che vergine, per opera dello Spirito Santo, concepirà un figlio, l’Emmanuele, il Dio con noi e  non un uomo qualsiasi, vicino a Dio e investito della presenza di Dio: il Natale è sì il ricordo storico di quell’ evento, ma, nel mistero, egli si rende presente per opera dello Spirito in tutti coloro che lo accolgono con fede e amore.

Seconda Lettura: Rm 1,1-7.

Paolo, che si ritiene servo di Gesù Cristo, apostolo per chiamata dello stesso Signore per annunziare il Vangelo, esprime all’ inizio della sua lettera indirizzata ai Romani, la professione di fede in Cristo Gesù, « promesso nelle Sacre Scritture e  nato dal seme di Davide secondo la carne, ma costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dai morti ».Egli, per mezzo di Cristo,  ha ricevuto la grazia di essere apostolo per suscitare in tutte le genti l’obbedienza della fede a gloria del suo nome e, quindi, anche in  loro, a cui augura, essendo amati da Dio e santi per chiamata, grazia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo e tutti i  cristiani, quindi,  siamo chiamati per annunziare il Vangelo, cioè il messaggio di gioia che è il Signore Gesù, venuto a realizzare, nascendo tra noi,  le promesse di salvezza che Dio ha fatto all’ umanità lungo i secoli. Viviamo allora intensamente l’attesa del Salvatore Gesù. Ringraziamo Dio per averci chiamato ad essere tutti apostoli e ministri,  nell’ obbedienza della fede e nell’ adesione fiduciosa e  piena alla Parola di Dio, a vantaggio di tutta la Chiesa e del mondo.

Vangelo: Mt 1,18-24.

Il Vangelo ci racconta di alcuni avvenimenti inerenti alla generazione di Gesù da parte di Maria, sua Madre, che promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, per opera dello Spirito Santo si trovò incinta. Se Giuseppe, uomo giusto, per tale circostanza, poteva accusarla pubblicamente, pensò, però, per non esporla all’infamia,  di ripudiarla in segreto. Ma, mentre considerava queste cose, un angelo del Signore, apparendogli in sogno, lo rassicurava dicendogli:« Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati ».

Così si compiva ciò che il Signore aveva preannunziato per mezzo della profezia: che una vergine avrebbe concepito e dato alla luce un figlio, a cui sarebbe stato dato il nome di Emmanuele, il Dio con noi. Giuseppe, allora, destatosi dal sonno, fece secondo l’ordine dell’angelo e prese con sé Maria come sua sposa.

Davanti ad un evento così straordinario, il concepimento del Figlio dell’Altissimo, puro dono della grazia nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, Giuseppe più che assecondare la scelta di una legalità di giustizia mosaica e pensando di distaccarsi da Maria in segreto, confortato dall’angelo, che gli annunzia la volontà di Dio, sceglie  di adempierla, adeguandosi per fede  alla giustizia divina. Così assume Maria come sposa, farà da padre a Gesù dandogli la paternità legale, lo educherà nella sua famiglia e gli imporrà il nome Gesù, come gli ha detto l’angelo. L’obbedienza docile e pronta di Giuseppe nella fede fa di lui il modello di ogni credente, cioè di colui che pone la vita a servizio del progetto di Dio, per sé e per i fratelli.