6  NOVEMBRE – XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

OGGI RICORRE LA 72a GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO.

La celebrazione della passione gloriosa del Signore, Figlio di Dio, non è un avvenimento del passato, ma è reso presente dall’azione dello Spirito e noi, partecipandovi  con  fede, ne veniamo coinvolti. Assumendo con impegno il Corpo e Sangue di Cristo, che si è offerto per la nostra salvezza, noi impariamo a donarci per la salvezza dell’umanità. Alla passione del Signore è seguita la sua gloriosa risurrezione per cui, con l’Eucaristia che celebriamo, viene alimentata in noi la speranza della gloria futura. Ma dobbiamo vivere nella vigilanza tale attesa, così da essere trovati, alla venuta del Signore, pronti per entrare, come le vergini prudenti, con lui nel banchetto celeste.

Nella preghiera iniziale diciamo: « O Dio dei viventi, che fai risorgere coloro che si addormentano in te, concedi che la parola della nuova alleanza, seminata nei nostri cuori, germogli e porti frutti di opere buone per la vita eterna ».

Prima Lettura: 2 Mac 7,1-2.9-14.

Ci viene presentata la testimonianza eroica dei sette fratelli Maccabei che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di nerbate, a rinnegare la loro fede e a trasgredire, mangiando carni suine, la Legge. Uno di essi, interpretando tutti, disse che sarebbero stati pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri. Il secondo, che stava per essere torturato, rivoltosi ai carnefici disse: « Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna ». Morto questo, fu torturato il terzo che mise fuori la lingua e, stendendo le mani con coraggio, disse: « Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggile disprezzo, perché spero di riaverle di nuovo ». Il re e i suoi dignitari furono colpiti dalla fierezza del giovane, perché non temeva le torture. Morto questo, iniziarono a torturare il quarto che, ridotto in fin di vita, diceva: « E preferibile morire per mano di uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita ». La fede nella resurrezione sostiene la testimonianza  dei sette fratelli disposi a morire pur di rimanere fedeli alle leggi di Dio. Così essi dimostrarono che la vita, con tutti i travagli e dolori, come anche con il martirio, conta poco quando c’è la certezza che in Dio c’è la speranza di essere di nuovo da lui risuscitati. Cristo, che muore in croce e risorge, è il  testimone migliore di questa speranza della risurrezione, che ha sorretto i martiri, affidandosi senza paura a Cristo risorto. Tutta quanta la Chiesa deve vivere con questa sicurezza che la risurrezione, anche davanti alle persecuzioni, fa vincere il timore della morte.

Seconda Lettura: 2 Ts 2,16.3,5.

L’apostolo Paolo augura ai Tessalonicesi che il Signore Gesù e Dio, Padre di tutti, che li ama, dia loro una consolazione eterna e una speranza viva, li conforti nei loro cuori e li confermi in ogni opera e parole di bene. Chiede loro di pregare affinché la parola del Signore sia glorificata, come lo è stato tra loro, così che si venga liberati dagli uomini corrotti e malvagi. E poiché il Signore è fedele li confermerà e li custodirà dal Maligno. Esprime, nei loro confronti, la fiducia che essi già facciano quello che egli ha ordinato loro  e che continuino a farlo. Augura, ancora, che il Signore guidi i loro cuori nell’amore di Dio e nella pazienza di Cristo.

Il cristiano, in mezzo alle difficoltà, alle tribolazioni quotidiane o anche difronte al martirio, non deve abbattersi, perché l’amore di Dio, che ci accompagna nei nostri giorni, ci conforta, ci rafforza nella speranza. E il Signore non tradisce le attese dei suoi figli e non viene meno alla sua parola. Domandiamoci se crediamo veramente a questa fedeltà. Neanche la malvagità degli uomini potrà abbatterci o sopraffarci se, come a Paolo, sopraffatto da tribolazioni di ogni genere,  anche noi ci dice il Signore: « Ti basta la mia grazia ». Nell’impegno a testimoniare la fede le difficoltà non  potranno scoraggiare il credente che confida nell’aiuto e nella forza che lo Spirito di Dio dà, secondo quanto, nel Vangelo, assicura Gesù ai suoi apostoli.

Vangelo: Lc 20,27-38.

I sadducei, che non credono nella resurrezione, partendo da quanto Mosè aveva prescritto a proposito della legge del levirato: « “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello la prenda in moglie e dia una discendenza al proprio fratello” », chiedono a Gesù il suo parere.

Poiché vi erano sette fratelli ed essendo  il  primo di essi, dopo aver preso moglie,  morto senza aver avuto figli e  anche il secondo, che l’ha preso in  moglie,  è morto senza figli, come  il terzo e così tutti e sette, ed  in ultimo è morta anche la donna,   questa, nella risurrezione, di chi  sarà moglie, avendola avuta tutti e sette come moglie?

Gesù risponde loro dicendo che, se i figli di questo mondo prendono moglie e marito: « Coloro che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: essi infatti non possono morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono in lui ». Nella risurrezione e nella eternità di Dio, la nostra vita sarà completamente nuova rispetto a questa terrena. Questa sarà trasformata non distrutta e i rapporti tra uomo e donna non saranno vissuti più  in funzione delle esigenze terrene della specie: apparterremo sempre a Dio. Ma fin da quaggiù i figli della risurrezione, quelli che credono, sono aperti al mondo nuovo. Anticipando nell’attesa la vita eterna del cielo essi sono associati fin da ora alla vita degli angeli.  Lo sposarsi, allora, non è più considerato come il più  grande bene, che non deve essere assolutizzato: chi sceglie di testimoniare la vita del Regno futuro vi rinunzia. Il cristiano realizza, quindi,  uno stile di vita che è al di fuori del paradigma di questo mondo: anticipa quello futuro dell’eternità.