21 AGOSTO – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

E’ una santa assemblea quella che la Domenica si raduna per celebrare i misteri santi del Signore. E non siamo noi che li rendiamo santi, ma è Dio che santifica tutti quelli che, nella fede, si lasciano coinvolgere dalla sua opera e dal suo Santo Spirito. E’ « l’unico e perfetto sacrificio del Cristo » che ci ha redenti dal peccato, ci santifica con la sua presenza in noi, ci impreziosisce con la sua grazia santificante, ci rende « pietre vive », ci inonda con « la luce dello Spirito » che inabita in noi e ci conferisce la vera libertà dei figli di Dio.

Questa santità è dono gratuito della misericordia di Dio, che ha voluto riconciliarci a sé per mezzo del suo Figlio. A noi solo spetta il corrispondere a questo amore misericordioso, non perché costretti a compiere la sua volontà, ma per una corrispondenza d’amore. Dobbiamo essere forti e generosi, senza lasciarci distrarre da « parole o discorsi umani » e, anche fra le vicende alterne del mondo, mutevoli e ambigue, dobbiamo camminare nella santità di Dio, tenendo fissi i nostri cuori là « dove è la vera gioia e dove raggiungeremo la santità definitiva ».

Nella Colletta di questa Domenica preghiamo dicendo: « O Padre, che inviti tutti gli uomini al banchetto pasquale della vita nuova, concedi a noi di crescere nel tuo amore passando per la porta stretta  della croce, perché, uniti al sacrificio  del tuo Figlio, gustiamo il frutto della libertà vera ».

Prima Lettura: Is 66,18-21.

Il Signore, per bocca del profeta, annunzia che egli realizzerà un raduno di tutte le genti, le quali vedranno la sua gloria. Porrà su di essi un segno e manderà i loro superstiti alle popolazione delle vicine Tarsis, Put, Lud, Mesec e alle isole, che non hanno udito parlare del Signore, per annunziare  alle   genti la sua gloria. Da tutte le genti saranno radunati, sul santo monte di Gerusalemme, tutti i loro fratelli, come i figli di Israele, che « portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore ». E tra tutti Dio prenderà sacerdoti  leviti per il servizio nel suo tempio. E’ annunziata, quindi, dal profeta, come dono di Dio e non per i propri meriti,  la salvezza universale per tutti i popoli, che insieme agli ebrei  si dedicheranno al culto dell’unico Signore, senza che nessuno sarà escluso. Il Vangelo di Cristo è destinato a tutte le genti.

Seconda Lettura: Eb 12,5-7.11-13.

La lettera agli Ebrei esorta i cristiani a non disprezzare la correzione del Signore e a non scoraggiarsi quando si è ripresi da lui, perché egli « corregge colui che   ama e percuote chiunque riconosce come figlio ». Dio ci tratta come figli e « qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Certo, sul momento, ogni correzione non sembra causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia a quelli che per suo mezzo, sono stati addestrati». Conclude l’esortazione invogliando a rinfrancare le mani inette, le ginocchia fiacchecamminare diritti, perché « il piede che zoppica non abbia storpiarsi, ma piuttosto a guarire ». La sofferenza è da considerarsi senza senso? E se il Figlio di Dio ha accettato  la sofferenza della passione e della croce, allora, per Dio, essa ha un senso. Nel Figlio e in noi, Dio Padre ha voluto porre la correzione, che induce sofferenza, come segno d’amore, ma non ci si deve fare abbattere o avvilire da essa, perché la tristezza che essa provoca deve essere animata dalla speranza che veniamo guariti spiritualmente, in quanto il Signore ci farà cogliere « il frutto di pace e di giustizia ».

Vangelo: Lc 13,22-30.

Mentre Gesù va verso Gerusalemme, insegnando in città e villaggi e chiedendo di convertirsi al regno di Dio, un tale gli chiede: « Signore, sono pochi quelli che si salvano? ». Gesù, rispondendo agli astanti, dice che per entrare nella salvezza  la porta è stretta e molti cercheranno di entrarvi senza riuscirvi. Chiusa la porta, coloro che   rimarranno fuori e busseranno alla porta, invocando che questa venga aperta, si sentiranno rispondere: « Non so di dove siete ». E pur rivendicando, davanti al Signore, coloro  che  rimangono fuori di aver mangiato e bevuto in sua presenza e che egli ha insegnato nelle loro piazze, ad essi egli dichiarerà:« “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori d’ingiustizia” ». Lasciati, allora, “là dove ci sarà pianto e stridore di denti”, pur vedendo Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, essi saranno  cacciati fuori. Conclude Gesù dicendo: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco , vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi ».

Partecipare della salvezza richiede sforzo e impegno di conversione. Le parole servono a poco, perché, dice Gesù: « Non chiunque mi dice: ”Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli »

( Mt 7,21). Non basta neppure aver predicato nel suo nome per essere riconosciuti da lui e accolti. Essere stati eletti da Dio  per primi o aver avuto la preferenza divina, come l’Israele storico, non serve a chi rigetta Gesù Cristo. Avranno la precedenza quanti sono venuti dopo, cioè i gentili, che hanno accolto il Vangelo e vi hanno creduto, convertendosi alla grazia e all’amore di Dio e mettendo in pratica l’invito a convertirsi a lui. E’ sempre attuale questa sostituzione, per cui saranno seduti alla mensa del Regno di Dio chi risponde, con fedeltà e coerenza operosa, alla sua chiamata.