24  LUGLIO – XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

PADRE, VENGA IL TUO REGNO!

Partecipare al sacrificio dell’Eucaristia vuol dire celebrare il memoriale della passione, morte e resurrezione del Signore che, in virtù dello Spirito Santo, attualizza nella vita del credente il suo mistero di salvezza. Lo Spirito, che trasforma il  pane e il vino nella presenza reale di Cristo, ci dà la possibilità  di « condividere il pane disceso dal cielo » alla mensa del Signore. L’accento, ancora una volta in questa Eucaristia, è posto sulla Pasqua domenicale e, nella preghiera iniziale,  ci rivolgiamo a Dio dicendo: «   Signore e creatore del mondo, Cristo tuo Figlio ci ha insegnato a chiamarti Padre: invia su di noi lo Spirito Santo, tuo dono, perché ogni nostra preghiera sia esaudita ». Tutto ciò che è necessario alla vita quotidiana, deve essere ricercato e usato saggiamente, senza che intralci la continua ricerca dei beni celesti. E qualora dovesse intralciare questa ricerca bisogna essere capaci di rinunziare a ciò che ci ostacola nel cammino verso il Regno.

Prima Lettura: Gn 18,20-32.

Mentre i tre uomini, ospitati da Abramo, partono dalla sua tenda verso Sodoma, il cui grido è grande e il peccato dei suoi abitanti molto grave,  egli rimane alla presenza del Signore. Avvicinandosi al Signore dice: « Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti? Lontano da te il far morire  il giusto con l’empio, cosi che  il giusto sia trattato come l’empio: forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?».

Poiché il Signore, rispondendo ad Abramo, dice che se vi sono  cinquanta giusti non distruggerà la città, egli, ardisce più volte rivolgersi  al Signore e invocare la misericordia di Dio sulla città, anche vi fossero  solo quarantacinque giusti, e poi quaranta, trenta e venti.  Infine: e se anche  ve ne fossero solo dieci, il Signore gli risponde: « Non la distruggerò per riguardo a quei dieci ».

Dio, nella sua pazienza, comprensione  e disponibilità al perdono,  è disposto ad assecondare le richieste di Abramo, anche se la sua è una invadente, ardimentosa preghiera, ma fatta con sentimento di umile  coraggio. Ma poiché nelle due città non vi si trova neppure un giusto, per il quale Dio sarebbe disposto a perdonare, esse vengono distrutte. Bisogna, con fede e perseveranza, osare nella preghiera ed affidarci alla longanimità di Dio ed egli per un « solo giusto, Cristo suo Figlio » è disposto a perdonare tutti i peccati di  tutta l’umanità.

Seconda Lettura: Col 8, 12-14.

Paolo ai Colossesi ricorda che nel battesimo si « è sepolti», non corporalmente  ma misticamente con Cristo, e « risorti mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti ».  E poiché, a causa delle colpe e della non circoncisione della carne, gli uomini erano morti, Dio ci ha dato la vita nel suo Figlio, che ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce, «perdonandoci tutte le colpe  e annullando il  documento scritto contro di noi, che con le prescrizioni, ci era contrario ». Così il Padre celeste, nel sacrificio del suo Figlio, ha dato all’umanità peccatrice di essere riconciliata con lui, annullando il nostro debito di peccato. Questo rinnovamento si realizza  in noi quando, con il battesimo, morendo al peccato e risorgendo  alla vita di Dio, con un breve rito ma con tanta grazia ed efficacia, siamo immersi nel mistero di morte e risurrezione del Signore, avvenimento di universale salvezza. Ripensare e riscoprire, allora, spesso il battesimo, che ci ha resi figli di Dio, significa accogliere continuamente questo mirabile dono, rendendolo fruttuoso per ora e per l’eternità.

Vangelo: Lc 11,1-13.

Gesù, ai discepoli che gli chiedono di insegnare loro a pregare, come Giovanni aveva fatto con i suoi discepoli, dice loro: « Quando pregate, dite : “ Padre sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci il pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione” ». Attraverso, poi, la parabola dell’amico, che va ad importunare, a mezzanotte, l’amico vicino chiedendogli tre pani, per dare da mangiare ad un improvvisato ospite a cui non ha nulla da offrirgli, e quegli, anche se a malavoglia, si alza per dargliene, non perché è suo amico ma per la sua invadenza, Gesù esorta gli ascoltatori dicendo: « Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa  sarà aperto ». E come nessun padre, dice ancora Gesù, al figlio che gli chiede un pesce darà una serpe al posto del pesce, o se gli chiede un uovo gli darà scorpione, e se loro, cattivi come sono, sanno dare cose buone ai figli, « quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono! ».

Gesù, come maestro e modello di figliolanza, ci insegna cosa e come chiedere al Padre celeste: la sua glorificazione, l’avvento del suo regno e l’adempimento da parte degli uomini della sua santa volontà; il pane quotidiano, il perdono dei nostri peccati e imitarlo nel perdonare agli altri e, infine, che non ci abbandoni nei momenti della tentazione al potere di Satana.

Chiedere anche con perseveranza e quasi inopportunamente, affidandoci al cuore di Dio, che è il più tenero e il più accondiscendente dei padri. Abbandonarsi a Dio nella preghiera è questione decisiva per capire la paternità di Dio, che vuole solo il nostro bene e di tutti i suoi figli e che partecipino della salvezza operata dal suo Figlio.