17  LUGLIO – XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Accogliere Cristo  nella sua parola, nell’Eucaristia e nei fratelli.

Nella celebrazione dell’Eucaristia la nostra modesta offerta del pane e del vino sono espressione del nostro lavoro e della nostra solidarietà con le necessità dei nostri fratelli. Essi sono doni di Dio, espressione di tutti i doni di grazia che Dio ci elargisce. Essi saranno trasformati dalla potenza dello Spirito nel Corpo e Sangue di Cristo, espressione del suo sacrificio compiuto per la nostra salvezza e che noi offriamo al Padre. In ogni Pasqua settimanale, nella nostra povertà, noi offriamo a Dio Gesù, pane della vita e calice della salvezza, che rinnova la sua immolazione sulla croce. La grazia della sua presenza in noi diventa visibile quando come il lievito o il seme cresce e ci trasforma.

Nella preghiera iniziale dell’Eucaristia preghiamo e diciamo: « O Padre, che nella casa di Betania il tuo Figlio Gesù ha conosciuto il premuroso servizio di Marta e l'adorante silenzio  di Maria: fa' che nulla anteponiamo all'ascolto della tua Parola».

Prima Lettura: Gn 18,1-10.

Abramo, mentre sta davanti alla sua tenda alle Querce di Mamre, vede tre uomini davanti a lui. Corre loro incontro e, prostrandosi ai loro piedi, dice: « Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare senza  fermarti dal tuo servo ». Li invita quindi ad accettare i gesti dell’ospitalità: a lavarsi i piedi e accomodarsi sotto l’albero, a mangiare un boccone di pane e a ristorarsi e poi avrebbero  proseguito il loro cammino. Avendo quelli risposto: « Fa’ pure come hai detto », Abramo va alla tenda e dice a Sara: « Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce ». Corre lui stesso all’armento e prende un vitello tenero e buono che dà al servo, che si affretta a prepararlo.

Prendendo ancora panna e latte fresco insieme con il vitello, li porge ai tre. Mentre essi mangiano egli rimane ritto in piedi davanti a loro. Poi chiedono ad Abramo dove è Sara, sua moglie. Avendo risposto che era nella tenda uno dei tre dice ad Abramo: « Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio ».

Abramo accoglie premurosamente gli ospiti di passaggio, perché in essi si rivela e si presenta il Signore. La sua generosità è premiata dalla promessa che il Signore gli fa di dargli un figlio , pur essendo sua moglie in tarda età. Poiché Sara, da dentro la tenda sente la promessa e, incredula, sorride, quel bambino promesso sarà chiamato  “Isacco”, cioè il figlio del sorriso, poiché nulla è impossibile a Dio.

Seconda Lettura: Col 1,24-28.

San Paolo scrive ai Colossesi dicendo che egli è lieto delle sofferenze che sopporta per loro, dando, così, compimento nella sua carne  a ciò che man- ca ai patimenti di Cristo a favore della Chiesa. Di essa è diventato ministro per la missione  che Dio gli ha affidato: portare a compimento la parola di Dio, cioè » il mistero nascosto da secoli ma ora manifestato ai suoi santi «, ai quali « Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero, Cristo, speranza della gloria » . Così egli e gli altri santi apostoli lo annunziano, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

Paolo, dicendosi lieto delle sofferenze della vita apostolica che sopporta, vuol dirci che esse sono la continuazione della passione di Cristo, con cui il Signore ha salvato il mondo. Questo è il Vangelo che egli predica e per il quale sopporta anche le catene.  Così egli, ministro del Vangelo secondo la missione ricevuta, come ogni cristiano, che in quanto membro del Corpo mistico di Cristo  soffre nel suo corpo per lui, contribuisce alla redenzione del mondo: per il cristiano la sofferenza sopportata in comunione con il Signore è partecipazione redentiva del mondo. Nella Chiesa, dunque, più che ricercare il dominio e predicare noi stessi, è da incarnare un servizio per predicare il Vangelo, ad esempio di Cristo, che non è venuto per essere servito ma per servire e dare la vita in riscatto di tutti.

Vangelo: Lc 10,38-42

Il Vangelo, oggi, ci presenta una scena di accoglienza familiare che le sorelle di Lazzaro, Marta e Maria, fanno al Signore nella loro casa: Maria sta seduta ai piedi di Gesù e lo ascolta, Marta, invece, distolta dai molti servizi, si dà da fare per preparare le cose necessarie per una degna ospitalità. Quando questa dice a Gesù: « Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? », egli risponde: « Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una sola cosa c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta ».

Nella vita del discepolo l’accoglienza del Signore si realizza in maniera diversa a seconda delle scelte di vita che ognuno è chiamato a fare:  nella vita contemplativa, certo, l’ascolto e l’ attenzione al Signore, non è perdita di tempo, è anche  servizio fatto a lui, perché, come per Santa Teresina del Bambino Gesù, le preghiere e l’offerta delle sofferenze sono unite, per amore, alla passione di Cristo e a beneficio di tutta la Chiesa. Ma anche il servire Cristo nei fratelli, in qualunque circostanza essi si trovano, per amore di lui, presente in loro, è servirlo, vincendo la nostra naturale ed egoistica pigrizia e non dimenticando però che  l’ascolto, il colloquio e la comunione con il Signore sono fonte di gioia e forza per vivere la nostra fedeltà a lui nel servizio del prossimo. L’una o l’altra scelta di vita a cui si è chiamati, allora, deve saper contemperare i due aspetti di relazione con il Signore, tenendo presente il noto adagio: Fare sì una cosa, ma senza omettere l’altra.