26  GIUGNO – XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.

Il Signore, nella liturgia della Domenica, continua a portare a compimento l’opera della redenzione e della liberazione degli uomini dalle tenebre del male e del peccato. Donandoci lo Spirito Santo, con la sua luce della  verità, ci libera dal nostro egoismo e con la grazia del Cristo, povero e crocifisso, addolcisce le nostre asprezze con la dolcezza e la forza del suo amore.

Verificare ogni giorno questo cammino di santità è certo un compito a cui siano chiamati, ma dobbiamo ritenerlo un dono di grazia elargito dal Signore, dono  che non dobbiamo mettere in dubbio di fronte all’esperienza di ogni giorno, in cui i sentimenti sono diversi da quelli che il Signore ci chiede.

Così non dobbiamo avvilirci né scoraggiarci e, convinti della continuità dell’impegno di santità, camminiamo con serenità e costanza.

Nella preghiera iniziale ci rivolgiamo a Padre celeste dicendo: «O Padre, che in Gesù maestro indichi la via della croce come strumento di vita, fa' che, mossi dal suo Spirito, lo seguiamo con libertà e fermezza senza nulla anteporre all'amore per lui ».

Prima Lettura: 1 Re 19,16.19-21.

Il profeta Elia riceve dal Signore l’ordine di ungere  Eliseo, figlio di Sàfat, come profeta al suo posto. Partito, Elia trova Eliseo che con dodici paia di buoi ara i suoi campi e, passandogli vicino, gli getta il suo mantello. Eliseo, allora, lasciando i suoi buoi e correndo dietro a Elia, gli dice: « Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò ». Ed Elia a lui: « Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto di te ». Eliseo prende un paia di buoi, li uccide, fa cuocere la loro carne e la dà al popolo, perché la mangi, poi segue Elia ed si mette al suo servizio.

E’ una vera e propria investitura profetica quella che Eliseo riceve da Elia per ordine di Dio. Questo cambiamento di vita lo fa distaccare dalla sua famiglia e dalla sua vita di prima. Così, entrando al servizio di Elia, si pone al servizio della parola di Dio, che vuol dire obbedire a lui ed essere pronti a compiere qualsiasi genere di sacrificio o rinunzia che Dio chiede.

Seconda Lettura: Gal 5,1.13-18.

Paolo dice ai Galati che, essendo stati liberati da Cristo, non devono farsi ridurre di nuovo in schiavitù. Chiamati alla libertà, questa non deve diventare un pretesto per la carne. Mediante l’amore si entra al servizio gli uni degli altri, perché  pienezza della legge infatti è il precetto : «Amerai il prossimo tuo come te stesso ». E qualora dovessero mordersi e divorarsi a vicenda, non devono distruggersi del tutto gli uni gli altri. Li esorta quindi a camminare secondo lo Spirito e a non soddisfare le opere della carne, la quale ha desideri contrari allo Spirito, poiché queste cose si oppongono a vicenda. Se ci si lascia guidare dallo Spirito  non si è  più sotto la legge.

Il cristiano, per la fede in Gesù morto e risorto, è reso libero da ogni vincolo di legge mosaica e deve seguire solo l’unico precetto dell’amore,  che consiste nell’ essere animato dallo Spirito di Cristo. Così la sua condotta non può essere più asservita  agli impulsi e ai desideri della carne, dell’uomo vecchio che non è stato ancora redento dalla grazia di Cristo. Lo Spirito del Padre e del Figlio, cioè la carità di Dio, elargito al credente, deve essere l’unica guida del suo agire. Infine, ironicamente, Paolo dice ai Galati, che qualora si abbiano contese, risentimenti, aggressività vicendevole, per le debolezze uma-ne, non può superarsi il limite di un atteggiamento che distrugga il fratello, perché allora si rischierebbe di essere al di là della propria dignità di discepoli del Signore e di creature di Dio e si ricadrebbe sotto la schiavitù  della carne. San Giovanni scrive che chi odia il proprio fratello è omicida.

Vangelo: Lc 9,51-62.

Avvicinandosi i giorni in cui sarebbe stato condannato ed elevato in alto, Gesù si avvia verso Gerusalemme e invia dei messaggeri verso un villaggio samaritano per preparargli l’ingresso. Ma viene rifiutato perché egli è in cammino verso Gerusalemme. Giacomo e Giovanni, allora, gli dicono: « Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? ». Ma mentre Gesù, rimproverandoli, si avvia verso un altro villaggio, un tale gli dice: « Ti seguirò dovunque tu vada ». E Gesù gli risponde: « Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo ». Ad  un altro a cui Gesù dice: « Seguimi », e questi gli chiede: « Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre », Gesù replica: « Lascia che i morti  seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio ». Infine, ad un altro ancora che gli dice: « Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi conceda da quelli di casa mia », Gesù risponde: « Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».  Ai due discepoli che invocano il castigo per coloro che lo rifiutano, Gesù replica che non spetta a loro giudicare e condannare, perché invocare il castigo non è secondo il suo spirito, perché tutti siamo oggetto della misericordia  e della pazienza di Dio. Ad altri Gesù chiede   prontezza e  decisività per seguirlo ed essere suoi discepoli, senza lasciarsi condizionare  dalla nostalgia dei legami di vario genere. Neanche l’impulso nel seguire il Signore può essere buon consigliere, perché il seguirlo  è una via difficile, di disagio, di povertà e di rinunzie: si richiede un forte vincolo d’amore a Cristo e passione per annunziare il Regno di Dio.