8 MAGGIO – IV DOMENICA DI PASQUA.

Gesù oggi si presenta a noi come il buon Pastore e noi formiamo il suo gregge.  Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia preghiamo dicendo: « O Dio, fonte d della gioia e della pace, che hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici con la forza del tuo Spirito, e fa’ che nelle vicende del tempo, non ci separiamo mai  dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita ».

In Cristo risorto, aderendo alla salvezza da lui operata come pecorelle del suo gregge, siamo chiamati a costituire un’ unica famiglia e a vivere nella gioia della figliolanza divina. Dobbiamo seguire Cristo Pastore con sapienza e costanza, riconoscere la sua voce e lasciarci guidare, nelle vicende della vita e tra le insidie del mondo, da lui. Egli ci conduce alle sorgenti della « vera vita » che viene alimentata dalla sua parola, dai suoi sacramenti e soprattutto dall’Eucaristia, suo Corpo e Sangue e nostro cibo. Gli uomini, dispersi e frammentati tra loro, in lui possono ritrovare l’unità di una  « sola famiglia». Questa unità può aversi non solo perché è « dono di Dio », ma anche perché « ognuno è chiamato a superare e a vincere i motivi di divisione che ci sono tra gli uomini ».

Prima Lettura: At 13, 14.43-52

Nella loro peregrinazione per l’annunzio della Parola del Signore, Paolo e

Barnaba giungono a Perge e entrati, di sabato, nella sinagoga si intrattengono con Giudei e proseliti credenti in Dio, esortandoli a perseverare nella grazia di Dio. Ma il sabato seguente, essendosi radunata una moltitudine

di gente, i Giudei, presi di gelosia, si mettono a contrastare le affermazioni di Paolo con parole ingiuriose. Allora Paolo e Barnaba, francamente dicono: « Era necessario che fosse proclamata  prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani », citando l’ordine del Signore: « Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra ». Così i pagani presenti si rallegrano e glorificano la parola  del Signore e molti cedono, mentre la Parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei, sobillando le pie donne della nobiltà e notabili, suscitano atteggiamenti ostili verso i due apostoli ed essi, cacciati dal quel territorio, si recano ad Iconio, pieni di gioia e di Spirito Santo.

Davanti all’annunzio del Vangelo vi è chi rifiuta e respinge la salvezza di Cristo e chi si apre alla sua luce e  alla gioia del Signore. Bisogna, certo, rallegrarsi della dignità di figli di Dio e discepoli di Cristo, ma  si deve anche  riflettere  sul dono che Dio ci ha fatto e impegnarsi e perseverare nella sua grazia.

Non basta  aver iniziato il percorso della salvezza: occorre proseguire vincendo le tentazioni della stanchezza e della mediocrità di vita, non scoraggiandosi di fronte agli ostacoli e vivendo nella coerenza della dignità cristiana di figli. Se la fedeltà a Cristo, certo, non costa poco, tuttavia ci si deve sforzare di  corrispondere con amore al gesto di amore di Cristo, che ha donato la sua vita per noi.

Seconda Lettura: Ap 7, 9.14-17

Nel brano dell’Apocalisse, Giovanni vede attorno al trono di Dio e all’Agnello una moltitudine immensa, di ogni nazione, popolo, tribù, lingua. Tutti hanno vesti  candide e tengono palme nelle mani. E uno degli anziani dice: « Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavatole loro vesti, rendendole candide con il sangue dell’Agnello ». Questi sono quelli che davanti al trono di Dio gli rendono servizio e su di loro Dio stenderà la sua tenda. Essi non  soffriranno più né fame né sete, né alcuna altra cosa, perché l’ Agnello che sta in mezzo al trono sarà per loro pastore, li guiderà alle fonti della vita e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi: Gesù è l’Agnello che ha dato la sua vita per lavarci dalle colpe e il pastore che guida  verso le fonti della vita eterna. Nella visione celeste della comunità dei salvati, ormai al cospetto di Dio, vi sono i martiri e tutti coloro che, passati dalla tribolazione, sono ormai nella gioiosa comunione con Cristo. Tutti siamo chiamati a rendere la nostra vita monda dal male e a vivere, anche nelle prove, nella fedeltà al Signore e nell’incrollabile certezza che alla sofferenza e alla passione seguirà la gioia e la consolazione che si avrà nella gloriosa comunione con Dio.  In Gesù,  redentore e Signore universale  di tutti, non ci sarà nessuna distinzione di lingua o di razza. Ma fin da ora possiamo attingere, attraverso i sacramenti, alla fonti della vita, di cui l’Eucaristia  ne è la principale, perché in essa ci nutriamo del Corpo e  Sangue del Signore,  e lo Spirito ci disseta e santifica.

Vangelo: Gv 10,27-30.

Nel brano evangelico Gesù ci dice: « Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse  mi seguono ».  Il Signore per salvarci ha dato la vita per noi,  sue pecorelle, liberandoci dal potere di Satana e, dopo esserci smarriti nelle vie del male,  ci ha riportato all’amore di Dio e ci ha donato la sua vita divina. Da lui guidati, con la sua protezione, nessuno può strapparci dalla sua mano. Noi apparteniamo a lui,  poiché  il Padre celeste,  « che è più grande di tutti  », a lui ci ha affidati, per cui « nessuno può strapparci  dalla mano del Padre »  né di Gesù, essendo il Padre e Gesù  una cosa sola. Gesù è un pastore singolare, particolare, che ci conosce profondamente e ci ha legati a  sé, insieme al Padre, con un legame profondo dal quale nessuno può strapparci:  intima, profonda  e solida è questa unione. Gesù ci guida con la sua parola e il suo esempio, ci nutre conil suo Corpo e il suo Sangue, e ci conduce verso i pascoli della vita eterna. Questo vincolo di carità, che ci stringe a Cristo e al Padre, è il fondamento e la ragione per cui non dobbiamo lasciarci abbattere da nessun evento, pur anche negativo, o disavventura.ÚÚ