3  APRILE  – V  DOMENICA DI QUARESIMA.

Come membra vive del corpo di  Cristo,  vivendo  nella comunione con il suo  Corpo  e Sangue, siamo inseriti in una relazione vitale con lui. Se anche non possiamo scampare dalla morte fisica, questa unione è però pegno di risurrezione. Ma si può giungere alla gloria della vita eterna solo se prima siamo partecipi della passione redentrice di Gesù. Egli ci invita a morire come lui, come il seme che muore e produce molto frutto. Dall’Eucaristia, ancora, ci viene  la forza  dello Spirito, che ci fa vivere come nuove creature, siamo resi partecipi del suo Corpo mistico e ci viene anticipata la caparra della gloria futura della vita celeste. Cristo nella vita terrena ci è di compagno e, come il buon samaritano, ha compassione della nostra miseria e perdona ogni nostra colpa.

Nella preghiera iniziale di questa Eucaristia chiediamo al Padre:  « Dio di misericordia, che hai mandato il tuo Figlio unigenito non per condannare ma per salvare il mondo, perdona ogni nostra colpa, perché rifiorisca nel cuore il canto della gratitudine e della gioia ».

Prima Lettura Is 43,16-21.

Nel ricordo del passaggio nel Mar Rosso, in cui Dio aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo alle acqua e furono sommersi i cavalli con i loro carri, esercito ed eroi insieme, che giacciono morti e più non si rialzeranno perché estinti, il Signore dice per bocca del profeta: « Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? ». Per la potenza del Signore avverranno cose nuove: nel deserto: aprirà una strada, nella steppa immetterà fiumi e tutti, bestie selvatiche, sciacalli e strizzi glorificheranno il Signore, perché avrà fornito acqua per dissetare il suo popolo, che Egli ha plasmato per sé, popolo che lo celebrerà con le sue lodi.

Dio, infatti, con il suo intervento, libererà il popolo dalla schiavitù di Babilonia,  si renderà incessantemente presente in mezzo ad Israele e sarà fedele alle sue promesse. Questo sarà un nuovo esodo, una nuova creazione, per cui il passato non si ricorderà più. Un popolo nuovo darà lode a Dio. Con la Pasqua del Cristo avverrà una definitiva liberazione, un esodo che non si ripeterà più, perché sorgerà un popolo eletto che farà salire a Dio la celebrazione delle lodi. La Chiesa, Corpo mistico di Cristo, comunità di coloro che accolgono di far parte di questo popolo nuovo,  eleverà con lui Capo, la lode perenne a Dio.

Seconda Lettura: Fil 3,8-14.

San Paolo scrive ai Filippesi dicendo di ritenere, di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo,  tutto ciò che ha vissuto prima di incontrarlo come spazzatura. Conoscendo Cristo ha ottenuto  la vera giustizia, quella che viene dalla fede in lui, la giustizia che viene da Dio e  non quella derivante dalla osservanza della Legge. E questo perché egli  « possa conoscere il Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere  alla risurrezione dei morti ». Ricorda loro che egli ancora non ha raggiunto la meta della perfezione, ma si sforza di conquistarla, essendo stato conquistato da Cristo. Dice che, dimentico del passato e proteso verso il futuro che gli sta di fronte, corre verso la meta, verso il premio che Dio ci chiama a ricevere, lassù nel cielo, in Cristo Gesù. La conoscenza di Gesù attraverso la sua parola, realizzata con la comunione e la esperienza con lui, vale per il cristiano più di tutto, onori, ricchezze, sicurezze, ecc. e anche della vita, fino a darla nel martirio, così come è avvenuto per Paolo, gli altri apostoli, i martiri. Paolo per « Gesù, suo Signore » si è staccato dalla vita precedente: dai legami e da tutto quello che prima stimava e amava, dalla sua esperienza come fariseo e israelita e dal valore delle opere compiute in nome di una giustizia legale. Gli importa solo di Cristo che lo rende giusto, perché Dio è giusto, mediante la fede. Così Paolo indica a tutti coloro che accolgono Cristo il senso della vita cristiana, per camminare da risorti verso Cristo risorto.

Vangelo: Gv 8,1-11.

Gesù, dopo aver trascorso la notte nel monte degli Ulivi, la mattina si reca nel tempio e si mette ad insegnare a tutto il popolo che si reca da lui. Gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e,per metterlo alla prova e poterlo accusare, gli dicono:« Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Mosè nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? ». Gesù, poiché si mette a scrivere  per terra ed essi insistono nell’interrogarlo, risponde: « Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei ». Mentre riprende a scrivere per terra  quelli se ne vanno uno per uno, dal più giovane al più anziano. Gesù, rimasto solo con la donna, le dice: « Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? » Alla risposta della donna, Gesù replica:« Neanch’ io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più ».

Gesù non condanna la donna peccatrice che gli è stata portata davanti per il giudizio dalla malizia e ipocrisia degli scribi e farisei, i quali, vistisi interpellati nella loro coscienza riguardo ai loro peccati, non hanno il coraggio di lapidarla e si rifilano dal farlo. Gesù è venuto non per condannare il mondo ma per salvarlo, come dice a Nicodemo nel colloquio notturno avuto con lui. E‘ venuto per assolvere e offrire il perdono. Egli è venuto a prendere su di sé le iniquità e i peccati morendo in croce e offrire il perdono. Se da una parte, come dice Gesù alla donna, deve esserci il fermo proposito  di non peccare da parte del peccatore, dall’altra bisogna avere illimitata confidenza in colui che è venuto, come medico, a cercare la pecorella smarrita, cioè l’intera umanità lontana da Dio. In questo tempo quaresimale, allora, tempo favorevole di grazia, possiamo attingere il perdono di Dio, meritatoci da Cristo, attraverso il ministero della Chiesa, nel sacramento della riconciliazione, e riprendere il cammino di rinnovamento spirituale che la Pasqua vuole farci realizzare nell’oggi della nostra vita, così da essere  un giorno partecipi della Pasqua eterna nel cielo.