9 GENNAIO – FESTA DEL BATTESIMO DI GESU’

Tra i misteri della vita di Cristo, la festa del Battesimo di Gesù riveste una un’ importanza singolare, perché conclude il Tempo del Natale e dà inizio al Tempo Ordinario. Nella Liturgia commemoriamo questo evento della vita  del Signore con solennità. Se si continua a riflettere sul mistero dell’incarnazione di Cristo da una parte, dall’ altra  si inizia a ripensare la vita adulta di Gesù che, dopo il Battesimo al Giordano, dà inizio alla sua missione.

Nel Battesimo il Padre rivela e manifesta, in una nuova epifania, che in Gesù riconosce il Figlio amato, il Cristo, il Messia inviato ai poveri e con lo Spirito che si posa in lui, in forma corporea di colomba, Gesù viene consacrato sacerdote, profeta e re.

Gesù è la Parola, che il profeta Isaia annunzia. Parola che, uscita dalla bocca del Padre celeste, feconda la terra e, dopo aver realizzato l’opera per cui è stata mandata, cioè portare la salvezza a tutti gli uomini, ritornerà a Lui.

Un tempo la liturgia celebrava l’adorazione dei Magi, il miracolo a Cana e il Battesimo in un'unica celebrazione, avendo questi tre eventi, in vario modo, come contenuto la manifestazione di Gesù.

Nella manifestazione che il Padre fa del Figlio, Gesù manifesta da parte sua la solidarietà con gli uomini, iniziata con l’incarnazione.

Così siamo introdotti, in questa celebrazione, nel mistero di Cristo, vero uomo che, portando su di sé i peccati degli uomini, viene a salvarci e, in quanto vero Dio, ci libera dalla colpa, ci dona lo Spirito rendendoci figli di Dio, rigenerati nel lavacro del Battesimo e « rinnovati interiormente a sua immagine».

Il dono dello Spirito Santo e il nostro divenire Figli di Dio sono i doni del Battesimo cristiano, di cui oggi facciamo memoria.

In una delle Collette  iniziali di quest’anno C, chiediamo al Signore: « Padre santo, che nel battesimo del tuo Figlio hai manifestato la tua bontà per gli uomini, concedi a coloro che sono stati rigenerati nell’acqua e nello Spirito  di vivere con pietà e giustizia in questo mondo per ricevere in eredità la vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo… ».

Is 401-5.9-11. (Anno C)

Il profeta, nel nome di Dio, annunzia a Gerusalemme la consolazione che le viene, poiché la sua tribolazione è compiuta e la sua colpa è scontata, perché dalla mano del Signore ha ricevuto il doppio per tutti i suoi peccati.

La voce che grida nel deserto invita a preparare la via al Signore, a togliere ogni ostacolo alla rivelazione della gloria del Signore, che potrà essere vista da ogni uomo. Il messaggero deve annunziare liete notizie a Sion,annunziare liete notizie a Gerusalemme e, alzando la voce, annunziare alle città di Giuda: « Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnelli sul petto e conduce dolcemente le pecore madri ». Con l’avvento del Messia, manifestato dopo il Battesimo al Giordano dallo Spirito che discende su di lui e dalla voce del Padre che lo proclama come   Figlio prediletto, siamo invitati a rallegrarci  e a consolarci, perché è finita la schiavitù dell’uomo dal peccato, che viene perdonato e così possiamo ritornare all’amore del Padre.  Questo è l’annunzio di Gesù che predica la conversione dal peccato e l’adesione al regno di Dio. Annunzio che anche la Chiesa,  nel nome del suo Signore, deve far giungere non solo a Gerusalemme, ma in tutto il mondo e ad ogni uomo.

Tt 2,11-14;3,4-7.

San Paolo ricorda a Tito che la grazia di Dio apportatrice di salvezza a tutti gli uomini ci insegna a rinnegare « l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione del nostro Dio e salvatore, Gesù Cristo nella gloria », il quale, dando se stesso in sacrificio per riscattarci dalle nostre iniquità, ha formato un popolo puro che gli appartenga e zelante per le opere buone. Questa salvezza ci è data come puro dono di Dio, per la sua bontà,  il suo amore, la sua misericordia e non per le opere giuste da noi compiute, poiché ci ha rigenerati e rinnovati nello Spirito Santo, effuso in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro. Così, giustificati per questa grazia, siamo diventati, nella speranza, eredi della vita eterna. Nel celebrare il Battesimo di Gesù, che nell’umiltà si abbassa dando inizio al suo sacrificio di obbedienza al Padre che di lui si compiace, ripensiamo al nostro battesimo nello Spirito Santo, che ci ha fatto nuove creature. Rinnoviamo allora il nostro impegno a vivere da figli di Dio nella santità ad imitazione di Gesù e ad allontanarci sempre più da ogni forma di peccato.

Lc3,15-16.21-22.

Nel tempo in cui Giovanni battezza al Giordano e tutti sono in attesa e si domandano in cuor loro se  non sia il Messia atteso, cioè il Cristo, egli risponde: « Io  vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco ».

Ecco che  su Gesù, ricevuto il battesimo, mentre stava in preghiera, discende lo Spirito Santo, in forma corporea di colomba e si ode una voce dal cielo: « Tu sei il Figlio mio, l’amato in te ho posto il mio compiacimento ». Il Padre celeste proclama  che Gesù è il suo Figlio, l’amato, che in preghiera manifesta la sua disponibilità a compiere il disegno di salvezza. Anche in noi, dopo il battesimo, la nostra preghiera diventa disponibilità e abbandono di figli alla volontà di Dio, che ascolta le nostre domande con tenerezza di Padre, di cui quella terrena dei padri è un piccolo segno e pallida immagine. A noi spetta ascoltare il Figlio Gesù, l’amato, e imitarlo con amore di figli.