7 NOVEMBRE – XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(ANNO B)

OOGI RICORRE LA 71a  GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO.

La celebrazione della passione gloriosa del Signore, Figlio di Dio, non è un avvenimento del passato, ma è reso presente dall’azione dello Spirito e noi partecipandovi  con  fede ne veniamo coinvolti. Assumendo con impegno il Corpo e Sangue di Cristo, che si è offerto per la nostra salvezza, noi impariamo a donarci per la salvezza dell’umanità. Alla passione del Signore è seguita la sua gloriosa risurrezione, per cui con l’Eucaristia che noi celebriamo viene alimentata la speranza della gloria futura. Ma dobbiamo vivere nella vigilanza tale attesa, così da essere trovati, alla venuta del Signore, pronti per entrare, come le vergini prudenti, con lui nel banchetto celeste.

Nella preghiera iniziale diciamo: « O  Padre, che soccorri  l’ orfano e la vedova e sostieni la speranza di chi confida nel tuo amore, fa’ che sappiano donare tutto quello che abbiamo, sull’esempio di Cristo che ha offerto la sua vita per noi ».

Prima Lettura: 1 Re 17,10-16.

Nell’episodio di Elia che affamato e assetato, dal lungo viaggio, incontra, alla porta della città di Sarèpta, la vedova a cui chiede di dargli dell’acqua e preparargli una focaccia, siamo chiamati a condividere con i fratelli ciò di cui disponiamo e ad affidarci alla provvidenza di Dio nella nostra vita. Alla donna,  che risponde ad Elia dicendo di non avere altro che  un pugno di farina nella giara e un po’ di olio nell’orcio, per fare una focaccia per lei e il suo figlio e poi aspettare la morte, il profeta  dice: « Non temere; va’ a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, perché così dice il Signore, Dio d’Israele: “ La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra ».

Mangiarono tutti, lei, lui e la casa di lei per diversi giorni e sia la farina della giara che l’olio dell’orcio non diminuirono, come aveva detto il profeta.

La fede della donna, che fa come le dice il profeta, viene premiata, perché nella sua provvidenza Dio non fa mancare il necessario a chi condivide di cuore ciò che la sua bontà dona. Spesso nella nostra vita, spinti dall’egoismo, non facciamo affidamento nella provvidenza di Dio. Ma se ci apriamo, con l’accoglienza pronta  e sincera, anche a chi non è nella nostra cerchia, come fece la donna con lo straniero Elia, allora il Signore non mancherà di elargire il necessario per tutti.

Seconda Lettura : Eb 9,24-28.

Il brano della lettura dalla Lettera agli Ebrei, ci presenta un altro aspetto dell’azione sacerdotale di Gesù. Egli infatti, a differenza di quanto avveniva nell’esercizio del sacerdozio ebraico, in cui il sommo sacerdote ripeteva, una volta all’anno, il sacrificio con il sangue altrui nel tempio,  costruito dall’uomo, dopo aver offerto il proprio sangue  e riconciliato l’umanità con Dio, è entrato, dopo la sua risurrezione, nel santuario del cielo non fatto da mani d’uomo: « Ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso ». Conclude la Parola di Dio dicendo che come per  gli uomini è stabilito che muoiono una sola volta e poi viene per loro il giudizio, così anche il Cristo che è morto, « dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza ».

Con il gesto sacrificale di se stesso, compiuto una sola volta, che ha valore inesauribile, perché compiuto da un uomo-Dio, tutti i peccati del mondo possono essere perdonati, per cui non c’è motivo di ripetere lo stesso sacrificio, che è perennemente valido. Celebrando l’Eucaristia noi riceviamo il frutto di quell’unico sacrificio, mentre attendiamo il Cristo nell’attesa della sua venuta, come ripetiamo nell’acclamazione dopo la consacrazione.

Vangelo: Mc 12,38-44.

Gesù, oggi, nel suo insegnamento se, da una parte, dice alla folla di non avere atteggiamenti farisaici, come spesso nota nel comportamento di scribi e farisei, i quali « amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe  e i primi posti nei banchetti, divorano le case delle vedove e pregano per farsi vedere », e preannunzia per tali comportamenti condanne più severe, dall’altra , guardando coloro che offrono l’obolo nel tesoro del tempio, loda l’offerta di « due monetine », che una vedova vi getta, perché, così  povera che è, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri: « Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere ». Davanti a Dio quello che conta non è tanto la quantità del dono, ma con quale intenzione  d’animo, spirito e sincerità il sacrificio reale viene offerto. E’ prezioso davanti a Dio l’obolo della vedova e non ciò che viene donato, dal proprio superfluo, da chi vuole ostentare se stesso per primeggiare. Il metro di Dio non è quello umano, perché la povertà per Dio è la vera ricchezza. Egli valuta molto il poco che ognuno dà di cuore e per amore dei fratelli.