24 OTTOBRE – XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO.(Anno C)

« CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA »

La fede che noi celebriamo nell’Eucaristia ci avvicina al banchetto eucaristico e in esso noi ci cibiamo del Corpo e del Sangue del Signore. Questa fede si fonda sulle parole dette da Gesù, nell’Ultima Cena, sul pane e sul vino,  dandoli a noi come segno della sua presenza: « Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi » e « Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me ». Nell’Eucaristia vi è il sacrificio che Gesù ha offerto come « sacerdote giusto e compassionevole », « la tenerezza del Padre celeste, che ci invita al banchetto del Figlio, preparato per noi ». Per opera dello Spirito Santo, riceviamo la grazia che alimenta in noi la vita divina,  rendendoci capaci di amare alla maniera di Cristo e di confidare nella misericordia del Padre. Tutto questo lo possiamo vivere nella fede, che se mancasse, renderebbe il nostro incontro eucaristico domenicale senza efficacia, frutto della nostra iniziativa gratificante solo psicologicamente, senza ricevere il dono che Dio ci fa donandoci il suo Figlio.

Nella preghiera iniziale della Colletta ci rivolgiamo al Padre celeste dicendo: « O Dio, Padre buono, che nel tuo Figlio unigenito ci hai dato il sacerdote compassionevole verso i poveri e gli afflitti, ascolta il grido della nostra preghiera e  fa’ che tutti gli uomini vedano in lui il dono della tua misericordia ».

Prima Lettura : Ger 31,7-9.

Il profeta Geremia invita il popolo, riferendo le parole del Signore: « Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e di dite: “ Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto di Israele ”».

Ancora. Geremia ricorda che Dio riunirà «  il suo popolo dalle estremità della terra, il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente e ritorneranno in gran folla ». Tutti questi, dopo essere partiti nel pianto, sarebbero stati riportati tra le consolazioni  e condotti a fiumi ricchi d’acqua attraverso  una strada dritta: è il ritorno degli esuli, il resto che Dio ha salvato dopo la schiavitù di Babilonia.

Così l’amore di Dio avrebbe rinnovato l’esodo dei riscattati, non per i loro meriti, ma perché Egli è  un «  Padre per Israele, Efraim il suo primogenito ». Tutto questo si è realizzato pienamente con Gesù, che è venuto a rivelarci  la tenerezza dell’amore del Padre celeste, la sua paternità che genera dall’eternità il Figlio, Gesù Cristo. Per mezzo di lui, apparso tra noi, come uno di noi, come nostro Salvatore e Redentore, Dio ci rende partecipi di questa figliolanza adottiva per opera dello Spirito Santo. Così noi non siamo più estranei a Dio, ma divenuti per suo dono figli, godiamo della sua provvidenza paterna che ci segue con il suo amore  e ci aspetta per accoglierci nella sua comunione eterna.

Seconda Lettura: Eb 5,1-6.

La lettura dalla Lettera agli Ebrei, ci ricorda che ogni  sommo sacerdote  scelto tra gli uomini, è costituito per loro, per le cose che riguardano la divinità, « per offrire doni e sacrifici per i peccati propri e del popolo ». Anche Gesù, come sommo Sacerdote, scelto tra gli uomini, essendosi rivestito di debolezza, è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore. A causa di questa non deve offrire sacrifici  per i peccati suoi e del popolo, come facevano i sacerdoti della religione israelitica, ma solo per quelli del popolo, poiché Gesù non si è attribuito da se stesso la  gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferita il Padre che gli ha detto: « Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato » e  in un altro passo della Scrittura : « Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedek » e non secondo quello levitico.

Gesù, per noi, è il sommo Sacerdote che offre al Padre se stesso in sacrificio sulla croce per espiare le colpe degli uomini, con una immolazione ormai valida per tutti e per sempre.  Gesù, Figlio di Dio,  in quanto uomo « è preso tra gli uomini, per cui sente « giusta compassione » per le debolezze nostre. Per questa sua  compassione e l’infinito valore del suo sacrificio, noi nutriamo ferma confidenza nell’amore di Dio e nella sua grande misericordia, avendo dato il suo  Figlio come vittima di riconciliazione.

Vangelo: Mc 10,46-52

Il figlio cieco di Timeo, Bartiméo, saputo che Gesù passava per le vie di Gerico, si mise a gridare verso di lui : «  Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ». Ma, poiché lo rimproveravano perché non gridasse, egli gridava ancora più forte: « Figlio di Davide, abbi pietà di me! ». Gesù comanda di chiamarlo e quelli che sono vicini gli dicono: « Coraggio! Alzati, ti chiama! ». Bartiméo, allora, getta via il  mantello, balza in piedi  e si avvicina a Gesù, che gli dice: « Cosa vuoi che io faccia per te? ». E lui:« Rabbunì, che ci veda di nuovo!». Gesù gli dice: « Va’, la tua fede ti ha salvato ». Il cieco ci vide e segue  Gesù lungo la strada. Gesù guarisce il cieco per la sua fede. E se anche gli viene impedito di implorare Gesù, questi comanda di chiamarlo e gli  dona la luce degli occhi e gli illumina il cammino per seguirlo. Gesù è colui che ridà la vista spirituale a tutti quelli che lo implorano nella ricerca della verità e di Dio, illuminando il cammino della liberazione da ogni forma di cecità umana: attraverso la guarigione del corpo Gesù tocca e guarisce il cuore.

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